ARTICOLI E CHIACCHIERE COSE TRA NOI
FEBBRAIO 2014

          La scala e il Bunker           


Questo è un articolo un po’ fuori dal seminato.
Mi sono permesso di scriverlo e di pubblicarlo perché questo mese ricorre l’ ottavo compleanno di questo sito; chiedo scusa fin d’ ora se forse provocherà reazioni o risentimenti in qualcuno di voi, ma la ritengo cosa buona, giusta e addirittura doverosa.

La scorsa primavera, come al solito, mi sono messo a lucidare i fianchi della mia barca e a far carena.
Per la verità, dopo molti anni in cui i lavori li ho fatti sempre da solo, in quell’ occasione ho avuto la vicinanza e il grandissimo aiuto di alcuni amici frocieristi: iniziativa stupenda non solo per l’ effettivo aiuto (la mia età avanza inesorabilmente come quella di tutti voi), ma soprattutto per la disponibilità e il sentimento di gratitudine e condivisione espresso dalla combriccola.
Ebbene, come ogni anno mentre me ne stavo abbarbicato sulla scala impegnato a stendere con lo straccio il Wonderscarpanet sui candidi fianchi di Siddharta, arriva il solito vicino di barca pronto a dare consigli.
I consigli sono ovviamente sempre graditi, purchè non siano superflui.
“Sai” - dice il vicino - “per pulire i fianchi della barca senza fatica ho trovato un prodotto eccezionale. E’ questo” – e mi porge un flacone di plastica debitamente etichettato – “lo stendi e non solo toglie le macchie, ma poi lascia sulla superficie un velo bianco di preparato che con una leggera passata lucida lo scafo benissimo”.
Guardo il flacone e leggo l’ etichetta, una sorta di  “WONDERXXXNET” made in U.S.A.
Osservo il tagliandino attaccato sul tappo, che riporta la cifra di ben 22 Euro e 50 centesimi !
Lui segue il mio sguardo e subito aggiunge un po’ preoccupato dal mio giudizio: “Ma ne basta poco, sai “.
Io non ho il coraggio di dirgli che da anni il mio Wonderscarpanet fa esattamente la stessa cosa: deterge con l’ alcool che evapora subito e lascia il velo bianco opaco di polish che poi, con uno straccio di lana, se ne va lasciando la superficie a specchio.
Non ho nemmeno il coraggio di dirgli che tale meraviglia la preparo io con l’ alcool denaturato e la crema di cera per auto che compero alla cooperativa vicino a casa, ad un prezzo al litro che - manco a dirlo - non è nemmeno lontanamente paragonabile a quello del prodotto made in U.S.A.
Non ho il coraggio di dirgli che tutto ciò l’ ho provato e riprovato più volte e l’ ho ampiamente descritto nell’ articolo di maggio 2010 del mio sito.
Ma se non glielo dico faccio bene, o è meglio che glielo dica ?
Così è per tutti gli altri prodotti che adopero per la manutenzione della barca anzi, pensandoci bene, così è per tutto ciò che adopero nella vita.
Io stesso non sono mai una persona che è o si comporta “al top”.
Vesto infatti un po’ trasandato: le mie magliette di cotone hanno l’ orlo del collo un po’ mangiato dall’ attrito con la barba, i calzini sono rammendati, le scarpe hanno spesso la tomaia consumata.
La mia auto è perennemente sporca, con i tappetini all’ interno sempre pieni di sassolini e polvere, e non penso a lavarla se non dopo essere stato abbondantemente esortato dalla moglie.
La borsa che adopero per il lavoro ha sempre una cerniera lampo che non chiude del tutto ed è frutto di un omaggio di qualche ditta o convegno di aggiornamento professionale.
Infatti anche nel lavoro sono così: questo sito, per esempio, non è costruito con immagini volanti, finestre cangianti, link intermittenti, messaggi accattivanti; è un semplicissimo sito fatto da una semplicissima persona.
Eppure piace, me lo dite voi - cari affezionati lettori - con le vostre lettere e i vostri lusinghieri commenti.
Il mio “mito nautico”, cioè quella persona che vorrei poter imitare nella consapevolezza che non ci riuscirò mai, non è Russel Coutts di ritorno dalla campagna dell’ America’s Cup col giubbino pieno di etichette di sponsor, ma è Bernard Moitessier che se ne sta sull’ atollo di Mururoa con le brache strappate.
Quindi capite bene che la  mia barca non potrà avere il pagliolato impeccabile, né sarà dotata di plotter-cartografico a colori da 19 pollici; e se devo scegliere tra un marina con i servizi pieni di specchi e uno dove invece la doccia è a orario e magari anche senza tenda, scelgo il secondo.
Così diventa anche comprensibile come dal mio stomaco salga alla gola una sorta di profondo malessere quando devo pagare l’ IMU: ma non perché è una tassa, quanto perché è calcolata sulla rendita catastale rivalutata, alla quale va applicato un moltiplicatore che è diverso da classe catastale a classe catastale, sul quale va applicata l’ aliquota che per lo stato è di un valore mentre per ciascun comune può essere diverso e modificabile di anno in anno, che poi va divisa per la percentuale di possesso e rateizzata tra giugno e dicembre, ma non sempre perché lo stato con un D.L. può variarne le rateizzazione e, naturalmente, sul modulo F24 predisposto per il pagamento, vanno inseriti i codici relativi diversi tra stato e comuni e se, alla fine di tutti questi conteggi e assidui aggiornamenti (che stato e comuni guarda caso si mettono a fare a pochi giorni dalla scadenza) faccio un minimo errore, poi vengo anche sanzionato.
Ecco, penso che se ho una casa  - e lo stato e il comune hanno deciso di tassarmela - lo facciano pure ma fissando quel giorno dell’ anno (e che sia quello) e quel valore del coefficiente (e che sia quello); tanto si sa che se posseggo un castello la rendita catastale sarà diversa da quella relativa a un monolocale.
Ovviamente questo è un solo esempio che, se vogliamo avvicinare di più alla “nautica utile”, potrebbe essere considerato relativamente alla tassa di proprietà delle imbarcazioni (già tassa di stazionamento); avete mai pensato che, introdotta dal governo Monti come tassazione sulla permanenza delle barche nelle acque nazionali, ha fatto scappare all’ estero le imbarcazioni da diporto più grandi ?
E avete mai pensato che appena è stata tramutata in tassa di proprietà di fatto ha comunque agevolato i proprietari delle imbarcazioni  più grosse (sono quasi tutti italiani che hanno intestato la barca a società estere di comodo) perché la tassa non la pagano ?
E avete mai pensato che tutti i lavori di manutenzione (che su quelle barche facevano tappezzieri, meccanici, idraulici, installatori locali) ora vengono eseguiti all’ estero togliendo così lavoro al nostro indotto ?
“Un biel afàr !”… come dicono in Friuli.
“Proprio un bell’ affare !”
Ma la cosa che mi lascia più sgomento è che tale “filosofia di legislazione economica” non è venuta da un personaggio dedito al favoreggiamento della prostituzione che ha comperato televisioni frodando il fisco a manetta e che ancora viene intervistato dalle televisioni, oh no !
Essa è invece il frutto di un illustre economista della Bocconi: ma che caspita insegnano alla Bocconi ?
Al che, scusate, ma dentro di me non riesco più a trattenere un discorso che forse potrà anche venir frainteso, ma che vale la pena che io faccia lo stesso.

