ARTICOLI E CHIACCHIERE COSE TRA NOI
 GENNAIO 2012...BUON ANNO !

Eccoci nel 2012 che segnerà la fine dei nostri problemi in quanto coinciderà con la fine del mondo.

Poichè però io sono molto scettico al riguardo, credo che i nostri problemi continueranno 
e che la fine del mondo sia ancora molto lontana. 
Pertanto questo mese (e i prossimi) vorrei occuparmi di un argomento di cui tutti i velisti parlano
da un sacco di  anni ma che tuttavia resta sempre argomento di attualità.
Non si tratta né delle donne, né del vino, né del campionato di calcio, né tantomeno della politica, bensì 
(come un po' umoristicamente vorrebbe dimostrare la foto seguente) de 

I PESI A BORDO

 

...ovvero di quella barca ideale che tutti sogniamo, nata come 
progetto per vincere e che vorremmo diventasse un confortevole yacht da passeggio.

 

E’ risaputo che a bordo di una barca a vela la quantità e l’ ubicazione dei pesi è un fatto importantissimo (lo è anche per quelle a motore, anche se in misura un po’ minore).
E’ altrettanto noto, o facilmente intuibile, che una parte dei pesi è “congenita”, cioè fa parte della barca e quindi risulti inamovibile (e di questo argomento parleremo tra un paio di mesi), mentre un’ altra parte è variabile sia per intensità che posizione.
Analizzare come i pesi siano in relazione tra loro in una barca da crociera e se e dove valga la pena ridurli è un argomento su cui la discussione è sempre aperta, mentre per le barche da regata o “da corsa” l’ argomento invece è bello che trattato: la corsa al dislocamento leggero è iniziata negli anni ’50 e continua tuttora, segno evidente che la riduzione dei pesi nelle competizioni è “conditio sine qua non” e paga sempre. 

Prima di vedere come e perché distribuire i pesi in una barca da crociera ritengo appropriato però  richiamare brevemente alcune semplici definizioni.

LE LINEE D’ ACQUA

Sono una delle cose più armoniose e belle che l’ uomo abbia creato o che possa ancora creare: possono essere un concentrato di potenza, di dolcezza o di equilibrio, addirittura possono definire un gusto o una moda o un periodo storico; sono in definitiva le linee che noi vedremmo proiettate su un foglio se ci divertissimo a “tagliare a fettine” uno scafo.
Sono i disegni che i progettisti adattano in continuazione al fine di ottenere prestazioni brillanti, stabilità e sicurezza in ogni situazione, naturalmente facendo i conti col mare e col vento e quindi giungendo sempre a un compromesso. 
Queste linee tuttavia sono influenzate in modo determinante dall’ entità e dalla distribuzione dei pesi a bordo: è ciò che viene chiamato “variazione di assetto”.
Data la “liquidità” del mezzo in cui si trova ad essere accolta la barca, tale variazione di assetto può essere trasversale o longitudinale (o una combinazione di tutte e due).

L’ ASSETTO TRASVERSALE

Se proviamo a misurare all’ ormeggio l’ altezza che va dalla falchetta alla superficie dell’ acqua da entrambi i lati per un certo numero di barche, ci accorgeremo che difficilmente troveremo una barca che presenti la stessa misura tra dritta e sinistra.
Ciò non è molto importante: l’ assetto trasversale non ha in generale grande influenza sulle prestazioni e sulla sicurezza della navigazione, purché l’ entità della differenza sia contenuta: qualche centimetro di differenza su 1 metro di altezza di bordo libero è un valore ancora accettabile.
Su una barca di 12 metri di lunghezza fuori tutto e larga circa 4 metri, è sufficiente infatti spostare 5 membri di equipaggio del peso medio di 70 chilogrammi dal trincarino di dritta a quello di sinistra per ottenere una coppia di ben 1400 Kgm che è sufficiente a far immergere il fianco anche di 7 cm.

