ARTICOLI E CHIACCHIERE COSE TRA NOI
APRILE 2018

PER LUI, MA DEDICATO A LEI

 

Sono sconcertato e deluso!
Da un servizio giornalistico televisivo ho appreso che ci sono degli ingegneri (quindi dei miei colleghi) il cui lavoro consiste nel programmare i tablet per correggere i difetti nei ritratti dei selfie; e pare che siano pieni di lavoro...
..... !
Io mi onoro di appartenere ad una generazione di ingegneri che sono stati istruiti (e vi assicuro con molta ma molta fatica) per progettare case, ponti, dighe e macchine per garantire l’ incolumità delle persone spendendo il meno possibile e senza commettere errori; quindi faccio molta fatica a concepire un ingegnere la cui occupazione sia di modificare le rughe sulle fotografie.
Beninteso la mia delusione non deriva dal comportamento dei miei colleghi (anche essi, come me, fanno il meglio che possono per campare) ma dal fatto che se hanno così tanto lavoro significa che c’è molta richiesta per le loro prestazioni…
Ma richiesta di che ?      Di apparire belli ?       Di apparire senza difetti ?       Di apparire ?          E’ questo oggi ciò che la maggior parte delle persone vuole ?
Chirurgia plastica, fiale di botulino e grasso sparate sotto pelle, elasticizzazione della pelle a oltranza, occhiali dalle lenti celesti, pantaloni stretti, giacche striminzite, automobili tedesche e scure, linguaggio vuoto e semi-incomprensibile e tanta incapacità di essere ciò che si vuole far credere di essere…      Sono queste le richieste del vivere d’ oggi ?
Mi pare che le finalità in questo “modus vivendi” perseguito nella Unione Europea (non solo qui in Italia) alla fine siano di non accettare la vecchiaia e di non fare figli, ma per fortuna arrivano barconi e gommoni a risvegliarci dal torpore dell’ agiatezza e dell' egoismo…e ogni tanto qualcuno di voi mi scrive.

Buongiorno Ing. Scarpa
Le scrivo perché, leggendo fra gli articoli del suo sito, ho notato la sua disponibilità a dare consigli e risposte a coloro che ne fanno richiesta.
Innanzitutto mi presento. Sono Claudio Donini, ho sessant’anni vivo a Desenzano e lavoro nel Veronese. Come quasi tutti ho, da tempo, un sogno nel cassetto. Cambiare lavoro. Da metalmeccanico a viaggiatore. Il tempo è ormai maturo e vorrei concretizzarlo con il migliore dei mezzi di trasporto. La barca.  Avendo una moglie decisamente poco incline alle peculiarità veliche ho pensato ad un catamarano. E qui mi sono fermato assillato da molte domande dovute principalmente al fatto che, in realtà, io non ho mai avuto una barca. Ho amici carissimi che la possiedono ma di fatto, a parte le due settimane all’anno di vacanza e qualche uscita sul lago, per me nulla più.
Ho letto con interesse l’articolo sui catamarani nel suo sito, dove mi sembra si sia delineato un giudizio sostanzialmente non negativo, almeno per l’uso che intenderei farne.
Ma che tipo di catamarano scegliere? Certamente la taglia dovrà essere attorno ai 38-40 piedi ma i costruttori sono di vario tipo. Dai più popolari ai più sofisticati con diversi livelli di sicurezza e  prestazioni ma anche di costo. C’è chi dice meglio un’imbarcazione con qualche anno di più, ma ben fatta (Privilege, Catana…), piuttosto che una più economica (Lagoon, Fontain, Robertson) ancorché recente. Vorrei acquistarla usata ma da charter o da privato? Affidarsi ad un broker e quale servizio chiedere o provare la ricerca autonoma?
Insomma mi sembrano le classiche domande del neofita certo, ma di fatto questo sono e, ovviamente, non vorrei sbagliare.
Nel ringraziarla anticipatamente per i suggerimenti che vorrà darmi porgo cordiali saluti. 
Claudio Donini

Le mie esperienze relativamente alla navigazione sui catamarani sono limitatissime.
Quelle poche occasioni che ho avuto di navigarci (o di vederne navigare) mi hanno però convinto di poche ma solide argomentazioni: il catamarano, contrariamente ai monoscafi che per certe forme possono o addirittura devono essere pesanti, deve essere leggero.
Quindi già l' idea di farne un uso crocieristico considerando gli arredi, gli impianti, la dotazione di cabine e la cambusa necessaria, non è molto azzeccata.
Il catamarano può esprimere tutte le sue doti velocistiche solo se disloca poco, cioè se nasce per la regata, oppure se naviga a motore.
Un ulteriore problema (ma non so se questo possa esserlo anche per Claudio) è che all' ormeggio paga circa tariffa doppia occupando quasi due posti barca e ciò può essere anche un deterrente per una sua eventuale futura rivendibilità.
Il grosso vantaggio è rappresentato dal fatto che praticamente non si inclina, fatto del quale generalmente le mogli sono particolarmente sensibili....
E qui veniamo al tema di questo mese.

