ARTICOLI E CHIACCHIERE COSE TRA NOI
 GENNAIO 2008


Sssst, fate silenzio....Lo sentite il rumore ?

Come sarebbe a dire che "non lo sentite"!  
Provate per un momento a non pensare più a nulla, a lasciarvi alle spalle le notizie, la burocrazia, la pubblicità degli ipermercati, i lavori di casa, la scadenza dell' assicurazione dell' auto, l' inquinamento, il calcio mercato, i nuovi partiti di Berlusconi e Veltroni, le superpensioni...insomma lasciate dietro tutto ciò che di malvagio porta con sè il dio danaro e provate a socchiudere molto lentamente gli occhi fissando la schiuma bianca sotto il mascone....
Ecco, non lo sentite ?
E' lui, è il fragore dell' onda che ci accompagna nella nostra vita, quello che abbiamo cominciato a sentire nel ventre della nostra mamma e che continua a fare da sottofondo a tutte le nostre gioie e fatiche quotidiane.
E' il fragore della nostra gioia di vivere che, son certo, continueremo a sentire anche dopo che qualsiasi nostra fatica avrà avuto fine.
Lo so, sono un sentimentale un po' invecchiato, ma ci credo e sarà bellissimo !




ECCOLA !
Per qualcuno di voi può rappresentare solo un sogno,
per qualcun altro invece altro non sarà che "una vecchia carretta".
Per me invece è un amore: è SIDDHARTA, è LA MIA BARCA.

Ho voluto dedicarle questo spazio all' inizio del 2008 perchè, insieme alle altre cinque barche che l' hanno preceduta, è lei che mi ha permesso e mi permette di fare le esperienze che ogni mese vi racconto da queste pagine.
Pertanto trovo giusto ricompensarla di tutto quanto essa dà a me e, indirettamente, anche a  voi carissimi lettori.

PER IL NUOVO ANNO AUGURO A TUTTI VOI DI TROVARE NELLA BARCA IL VOSTRO "AMORE NAUTICO",
CHE VI INFONDA SICUREZZA, SODDISFAZIONE, MODESTIA E RISPETTO PER GLI ALTRI.
VI AUGURO CHE ESSA POSSA DIVENTARE LA VOSTRA ISOLA SEGRETA, DOVE POSSIATE TORNARE BAMBINI
E VI SIA COSI' PIU' FACILE VOLER BENE AL MONDO INTERO.



Il mese scorso mi sono permesso di terminare l’ anno con la citazione di un verso del grande Giuseppe Ungaretti: quel verso, a mio avviso, è una delle cose più belle che siano mai state scritte ed acquista ancor più valore proprio perché il suo autore si professava ateo: “La morte si sconta vivendo”.
Se amiamo e rispettiamo noi stessi e gli altri la nostra vita sarà un paradiso; se odiamo e disprezziamo noi stessi e gli altri, la nostra vita sarà un inferno.
Noi e solo noi siamo gli artefici della santificazione o della maledizione, che non sono così lontani ma giacciono qui accanto, tra le pieghe quotidiane del nostro vivere.

Perfettamente in tema è quindi l' argomento di questo mese, che ho iniziato a trattare lo scorso ottobre e che conclude ciò che volevo raccontarvi sulle mie esperienze di ancoraggio e di ormeggio.

 

 LA SQUADRA DI SALVATAGGIO

 

Esaminato tutto ciò che abbiamo detto gli scorsi mesi, credo che nel caso il bollettino meteo abbia previsto l’ approssimarsi di una burrasca o peggio di qualche temporale NON dovremmo essere così fessi da essere ancorati da qualche parte, ma dovremmo essere tutti ormeggiati per benino alla banchina di qualche marina o di qualche molo ben protetto.
Se così è non ci resterebbe altro che attendere il passaggio del peggio, limitandoci a dare qualche ritocco agli ormeggi o al tendalino e a preparare qualche caffè in più.
Invece il mare ancora una volta ci chiede di intervenire facendoci forti delle nostre esperienze e delle nostre energie, perché la sua legge prevede innanzitutto l’ aiuto a chi si trova in difficoltà…e col brutto tempo potete giurare che ci sarà senz’ altro qualcuno che avrà bisogno di aiuto. 

Mi è capitato diverse volte di fornire assistenza ai cosiddetti “ritardatari del brutto tempo” e l’ ho fatto sempre volentieri nella convinzione che un domani potrebbe capitare anche a me di aver bisogno di aiuto.