L’ ASSETTO LONGITUDINALE

Di gran lunga più importante è invece l’ assetto longitudinale: é quel modo di stare della barca che la fa definire come “appruata” o “appoppata”.
Si sa che una barca appruata diventa orziera, una appoppata diventa poggiera; la ragione mi pare di averla già spiegata qualche mese fa (forse è qualche anno fa…mio Dio, come passa il tempo !), comunque la ripeto qui molto brevemente: quando la barca è appruata significa che la parte “bagnata” dello scafo si posiziona più a prua rispetto all’albero (e alle vele); la forza del vento sulle vele si trova allora ad agire più verso poppa rispetto al nuovo centro di carena col risultato di far accostare lo scafo verso prua, e quindi a portarlo all’ orza.
Su tale barca ci si troverebbe un po’ nella stessa situazione di un aereo con il carico non distribuito uniformemente lungo la fusoliera: volerebbe lo stesso ma il pilota dovrebbe “tenerlo su” (o giù) con i timoni; in pratica volerebbe “col freno a mano tirato”.  
In genere quasi tutte le barche da crociera si trovano nella seconda situazione, risultano cioè appoppate; la ragione principale è che quasi tutti tendiamo a stivare roba maggiormente là dove c’è più posto, cioè appunto nei gavoni di poppa.

Ora che abbiamo ricordato tutte queste belle cose sull’ assetto trasversale e longitudinale immaginiamo che il signor Benfatto e il signor Malfatto (due skipper amici tra loro) abbiano comperato lo stesso tipo di barca di circa 12 metri di lunghezza e divertiamoci (si fa per dire) a mettere a confronto il loro operato.
Poniamo che entrambi a prua abbiano stivato una ancora Bruce da 20 Kg con 40 m di catena da 10 mm e ulteriori 20 m di cima da 16 mm, per un peso complessivo di 110 Kg.
Ora occupiamoci del signor Benfatto.
Costui ha caricato tutte le confezioni di acqua e bibite in sentina o negli stipetti a centro barca, collocando nei gavoni di poppa l’ ancora di rispetto (15 Kg), le cime d’ ormeggio (40 Kg), 5 parabordi (15 Kg), 8 cinture di salvataggio (4 Kg), pinne e maschere per 3 persone (3 Kg), 2 bombole di gas (10 Kg), per un peso complessivo di  87 Kg.
Immaginiamo ora di considerare il 12 metri del signor Benfatto come fosse la bilancia di un farmacista, ma con i due piattini a distanza diversa dal fulcro: un piattino rappresenta il gavone di prua distante 5 m dal fulcro, l’ altro piattino rappresenta i gavoni di poppa distanti 7 m dal fulcro; il fulcro rappresenta il baricentro longitudinale della barca (cioè circa dove è posizionata la chiglia e dove lui coscienziosamente ha stivato i carichi più pesanti).
Facendo i conti si ottiene che la prua preme da un lato con 110x5 = 550 Kgm, la poppa dal lato opposto con 87x7 = 609 Kgm; preme quindi leggermente di più la poppa, con lo scarto minimo di 59 Kgm.
Ovviamente la barca se ne sta in equilibrio tranquillamente in acqua, ma con uno “scarto appoppante” di 59 Kg per metro.
Il signor Malfatto invece ha riposto le cinture di salvataggio in un gavone a centro barca, stivando a poppa la rimanente attrezzatura oltre a tutte le derrate che Benfatto aveva stivato in centro barca, e cioè : 2 cartoni di  lattine di birra da 33 cl (6,6 Kg), 2 cartoni di latte a lunga conservazione (12 Kg), 6 confezioni da 6 bottiglie d’ acqua in PET da 1,5 litri (54 Kg), più altre 12 bottiglie di bibite varie per i ragazzi (18 Kg), per un peso complessivo di 174  Kg.
Rifacendo il calcolo, risulta che la prua preme sempre con 550 Kgm, mentre la poppa preme con 1218 Kgm, con uno scarto di ben 668 Kg per metro.
Ovviamente anche in questo caso la barca se ne sta in equilibrio tranquillamente in acqua, ma con uno “scarto appoppante” di 668 Kgm, il 1132 % in più del 12 metri di Benfatto.
Ma c’è dell’ altro !
Lo scarto di 668 Kgm si farà sentire ancor di più quando la barca del signor Malfatto si troverà ad arrancare con un po’ di maretta proveniente dalle parti della prua o a rollare con un mare lungo proveniente dalle parti della poppa.
Jp = somme di (mi x ri 2)

