ARTICOLI E CHIACCHIERE COSE TRA NOI
GIUGNO 2020


L' articolo di qusto mese non è molto serio, ma prima di proporvelo vorrei ricordare una persona che ci ha lasciati lo scorso mese:
si tratta di Ezio Bosso, musicista e direttore di orchesta spentosi a 48 anni per una malattia degenerativa.
Talvolta le vite brevi sono quelle che più lasciano di sè una impronta indimenticabile.
Ezio Bosso era in grado di cullare la sensibilità di ciascuno e farla emergere fino a portare quella persona alla gioia.
Mai ho udito con poche parole profonde, liete, mai scontate illustrare come anche un breve passaggio strumentale
si riveli il ritratto di un' epoca, di una storia, di una sensibilità, di una poesia, di un tocco di artista.
Nei confronti di tutti noi è come se fosse riuscito a far capire le ragioni del vento a una montagna.

LE NORME 
considerazioni molto-poco serie su qualcosa di poco-molto utile

 

Le norme sono quelle cose che dovrebbero tutelarci e invece ci mettono sempre psicologicamente in apprensione; dovrebbero farci dormire sonni tranquilli e invece ci tengono svegli per paura di essere multati.
Questo succede unicamente perché NOI siamo gente onesta, pertanto a tutelare noi stessi e gli altri siamo in grado benissimo da soli; ciò che ci resta è quindi l’ ansia nel rispetto di una “cosa” che viene scritta, aggiornata e che siamo anche tenuti a seguire nel suo aggiornamento pena il non rispetto della stessa e quindi la sanzione!
Per tutti quelli invece che, per sprovvedutezza o dolo (in altre parole i deficienti o i delinquenti) non sono in grado di tutelarsi e tutelare gli altri, le norme semplicemente non esistono: esse cioè vengono sistematicamente ignorate.
Agli onesti creano solo ansia.
Per i disonesti sono superflue.
Al che viene spontaneo chiedersi a che servano!
Probabilmente servono a stabilire chi ha ragione o torto quando nella vita un onesto ha la sfiga di incontrare un deficiente o un delinquente, cioè quando per esempio una persona per bene viene investita dall’ auto guidata da un drogato…
Infatti quasi tutte le norme sono scritte da avvocati e poi vengono proposte e approvate da politici (che si sono consultati con altri avvocati).
Le norme sono una cosa già di per se’ volutamente complessa che in sostanza sono fatte per eliminare le possibilità di “fare i furbi” (termine il cui significato esiste quasi solo in Italia).
Che poi “eliminare” è un verbo grosso, diciamo che “ridurre” sarebbe già ottimistico.
Le norme sono quella cosa che è stata volutamente vieppiù complicata con la legiferazione della Comunità Europea.
Non oso pensare a cosa succederebbe se a legiferare fosse una Comunità Mondiale…Già solo col segnalamento marittimo di ingresso dei porti, sai che casino!
Tant’è che quando vai al negozio di nautica a comprar qualcosa questa continua smania di aggiornamento fa sì che il dialogo sia più o meno il seguente:

“- Buongiorno, vorrei una cosa per la mia barca.
- Ah, ma lei conosce o no la normativa vigente su questo e su quello?... Per esempio la bandiera adesso deve essere grande così, lunga così e deve essere messa colì… La vedo perplesso!...Scusi, ma lei è al corrente dell’ ultimo aggiornamento?
- Ultimo aggiornamento? Ma non l’ avevano appena aggiornata l’ anno scorso?
- E’ per uniformarsi al resto d’ Europa!...Adesso le boette devono essere due se naviga lì, tre se naviga su, quattro se naviga giù… Se poi va oltre allora ci vogliono quelle coi lampi… Se va più oltre allora ne occorrono otto: tre semplici, tre coi lampi e due col fumo, ma quelle col fumo non le ho perché mi devono arrivare quelle aggiornate conformi al mercato asiatico...
- Ah, e per il salvagente?
- Quello dipende dai Kilo Newton!
- I Kilo Newton?
- Ma sì, la riserva di galleggiamento e naturalmente la navigazione entro, oltre o “più oltre”!
- Ma in famiglia siamo tutti magri!
- Non importa quanto pesiate, l’ importante è quanto riportato sul timbro della riserva di galleggiabilità e la distanza dalla costa!  Lei sa ora se navigherà entro, oltre o "più oltre"?
- Anime dei miei morti!  Beh, io mi fermo solo oltre e non vado “più oltre”... allora quanto devo spendere?”.