In genere i più bisognosi sono i piccoli motoscafi tedeschi.
Non so perché sia così, ma statisticamente è così.
I motoscafi semicabinati sui 7 - 9 metri battenti bandiera tedesca sono quelli più colpiti dal “ritardo” nei confronti del brutto tempo, anzi sembra che prediligano l’ accosto alle banchine sempre nel momento in cui il temporale raggiunge il suo apice.
Non voglio polemizzare, mi limito a descrivere ciò che ho visto in svariate occasioni.
A bordo quasi sempre sono in due: lui ai comandi, lei alle cime di ormeggio; sempre hanno il frigo pieno di lattine di birra, quasi mai hanno i parabordi fuori; sempre hanno qualche cima aggrovigliata in pozzetto o in coperta tra i parabordi rigorosamente ben allineati all’ interno del pulpito.
Avvicinandosi alla banchina, lui grida ordini incomprensibili a lei che invece guarda voi che state sulla banchina; ha gli occhi atterriti e  fatica a mantenere l’ equilibrio sull’ estrema prua della barca.
Naturalmente sia lui che lei parlano e capiscono solo il tedesco, quindi lei capisce lui ma non comprende quello che suggerite voi, anche perché il più delle volte non coincide con gli ordini di lui.
Poiché l’ ingresso al posto barca di poppa è improponibile dato il vento che c’è, rimane la scelta di ormeggiare di prua: quasi sempre - anzi sempre - lui riesce ad aggrovigliare l’ elica o le eliche sul corpo morto, cosicché voi non riuscite in alcun modo a farvi lanciare da prua la cima da lei che a quel punto è incapace di qualsiasi reazione.
Il risultato è che il motoscafo (senza parabordi) comincia a premere sulla barca immediatamente ormeggiata sottovento e occorrono una decina di uomini (di cui uno deve tuffarsi con la maschera per liberare le eliche) per sistemare le cose.
Credete alla fine che qualcuno ringrazi ?     

Queste esperienze ci insegnano che, se proprio ci troviamo nelle condizioni di ormeggiare con vento, dobbiamo ragionare a lungo sulla manovra e istruire per bene il resto dell’ equipaggio, senza dimenticare di mettere estremo ordine in barca, a cominciare dai parabordi e dalle cime che debbono essere pronti a fare la loro funzione…in particolare le cime devono essere già date volta alle bitte sul lato giusto della barca e pronte ad essere lanciate.
Quante volte succede che la cima è corta e il lancio verso terra la fa miseramente tuffare in acqua!
Anche le piccole imbarcazioni semicabinate a vela sui 7 metri hanno spesso bisogno di aiuto; contrariamente a quel che il buon senso dovrebbe insegnare (cioè che più la barca è piccola maggiore ha da essere la prudenza) il loro armatore è in genere un giovane skipper-supermen che si ritiene a torto capace di dominare gli elementi.
Queste barche riescono a manovrare meglio dei motoscafi, ma avendo il motore fuoribordo dispongono di scarsa potenza; ciò che ho notato è che spessissimo l’ equipaggio è formato da un lui piuttosto abile e scatenato, da una lei che (suo malgrado) gli è andata dietro e dal figlio (o dai figli) molto piccoli.
Ovviamente durante la manovra lei deve tenere in braccio il bimbo o i bimbi, e quindi per lui tutto diventa più difficile, perché deve fare da solo.
Anche in questo caso l’ aiuto da parte di qualcuno a terra è doveroso e determinante. 


Le distanze tra le barche e le banchine nei porti sono veramente minime e fare danni è veramente cosa assai probabile.
A proposito, vi propongo questa foto per farvi fare un calcolo quasi impossibile:
quale è la probabilità che in una darsena si incontrino due imbarcazioni da diporto con lo stesso numero di iscrizione ? 
Beh, come vedete a me è capitato !

I guai più grossi capitano (per fortuna più raramente) con le imbarcazioni di una certa stazza, diciamo dai 12 metri in su: il problema è nelle dimensioni e nel dislocamento della barca, nel senso che la manovra di accosto alla banchina può anche essere stata fatta per benino, ma se la signora perennemente piazzata a prua ha predisposto la cima d’ ormeggio facendola passare sopra il pulpito invece che sotto, col vento che c’è possono capitare guai seri.
Si può tranciare la cima sulla draglia, oppure possono saltare i bulloni della bitta, oppure la signora può trovarsi con la cima in tensione che le prende le gambe e gliele sposta di brutto.

Mi si perdoni se ogni tanto mi ricordo di essere ingegnere, ma un vento di 40 nodi (velocità normalissima durante un temporale) ha una pressione cinetica di  211 N per mq che, sul fianco di un’ imbarcazione da diporto con un’ area stimabile in 12 x 2,5 = 30 metri quadrati, porta a tirare con una forza di 6330 N, cioè di 645  Kg; anche ammesso che l' ormeggio di poppa sia già in tiro e assorba metà dello sforzo, ecco che a prua la cima viene ad essere tirata con più di 300 Kg.

Sfido le gambe di qualsiasi signora a resistere, e anche i bulloni di una bitta se tirati verso l’alto invece che in direzione parallela alla coperta.
Il fatto è che molto spesso non ci rendiamo conto degli sforzi in gioco nelle manovre di bordo. 

