ANCHE NOI SIAMO COMPLESSI 2…
ovvero i contenziosi nelle compravendite delle
imbarcazioni
Faccio
seguito a quanto scritto lo scorso mese sui contenziosi nelle compravendite
delle imbarcazioni perché forse sono stato un po’ troppo sbrigativo sulla
definizione di occultamento dei vizi.
Fermo
restando quanto stabilito dall’ art. 1490 c.c. comma 1 che prevede “il
riconoscimento del vizio occulto da parte del venditore nel caso il bene
acquistato non possa essere usufruito da chi lo ha acquistato”, al fine di non
ingenerare ulteriori equivoci trovo giusto chiarire la differenza tra vizio
occulto e vizio occultato.
Un
vizio occulto è quello di cui non è a conoscenza né chi compra né chi vende.
Un
vizio occultato è quello di cui è a conoscenza chi vende ma non chi compra.
E’
palese il fatto che nel vizio occulto c’è la buona fede del venditore, nel
vizio occultato c’è invece mala fede da parte del venditore.
Ora
si potrebbero scrivere fiumi di parole e di esempi tuttavia sarebbe tempo
sprecato perché il riconoscimento del vizio, cioè il fatto che chi vende se ne
assuma l’ onere per le riparazioni, dipende unicamente dal fatto che esso sia
pregiudizievole o meno per la navigazione e non dal fatto che chi vende sia o
non sia in buona fede.
Facciamo
ancora qualche esempio.
Vizio
occulto.
Massimo
è un armatore occasionale che usa il proprio motoscafo solo per uscire dalla
darsena e fare il bagno al largo con la famiglia; non tira mai il motore al
massimo e naviga talmente poco che esso non ha modo di surriscaldarsi mai.
Mette
in vendita la barca.
Quando
vende la barca ad Adriano non si è ancora reso conto che lo scambiatore di
calore del circuito di raffreddamento è quasi del tutto intasato.
Durante
la prova di navigazione tutto va bene e il termometro non sale più di tanto.
Adriano
compra la barca ma la usa per andarci a pesca e in ferie.
Alla
prima navigazione oltre i 15 minuti il termometro si alza e l’ allarme si fa
sentire.
Adriano
deve fermarsi, aspettare che il motore si raffreddi e rientrare a velocità
ridotta e facendo una ulteriore sosta in mare.
Il
meccanico deve smontare lo scambiatore, ripulirlo e rimontarlo ma non lo fa
subito perché ha tanto lavoro e Adriano non può usare il motoscafo per due
mesi.
Vizio
occultato.
Massimo
è un armatore che usa abitualmente il proprio motoscafo e sa che il motore
scalda molto.
Il
suo meccanico gli ha già detto che si dovrà smontare e pulire lo scambiatore,
ma Massimo preferisce vendere la barca in modo tale che ci penserà chi la
comprerà.
Mette
in vendita la barca e stacca i fili del termometro.
Durante
la prova di navigazione Adriano nota che il termometro non segna e Massimo si
giustifica dicendo “E’ sempre andato.. sarà un filo staccato” badando bene di
non tirare a lungo il motore.
Adriano
compra la barca, fa sistemare il termometro e alla prima navigazione oltre i 15
minuti il termometro si alza e l’ allarme si fa sentire.
Avviene
poi la stessa cosa del caso precedente.
La
conclusione della storia è in tutti e due i casi la stessa: nel primo caso si
tratta di un vizio occulto pregiudizievole per la navigazione, nel secondo di
un vizio occultato pregiudizievole per la navigazione, ma in entrambi i casi
Massimo deve riconoscere il vizio e assumersene l’ onere per la riparazione.
Moralmente
Massimo può essere un galantuomo o un brigante, ma di fatto deve comunque
rispondere del vizio.
Moralmente
Adriano può ritenere di aver avuto a che fare con una persona per bene o con un
delinquente, ma di fatto deve essere risarcito.
A
questo punto spero anche sia chiaro che, come talvolta chi vende si può
comportare da brigante, lo stresso atteggiamento può averlo chi compra.
Perché
non è detto che la vittima sia sempre colui che acquista.
Può
infatti capitare (e capita) che chi compra, una volta fatta una prova
superficiale ante-acquisto, alla prima navigazione voglia addossare a chi ha
venduto qualsiasi difetto riscontrato: boccole degli assi lasche, corrosioni
sui collettori di scarico, infiltrazioni dalle guarnizioni degli oblò..
Sia
che questi vizi fossero occulti o occultati, essi non sono pregiudizievoli per
la navigazione e sono dovuti unicamente a normale usura.
Quindi
chi compera una barca usata sa che è usata e non può far riconoscere a chi l’
ha venduta vizi dovuti ad usura che non compromettano la navigazione.
Insomma,
vale il vecchio proverbio che “Chi troppo vuole nulla stringe !”
Faccio
un altro esempio, più concreto dei precedenti, che è capitato a me quando
comprai la barca che ho ora.
Quando
acquistai Siddharta (il Comet 12) aveva già 16 anni.
Il
proprietario si lamentava del fatto che il motore scaldava un po’.
Durante
la prova di navigazione notai un po’ di difficoltà nell’ inserimento della
macchina avanti-indietro all’ invertitore.
