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AGOSTO 2019

QUANTE VOLTE HO PARLATO DI OSMOSI ?

 

Quante volte ho parlato di osmosi?
Plurimamente, noiosamente, qualunquemente...nel  marzo 2007, nell' aprile 2007, nel novembre 2015, nel dicembre 2016, nel luglio 2018 ed anche sporadicamente in altri articoli di questo sito.
Ebbene, pare che ancora io non abbia finito perché nella vita si incontra sempre di tutto, anche l' inimmaginabile; 
così oggi aggiungo un piccolo contributo a questo “spauracchio della nautica”.

Recentemente mi è capitato di periziare un caso particolare.
Immaginate uno scafo di produzione francese sui 10 m costruito appena dopo l’ entrata in vigore della marcatura CE, quindi con una età di 18 anni.
Per un motivo sconosciuto immaginate ora che il proprietario vi abbia fatto un trattamento preventivo solo su quasi tutta la metà guscio di sinistra, lascando come stava quello di dritta.
Immaginate anche che tale trattamento sia stato fatto senza rispettare l’ essicazione dello scafo (le case produttrici di resina epossidica dai nomi poetici indicano sempre nei loro capitolati il grado di umidità relativa che gli strati di vetroresina degli scafi devono aver raggiunto per permetterne l’ applicazione).
Ebbene, tirata su la barca, scoprite che il semi-guscio di dritta è perfetto, mentre il semi-guscio di sinistra ha la superficie piena di grosse bolle.

Con il raschietto iniziate a togliere l’ antifouling sopra e intorno alle bolle e scoprite che, laddove è stato applicato il trattamento, oltre a lasciar uscire il liquido dall’ odore caratteristico di acetato di polivinile il trattamento si toglie e lascia vedere la superficie del gel coat sottostante intatta.
Gli stessi saggi effettuati poi sul semi-guscio di dritta lasciano vedere la superficie del gel coat sottostante intatta.
Ohibò !… Lo scafo (tutto lo scafo) sembra sano, esente da osmosi intesa come maleficio che incide non solo sul gel coat ma anche nella profondità degli strati di mat vetroso.
Però il semiguscio di sinistra assomiglia alla superficie della luna coi crateri convessi.
E’ necessario ovviamente togliere il trattamento così malamente eseguito a sinistra, ma così facendo non si verrà anche inevitabilmente ad intaccare il gel coat sottostante?
Ci sono svariate possibilità per farlo: pelatura, sabbiatura, idrosabbiatura, raschiatura e carteggiatura… ma tutto dipende dalla sensibilità e abilità dell’ operatore (e al tempo che ci può e vuole impiegare).
Se comunque in qualche punto viene ad essere intaccato il gel coat non esisterà più alcuna garanzia di integrità nel tempo per gli starti di vetroresina sottostanti.
Quindi non resta che eliminare anche il gel coat e fare un trattamento completo anti osmosi…solo a sinistra?
Sussiste qualche perplessità: infatti, eseguito così il trattamento, lungo la linea di chiglia cosa potrà succedere tra il gel coat vecchio da una parte e la resina epossidica nuova dall’ altra?
Quale cantiere darà una garanzia per un lavoro fatto a metà?
Ecco che allora, per colpa di un lavoro malamente eseguito, ci si trova a dover fare un trattamento completo su uno scafo che non ne aveva bisogno.
Caso quanto mai interessante.

Mi è capitato anche, in due occasioni diverse e su due barche dello stesso meodello, di trovare osmosi solo nella zona intorno ai passacafi delle prese a mare; erano due barche costruite una decina di anni fa dallo stesso cantiere italiano; …per la verità non so più se questo cantiere sia proprio italiano, considerate le acquisizioni societarie estere, comunque è un cantiere molto noto.
Questo cantiere da un po’ di anni esegue i fori delle prese a mare dei servizi tutte raggruppate e vicine tra loro (non so per quale motivo); il risultato è che lì intorno l’ umidità penetra più facilmente perché trova con più facilità tratti di discontinuità tra materiali diversi.
Infatti in entrambe le imbarcazioni ho riscontrato la presenza di bolle osmotiche solo in una zona ristretta intorno ai passascafi.

