SULLE BUSSOLE
cominciando da Alessandro Manzoni
“Carneade, chi era costui?”, disse don Abbondio all’ inizio di uno dei primi capitoli de “I Promessi Sposi”.
“Bussole, che sono codeste?”, potremmo dire noi oggi parafrasando Alessandro Manzoni.
Nel
lontano 1976, a bordo dell’ Alpa 11,70 dell’ indimenticabile zio Pino, ricordo
che andammo da Venezia a Corfù.
Che cosa c' entri questo con Alessandro Manzoni e la navigazione sul
lago di Como non lo so neppur io, tuttavia da qualche parte bisogna pur
cominciare !
Nel
1976 per le imbarcazioni da diporto non esisteva il GPS, né era disponibile il
timone automatico; c’ erano la bussola di rotta, quella da rilevamento e il log,
comunque a Corfù si arrivava lo stesso.
Naturalmente
ci si arrivava facendo molto uso delle bussole, soprattutto di quella di rotta,
ma anche di quella da rilevamento.
Ho ricordi infatti di
rilevamenti presi fino all’ultimo istante del crepuscolo, prima del buio della
notte, dopo che a turno si era fissato per ore un faro che spariva con infinita
lentezza nella foschia della sera… E guai a perderlo di vista !
Poi,
sulla base di quell’ ultima lettura in gradi molto poco affidabile perché
“presa dalle parti della poppa”, insieme a una lettura al log affetta da
precisione ridicola ci si tuffava nel buio contando di avvistare l’ indomani
il promontorio del Gargano.
DIGRESSIONCINA VELOCE, VELOCE
Se qualcuno di voi si è chiesto perchè la lettura presa
dalle parti della poppa sia molto poco affidabile, farebbe bene a
ripassarsi il capitolo relativo ai rilevamamenti del corso della
patente nautica. Tuttavia può arrivare a capirlo lo stesso
con una semplice intuizione intellettuale; sono sicuro che ce la
può fare perchè è un lettore di questo sito e
quindi è abituato a ragionare.
FINE DELLA DIGRESSIONCINA VELOCE, VELOCE
Ciò
non significa che zio Pino facesse male le cose, è che se
per miglia e miglia esiste un solo punto cospicuo e sta pe venir notte,
gioco forza l' unico rilevamanto che si può prendere è
quello ed è bene mantenerlo il più a lungo possibile.
Del resto allora
non si poteva costeggiare l’ Albania e quindi conveniva
attraversare due volte
l’ Adriatico per scendere in Puglia: Italia, Jugoslavia,
Italia…Bei tempi, in cui i ristoranti e i posti barca in Croazia
(si chiamava Jugoslavia) costavano veramente poco !
Oggi
invece, standosene bene in vista sulla chiesuola della mia barca che pure ha
quasi 30 anni, la bussola di rotta è diventata un’ attrazione per i bambini.
“Guarda,
e questa cos’ è ?” essi chiedono infatti ai loro
genitori una volta scesi nel pozzetto, proprio come farebbe don
Abbondio.
In
quel preciso momento i loro occhi si accendono e dentro di loro per un momento si
sentono dei piccoli Capitan Cook !
Ovviamente
lo stesso non succede loro guardando lo schermo di un GPS, che ricorda più i
cartoni animati della televisione piuttosto che le palme di cocco e le acque
cristalline dell’ Isola del Tesoro di Stevenson…Ma non importa.
Sta
di fatto che, navigando per diporto, oggi la bussola di rotta non la guarda più
nessuno.
Tant’
è che con gli anni al suo interno si forma qualche bolla d’ aria che si
ingigantisce fino a coprire metà della cupola di vetro; in effetti è una cosa
proprio brutta a vedersi.
Ma anche questo importa poco, tanto comunque il GPS ti dice se stai andando dritto proprio
dove vuoi e l’ interfaccia col pilota automatico ti sposta la barra o la ruota
di quel tanto che serve per startene sempre dentro quel corridoio.
Quindi che la
bolla nella bussola ci sia o no “frega niente a nessuno” !
Anche
nella mia bussola di rotta si era formata una bella bolla e anch’ io l’ ho
tralasciata per qualche stagione, poi mi sono deciso a porvi rimedio perché
quella “grande bolla” sulla sommità dell' ampolla proprio non mi piaceva.
Ho
cominciato allora a leggere nel web, dato che la professione di “toglitore di
bolle dalle bussole da diporto” non è la mia.
... IL TOGLITORE DI BOLLE ...
Per
la verità devo ancora capire quale sia la mia professione, ma reputo sia una
cosa normale per un sessantenne eclettico quale sono io…
Così
ho scoperto che per riempire le ampolle delle bussole si usano diverse
sostanze: si va dalla miscela di acqua e alcool, alla paraffina liquida, al
petrolio raffinato per illuminazione.
Il
glicole (liquido antigelo) può servire ma è poco viscoso (non rallenta la
bussola nelle sue oscillazioni) ed è colorato (verde-azzurro).
DIGRESSIONE
ISTANTANEA
Fate
attenzione che ho usato giustamente l’ aggettivo “viscoso” e non “denso” perché
il loro significato è completamente diverso.
