Questo mese e il prossimo vorrei dire qualcosa a proposito di due argomenti che ritengo nauticamente utili.
Prima però, come amo fare, vorrei togliermi un sassolino dalla scarpa che, manco a dirlo, ben si innesta all’ argomento nautico di oggi.
E’ che per natura
mi piace ragionare in autonomia e trarre
delle conclusioni che se non vere possono essere comunque molto verosimili.
Quando ero molto
giovane (una sessantina di anni fa) vi fu da parte del dott. Sabin (a sinistra) una
scoperta eccezionale: si trattava del vaccino antipolio contro quella brutta
malattia che si chiamava poliomielite e che tanti bambini ha privato dell’ uso di
una regolare mobilità.
Come il suo
predecessore Pasteur (a destra) aveva già intuito per la rabbia, la campagna di profilassi
che ne seguì fu un trionfo per il mondo intero: tutti furono d’ accordo, non ci
furono polemiche: genitori e bimbi accettarono la vaccinazione ed anzi non
vedevano l’ora che fosse il loro turno.
Fu un successo
epocale dettato dalla sincerità della scoperta piena di intenti
umanitari e alla completa rinuncia a qualsisasi forma di brevetto (che
posto sulla salute globale sarebbe stata una infamia bella e buona).
Soprattutto si
trattava di un vaccino, cioè della intromissione nel corpo dell’ agente
patogeno, cioè la malattia, per provocare da parte delle difese immunitarie del
corpo stesso la formazione degli anticorpi.
Bellissimo.
Oggi le cose sono
molto diverse: io sono sempre stato pro-vax e mi sono vaccinato in tutti questi
anni per polio, morbillo, rosolia, tetano, pertosse, orecchioni, meningite ecc...
Ma…
Ma le guerre
portano a sperimentare sempre nuovi tipi di armi; già nella prima metà del ‘900
con le due guerre mondiali furono messi a punto armi chimiche.
Dall’ inizio di
questo nuovo millennio gli USA temono la progressione economica del gigante Cina,
soprattutto da parte di un presidente (appena cacciato) che della supremazia
economica ha fatto l’ obiettivo della sua politica.
Ma anche la Cina sta recuperando il "tempo perduto" e si sta dando da fare sia a conquistare il mondo economico, sia a sperimentare bilologicamente di tutto e di più.
Succede che un gruppo di militari statunitensi va in visita in una città cinese e lì si diffonde un contagio.
Succede che ci informano che anche i pipistrelli e il mercato del pesce sarebbero diffusori del contagio.
Succede che il contagio si trasmette a tutto il mondo e che ancora non si sa con certezza chi l' abbia diffuso, né quando avrà fine
Succede che i ricercatori nel mondo isolano il virus, ne studiano le caratteristiche, costruiscono un vaccino, lo sperimentano, ne fanno i test a campione, ottengono i risultati e hanno il benestare da parte delle agenzie internazionali per la salute il tutto in 10 mesi (!).
Succede che i test e i risultati non vengono svolti dalle agenzie internazionali per la salute, ma dalle case farmaceutiche stesse (!).
Succede che le industrie farmaceutiche commercializzano subito i vaccini promettendo dosi stratosferiche (alle volta fanno i contratti con gli stati prima ancora di aver ottenuto il benestare) e, per l’ Europa e l’ America le prime due industrie farmaceutiche a riuscirvi sono made in USA.
Succede che mentre se ne va un presidente USA no-vax ne arriva uno nuovo pro-vax e quelle industrie farmaceutiche ora si trovano impegnate a rifornire gli USA e non riforniscono più come promesso l’ Europa.
Succede che, come per i biglietti delle partite di calcio, diventa possibile acquistare dosi di vaccino e poi rivenderele a prezzo più elevato ricattando gli Stati.
Succede che viene dichiarato fisiologico il fatto che il vaccino provochi complicazioni, ma senza precisare quali esse siano e con quale incidenza.
Succede che mentre il morbillo è sempre stato morbillo riconoscibile e combattibile come tale, oggi ci viene detto che dobbiamo aspettraci continue variazioni di virus.
Succede anche che metre il morbillo dava quasi gli stessi effetti per tutti i contagiati, oggi si può indifferentemente essere portatori sani o finire coi polmoni scassati. per la medesima diagnosi.