 

Mi è stato raccontato che la causa è dovuta al fatto che in fase di finitura i fori siano stati stuccati con dello stucco metallico al poliestere (quello per le carrozzerie delle auto).
Ora mi rifiuto di credere che un cantiere di tale fama usi lo stucco per le carrozzerie delle auto sulle barche che produce, quindi propendo più per un errore di progettazione.
Comunque con l’ osmosi c’è poco da disquisire sulle cause, o c’è o non c’è e se c’è va curata.
Sul fatto poi che negli ultimi 10/15 anni molti cantiere adottino resine al vinilestere, invece che al poliestere, induce la conseguenza che tali prodotti risultano più impermeabili all’ acqua (l’ impermeabilità assoluta non esiste per le resine); ma se la lavorazione è stata comunque eseguita male (in ambiente umido e senza far uscire bene l’ aria in fase di resinatura delle stuoie di fibra di vetro), nonostante si adottino resine di qualità superiore il problema osmosi si ripresenterà comunque.
Anche la resina epossidica è soggetta alla necessaria accuratezza nella lavorazione ma, avendo caratteristiche meccaniche decisamente superiori alle altre due categorie di resine, può legare il composito con spessori più contenuti, quindi con un risparmio di materiale e di peso.
Ben più di 40 anni fa (agli albori della plastica) il Cantiere Alpa di Offanengo iniziò a produrre barche a vela da crociera in vetroresina.
Qualche anno fa ne periziai una che aveva 40 anni suonati: scafo impeccabile, sia da dentro che da fuori…praticamente eterno, pur senza tante seghe mentali tra i tipi di resine e gradi di umidità relativa.


Alpa 11.50 - Con una barca come questa feci la mia prima crociera di un certo impegno da Venezia a Itaca nel 1973.
Barca splendida, viaggiava a 7 Kn con grande facilità (nè più nè meno dei progetti di oggi della stessa lunghezza).

Poi nelle varie interviste televisive fatte durante i convegni di Conf-comm-eserc-industr-ecc i vari Manager-politici parlano abilmente e camaleonticamente di know how nelle loro aziende…
Know how?
Cioè sfruttare la conoscenza sulle esperienze già fatte per produrre meglio?
…Ma se una volta si produceva già bene e/o meglio di adesso, dove cavolo è andato a finire tutto questo “know”?
Non è che invece sia stato bellamente dimenticato sempre in nome del risparmio sul dio-denaro?
Sapete, sempre più spesso mi sento attorniato da persone che non fanno altro che mascherare le balle che raccontano pur di vendere, sia i prodotti che producono che le loro persone.
E’ come il cavalcavia della stazione di Treviso che quando sono nato (64 anni fa) era già stato costruito; ebbene il calcestruzzo dei piloni non ha mai subìto alcun trattamento di manutenzione ed  è a tutt’ oggi praticamente impeccabile….Non come molti piloni di viadotti autostradali assai più giovani e bisognosi invece di assidua manutenzione....
Eppure settant’ anni fa si sapeva benissimo come fare un buon calcestruzzo!
Cos’è…abbiamo perduto il Know how?
Addirittura recentemente alcuni ministri (che invece di amministrare e così risolvere i problemi fanno continuamente propaganda per cercare consensi e così li creano) si sono abilmente spinti a mistificare i Vangeli cristiani, accessoriando i giubbotti paramilitari con croci e Madonne per poi invece proclamare la priorità della propria etnia rispetto alle altre…
Eppure il Know how del Cristianesimo è Fratellanza, Rispetto, Amore per gli altri, Perdono, Accoglienza... Ma dove stanno? 
Chi non segue questo Know how non è cristiano...si dia la definizione che vuole ma non quella di cristiano, qualsasi abito indossi, qualsiasi ruolo abbia, qualsiasi volume usi per farsi ascoltare.

Il prossimo mese dirò qualcosa sulle spere, o meglio sulla opportunità di dotarsi di esse a bordo o meno.
La cosa mi è stata proposta dal mitico dott. Alberto Locatelli con una lettera dotata di ampio P.S. che pubblicherò.
Probabilmente qualche lettore non saprà che cosa siano le spere (N.B. non sono le sfere con un errore di battitura, sono proprio le spere)…Si tratta di quegli “accorgimenti” che servono (servirebbero) per trattenere frenata la poppa di una barca quando vi fosse un mare da poppa talmente impetuoso da potere minacciare di capovolgere la barca.
“Roba da 40 ruggenti e 50 ululanti” dirà qualcuno, ma le cose non stanno proprio così….
In realtà si tratta di una miscela tra la lunghezza della barca e la ripidità dell’ onda, e dico onda perché ne basta una sola purché sia “quella giusta”.
Il difficile, per Alberto ed anche per me, è stabilire quale sia quella giusta e sapere se ci sarà o meno.
Ci proverò il prossimo mese…

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