Cortellazzo è una località vicinissima a Eracle Mare (circa 1 miglio) dove c’è la foce del fiume Piave, sacro alla Patria.
E’ una località molto piccola con un minuscolo porto peschereccio spesso soggetto a insabbiamento, con qualche ristorante di pesce e, tra i canneti e i rovi di more che orlano l’ argine nord-orientale, nasconde un bunker di cemento residuato della guerra del ’15-’18.
Qui dove abito e sono nato, nel nord-est d’ Italia, i ricordi della prima guerra mondiale sono ancora vivi e presenti in molti angoli, così come lo sono le storie ed anche le emozioni che tali storie fanno rivivere.
Ho letto diversi racconti relativi a quella guerra, detta “Grande guerra” non solo perché ha coinvolto molte nazioni, ma anche per il fatto che l’ Italia ritiene di averla vinta.
Una di quelle storie narra che a Cortellazzo i soldati italiani e quelli austriaci facevano il bagno insieme per poi ritirarsi nelle rispettive trincee e sparasi addosso.
E’ una storia che non deve stupire, fatti simili avvenivano risalendo tutto il corso del Piave, dagli argini di San Donà e Zenson della Battaglia, all’ alveo di Maserada e di Nervesa della Battaglia, all’ isola dei Morti di Moriago della Battaglia, al Montello, al Monte Tomba e al Monte Grappa.
Così come qualche anno prima del 1917-1918 (prima cioè di Caporetto), nel periodo del 1915-1916 lassù sulle Dolomiti i soldati potevano accendersi la sigaretta due sole volte, ma mai la terza.
La prima volta serviva al nemico ad individuare il bersaglio, la seconda a prendere la mira, la terza a fare centro.
Furono circa quattro anni di carneficina continua da ambo le parti, quattro anni di malattie e di miseria in cui morirono anche i giovani di vent’ anni, i famosi “Ragazzi del ‘99”.
Tanti, tanti, tanti, tanti.
Tantissimi, molti di più di Falcone e Borsellino che ogni anno ricordiamo con altisonanti comizi e dovizie di corone.
Martiri della mafia i giudici e le loro scorte, martiri di che cosa gli altri ?
Migliaia e ancora migliaia di giovanissimi e dimenticati martiri in divisa al servizio di noi tutti: perché ?
La risposta della storia fu “per impedire al nemico di invadere il sacro suolo italico”.

