ARTICOLI E CHIACCHIERE COSE TRA NOI
AGOSTO 2006
Durante l' estate prima di una regata che poi non si è disputata per mancanza di iscritti (e questo è un argomento su cui sarà bene ritornare), ho incontrato una mia vecchia conoscenza che, guarda caso, si trovava lì perchè giudice F.I.V. (Federazione Italiana della Vela).
Chiacchierando come abbiamo sempre fatto insieme, Mario (è il suo nome) mi diceva che aveva letto gli articoli finora pubblicati sul mio sito e che voleva saperne di più sul fatto della lunghzza al galleggiamento e della influenza che essa ha sulla velocità della barca. 
Pieno di orgoglio per il fatto che un giudice federale mi abbia chiesto lumi su ciò, ritengo sia il caso di approfondire un po' questo argomento in un prossimo articolo.....Intanto beccatevi 'sta foto.

Questa è ancora una foto di Marcellino Vetere che quando va in giro trova sempre vento.
Si noti il pannello fotovoltaico sul tambucio che Marcellino ha pensato bene di eliminare:
diceva saggiamente Ford (quello delle automobbili Ammericane) a proposito degli accessori:
"Tutto ciò che non c'è non si può rompere!" e diceva  ASSAI BENE !

... E PER QUESTO MESE ECCOVI .....
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LE DOTAZIONI DI SICUREZZA - 2° PUNTATA

  A conclusione di quanto pubblicato lo scorso mese di luglio, ritengo utile sottolineare alcuni aspetti sulle dotazioni relative agli apparecchi di galleggiamento e di segnalazione, che però porteranno (ahimé) a qualche considerazione…considerata e a qualche considerazione…sconsiderata.

 
GLI APPARECCHI DI GALLEGGIAMENTO
 
LE GIACCHE (dette anche cinture di salvataggio).

Cominciamo col dire qualcosa sulle life-jackets, dizione internazionale adottata sui gavoni posti sugli svariati ponti dei traghetti delle compagnie di navigazione.
Per le nostre barche di diportisti la prerogativa essenziale di tali dotazioni di sicurezza è che non si sa mai dove metterle: nel gavone di poppa, in quello del pozzetto con le cime di rispetto, sotto le cuccette, sotto i divani della dinette, a prua…chi lo sa!
Vero è che in giro per le barche vengono stivate un po’ dappertutto ed altrettanto vero è che non vengono mai indossate, e questo è veramente un male: basti dire che ho visto più di una volta qualche diportista finire in acqua
all’ interno della darsena (ovviamente col mare liscio come l’ olio) unicamente per una retro innestata bruscamente.
Credo che non sia necessario navigare con mare 5 per sentire la necessità di indossare le cinture di salvataggio: anche una navigazione notturna con mare calmo o semplicemente lo starsene all’ ancora con un temporale può essere l’ occasione giusta per indossarle.
Uno scivolone può capitare a tutti e sentirsi “tirare su” quando si entra in acqua è cosa che fa molto bene alla salute.
Avete mai provato a fare il bagno indossando una cintura?
La benefica sensazione di tranquillità che se ne ricava è bellissima.
Senza contare poi che le cinture oggi hanno le bordure rifrangenti e di notte si vedono benissimo se vengono illuminate con una torcia…Allora perché rischiare?

 LA ZATTERA

Ecco, qui le note si fanno alquanto dolenti: infatti quella volta ogni due anni che la devo sbarcare per farla revisionare mi viene male e per due ordini di motivi.
Per prima cosa perché pago alla ditta che la ha prodotta e che ne cura la revisione la bella cifra di euro 350,00 (si noti bene che il rinnovo del certificato di sicurezza per un motoscafo di 10 metri comprensivo di trasferta dell’ ispettore fino al porto di ormeggio, visita, verbale e spedizione certificato costa circa la metà), in secondo luogo perchè mi fa venire male alla schiena nel movimentarla.
La zattera infatti tende a scivolare, non la si sa mai come prendere e soprattutto pesa maledettamente.
Lo confesso: non ho mai provato in navigazione a sollevarla dal suo alloggiamento e a gettarla in mare (come si dovrebbe fare in caso di bisogno).
Eppure, ripensandoci, in una situazione difficile di pre-abbandono della barca durante la quale la moglie è impegnata a raccattare provviste e coperte e i figli a raccogliere la radio portatile la carta e i razzi, sono arciconvinto che io da solo non ci riuscirei!
E allora?
Mica in crociera posso portare con me un paio di robusti marinai che mi danno una mano.
Qualcuno dirà che è assai difficile che la si debba usare, ed è vero; ma la presa a mare che salta (se non viene metodicamente controllata) o lo scoglietto affiorante che si diverte a intromettersi sulla rotta di colui che naviga senza guardare le carte, sono due esempi tipici che mietono vittime ogni stagione.
 
Bisognerebbe che qualche progettista (o meglio qualche cantiere) pensasse a collocare simili pesantissimi ordigni sopra a una specie di scivolo che permettesse di farli scorrere direttamente in mare, un po’ come succede sui traghetti delle svariate compagnie di navigazione, magari sfruttando meglio lo specchio o la plancetta di poppa.
Oppure si potrebbe pensare a far sì che l’ involucro contenente la zattera e gli accessori fosse separato dalla bombola di gonfiaggio, così da movimentare due oggetti di peso molto inferiore piuttosto che dover “abbracciare e trascinare” un unico scivoloso elefante.


Il salvagente anulare con cima e boetta luminosa: legato, slegato ?
Quanti secondi ci vogliono sulla vostra barca per gettarlo a mare ?

