ARTICOLI  CHIACCHIERE  E  COSE TRA NOI
  FEBBRAIO 2007

   
Lo so che l' immagine è banale e non c' entra con la nautica, 
ma questo mese il mio sito compie un anno.
Lasciatemi quindi la soddisfazione di fargli gli auguri.

Visto però che a voi (come a me) interessa principalmente il mare, ecco che durante queste buie e rigide giornate invernali trovo giusto gratificarvi con un' altra foto, senz' altro molto più "marina" della precedente.
Potrebbe essere l' immagine dei nostri sogni, soprattutto quando siamo intenti a pulire, levigare, scrostare, verniciare, oppure quando - con la schiena incastrata tra un silent-block e una paratia di mogano - cerchiamo di fare leva sulla nostra caviglia sinistra impigliata sul filtro del gasolio così da arrivare con i polpastrelli dell' indice e del medio della mano destra a trattenere il dado da dieci che per la quinta volta consecutiva ci è sfuggito giù in sentina.
Oppure quando, nel pomeriggio di luglio con 43° all' ombra e un' umidità relativa del 96%, ci ritroviamo carponi con il naso a pochi centimetri dalla sentina intenti a pulire il filtro della pompa e con sommo giubilo tentiamo di estirpare dalla griglietta ciuffi di capelli femminili insieme a stopposi residui di non si sa ben cosa cementati da calcare e detersivi, mentre le gocce salate del nostro sudore si rincorrono lungo il naso fino a ricadere gioiose su ciò che stiamo ripulendo.
Ebbene, sono questi ed altri i momenti che ci fanno apprezzare pienamente quei rari istanti in cui il tempo pare fermarsi, sullo sfondo si stempera l' atmosfera di un quieto tramonto estivo e al nostro fianco siede la nostra compagna.
Istanti in cui, soprattutto, siamo sulla nostra barca.


Isto (Croazia), luglio 2006 - C'è un particolare poco visibile tra i piedi miei e di mia moglie
sul quale ci soffermeremo  in un nostro prossimo incontro.



Mi ha scritto nuovamente il signor Luciano Michielin che,
 forte della sua professionalità, mi ha fornito delle precisazioni probabilistiche così interessanti sui fulmini che meritavano di essere riportate all' interno dell' articolo di questo mese.
Mi scuso fin d' ora con chi legge, ma nell' articolo che segue figurano essere nominati due diversi "Luciano" che ovviamente dovrò distinguere col rispettivo cognome riportato tra parentesi...
Non so che farci, non è colpa mia se tutti e due si chiamano così.


 ...E con la stessa scarsa fantasia di un film di Silvester Stallone, l' articolo di questo mese ha per titolo:



 I FULMINI E ALTRE CONSIDERAZIONI ELETTRIZZANTI 2
 
Lo scorso mese abbiamo concluso il nostro consueto incontro con una fondamentale domanda:
è bene che l’ albero di una barca a vela sia elettricamente collegato alla chiglia, oppure no?
E’ bene cioè che l’ albero sia a massa e che la barca diventi a tutti gli effetti un parafulmine?

Non so valutare, caro lettore, se questo fatto per te possa avere la stessa marginale importanza di un “optional”  come possono essere i cerchi in lega o i fendinebbia per un’ auto di media cilindrata, sappi però che a me la cosa mette letteralmente i brividi.  
Navigare su una barca-parafulmine con un bel temporale estivo all' orizzonte mi provocherebbe lo stesso piacere che proverei entrando in un bordello di Amsterdam sprovvisto di profilattici .

Mi domando allora:
Esiste pericolo per l’ integrità strutturale dello scafo ?
Esiste pericolo per l’ equipaggio ?

O esiste pericolo solo per gli impianti e la strumentazione di bordo ?

Prima di cercare di rispondere, voglio esporti le seguenti due considerazioni (che per fortuna sono molto più serie di quanto scritto finora).

1° Considerazione.
Non so se lo sai, ma i classici conduttori elettrici di rame che compongono gli impianti elettrici di casa dell’ auto e della barca vengono dimensionati seguendo il criterio di affidare loro circa 3 Ampère di corrente per ogni millimetro quadrato di sezione
(escludendo altre considerazioni sulla natura del rivestimento isolante e delle loro temperature di esercizio).
Poiché nel caso di un fulmine agevolmente si può arrivare  a una corrente di 20000 A (e oltre), significa che per assorbirla senza danni occorrerebbe avere un conduttore di rame di 6700 mmq di sezione che corrispondono a porre in opera un cavo di 4,6 cm di diametro!
Poiché le sartie delle nostre barche sono di acciaio (che conduce un po’ peggio del rame), si arriverebbe a doverle dimensionare adottando un cavo del diametro di 5 cm.  Assurdo!

