Spero sempre di incontrarli.
Non ci penso mai durante la vita di tutti i giorni ma quando salgo a bordo, immancabilmente, il desiderio di vederli mi accompagna.
Dicono che “porti bene incontrarli”, ma ciò non mi interessa.
Non è certo alla superstizione che mi sento di affidare la buona riuscita di un viaggio per mare; oggi non c’ è più molto spazio per simili cose: il vorticoso e quotidiano intercalare delle tabelle di marcia, degli strumenti scientifici, delle previsioni, delle scadenze, della razionalità, dei soldi, provocano in noi aridità di amore e di rispetto verso gli altri, tuttavia un po' di fatalismo aiuta ad accettare tutti quegli eventi che sembrano sfuggire alle regole predeterminate, quei fatti che vengono detti imprevedibili e che comunque capitano.
Ma la superstizione no, non mi interessa.
Spero di incontrarli semplicemente perché sono belli, sento che mi fanno bene, mi aiutano ad amare ancor più la vita, mi emozionano, mi fanno sentire parte di un universo ricco di creature magnifiche, mi fanno dimenticare tutto ciò che di sbagliato l’ uomo ha creato e ogni giorno si ostina a demolire e ricostruire.
I delfini amano le barche a vela che sono silenziose e non disturbano il loro chiacchierare sottomarino.
Con la deriva e il timone le barche creano lo stesso sciabordio delle pinne dei delfini e sono all’ unisono con il mondo vivente del mare.
La prua che batte sull’ onda non interferisce mai con il dialogo appassionato di una coppia di delfini innamorati; lo sciacquio della scia sotto la poppa non disturba mai il melanconico lamento di un vecchio delfino ammalato; lo sbattere di un fiocco in virata non spaventa mai il tenero fraseggiare di un piccolo delfino con la madre.
Sono tanti i rumori del mare.
A noi è concesso di sentirli solo sopra la sua superficie eppure, anche se pochi rispetto a tutti quelli che potremmo udire sott’ acqua, essi sono in grado di farci sognare.
Non occorre avere una barca grande e nuova, non occorre avere un equipaggio svelto e capace, non occorre spendere un sacco di soldi.
Sali su una barca a vela, meglio se piccola, e fallo possibilmente da solo o tuttalpiù con una persona che sappia insieme a te dare importanza al valore del silenzio: le parole spesso diventano una barriera oltre la quale molte emozioni si perdono e non sono più avvertibili.
Quando ti sarai allontanato dalla riva porta la barca di bolina e comincia a chiudere gli occhi.
Inizialmente non sarà facile condurre la barca con gli occhi chiusi, dovrai riaprirli quasi subito per tenere la giusta rotta; ma vedrai che insistendo con pazienza gli intervalli in cui non vedrai l' azzurro mondo che ti circonda si dilateranno sempre più.
Quando riuscirai a tenere in rotta la barca con le palpebre abbassate sarai vicino ad una grande gioia.
La prima cosa che ti sorprenderà sarà la percezione distinta dell’ aria sulla pelle del viso.
E' una sensazione profonda che con gli occhi aperti non avvertivi così forte e precisa.
L’ aria giocherà con i tuoi capelli, con le rotondità delle tue guance e con le curve delle tue orecchie, entro cui si infilerà per farti sentire da dove proviene.
Il vento ti prenderà per mano giocando sulla pelle e ti farà da guida senza bisogno di quell' orientamento che gli occhi non ti forniscono più.
Forse ti tornerà per un attimo in mente il ricordo della voce di tuo padre, quella volta che ti ha guidato al buio verso il suo abbraccio.
Sentirai l’ aria entrare con più forza nelle narici, come se volesse diventare parte di te e dovrai respirare più adagio per assaporarla tutta.
Il tuo respiro diverrà più lento e profondo e sentirai il profumo del vento.
Dicono che i vecchi marinai al buio percepivano la presenza degli iceberg annusando l' aria: io ci credo, perché avrebbe dovuto essere impossibile?
Lo sguardo limita sempre le altre nostre sensibilità.
Al timone della tua barchetta non sei più tu che respiri per vivere, è il vento che respira e vuole entrare in te per farti vivere: finalmente ti sta ricordando che come uomo non sei padrone della natura, ma che anche tu ne fai parte, e null' altro sei che una creatura in mezzo a tante altre creature.
Il respiro del vento ti farà sentire sempre più leggero, così leggero che ti parrà di non toccare più la barca: sarà come se tutto il tuo corpo cercasse di protendersi in alto per penetrare meglio in quell’ aria che ti dona insieme il movimento e la vita.
L’ aria si farà sentire in tutta la sua dolcezza e la sua forza, e tu poco a poco riuscirai a seguirla in tutte le sue più piccole variazioni, la cercherai con quel tatto che ritenevi confinato solo sulle punte delle tue dita, e che invece scopri essere presente su tutta la pelle del corpo.
Allora comincerai a percepire i rumori.
Tanti, diversi.
Ogni onda ne produce uno nuovo.
Onde che rompono, picchiano, accarezzano, languiscono, fluttuano, mormorano…
Le onde sono come i pensieri: non si sa da dove vengano eppure riempiono di emozioni; ti possono colpire e gettare a terra e possono arrivare a farti odiare il mondo, ma ti possono cullare ed intenerire come un fanciullo che si perde nell’ abbraccio materno.
Insieme alla voce delle onde avvertirai le voci di tutte le parti della tua barca che cominceranno a parlarti molto nitidamente.
La barca ti dirà un sacco di cose attraverso il tendersi e rilassarsi continuo delle sartie e delle scotte obbedienti alle variazioni del vento, attraverso il deformarsi alternato del mascone sotto il premere dell' onda, attraverso il lieve soffriggere delle bolle della scia.