Comprai
ugualmente la barca, così come stava.
Alla
prima crociera mi successe, stavo indietreggiando in porto a Mali Losinj, che
la macchina avanti non ingranò e che toccai con lo specchio di poppa un’ altra
imbarcazione.
Non
feci danni, ma rientrato dovetti sostituire l’ invertitore che era ormai irrecuperabile.
L’
anno seguente mi ritrovai a Iz con il termometro dell’ acqua oltre i 110 °C.
Individuai
il problema nella valvola termostatica del circuito di raffreddamento, che
praticamente non si apriva.
Tolta
la valvola e non avendo il ricambio, tornai a casa senza col motore che andava
a 55 °C (75-80 °C sarebbe la temperatura corretta di funzionamento), poi la
sostituii.
Da
allora tutto funzionò per il meglio.
Ebbene,
in entrambi i casi si trattava di vizi occulti, dovuti ad usura, pregiudizievoli
per la navigazione, tuttavia non intrapresi alcun contenzioso con chi mi aveva
venduto la barca: la sostituzione dell’ invertitore mi costò 1300 Euro, quella
della valvola termostatica circa 40 Euro.
Forse
avrei potuto “sondare” chi me l’ aveva venduta con una telefonata, ma se costui
avesse recalcitrato e se quindi mi fossi rivolto all’ avvocato e alle carte da
bollo quanto mi sarebbe venuto a costare ?
Infinitamente
di più.
Anche
perché in genere, non potendo gli avvocati sapere tutto di tutto (infatti molti
di essi malauguratamente si mettono a fare politica), quando si mettono nei
loro documenti a disquisire di faccende tecniche relative alla nautica scrivono
cose incomprensibili con termini equivoci, cosicché il giudice fa ancor più
fatica a comprendere il motivo del contendere.
Per
un avvocato è normale confondere opera viva con opera morta e spesso non ha
alcuna nozione di cosa sia un passascafo e una corrente galvanica…eppure ci disquisisce
sopra tranquillamente (come appunto fanno i politici la cui base culturale è
rappresentata solo dall’
abilità di interpretare i desideri degli elettori e non da quella di risolvere
i loro problemi).
Ricordo
che in una perizia nella quale ero coinvolto come CTU (quindi a servizio del
giudice) nell’ atto di citazione era riportato “un tale Tiziano Laterza” che peraltro
non figurava in nessuna altra parte della documentazione…
In
realtà quel contenzioso era stato aperto a causa di un grosso problema
riscontrato su una imbarcazione che si chiamava “Tiziana III”; insomma quell’
avvocato aveva confuso il nome di una barca, che esisteva, col nome di una
persona, che non esisteva.
Si
può immaginare il resto !
Ora
sembrerà paradossale quello che ho ricordato, ma succede più spesso di quel che
si creda.
Occorre
tenere presente infatti che spessissimo le barche si trovano in una darsena
mentre coloro che comprano e vendono abitano in città e paesi anche lontani tra
loro e da quella darsena; ciò comporta che quando si arriva ad una causa in
tribunale l’ avvocato di una parte deleghi un suo collega che abita più vicino
di lui alla sede del tribunale.
E
ovviamente il “passa parola” genera facilmente equivoci o errori che vanno
inevitabilmente a creare rallentamenti e ulteriori spese per entrambe le parti.
V’
è poi una ulteriore caratteristica dei procedimenti giudiziari civili che
occorre sfatare: chi fa causa (il cosiddetto attore) è sempre convinto di aver
ragione ed anche, nel caso il giudice gliela darà vinta, che tutte le spese
saranno a carico del condannato (il cosiddetto convenuto).
Questo
ritornello l’ ho sentito ripetere molte e molte volte, talché gli avvocati lo
scrivono sempre alla fine dei loro atti “con rivalsa di spese ecc…”
Ebbene,
innanzitutto è assai improbabile che il giudice dia completamente ragione a una
parte e completamente torto all’ altra; inoltre egli deciderà sempre di
ripartire le spese tra le due parti, magari con percentuali diverse, ma
comunque di ripartirle.
Quindi
l’ attore, sia esso compratore o venditore, farebbe sempre bene a fare un po’
di conti prima di intentare la causa anche se, come spesso avviene, il suo
avvocato si dimostrasse sicuro del successo.
Tornando
al mio caso pratico (invertitore e valvola termostatica costo globale 1340
Euro), se avessi voluto fare causa a chi mi aveva venduto la barca e se il
giudice mi avesse dato ragione riconoscendo un danno di 1500 Euro, quantomeno
avrebbe disposto che ognuna delle due parti si sarebbe accollata le spese del
proprio avvocato e del proprio CTP, forse attribuendo in toto le spese
processuali e del CTU al convenuto (il venditore).
Ebbene,
alla fine avrei incassato la differenza tra 1500 e 1350 Euro, ma avrei dovuto
pagare la parcella del mio CTP (facciamo 2000 Euro?) e del mio avvocato (facciamo
3000 Euro?), continuando a navigare con la barca per due o tre anni col patema
d’ animo di come sarebbero andate le cose, dato che una causa civile veloce
ha questa tempistica….per non parlare di quelle lente!
Invece
sistemando a mie spese invertitore e valvola ci ho guadagnato in portafoglio e
soprattutto in salute.