Succede che i vaccini che devono ancora arrivare nelle dosi promesse vengono già dichiarati limitatamente efficaci nel tempo e nelle varianti.
Succede che pian piano, mentre vengono somministrati i vaccini, viene anche detto che esiste e persisterà un continuo interscambio di nuovi virus tra animali e uomo...
Ora permettete che
mi sorga un dubbio: mi pare lecito sospettare che l’ altruismo e la sincera
intuizione umanitaria del dott. Sabin (e di Pasteur) si sia trasformata oggi
semplicemente in una pura e semplice operazione commerciale che fa fuori un po’
di gente per guadagnare e basta., oppure per "sfoltire" una parte di umanità in eccesso.
E se succedesse che
dopo che li hanno venduti tutti (i vaccini) un gruppo di altri militari (o di pipistrelli) facesse
la stessa cosa con un altro virus in un altro paese del mondo?
Altra campagna acquisti?
Altro ricatto mondiale?
Con quale fiducia posso essere oggi pro-vax?
Anche perché si parla tanto di vaccino, ma quel che iniettano non lo è.
Il vaccino, nella
sommaria definizione che ho dato sopra, era l’ arma ai tempi di Sabin.
Oggi il meccanismo
è molto diverso: non si inietta più l’ agente patogeno per provocare da parte
delle difese immunitarie del corpo stesso la formazione degli anticorpi, ma si iniettano
delle goccioline di grasso che a loro volta contengono dell’ acido Ribonucleico
codificato che “ordina” alle cellule del corpo di produrre la proteina virale.
Insomma non è più un virus
patogeno che viene dall’ esterno, ma sono alcune cellule del nostro corpo a
produrre la malattia e quindi le difese.
Dopodiché se esso (virus)
arrivasse dall’ esterno troverebbe le difese già costruite (una sorta di
"scudo" inattaccabile dalle zampette del virus).
Elaborato, vero?
Posso dire “innaturale”?
In effetti, essendo
arrivato a 65 anni in buona salute protetto dalle istruzioni del mio
DNA che
finora ha funzionato benissimo, non ho alcuna voglia di farmelo
“elaborare” (come fa per esempio Astra Zeneca con risultati
già assai dubbi).
Vorrei semplicemente poter vivere con la
“programmazione” che la natura mi ha donato: mangiare sano, fare attività
fisica così da mantenere allenate le mie "difese"...e poi sia quel
che sia.
Questa è la ricetta naturale in cui credo….
Così come credo ai dati, ma sapendo come vengono presi, da chi,
con quale accuratezza, con quale margine di errore e da chi poi
vengono trasmessi ed elaborati.
Sennò i dati diventano statistica, cioè non certezza, e contano molto meno.
Dopodiché, naturalmente, ognuno è libero di pensare e agire come crede.
La faccenda di impedire l’ attecchimento del virus
costituendo sulle cellule una superficie dove le sue “zampette” non si
attaccano mi fa venire in mente un aspetto della manutenzione delle barche che,
a mio modo di vedere, può favorire l’ insorgere di osmosi.
Si tratta di lasciare proliferare negli anni le
“croste” delle vernici anti-fouling
dallo scafo.
E' ovvio che meno uno scafo in
vetroresina sta nell’ acqua e meno è probabile che si formi osmosi.
Più lo lasciamo
all’ asciutto e più facile è che “dia fuori” l’ umidità.
Ma allora dobbiamo
fare in modo che, quando se ne sta sull’
invaso, non abbia addosso l’impermeabile (le croste, appunto).
Molte delle barche
che esamino quando qualche cliente mi chiede di farne la perizia sono affette
da “croste”: si tratta del fatto che quando viene fatta carena, cioè viene
alata la barca e fatta la pulizia dell’ opera viva, la si ricopre di vernice
anti-fouling come è corretto fare.
Spesso però si
applicano due mani della stessa a tutto lo scafo, non tenendo conto dei diversi
punti di più o meno elevata abrasione che il flusso dell’ acqua crea durante la
navigazione.
Ricordo di aver già
scritto che i bordi di entrata della pinna di deriva e della pala del timone,
insieme alla parte dello scafo che è sotto ai masconi, sono i punti dove l’
attrito è massimo e quindi risulta massimo anche l’ asportazione della vernice.
