ARTICOLI  CHIACCHIERE  E  COSE TRA NOI
  APRILE 2007

Questo mese - visto il tema trattato -  ho pensato di usare lo sfondo bianco perchè mi ricorda il gel-coat, mentre un bel color verdolino per il testo ricorda certe sfumature vetrose del mat e della resina.
Considerato però che la lettura diventa difficile, è meglio che il testo abbia un colore un po' più contrastante.


Prima di completare ciò che ho da dire sull' OSMOSI, volevo porre all' attenzione del lettore l' immagine seguente che contiene un particolare al quale avevo già accennato qualche mese fa.



 Si tratta della prua della  mia barca ormeggiata al gavitello; sulla coperta giace appoggiata una ancora CQR che, pur non essendo originale, ha però assolto quasi sempre bene il suo compito.
Come si nota bene dalla foto, ho provveduto a tinteggiare prima di bianco e poi di vernice fluorescente spray gialla la faccia superiore del fuso dell' ancora.
La ragione è immediata: una volta che l' ancora ha preso sul fondo mi faccio una nuotatina con la maschera e, senza bisogno di immergermi,  riesco a vedere se il piccolo "aratro" è affondato bene e se la posizione del fuso è corretta.
Naturalmente  ho tinteggiato allo stesso modo la catena ai 10 metri, ai 20 metri , ai 30 ecc....., con 1 tacca, 2 tacche, 3 tacche ecc....Inoltre approfitto di ogni bella giornata di sole per lasciare aperto il gavone dell' ancora: è un ambiente sempre molto umido (se non bagnato), che contiene anche le bombole del gas e i contatti elettrici del salpa ancora....un po' d' aria e di sole gli fanno senz' altro molto bene.


          PERMETTETEMI DI FARE ANCHE UN ANNUNCIO  
     

Il prossimo mercoledì 18 aprile il Treviso Sailing Club organizzerà presso la sua sede di via Fonderia a Treviso una serata durante la quale il sottoscritto cercherà di intrattenere i presenti  sul tema "Come scegliere la barca?"  o qualcosa di simile...

Ho avuto il permesso di pubblicare qui il relativo annuncio, rimandando quanti fossero interessati ad avere ulteriori informazioni sull' attività del club e sull' ubicazione della sua sede 
al sito   www.trevisosailingclub.com




E ADESSO COMPLETIAMO CIO' CHE HO DA DIRE
SULL' OSMOSI

Forse parrà strano all’ attento lettore il fatto che io faccia uso di poche fotografie per illustrare il fenomeno dell’ osmosi.
Il fatto è che tutte le foto che ho visto nelle varie riviste che hanno dedicato qualche articolo a questo fenomeno non mi hanno mai dato la sensazione di aver capito se una barca avesse osmosi o no.

Infatti in pratica (cioè osservando le carene) io non ho mai visto un’ osmosi uguale all’ altra: intendo dire che nelle barche che ho periziato e sulle quali ho constatato la presenza di osmosi, ciò che ho visto e misurato non era mai uguale; come se il tipo di resina o l’ acqua nella quale quello scafo era stato immerso avessero prodotto un effetto diverso sul risultato finale.
E’ insomma come quando uno stesso profumo viene distribuito sulla pelle di donne diverse…a seconda del tipo di pelle l’ aroma sprigionato è diverso (paragone romantico, vero?)
Preferisco allora descrivere il fenomeno con parole e usare poche foto. 

Su che cosa sia l’ osmosi ormai hanno scritto in tanti o forse in tutti, quindi mi pare superfluo parlarne.
Però invito il lettore ancora una volta a ragionare: poiché l’ osmosi (in fisica) si ha quando esiste una differenza di pressione tra due liquidi separati da una membrana, ecco che nel nostro caso uno dei due liquidi è rappresentato dall’ acqua esterna allo scafo (mare, lago o fiume che sia), l’ altro è rappresentato dalla soluzione acida incuneata tra gel-coat e vetroresina e la membrana è rappresentata dal gel-coat.
Quindi, poiché l’ osmosi tende a gonfiare il gel-coat verso l’ esterno, significa che la soluzione acida interna ha una densità maggiore dell’ acqua esterna…ciò significa ovviamente che l’ osmosi viene esaltata nel caso di uno scafo che galleggi in acqua dolce piuttosto che in acqua salata, e che più facilmente essa appare prima a piccola profondità per poi estendersi anche a profondità maggiore (intendo profondità rispetto alla superficie dell’ acqua).

 

Raschiate le croste di vecchia antifouling ecco che appare il bianco del gel-coat, ed ecco che il raschietto ne mette in evidenza (se ci sono) i rigonfiamenti. E' l' osmosi ad uno stato di avanzamento che va già oltre l' osmosi latente di cui parlerò tra poco...Eppure su questo scafo di circa 25 anni erano visibili sulla superficie  solo i lievi rigonfiamenti dovuti principalmente a molti strati di antifouling mal tirati.