Per
esempio l’ acqua è più densa dell’ olio, ma
è meno viscosa: cioè una stessa quantità di volume
d' acqua pesa di più ma è meno "appiccicaticcia" dell'
olio.
FINE
DELLA DIGRESSIONE ISTANTANEA
Alcool,
paraffina, petrolio raffinato, glicole sono tutti liquidi facilmente
reperibili, ma quale usare?
E
soprattutto, occorre svuotare completamente la bussola?
E
a quali inconvenienti si può andare incontro?
Così,
forte degli insegnamenti di zio Pino, ho cominciato a studiare come
togliere la bussola dalla sua sede, (paratia o chiesuola che sia).
Tolte
le viti, in genere occorre fare i conti col silicone che orla la sede della
bussola e, per far questo è indispensabile un cutter.
Tagliando
il contorno siliconato però occorre fare attenzione ai cavetti di alimentazione
della illuminazione della bussola che, ovviamente, si trovano sul lato dove c’è
la lampadina.
Io, pur sapendolo, sono riuscito comunque a tranciarli di netto.
Bravo !
Grazie.
Tolta
la bussola e disinserito i cavetti è bene portarsela a casa, per continuarne lo
studio.
E’
superfluo dire che se essa è dotata di viti di taratura queste non vanno toccate.
Ora bisogna studiare come fare per aprirla al fine di effettuare il rabbocco.
Le
bussole “più serie” hanno sul fianco il tappo di riempimento; ma se questo non
c’è occorre forare il fianco dell’ ampolla, salvo poi pensare a come riuscire a
richiuderlo ermeticamente: (vite autofilettante con O- ring, silicone, colla a caldo, tappo
plastico con Attack,…).
Prima
di effettuare “l’ apertura” però io sono andato ad esaminare con una torcia
elettrica l’ interno dell’ ampolla, sbandando la bussola di circa 90°…
Ho fatto
insomma un po’ come fa l’ oculista quando guarda dentro il nostro bulbo oculare
con i suoi strumenti.
E’
un esame che ho voluto fare per sincerarmi che il meccanismo basculante non
subisse danni ruotando brutalmente la bussola e quindi (alla fine dell’
intervento) farmi restare con la rosa dei venti miserevolmente e perennemente storta.
Accertatomi
che raddrizzando il tutto non si registravano danni alla rosa, la quale se ne tornava
regolarmente al suo posto, ho continuato le operazioni senza però arrischiarmi
a ribaltare totalmente la bussola di 180°.
Prima
di pensare a svuotarla del tutto però, ho tolto poche gocce del liquido
presente (che chiamerò 1) e ho fatto delle prove di densità col liquido con cui
volevo effettuare il rabbocco (che chiamerò 2) in un flaconcino di plastica o
di vetro trasparente.
Ho
proceduto per passi successivi nel modo seguente:
al
liquido 1 nel flaconcino trasparente ho aggiunto un po’ di alcool: il liquido è
diventato torbido, significa che 1 è un derivato dal petrolio e quindi l’
alcool non andava bene per rabboccare; conclusione deduttiva: nella mia bussola
non è stata usata una miscela di acqua e alcool.
Ho rifatto allora la prova aggiungendo stavolta al
liquido 1 della paraffina liquida: la soluzione è rimasta limpida ma è successo
che i due liquidi si sono separati: 1 si è posizionato sopra 2.
Ottimo!
In
questa condizioni ho potuto rabboccare con la paraffina.
Se
invece 1 si fosse stratificato sotto 2, averi dovuto provare con un altro liquido.
E’
importante che 1 stia sopra 2 perchè significa che 2 ha una densità maggiore di 1
così, rabboccando, il liquido 2 se ne starà in fondo e sul vertice della cupola
non si vedrà alcuna separazione tra liquidi.
Solo
se non si riesce a trovare un derivato del petrolio che sia più denso di 1
(cioè che se ne stia sotto il liquido contenuto nella bussola) occorre far
uscire tutto il liquido 1 e sostituirlo interamente con 2.
Ovviamente
tutte queste operazioni (di prelievo e poi di rabbocco) vanno fatte con la
bussola ruotata di 90° ed essa non subirà alcun inconveniente.
Il
rabbocco va eseguito con una siringa e molta, molta pazienza.
Alla
fine del rabbocco, col tappo ancora aperto e la bussola ribaltata di 90°, è
bene ruotarla leggermente ancora un po’ così da far uscire proprio tutta l’
aria e rabboccare ancora; non solo una volta, ma è bene ripetere questa
operazione più volte.
Quindi,
soddisfatto, ho riavvitato il tappo.
Finito.
Ora
la bussola tornerà al suo posto a fare (ancor più) bella mostra di sé a tutti i
bambini che saliranno sulla mia e sulla vostra barca; per il resto è certo che noi
continueremo a non guardarla durante la navigazione.
E’
un bene o è un male?
Mah,
ormai siamo diventati schiavi delle letture digitali !