Come ho scritto altre volte, prima di dare un ordine (o anche semplicemente di chiedere qualcosa) sarebbe saggio aver provato personalmente ad eseguire quell’ ordine.
In moltissimi casi questo è una cosa naturale, per esempio quando siamo bambini e ci viene chiesto (o ordinato) di sparecchiare la tavola: così da grandi a nostra volta possiamo chiederlo ai nostri figli consci dell’ impegno piccolo o grande che questo comporti.
Un po’ la stessa cosa succede quando si tratta di far eseguire ad altri riparazioni all’ impianto idraulico della barca, levigare lo scafo, cambiare l’ olio al motore, ecc…difficilmente sappiamo valutare se quanto richiestoci come compenso dall’ operatore che abbiamo incaricato sia equo oppure si tratti di una fregatura.

 

Ma le cose si esasperano ancor più quando nella scena della nostra barca compare lei, la nostra compagna, perché molto spesso la passione per la barca ce l’ha “lui” mentre “lei” si adatta ad esserne coinvolta…
La frase precedente significa un mucchio di cose.
Principalmente si tratta di un equivoco di base: “lui” è convinto che tutto ciò che gli piace piaccia anche a ”lei”; avviene quindi che “lui” trova molte difficoltà a mettersi nei panni di “lei” e che chieda di eseguire ordini o di fare attività che magari lui stesso non ha mai provato.
Nello stesso tempo avviene anche il contrario, cioè “lei” trova molte difficoltà a mettersi nei panni di “lui”, non comprendendo perché alcune cose debbano essere fatte subito e senza discuterne…
Questo perché tutte le donne “amano discuterne”: la discussione (cioè il mettere insieme frasi per dare corso ai pensieri così che altri pensieri abbiano il tempo di formare altre frasi al solo scopo di far perdere tempo per consolidare il fatto che è la donna ad avere ragione e che l’ uomo, pur pretendendo di averla, non ce l’ avrà mai) è il piacere più pressante per la donna e guai se non trova sfogo.
Il reprimere la discussione può portare la donna a serie crisi di nervi, in quanto viene a sentirsi ”incompresa”.

 

Del resto tutti gli uomini “amano decidere”: se fosse per l’ uomo ogni parvenza di discussione è inutile in quanto, essendo biblicamente lui l’ essere con il compito di agire, non può minimamente accettare che qualche minuto della vita possa essere perso per cercare una soluzione diversa da quella che la sua mente ha istantaneamente coniato (e che è convinto sia l’ unica giusta).
La conseguenza è presto detta: una battaglia continua fatta di attacchi, ritirate, rinunce, pretese. 
Perché occorre che lui tenga conto di un fatto ben preciso ed oggettivo: lei tende ad essere possessiva e a dimostrarlo attraverso una dosata gelosia; il fatto di godere del bellissimo e naturale dono della gestazione e del parto, fa sì che la donna consideri “suo” sia il figlio che il compagno (che agli occhi di lei resta comunque un eterno bambino, più da sopportare che da coccolare).
La barca, quindi, oltre che come “oggetto prendisole” è sempre vista da lei come una intrusa che per diverse ore all’ anno contribuisce con le sue esigenze di manutenzione ad allontanare lui dalle necessità familiari.
In pratica la barca “ruba” ore di dedizione di lui alla famiglia, la cui conduzione viene a trovarsi sempre più sulle spalle di lei... (Non sempre ciò è vero, ma lei ne è comunque fermamente convinta).
Del resto questo è proprio ciò che lui cerca: la barca, oltre che come oggetto per dimostrare che egli è (almeno in qualcosa) un “comandante”, è vista come un angolo di vita privata dove poter perdersi a giocherellare proprio come quando era bambino; la barca è come un banco da lavoro dove immaginare, leggere, documentarsi, limare, costruire, adattare, personalizzare.
Giocare, insomma, quindi richiede tempo e lontananza da casa.
Poi c’è anche un altro “registro di interpretazione” ancor più scabroso: lei ritiene che a lui la barca serva per le scappatelle amorose (anche se lui non ci pensa nemmeno).
Anzi ciò convince lei ancora di più che la barca sia da considerare non tanto come una amante quanto come una direttrice dell’ albergo ad ore dove lui sfoghi le sue brame di sesso; ragione in più per odiarla !
In tale rappresentazione si comprende bene che il rapporto tra lei e la barca (e di riflesso quello tra lui e la barca) non possa essere sereno.