DIGRESSIONE: non riesco ad immaginare come mai ad un certo punto della sua vita all’ interno della vetroresina comincino a formarsi queste sacchette di liquido denso; non essendo io un chimico mi dichiaro assolutamente ignorante in materia e non in grado di spiegare per bene questo fenomeno.
Posso ritenere che sia una faccenda di migrazione e di assembramento di ioni, verosimilmente esaltata in caso di temperature più alte; per fare un esempio di ciò che potrebbe essere (che nulla però ha a che fare col fenomeno in se') si potrebbe pensare all’ appannatura del vapor d’ acqua su un vetro freddo: essa inizia come un velo di minutissime gocce diffuse su tutta la superficie ma poi, andando avanti nel tempo, la condensa si sviluppa sempre più fino ad aggregarsi in vere e proprie gocce.
 

Detto ciò (e ho detto anche troppo) credo sia bene soffermarsi sulla riconoscibilità dell’ osmosi.
Tanto per cominciare, oltre alle diversità evidenziate prima col paragone “romantico” del profumo,  secondo me non esiste nemmeno un unico tipo di osmosi.
Mi viene infatti da distinguere subito tre diverse tipologie di osmosi: quella che io chiamo osmosi latente, quella che chiamo osmosi a foro e quella che chiamo osmosi a bolle (che è la più evidente).

L’ osmosi latente.
Con un  raschietto bene affilato e sufficientemente largo si asportano gli strati di vernice antifouling (anche se appaiono perfetti) fino ad arrivare al gel-coat (superficie biancastra e rigida che avvolge la vetroresina); non è necessario fare questo esame con lo scafo asciutto, anzi se è umido o bagnato gli strati di vecchia vernice vengono via più facilmente.
Poiché è oneroso e faticoso raschiare tutto lo scafo, si può procedere ad effettuare alcuni pochi sondaggi (io ne faccio 4 o 5); è importante però farli in alcuni punti strategici, laddove l’ osmosi si può manifestare prima…ovviamente questi posti io li conosco e mi guardo bene da dirvi dove sono (sennò come perito che ci starei a fare?)
Se ciò che si vede è una superficie di tinta uniforme e liscia, significa che non c’è osmosi.
Se invece, man mano che si raschia, appaiono delle piccole isolette biancastre di forma tondeggiante o oblunga delle dimensioni di qualche millimetro di diametro visibili sullo sfondo della tinta scura del primer, piuttosto vicine le une alle altre e diffuse dappertutto, significa che c’è osmosi latente.
Perché l’ ho battezzata così ?
Il motivo è che questo fenomeno è stabile (cioè non cresce) se la barca viene alata ogni anno per un mese o più al fine di fare manutenzioni generiche e/o carena.
Quindi secondo me non abbisogna di alcun intervento, se non una buona pulizia con idropulitrice e una essiccazione naturale quanto più protratta nel tempo invernale (i mesi di gennaio e febbraio sono in genere un autentico toccasana).
Poi, secondo me, si può ritinteggiare con l’ antifoulig e basta. 

L’ osmosi a foro.
Secondo me è la più difficile da diagnosticare: innanzitutto ancor prima di iniziare la raschiatura sono visibili dei rigonfiamenti sulla vernice antifouling.
Ciò non significa nulla perché possono essere delle bolle di vernice.
Occorre allora procedere alla raschiatura intorno alle bolle arrivando al gel-coat: se la superficie del gel-coat è integra significa che le bolle sono dovute al rigonfiamento della vernice e non c’è osmosi; se invece dove c’ era la bolla la superficie del gel-coat è a sua volta ingobbata e assaggiandone il liquido che esce dall’ incisione che si avrà cura di fare si sente odore e sapore di aceto, significa che c’è osmosi a foro.
Se infatti si asporta totalmente anche il gel-coat (con un punteruolo o un cacciavite perché esso è molto duro) appare un incavo nella vetroresina, come un piccolo foro cieco delle dimensioni molto contenute (uno, due, massimo tre millimetro di diametro).
In genere questo tipo di osmosi è localizzato solo in alcuni punti dello scafo.
Ritengo quindi che sia ottima cosa pensare a un trattamento preventivo: significa che occorre procedere in autunno a togliere tutti gli strati di antifoulig e sabbiare o discare localmente e leggermente sulle bolle così da asportare anche il gel -coat .
Si lava bene e si lascia asciugare fino a marzo.
Poi si applica il trattamento preventivo, che è costituito da resina epossidica (questo sarebbe bene farlo al chiuso, perché la catalizzazione della resina è lenta e molto sensibile alla temperatura dell’ aria).
Si applica quindi il primer (se non lo si fa l’ antifoulig se ne va via tutta quasi subito) e quindi si fa carena.
 