“Non si passa un cotal baluardo, affidato ad italici cuor”recita la canzone del Monte Grappa.

“Non passa lo straniero” recita un verso della canzone del Piave.

Ebbene, quel nemico invasore era l’ Austria.
L’ Austria succeduta alla Serenissima nel controllo dell’ Adriatico e della Dalmazia.
L’ Austria degli Asburgo e di Strauss.
L’ Austria, che dopo Napoleone era già stata padrona del Triveneto.
L’ Austria dove allora come oggi il rispetto per l’ ambiente e per le persone c’è ed è di gran lunga superiore a quello del popolo italiano.
L’ Austria dove la burocrazia è inesistente, se paragonata a quella che i nostri eccellenti politici  hanno accumulato dall’ unità d’ Italia a oggi.
Avete mai provato ad aprire una gelateria a Graz e fare la stessa cosa a Padova ?
Avete mai provato a rinnovare il vostro impianto fognario a Innsbruck e a fare la stessa cosa a Battipaglia ?

“Il Piave mormorava calmo e placido al passaggio dei primi fanti il 24 maggio,
l’ esercito marciava per raggiunger la frontiera per far contro il nemico una barriera…”

A qualcuno di voi queste affermazioni parranno lo sfogo di un leghista arrabbiato, ma non è così perché non sono né leghista né arrabbiato: un conto è perseguire la secessione e il razzismo, un conto è far ragionare per migliorare ciò che c’è.
Infatti ogni anno mi reco a Lienz, appena al di là della frontiera oltre il culmine della val Pusteria, per fare una gran fondo di ciclismo: è l’ unica gara alla quale partecipo (naturalmente mi costa una fatica boia) e lo faccio perché alla corsa prendono parte in modo diverso tutti gli abitanti dei paesi lungo i quali si snoda il tracciato: scendono sulla strada e ti battono le mani anche se sei ultimo; i loro figli fanno a gara a offrirti pezzi di banana o spicchi di arancia o bibite; le bande dei paesi, vestite nei costumi locali, si sistemano lungo il percorso e suonano; molte coppie di una certa età sfoggiano i loro vestiti tradizionali sorridendo e salutando con orgoglio.
Io come potrei sfoggiare un vestito tradizionale italiano con orgoglio ?
Esiste qui in Italia un barlume di rispetto per gli altri tale da consentirci di esserne orgogliosi ?
Le alte cariche dello stato, che dalle “nostre” auto blu non fanno altro che strombazzare la lotta alla delinquenza e all’ evasione fiscale, di fatto continuano a consentire ogni privilegio a persone già condannate che continuano con somma indifferenza a rappresentarci  laddove si fabbricano le leggi.
Come possiamo avere rispetto per le istituzioni se queste non ne dimostrano per noi ?