Non è nemmeno pensabile di ripartire tale sezione su tutte le sartie e stralli che tengono su l’ albero perché comunque il fulmine ne sceglierebbe senz’ altro uno per scaricarsi a terra, e sia il costo che soprattutto il peso del metallo portato così in alto fanno capire subito che la cosa è improponibile.
Non solo, ma cosa succederebbe se una corrente elettrica del genere si scaricasse, oltre che lungo la sartia, anche attraverso il metallo della esigua superficie di contatto dei perni di collegamento delle estremità della sartia? Probabilmente (diciamo pure sicuramente) si fonderebbe tutto.

Mi chiedo allora che senso abbia mettere un fusibile tra landa e chiglia dato che, per riuscire a fonderlo, il fulmine deve aver  “attraversato” sia la sartia che i vari perni e arridatoi.  
Insomma che senso ha cercare di far di tutto perché l’ albero o i componenti delle manovre fisse si fondano?

2° Considerazione.
Tutta la strumentazione di bordo (sulla indispensabilità della quale sarà molto interessante tornare in un prossimo incontro) è fatta di due tipologie fondamentali: strumenti analogici e strumenti digitali.
I primi sono quelli con le lancette sul quadrante (come i tradizionali orologi svizzeri) ed oggi sono ancora usati come contagiri, termometri e manometri; i secondi sono quelli a cristalli liquidi con le cifre nere (come gli orologi made in China) ed oggi sono usati come voltmetri, amperometri, log, ecoscandagli e strumenti del vento.

Il loro principio di funzionamento è profondamente diverso.

Se i primi hanno una piccola bobina sensibile sia ai campi elettrici che a quelli magnetici e sono alquanto elaborati e piuttosto delicati, i secondi invece hanno un piccolo schermo trasparente che in alcuni punti si opacizza se stimolato da un impulso elettrico e sono molto più semplici (dovrebbero costare meno di 2 centesimi di euro al Kg).

 



Ecco a sinistra due strumenti analogici (contagiri e termometro) -  A destra invece ho volutamente fotografato il tachimetro della bici di mio figlio che è uno strumento digitale uguale ai  log adottati su moltissime imbarcazioni. (E' questo uno dei casi in cui c'è qualcosa che mi sfugge riguardo ai prezzi di vendita di tali oggettini: mi vien da pensare che chi si dà al ciclismo è intelligente perchè spende poco, mentre chi si dà alla nautica è scemo per definizione).

Mentre gli strumenti analogici sono sensibili alle variazioni di campo elettro-magnetico dell’ ambiente esterno anche se sono spenti, i digitali, se non sono alimentati, non risentono assolutamente di quello che può loro capitare intorno.
In definitiva se durante un temporale si tengono spenti gli strumenti, quelli digitali non dovrebbero subire danni, quelli analogici sì.
Il contagiri del motore della mia barca infatti è saltato a 15 metri di distanza dal fulmine, pur non essendo lo strumento sotto tensione.
Anche quello della barca di Luciano (Cencherle) è saltato così come anche altri strumenti digitali; in questo caso però l’ equipaggio era a bordo e l’ impianto era sotto tensione.
 

Ora torniamo alla domande precedenti, cominciando dall' ultima. 

Esiste pericolo per gli impianti e la strumentazione di bordo ?
Per tutti gli strumenti e l’ impiantistica di bordo sarebbe bene che i fulmini si scaricassero il più lontano possibile dalla barca e anzi, per gli strumenti analogici, sarebbe bene che i fulmini se ne stessero lontani addirittura anche dalle barche ormeggiate nelle vicinanze.
Pertanto avere l’ albero a massa (cioè avere la barca-parafulmine) non va certo bene.

SOLITA DIGRESSIONE: si potrebbero proteggere gli strumenti dal fortissimo campo elettrico prodotto dal fulmine avvolgendoli in una piccola gabbia di ferro (tipo quella usata per le gabbie dei polli), ma l’ installazione non risulterebbe bella né funzionale (ve l’ immaginate il cruscotto avvolto in una gabbietta?)  

Esiste pericolo per l’ integrità strutturale dello scafo ?
Sull’ integrità strutturale dello scafo non sono mai venuto personalmente al corrente di eventi tali da aver prodotto danni: è vero che il sartiame o parte dell’ albero potrebbero fondersi o venire in qualche modo schiantati e potrebbero finire in mare o rovesciarsi sulla coperta, ma lo scafo come potrebbe rompersi ?
Come potrebbe un fulmine preferire di attraversare lo spessore di vetroresina o di legno al piede dell’ albero per scaricarsi a mare, piuttosto che sfruttare l’ acqua presente sui fianchi esterni dello scafo tra lande e mare ?
Occorrerebbe una combinazione che ha dell’ impensabile, in cui l’ aria fosse secca lo scafo fosse asciutto e un fulmine colpisse l’ albero e forasse lo spessore di chiglia e paramezzale !
Oppure potrebbe capitare - se la barca avesse l’ albero poggiato in coperta - che si fondesse istantaneamente la mastra e che l’ albero (se esiste ancora, perché se si è fusa la mastra forse si è già fuso anche l’ albero) scendesse di colpo e piombasse come un ariete sulla chiglia sottostante forandola.
Senz’ altro, con un foro così attraverso la carena, la barca andrebbe a fondo quasi istantaneamente. 