ULTERIORE DIGRESSIONE: Ricordo una volta di aver letto in una rivista nautica italiana molto ma molto diffusa la risposta dell’ esperto alla richiesta di un lettore.
Questi denunciava il fatto che, dopo aver risanato con resina epossidica la coperta della sua imbarcazione, aveva applicato alcune mani di pittura che si era quasi subito sfogliata.
L’ esperto della rivista rispondeva azzardando elucubrazioni sulla temperatura di applicazione al momento della verniciatura ecc, dimenticando di far notare al lettore che forse egli non aveva applicato il primer.
Avete mai provato a verniciare direttamente un metallo cromato?
L’ adesione della vernice praticamente non avviene.
E’ la stessa cosa che succede se si dipinge direttamente la resina epossidica: il primer serve semplicemente a favorire l’ ancoraggio della pittura...Ma non bisogna dimenticare di darlo.
 



Ecco i grossi danni prodotti da un' osmosi ad uno stato molto avanzato: lo spessore della vetroresina è intaccato per qualche millimetro e le caratteristiche meccaniche degli strati  
(dovendo nel trattamento asportarli tutti fino alla concavità delle bolle) ne risultano molto ridotte.

 

L’ osmosi a bolle.
E’ “l’osmosi per eccellenza” e non occorre il raschietto per diagnosticarla, tanto è evidente.
La superficie dello scafo appare butterata, tanto o poco.
I rigonfiamenti dell’ antifoulig sono molto pronunciati, a volte sono anche rotti come un brufolone scoppiato (mi scuso per il paragone poco piacevole).
Il gel-coat può essere a sua volta scoppiato e se con una punta metallica si cerca di toglierne i bordi, si possono vedere gli strati di vetroresina e addirittura di mat (la fibra di vetro) che risultano scoperti e vulnerabili (vedi foto precedenti).
Il diametro delle bolle può essere elevato (cinque, dieci anche quindici millimetri) ma ciò che diventa preoccupante è la loro profondità, intendo l’ estensione all’ interno della vetroresina.
Ciò è preoccupante perché viene ad intaccare strutturalmente la vetroresina: se per esempio in un certo punto lo scafo è stato prodotto in cantiere con 5 mm di spessore di vetroresina ma la bolla ha scavato per 2 mm, significa che quando si fa il trattamento antiosmosi (vedi oltre) occorre asportare tanto spessore da lasciare solo 3 mm di guscio, cioè in pratica si viene quasi a dimezzare la resistenza dello stesso (ricordo che la resina regge a compressione, ma è la presenza delle fibra di vetro quella che assicura la tenuta a trazione, e ogni onda che passa produce sia trazione che compressione).
Il perito quindi non serve tanto per diagnosticare la presenza dell’ osmosi a bolle (evidentissima), quanto piuttosto per determinare se lo scafo è salvabile oppure no.
Poiché l’ osmosi è lenta nella sua crescita, lasciarla lavorare per anni senza intervenire per tempo è da criminali.
Mi è stato riferito che un motoscafo, per il quale non era stata diagnosticata la presenza di osmosi, si spezzò in due una volta tirato su con le cinghie.
Io non l’ ho visto, ma ritengo che il fatto possa essere senz’ altro veritiero:  il guscio di vetroresina diventa come un foglio di carta igienica preforato per rendere più agevole lo strappo......Non so se mi spiego.

Il trattamento antiosmosi è oneroso.
Occorre discare o sabbiare tutto lo scafo togliendo lo spessore di vetroresina intaccato dalla profondità delle bolle, poi lavare bene e lasciare asciugare.
Si controlla il grado di umidità relativa con lo strumento a ultrasuoni (è l’ unico caso in cui serva) per far sì che l’ applicazione del trattamento possa essere garantito dalla casa produttrice della resina e dello stucco.
Si applica la resina in vari strati, si leviga ancora a strati con lo stucco, si applica il gel-coat, il primer e finalmente si fa carena.
I prezzi attualmente viaggiano intorno alle 5mila euro per una barca di 10 m, 8mila euro per una barca di 12 metri, ma ne vale la pena…alla fine il guscio è come se fosse appena uscito dal cantiere e, trattando il prezzo all’ atto dell’ acquisto, alla fine non resta alcuna pregiudiziale valida nei confronti dell’ acquisto.
Di osmosi si può guarire e bene, tant’ è che la domanda ricorrente che mi pongo è la seguente: quanto può durare uno scafo di plastica?
Ho visto e periziato barche degli anni ’70 (Alpa) assolutamente prive di osmosi e strutturalmente ancora impeccabili, così come Gran Soleil 34 e svariati Comet degli anni ‘80.
Com’è oggi la vetroresina di barche costruite 40 anni fa?
Buona, ancora buona in molti casi.
E come sarà tra 40 anni la vetroresina di barche costruite oggi?

Mmh, e chi lo sa...

  

CONTINUO A RACCOMANDARVI CALDAMENTE DI LEGGERE L’ARTICOLO DEL PROSSIMO MESE, 
SOPRATTUTTO DE SIETE SPOSATI O FIDANZATI

(o se avete intenzione di diventarlo).

A PRESTO !

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