 

Anche se la barca può talvolta essere un piacevole appoggio per i cuscini mentre la pelle di lei si lascia cuocere dai raggi solari (ma raramente), ciò viene compensato negativamente dai momenti in cui pioggia, onde, spruzzi, dondolamenti, cigolii notturni, atmosfere caldissime, brividi di freddo, sentine sporche rendono impossibile la vita a bordo (molto più spesso).
Quel che resta quindi agli occhi di lei è solo gelosia e talvolta anche rabbia.
Di riflesso, il rapporto tra lui e la barca può dare luogo a dei veri e propri sensi di colpa: ogni volta che lui va in darsena a dare aria o a pulire la sentina o a far girare il motore o ad avvitare qualche vite, può avvertire lo stesso disagio che sentiva da bambino quando rubava la marmellata di nascosto.
Ma non sempre vale questo ragionamento.
Nell’ articolo di marzo 2009 infatti trattai il caso della moglie insoddisfatta del marito (pongo all’ attenzione del lettore che ora da “lui” e “lei” sono passato a “marito” e “moglie”).
Può succedere in effetti che la moglie sia stanca, ma proprio stanca, di avere il marito fra i piedi e che veda di buon grado il fatto che lui se ne vada fuori casa: non è detto che si tratti di una crisi pre-separazione; può essere semplicemente la voglia della moglie di fare le faccende domestiche in libertà, o semplicemente di godere di un po’ di libertà tra le pareti di casa, o di starsene un po’ alla pasticceria con le amiche senza doverne rendere conto a nessuno.
Così, piuttosto che immaginare il proprio marito con gli amici all’ osteria, lei acconsente di buon grado che lui vada in darsena a pulire la barca: meglio che starsene in casa a continuare a sporcare il pavimento !
La barca diventa allora una alleata sia per la moglie che per il marito e può addirittura fare del bene al rapporto coniugale.

In conseguenza di quanto affermato verrebbe da suggerire un fatto importante.
Il discernimento nel fare un matrimonio cristiano (con la consapevole presenza Dio in mezzo alla coppia e quindi con una celebrazione in chiesa) potrebbe ragionevolmente essere considerato una conquista alla quale arrivare dopo anni di matrimonio civile o di convivenza; così l’ acquisto di una barca (con la consapevolezza di vederla non come una rivale ma come una alleata) potrebbe vantaggiosamente essere una conquista alla quale arrivare dopo anni di studio e di tolleranza di coppia.
Domanda: è bene sposarsi in chiesa solo quando si sia sicuri che l’ innamoramento sia passato ma il legame resti comunque forte perché basato su altre qualità, così da non pensare mai più ad un eventuale divorzio ?
Domanda: è bene comperare la barca solo quando si sia sicuri che le gelosie siano sfumate ma la condivisione della vita sul mare sia forte e autentica, così da considerare la barca non più come strumento di separazione della coppia ?
E ancora: le domande che precedono possono essere interpretate come dei saggi consigli o sono delle boiate pazzesche ?

Mah, io non so proprio rispondere se non per il fatto che, alla fine, tutto va bene purché sia comunque condiviso.
Se comunque si vuole raggiungere un risultato accettabile di condivisione, questa deve passare attraverso la conoscenza reciproca.
Ma per conoscersi occorre tempo... a volte molto, molto tempo.

 

A volte ci si comincia a conoscere quando i figli sono ormai diventati grandi.
Quando l’ interesse a percorrere miglia diventa molto più relativo.
Quando il calore estremo dei raggi estivi diventa un dolce tepore.
Quando scavalcare le draglie diventa un impegno che fa serrare le labbra per lo sforzo.
Quando non si riesce più a star dietro alle terminologie fantasiose delle nuove tecnologie.
Quando le ginocchia scricchiolano per accucciarsi a raccogliere una vite.
Quando il sacco delle vele diventa un elefante quasi ingestibile.
Quando il berretto di lana diventa un accessorio indispensabile.
Quando un bicchiere di vino con due arachidi salate preso in pozzetto ti ricorda….…Sì, insomma, ci si comincia a conoscere quando i ricordi superano il presente !

 

Ecco, questo può esser il momento giusto per fare il passo.
Allora non è una follia, ma può essere il completamento di un arco, come se si cercasse la fine di un arcobaleno.

 

 Sto preparando un inutilissimo articolo tecnico per il mese di giugno, 
sennò il mio amico Nicola mi dice che non sono più un ingegnere.

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