“…Sommesso e lieve il tripudiàr dell’ onde, era un messaggio triste e lusinghiero,
il Piave mormorò non passa lo straniero !”

Sulle pendici dei monti austriaci ricoperti dai prati troneggiano le aziende agricole ognuna con il loro letamaio che percola i liquami sul verde smeraldino dell’ erba…e non fa male, anzi concima naturalmente perché continua a fare ciò che il bestiame fa da secoli; non v’ è traccia però di  discariche di fusti di sostanze chimiche o di rifiuti solidi urbani.
Invece le aziende agricole in Italia hanno bisogno di un dottore in agraria,  di una commercialista e talvolta anche di un avvocato per imbastire una pratica con l’ ASSL, con il Comune e con la Regione per dimostrare dove mettono, come trattano e come usano o smaltiscono quel letame; guai a passare però per la strada statale sottovento alla discarica del paese: allora un aroma inconfondibile entra nella vostra auto !

“Muti passavan quella notte i fanti, tacere bisognava andare avanti !”

Orsù, dimenticate per un attimo Falcone e Borsellino che, per quanto illustri, erano in due e provate ora valutare quante migliaia di caduti ci sono stati tra le crode dolomitiche o nel fango della bassa !
Valutate quante famiglie sono state martoriate e quanti affetti recisi !
Valutate quanti chilometri di trincee sono stati scavati, ora piene di ghiaccio ora colme di zanzare !

Andate a Monte Piana, sopra Misurina; se non volete far la fatica di arrivarci a piedi ci sono i bus-navetta, ma salite lassù in un trionfo panoramico di crode dolomitiche a trecentosessanta gradi a vedere il museo all’ aperto al quale mio padre Aurelio Scarpa dedicò gli ultimi anni della sua vita !
E’ un museo che ha per soffitto il cielo, per pareti le più famose rocce del mondo, per pavimento le trincee e i fiori: ogni fiore che vedrete è stata una giovane vita recisa.
Leggete una poesia di Giuseppe Ungaretti: perdetevi nelle sue parche parole dense di significato che buttò giù mentre stava rannicchiato nelle trincee del Carso, accanto ai corpi straziati dei suoi compagni agonizzanti !

Entrate nel monumento-ossario di Nervesa della Battaglia o andate a visitare la scalinata di Redipuglia; resterete ammutoliti nel sentirvi avvolti dalla voce silenziosa di tutti quei caduti che ancora ci sussurrano: “Presente, Presente, Presente, Presente, Presente, Presente, Presente”.

Fatelo !

Quelli ci stanno ancora dicendo: “Italiano, io c’ ero: ci ho rimesso la mia giovane vita per te e il tuo futuro !”
Andateci anche voi e portateci i vostri figli, fatelo almeno una volta nella vita e poi chiedevi, come faccio io:  
“Ma l’ Austria era ed è veramente un nemico invasore ?”
Valeva la pena di sacrificare tante vite per avere la corruzione, il clientelismo, il menefreghismo, la mafia con cui ogni giorno dobbiamo lottare noi che vogliamo essere onesti ?
Perché ?
Perché ?

Ogni anno risalgo sulla scala a lucidare i fianchi di Siddharta e ogni anno penso al bunker lì, un miglio di distanza a ovest da me.
Io sono sulla riva che è stata austriaca e “lui” riposa nel suo mantello di calcestruzzo grigio tra i rami spinosi delle more, aspettando che tra i nostri “italici cuor” si diffonda il rispetto reciproco.
Il bunker sa, il bunker c’ era.
Il bunker ora sa confrontare.

“Monte Grappa tu sei la mia Patria, sei la stella che addita il cammino, sei la gloria il dovere il destino, che all’ Italia ci fa ritornar…”

Anche io sto aspettando il rispetto reciproco, come voi e come quel bunker, per poter indossare il vestito da italiano e poter farlo vedere in giro…
Perché vorrei tanto farlo, tutti insieme sotto il tricolore, senza provare vergogna di fronte ai giovani caduti della grande guerra, ma ho già cinquantotto anni : QUANTO DOVRÒ ANCORA ASPETTARE ?

Auguri, nauticautile; buon ottavo compleanno.

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