E’ infatti quello che i progettisti o i tecnici in generale chiamano “momento di inerzia polare” che dipende dalla massa e dal quadrato della distanza che la separa dal baricentro; insomma l’ inerzia della barca di Malfatto sarebbe di 668x7x7 = 32732 Kgm2 mentre quella di Benfatto di 59x7x7 = 2891 Kgm2 : le conseguenze si sentiranno sia in termini di diminuzione di velocità, sia in termini di spruzzi più frequenti in coperta (e di ribellioni più o meno nascoste da parte degli stomaci di bordo).  

LA “WATER-LINE” OVVERO IL GALLEGGIAMENTO

Sappiamo bene che anche in crociera quello che tutti noi vorremmo avere è una barca veloce; il modo più sicuro per rallentarla è di appesantirla, cioè far immergere la sua linea al galleggiamento più di quanto previsto dal progettista: questo è il caso che avviene sempre in quelle barche che hanno vinto qualche regata e che in seguito sono state prodotte in serie e “rivestite” per l’ uso crocieristico.
E’ più o meno quello che succede se viaggiassimo con la nostra automobile con tutte e quattro le ruote sgonfie (per rendervi conto di quel che significa provate a farlo in bicicletta, e poi sappiatemi dire !).

Adesso con una serie di rapidi calcoletti simuleremo quel che succede a un 12 metri che vince le regate e che poi viene commercializzato per la crociera.
Situazione iniziale per vincere qualche regatina:
- Costruzione in vetroresina con sandwich e qualche rinforzo assiale in kevlar (tutto in carbonio non lo facciamo sennò poi come cantiere non riusciamo più a “fazzolettarlo” e a rivenderlo coma barca da crociera), struttura in acciaio di collegamento tra lande piede dell’ albero e chiglia, deriva e bulbetto in piombo con  pescaggio intorno ai tre metri, alberatura in carbonio, arredamento interno insistente, motore entrobordo da 25 CV; dislocamento intorno ai 5500 Kg.
Trasformazione dello stesso progetto (con le stesse linee) commercializzato per la crociera:
- Inserimento di qualche foglio in più di vetroresina un po’ dappertutto soprattutto dove viene eliminato il kevlar, posizionamento della ferramenta di coperta necessaria: bitte d’ ormeggio, passacavi, musone e verricello; riduzione del pescaggio a m 1,80 (con conseguente accorciamento della pinna e incremento del peso del bulbo di 1500 Kg), alberatura in alluminio, arredamento interno completo con relativa impiantistica e serbatoi, motore entrobordo da 60 CV.
Risultato: nuovo dislocamento intorno ai 9000 Kg.
Archimede stabilisce che la differenza di peso di circa 3500 Kg ovviamente comporta una maggiore immersione che è facile stimare: ipotizzando un’ area dello scafo racchiusa dalla linea di  galleggiamento originaria pari a circa 20 mq, si ottiene la bellezza di 17 cm di linee d’ acqua immerse in più con conseguente enorme aumento degli attriti e perdita di velocità e di accelerazione.

La cosa più divertente (o forse semplicemente più stupida) è che, una volta comperata la barca vestita in tal modo, l’ armatore sensibile alle novità tecnologiche e disposto a spendere pur di essere più veloce e più alla moda pensa bene di “modificare il progetto nato per la regata (che il cantiere ha trasformato in barca da crociera) così da farlo ridiventare da regata e poter avere una barca da crociera che vince le regate” !
Ciò che ho scritto purtroppo non è un paradosso comico ma è tanto vero che le avventure di questo signore ritengo possano essere seguite meglio nel prossimo nostro appuntamento.

  P.S.  Lo scorso autunno ho portato Luciano Michielin in Barcolana e
naturalmente ha scattato una miriade di foto....ne vedrete delle belle !

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