Questo intuitivo fenomeno si riduce in caso di anti-fouling a matrice dura (che
viene appunto applicata alle barche a motore veloci), esiste invece in modo
molto consistente per le anti-fouling auto leviganti adottate sugli scafi a
vela.
Per le restanti
parti dello scafo però l’ abrasione è molto più ridotta, cosicché nel giro di
qualche stagione si assiste al formarsi di spessori di vernice essiccata che
possono raggiungere anche valori di alcuni millimetri.
Dopo qualche
alaggio e di permanenza all’ aria le croste cominciano a “sfogliarsi”, così
avere una carena levigata diventa quasi un miraggio.
Non resta che una cosa
da fare: togliere le croste e portare a nudo o quasi il gel-coat.
Il che è un gran bel
lavoraccio!
Conosco tre modi pe
riuscirci: la raschiatura manuale, l’ abrasione meccanica, la sabbiatura
meccanica.
Il primo è il
più valido ed economico: si può operare in autonomia usando un raschietto.
E’ molto faticoso
e richiede molto tempo a disposizione, ma è il migliore perché fa vedere bene
dove si sta operando e quindi permette di dosare bene l’ intensità dell’
asporto delle croste: in altre parole punto per punto si riesce ad intervenire
senza causare danni al gel-coat sottostante; il grosso svantaggio è che si
procede con estrema lentezza: tre/quattro mq al giorno a persona; è quindi un
metodo che funziona se si è autonomi e magari anche in pensione! Occorre
ricordare di disporre dei teli sotto alla barca per raccogliere le croste e di
munirsi di occhiali per non rischiare la cecità…
Il secondo
metodo è più rapido, ancor più faticoso, ma molto meno efficace.
Si tratta di
usare una levigatrice orbitale e della carta vetrata; è faticoso perché con le
braccia occorre tener su anche il peso della levigatrice; è inoltre un metodo
che crea molta polvere; occorre proteggere molto bene occhi e naso, si ha
scarsa visibilità perché l’ area dove si interviene è ripetutamente nascosta
dalla macchina e poi la carta vetrata si impasta presto e invece di “asportare”
tende a “levigare”, col risultato che le croste si polverizzano ma non si
tolgono del tutto. Quindi in definitiva il risultato è mediocre.
Il terzo metodo
è strettamente professionale, nel senso che occorre pagare l’ intervento a del personale
esterno.
E’ il metodo più
veloce ed il risultato è molto valido, a patto che l’ operatore abbia la “mano
leggera”; il punto dolente in effetti può essere solo questo: occorre che chi
esegue il lavoro riesca a togliere le croste senza asportare il gel-coat. La
cosa è quasi impossibile, tant’è che in genere tale intervento viene poi
seguito da un trattamento preventivo anti-osmosi, vale a dire dall’
applicazione di qualche mano di resina epossidica.
Naturalmente i
costi salgono e, spesso, non c’è alcun bisogno di farlo perché lo scafo non
presenta osmosi.
Poiché in genere
la sabbiatura viene eseguita su gusci in vetroresina, si adotta sabbia silicea
e non granuli macinati di ghisa o acciaio, più adatti per sabbiare superfici
metalliche.
Esistono
catalogazioni per i gradi di sabbiatura secondo ISO8501-1, così come per la
rugosità che si vuole ottenere (in micron) secondo le DIN 4768, ma sono protocolli di carattere
industriale.
Insomma per concludere la
cosa migliore da fare è dedicarcisi di persona avendo molto tempo a
disposizione: il lavoro sarà eseguito bene e non costerà.
Viceversa consiglio
vivamente di optare per la sabbiatura raccomandando dolcezza: molto meglio
lasciare qualche micron di vernice che non asportare anche parzialmente il
gel-coat.
Il prossimo mese vorrei invece dedicare un po’ di tempo ad un aspetto che trovo poco trattato (anzi per nulla), ma al quale invece attribuisco una grande importanza: quello dei rumori in barca.
Post
Scriptum: esiste anche un altro metodo che però non
mi sento di consigliare; è praticamente quasi immediato,
scarsamente faticoso e di per sè poco costoso, salvo poi dover
"risistemarte le cose".
Si tratta di scegliere opportunamente gli scogli giusti e farvi naufragio con mare formato...in effetti la vernice vien via!