Anche
gli orologi, che con le loro lancette ci hanno dato per anni le letture
analogiche, sono stati sostituiti dai quadranti a cristalli liquidi dove le
letture sono rigorosamente digitali.
Così
è per gli strumenti di bordo, come i gradi della rotta sul quadrante del pilota
automatico o del GPS.
Il
bello (brutto) è che noi crediamo ciecamente alla lettura digitale, per il
semplice fatto che se il quadrante dell’ orologio indica 8.44, tutti noi
leggiamo così: “Sono le otto e quarantaquattro”.
Mentre
con il quadrante dell’ orologio analogico (quello con le lancette) uno di noi
leggerebbe “sono le otto e tre quarti”, un altro “manca un quarto alle nove”,
un altro ancora “sono le otto e quarantacinque”.
Il
bello (brutto) è che magari tutti e tre con le lancette hanno letto l’ ora
più o meno giusta, mentre tutti con le cifre hanno letto l’ ora sbagliata semplicemente
perché l’ orologio digitale non era regolato.
A
questa eventualità in genere nessuno ci pensa.
Ricordo
che quando comperai Siddharta, la mia barca, c’ era un errore tra la bussola di
rotta e la lettura sulla bussola dell’ auto pilota di ben 170°…Insomma l’ una
mi diceva che andavo a Sud, l’ altra che andavo a Nord.
Ovviamente
era l’ indicatore digitale dell’ auto pilota ad essere starato, non la bussola magnetica di rotta.
Pigiando
sui bottoncini della regolazione elettronica dei cristalli liquidi posso
infatti “battezzare il magnetismo terrestre” col nome che voglio: posso
chiamare il Nord come 360°, o come 147° o come 200°, o come mi piace di più…
Quindi
con gli strumenti digitali anche se tutti leggiamo lo stesso numero non significa che esso corrisponda
alla verità.
Per
cambiare discorso, ma non più di tanto, succede che questa abitudine a non
guardare più la bussola di rotta, ma a fare uso del GPS, ha tolto la voglia di
carteggiare.
Una
volta si tracciava la rotta vera con la matita sulla carta e (tralasciando la
conversione che tanto era abbastanza inutile per attraversare l’ Adriatico,
considerato il cocktail di venti variabili, correnti e scarroccio che porta a
un errore di impossibile determinazione) letto il valore in gradi si cercava di
seguirlo il meglio possibile sulla rosa dei venti della bussola, dandosi il
cambio più volte al timone perché era una cosa piuttosto noiosa.
Oggi
non si traccia nulla: si parte, si guarda sullo schermo del GPS il simboletto
che rappresenta lo scafo dall’ alto, si traguarda un po’ zummando e si imposta
così il pilota automatico, senza nemmeno preoccuparsi se la sua bussola segna
100° o 99°, o 104°.
Tanto,
dopo un po’ di ore, si torna a guardare dov’ è il simboletto e si decide per un
+1° o un -1°.
Tutto
qui.
Carteggio?
Non
serve.
Rotta
vera?
Non
serve.
Squadrette?
Ah,
fragili; si spaccano subito!
Matite?
Nemmeno
per fare la spesa!
Poi,
un bel momento, salta il fusibile degli strumenti… e il GPS va a farsi
benedire.
Pochi
sanno il fusibile cos’ è.
Quasi nessuno sa dove si trova.
Già,
e poi il ricambio… dov’ è?
P.S.
Achtung!
Se sapete che:
- il fusibile serve a protezione del circuito elettrico,
- se
si fonde potrebbe indicare un qualche problema di sovraccarico nella
strumentazione (che va individuato e eliminato),
- il
fusibile che alimenta la strumentazione della vostra barca e che ha fatto “morire” sia il GPS che l’
auto-pilota è proprio quello che conoscete bene e che avete individuato,
ma non avete disponibile un
fusibile di ricambio della stessa sezione (in grado cioè di fondere all’
intensità di corrente in Ampère prevista per quel circuito),
allora votatevi
alla carta stagnola !
Un
cioccolatino, una caramella o della stagnola da cucina vi potranno essere di
aiuto, ma solo fino al porto più vicino dove un elettrauto potrà rifornirvi di
un nuovo fusibile tarato sulla base di quello bruciato (che ovviamente non
dovrete aver gettato a mare !)
Ma
potrebbe anche essere successo che un indefesso topolino abbia limato i suoi
denti in un punto imprecisato dei conduttori tra il quadro elettrico e gli
strumenti…
Così,
da buoni marinai, non vi resta che tirar fuori la carta nautica, le squadrette,
la bussola da rilevamento, la matita e finalmente potrete divertirvi un po’….Non
fa male.
In
questa ultima ipotesi (quella dell’ erosione di un eventuale conduttore) il problema più grosso non sarà
arrivare alla meta, ma sarà catturare il topo !
IL PROSSIMO MESE USCIRA' UN ARTICOLO SULLA CUCINA DI BORDO.
IMMAGINATEVI COSA CI POTRA' SCRIVERE SOPRA UN INGEGNERE.
"ROBA DA NON CREDERE !"
Come disse il comandante Mancuso in "Caccia a Ottobre Rosso".