PICCOLA E VARIEGATA DIGRESSIONE: lo stessa sensazione di smarrimento la possiamo provare quando percorriamo una strada in auto e, dopo qualche tempo, la rifacciamo in bicicletta: ciò che in auto pareva pianura ci appare invece - come magari in realtà è - una salita non trascurabile.
Una volta in un convegno incontrai un progettista che mi parlò delle sartie volanti degli IACC (le barche di coppa America) e delle forze con cui vengono tirate…mi parlava di 30 tonnellate, che è il peso del rimorchio di un TIR...Non riesco ad immaginare cosa può capitare se la volante cede !
Anche sulle manovre correnti delle nostre imbarcazioni da diporto trovare forze dell’ ordine di qualche centinaio di chilogrammi è cosa normale, e guai se dette forze non vengono distribuite o scaricate con la direzione giusta o in punti opportuni.  

ULTERIORE DIGRESSIONE VIEPPIU' TECNICA ED ISTRUTTIVA: forse non tutti sanno cos' è la quantità di moto. Si tratta di una grandezza fisica che spiega le ragioni degli urti e dei conseguenti danni. Poichè essa è data dal prodotto della massa di un corpo per la sua velocità, vi faccio notare come sia del tutto equivalente andare contro una banchina con una barca di 10 tonnellate alla velocità di 2 nodi (la quantità di moto corrispondente è di 10000 Kgm/s) o andare contro un muro con un' auto di  media cilindrata (700 Kg) alla velocità di 50 Km/h (la quantità di moto corrispondente è ancora di 10000 Kgm/s).  In entrambi i casi vi assicuro che il botto è veramente notevole !

Prima dell’ accosto in banchina occorre quindi che il responsabile di bordo (lo skipper, insomma) faccia un giro per la barca a controllare anche il posizionamento delle cime di ormeggio o a responsabilizzare i membri dell’ equipaggio addetti alla manovra delle stesse (siano essi maschietti o femminucce).

Forse qualcuno si chiederà coma mai in questa "lista nera" dei ritardatari del maltempo, accanto ai piccoli motoscafi e alle barche a vela piccole e grandi, non figurino anche i grandi motoscafi.
Il fatto è che i grandi motoscafi sono i cosidetti "banchinari" per eccellenza: essi si avventurano in baia solo se la giornata è strepitosamente bella e solo per fare il bagnetto; altrimenti li potrete trovare senz' altro già ben ormeggiati nei pressi di una colonnina di servizio e del ristorante più vicino.
...A volte penso che in fatto di prudenza abbiamo molto da imparare dagli armatori dei grossi motoscafi.
 
A proposito di scene curiose in baia vidi una volta un signore di mezza età armeggiare a prua, intento com' era a prendere il gavitello col mezzomarinaio (era una bella giornata di sole); il suo compagno di crociera - che stava ai comandi del timone e del motore a poppa - una volta avvicinata la barca al gavitello non aveva provveduto a fermarla, così l’ uomo a prua - agganciato il gavitello - iniziò ad essere trascinato verso poppa dall’ inerzia dello scafo: invece di mollare il mezzomarinaio che non voleva saperne di svincolarsi dall’ anello, pur di non perdere la presa preferì seguirlo in acqua.
La scena fu alquanto comica da vedere, anche perché alle proteste del naufrago, il compagno ai comandi rispose: “Ahò ma che pretendi da me, faccio un altro mestiere io !” 

Questo fatto della manovra errata di presa del gavitello è un altro chiaro esempio della scarsa capacità di ragionamento delle persone.
Quante volte mi è successo di mettere in acqua il gommone per aiutare altri equipaggi (che avevano fallito la manovra di presa del gavitello) a recuperare il mezzomarinaio!
Chi sbaglia è la persona che sta ai comandi del motore, la quale deve fare la cosa più ovvia del mondo: tenere ferma la barca con la prua sopra il gavitello.
Ebbene, per farlo dove pensate che bisogni guardare?
Forse a prua? No, lì c’è già chi sta lavorando.
Per mantenere ferma la barca bisogna guardare di fianco, perché un qualsiasi rilevamento grossolano con un albero e un edificio dà modo di determinare se si va avanti, indietro o se si sta fermi; ebbene, potete giurare che tutti i timonieri in quel momento guardano avanti e la barca naturalmente non se ne sta mai immobile.

Vi saluto ricordando un aneddoto che fa riflettere sul fatto di dove guardare mentre si governa una barca.
Marco Paolini (quello del racconto sul Vajont, per i più distratti) raccontando della sua scarsa capacità nel "vogare alla veneta”(con un remo solo, per i più ignoranti), spiegava che vogando su una gondola non riusciva a fare altro che girare continuamente in tondo, tant'è che coloro che decollavano in aereo dall' aeroporto Marco Polo additavano dall' altro sulla laguna quella scia perfettamente rotonda che faceva ben comprendere come la gondola non riuscisse affatto ad avanzare (immagine turistico-romantica!) 
Marco Paolini concluse però con questa riflessione alquanto filosofica “…non è mica detto però che nella vita per andare avanti occorra per forza andare diritti !” 
Ne sanno qualcosa i velisti, quando avanzano con la loro barca verso la boa di bolina: è per questo che vi invito a leggere prossimamente quello che ho elaborato a proposito dell' andatura di bolina.


Le derive sono un banco-scuola formidabile per imparare ad andare per mare.


Il prossimo mese il mio sito compirà due anni.
SALUTI A TUTTI, E ANCORA AUGURI !

 

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