NUOVA DIGRESSIONE di LUCIANO (MICHIELIN)
Ho letto come sempre il tuo articolo del mese, molto interessante visto l'argomento che, per ragioni di lavoro, tratto molto spesso.... (Omissis) ...
Effettuiamo, così per gioco,  il calcolo delle probabilità di fulminazione mediante il metodo semplificato (senza andare a quello analitico) proposto dalle norme CEI.
Consideriamo di inglobare la barca entro un parallelepipedo dalle dimensioni massime della barca stessa, considerando che queste siano pari a 12 m di lunghezza, 4 m di larghezza e 17,5 m di altezza (l' albero rispetto alla superficie del mare).
Consideriamo altresì che il coefficiente ambientale "C" sia pari a "1", come è logico considerare visto che attorno alla barca vi è solamente il mare aperto e non vi sono altre strutture.
Consideriamo anche che la frequenza di fulminazione sia pari a 4 fulmini per kmq per anno, valore massimo previsto in Italia dalle norme CEI (tale valore è in via di revisione).
Ebbene, il risultato che otteniamo è il seguente: la barca in questione ha la probabilità di essere colpita da fulmini pari a 0,042 fulmini per anno, equivalenti a un fulmine ogni 23,8 anni.
Perché ti ho fatto questo "gioco"? Forse per dimostrarti che il tuo amico Luciano (Cencherle) è veramente sfigato se in così breve tempo è stato colpito da due fulmini.
Se poi la barca era ormeggiata vicino ad altre la probabilità di fulminazione diminuisce ancora (e allora è ancora più sfigato!!!)
Oppure ha proprio installato sulla propria barca ciò che una volta chiamavano parafulmini (ma che in realtà è un "attirafulmini") ben collegato "a terra" e anche con una buona terra (anche se per questi potenziali altissimi una resistenza elettrica relativamente alta può andare bene lo stesso).....
(Omissis)...Ciao Marco e continua con tua ironia e professionalità. Complimenti per il sito, non solo da me ma anche da un mio collega che per mare ci va.

Bene, ringraziamo quindi Luciano (Michielin) e ammettiamo pure che questo fulmine possa capitare con una probabilità di uno ogni 24 anni (o ancora minore perchè, come detto sopra, scafo e coperta dovrebbero essere completamente asciutti e un "fulmine a ciel sereno” credo sia ancora più raro); ammettiamo quindi pure che in tale remotissima evenienza avere l’ albero a massa sia meglio. 

Ora veniamo alla domanda più scabrosa: Esiste pericolo per l’ equipaggio ?
Se l’ equipaggio è sottocoperta credo che il pericolo non esista: non è solo l’ esperienza di Luciano (Cencherle) e di sua moglie che me lo fa sostenere, ma anche il fatto che scafo e coperta, se sono bagnati, funzionano come la gabbietta metallica citata nella digressione (per i più rigorosi si tratta di una specie di gabbia di Faraday).
Se invece l’ equipaggio (in questo caso è meglio dire il timoniere, in quanto è l’ unico fesso che deve restare fuori durante la navigazione in simili evenienze) si trova in pozzetto, una certa dose di pericolo esiste.
Il complesso sartie-strallo-paterazzo non è sufficiente a costituire una gabbia di Faraday a protezione della persona, però è impensabile che il fulmine scelga di scaricarsi sul timoniere piuttosto che lungo l’ albero e i cavi metallici.
Si può ammettere piuttosto che lo spostamento d’ aria creato dall’ onda di pressione della scarica (il tuono, insomma) possa scaraventare a terra (pardon !) in acqua il cosiddetto “fesso”.
Penso senz’ altro che anche in questo caso sia bene che il fulmine stia il più lontano possibile dalla barca.
 

Allora che conclusioni possiamo trarre ?
La mia opinione è che sia assai meglio NON avere l’ albero a massa, ma l
ascio a te caro lettore tutti i commenti e le considerazioni possibili.

 

 TI ASPETTO IL PROSSIMO MESE 
PERCHE' ANCH' IO HO QUALCOSA DA DIRE SULL' OSMOSI....

NE PARLANO TUTTI E ALLORA NE PARLERO' ANCH' IO,

MA A MODO MIO, PERO' !


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