 IL SALVAGENTE ANULARE CON CIMA

Questo è un vero e proprio scherzo della natura.
Intendo dire che madre natura si distrasse nel momento in cui il legislatore pensò a scrivere tale norma e tralasciò di star vicino al di lui cervello mentre questo cercava di funzionare.
La norma dice che a bordo bisogna avere un salvagente anulare legato con una cima galleggiante lunga almeno 30 m; ma forse il solerte legislatore non ha mai riflettuto sui seguenti punti:

1. Nel caso nessuno a bordo si accorga che un membro dell’ equipaggio è finito in mare il salvagente anulare è assolutamente inutile;

2. Se viceversa qualcuno se n’è accorto, sia nel caso di un motoscafo (velocità 20 nodi = 10 m/s e tempo di reazione e manovra 5 secondi) che di una barca a vela (velocità 5 nodi = 2,5 m/s e tempo di reazione e manovra 15 secondi) il cammino che la barca effettua è superiore ai 30 m. Il che significa che il salvagente viene “trascinato via dalla barca” una volta che si sia dipanata tutta la cima di 30 m disponibile, col rischio che il naufrago si veda portar via il salvagente proprio nell' istante in cui riteneva di poterlo abbracciare.

Ho visto su alcune barche austriache (non so perché solo su queste, forse perchè la birra aiuta a ragionare meglio del prosecco) che alcuni skipper legano al salvagente una cima molto più lunga avvolta in una bobina fissata a poppa, così la bobina si srotola man mano che la barca avanza ed è più probabile che il salvagente se ne stia a galleggiare fermo lì dove è stato gettato.
Non ho mai verificato se il sistema funziona, perché sulla mia barca ne adotto un altro senz’ altro più efficiente: poiché per legge sono tenuto ad avere la cima galleggiante, semplicemente la lego al salvagente ma non la lego a bordo.
In altre parole in caso di bisogno getto tutto a mare, sia il salvagente che la cima: tanto se il naufrago è svenuto è inutile anche gettargli il salvagente, se viceversa è sveglio è molto meglio dargli subito modo di galleggiare senza che si affatichi e poi andargli incontro con la barca.
Tirarlo a bordo con la cima è infatti un’ impresa molto ardua: un uomo in mare offre una resistenza enorme all’ avanzamento e la cima o i supporti sul salvagente possono tranquillamente rompersi.
 

Piuttosto sarebbe più opportuno esaminare il caso che l ‘uomo a mare sia svenuto (la classica botta in testa con conseguente tuffo in mare non è poi così rara); in tale evenienza GUAI a non aver indossato la cintura di salvataggio.
E’ da considerare comunque che anche se il naufrago galleggia e respira non è comunque per niente facile tirarlo a bordo: nessuno ha mai provato in una bella giornata durante il classico “bagno al largo” a simulare il recupero di un amico non in grado di muoversi?

Vi assicuro che è un’ impresa assolutamente titanica, con o senza cintura, con o senza salvagente e cima!  

 I SEGNALI

 I RAZZI

Oh, eccoci finalmente nel settore del “terno al lotto”.
Qui tutto diventa soggettivo, impalpabile e affidato al destino.
Tanto per cominciare quando i razzi sono scaduti, che ne faccio?
Nella raccolta differenziata non trovano posto: con le lattine e il vetro non vanno certo d’ accordo, con la carta men che meno, coi rifiuti umidi Dio ce ne scampi...
Con il secco non degradabile potrebbero starci, ma io non mi sono mai fidato a lasciarli dentro il cassonetto delle immondizie pensando a ciò che può succedere quando arriva il camion della nettezza urbana con il suo tritatutto a coclea.
Allora ogni anno aspetto Capodanno e cerco di spararli. 
Cerco, perché ne parte uno su cinque e quindi sono da capo col problema dello smaltimento per gli altri quattro.
Resta poi il fatto che tenere in mano il tubicino mentre l’ altra mano strappa il sigillo non è per niente piacevole: ho sempre la sensazione di restare amputato a una mano come un napoletano verace che si sia accattato un “Super botto Maradona” fabbricato in un seminterrato ai quartieri Spagnuoli.
 

 
I FUMOGENI

Vale quanto detto sopra per i razzi, solo che in questo caso la percentuale di funzionamento si alza a tre su cinque.
Comunque, checché assicurino le omologazioni del ministero, tenerlo in mano mentre “fuma” non è comodo perché ci si scotta facilmente.

Alla fine della festa di Capodanno mi resta comunque sempre il seguente dubbio: ma la causa del fatto che alcuni segnali non funzionano è perché sono scaduti, oppure…..
Insomma se i segnali mi servissero VERAMENTE allora FUNZIONEREBBERO ?
Non è che poi mi troverei a bordo della zattera e anche con una mano ustionata ?

 
Questi sono i dubbi e le ansie del diportista che mi sono compagne ogni stagione…E pensare invece che IO vorrei trovare nella navigazione un periodo di pace, e nelle dotazioni di sicurezza delle valide alleate!
Sapete, per stare tranquillo a fine stagione mi vien voglia di vendere la barca e sedermi su uno sdraio in quinta fila nella concessione “Bagni da Remigio” sulla riviera romagnola: dopotutto se prenoto verso il “ponte dei morti” posso ragionevolmente ritenere di potermi riposare in spiaggia godendomi il silenzio e lo sciacquio delle onde. 
"Un figurone!" diceva il mio amico Bat alla terza bronchite agli inizi di dicembre...e pensare che ci sono riviste di nautica nel nostro paese che strombazzano il "Ponte dei Morti" o il "Ponte dell' Immacolata" come periodi da non peredere per andare a spasso in mare per diporto....
Ma 'sti giornalisti hanno mai provato a navigare nelle nostre belle e spesse nebbie autunnali dell' alto Adriatico?

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