E poi è mai possibile che quando i politici “normano” non abbiano altro sistema che usare il metodo dello scaglione?
Se la tua barca ha un centimetro in più o uno in meno rispetto ai dieci o ai quattordici metri fuori tutto, diventa un’ altra “cosa”.
Paghi in un modo la tassa di stazionamento, oppure addirittura non la paghi.
Devi o non devi avere la patente.
Quando rivendi la barca, questa ha un valore completamente diverso.
Paghi il notaio o non lo paghi.
Paghi la trascrizione nella Capitaneria di Porto o non la paghi.
Ma lo sai che una barca di nove metri e novantanove, a parità di altre condizioni, puoi riuscire a venderla anche a cinquemila Euro in più di una lunga dieci metri e zerouno?
Potenza degli scaglioni!
Uno scaglione può far figurare che sei padrone di uno yacht oppure che sei nullatenente!
Pensa se facessero la stessa cosa per le automobili: per esempio un bello scaglione fissato ad una lunghezza fuori tutto della carrozzeria di quattro metri.
Tutte le auto lunghe fino a tre metri e novantanove mettiamo che non esistano e le chiamiamo veicolanti: non hanno targa, non si sa chi le possiede, non pagano tasse, possono non avere l’ airbag e le cinture di sicurezza.
Tutte le auto da quattro metri in su facciamo che esistono e le chiamiamo automobili, pagano mille Euro di tassa di passaggio di proprietà e devono avere airbag e cinture di serie, nonché un estintore ogni sedile.
Bizzarro, no?
Poi chissà mai per quale caso del destino c’ è qualcuno che riesce a fabbricare barche lunghe quasi undici metri che inspiegabilmente risultano lunghe nove metri e novantanove!
Il colmo della legiferazione nautica basata sugli scaglioni (e solo in Italia siamo capaci di questo) si raggiunge con il rinnovo del certificato di sicurezza.
Ogni cinque anni un tecnico deve verificare che la mia imbarcazione lunga m 10.01 ancora galleggi, non abbia riportato danni, che abbia ancora la valvola del gpl, quella del gasolio comandata dalla plancia, che il tubo flessibile del gas non sia scaduto, che gli estintori ci siano (uno per la sala macchine, uno per la plancia, e uno per ogni cabina chiudibile con porta) e siano in carica, che le valvole delle prese a mare si aprano e chiudano…

 

Ma se la mia barca è lunga m 9.99 no, perché è un natante.
Evidentemente per il legislatore italico il natante di m 9.99 non naviga dove naviga l’ imbarcazione di m 10.01: si tratta senz’ altro della navigazione in due mari diversi.
I mari diversi hanno onde con caratteristiche meccaniche diverse; le onde che investono il natante di m 9.99 non lo schiaffeggiano allo stesso modo di quelle che investono l’ imbarcazione da m 10.01.
Anche le perturbazioni o le burrasche sono diverse: una burrasca o un temporale con raffiche di 60 Kn sanno distinguere se sul loro percorso incontrano un natante o una imbarcazione; mentre nel secondo caso se ne impippano e si sfogano per benino come le differenze di pressione impongono loro di fare, nel primo caso stanno più attenti e riducono automaticamente la pressione.
Rilasciano localmente le isobare e accarezzano le vele e le strutture del natante dicendogli: “Hai visto? Ti abbiamo veduto dall’ alto. Lo sappiamo che non sei iscritto ai R.I.D. e pertanto non ti facciamo male!”
Ma io sto sbagliano in questa mia inutile ironia.
La ragione è un’ altra.
L’ italico legislatore di cui sopra sapientemente ha sciolto l’ obbligo del rinnovo quinquennale del certificato di sicurezza per i natanti perché per essi non l’ ha mai imposto in quanto non esistevano.
Ed anche per questo l’ italico legislatore ha una ragione.
Gli armatori delle imbarcazioni da diporto infatti sono tutti dei potenziali sprovveduti e/o delinquenti: possedere una imbarcazione di m 10.01 e oltre significa infatti non aver imparato nulla dal mare; significa navigare con la zattera scaduta, fregandosi se le valvole delle prese a mare del wc sono bloccate e il tubo del gas è fessurato dalle fascette inox.
Se invece si è armatori di un natante di m 9.99 si è imparato tutto dal mare e si è pienamente consapevoli dell’ importanza della manutenzione e dei guai che ne sono associati in caso di trascuratezza.
Ecco la ragione dell’ italico legislatore!
Se sei armatore di un natante sei uno skipper esperto (e quindi non ti serve la visita periodica di un tecnico), se sei armatore di una imbarcazione sei un deficiente (nel senso che ti manca l’ esperienza sul mare e un tecnico deve controllarti).
Inoltre succede molto spesso che l’ armatore di una imbarcazione abbia fatto l’ esame per la patente nautica, quello del natante no.
Ah!
E come sono gli esami per la patente nautica?
Non è forse anche questa una figlia della follia burocratica?.
Esperienza personale…
Ricordo che l’ esame teorico lo preparai da privatista, per fare quello pratico mi aggregai invece ad una scuola per patenti nautiche senza però aver frequentato alcuna lezione: minima spesa, massimo rendimento.
Ma i paradossi non dipesero da queste scelte.
La follia era rappresentata dall’ esaminatore teorico che, come tutti i suoi pari, era sempre alla ricerca del cavillo per “cercare di fregare”.
Era uno del tipo: “Lei deve ancorarsi in rada, come si comporta?”.
Al che tu cominciavi a dire la tua, con tutto il buon senso che i libri e l’ esperienza ti suggeriscono.
“Non basta, e poi ?”, comincia a dire il tizio.
Al che tu ti sforzavi di veder che cosa mai avevi dimenticato, e la speranza si accendeva quando pensavi alla maschera da sub e al fatto che potevi andare in ricognizione a vedere l’ ancora adagiata sul fondo.
“Non basta, e poi ?”, continuava con lo stesso tono.
Al che ti pigliava lo sconforto, e cominciavi ad arrampicarti su una china sempre più ripida, ripassavi tutto ciò che avevi detto a voce alta (scandaglio, rilevamenti, catena in chiaro, barca ferma, ordine di indietro piano, tensione della catena o del cavo, lunghezza del calumo,  presa, ordine di indietro tutta, verifica rilevamenti, maschera e pinne, ancora rilevamenti per altri cinque minuti, controllo marea.....), ah ecco, settore di giro: verifica che non ci siano altre barche che possano interferire.
“Non basta, e poi ?”.
Alla faccia.....afforco !
“Non basta, e poi ?”.
Mmm, e poi, e poi, e poi.
Quando dopo aver rianalizzato tutto, aver pensato ad altre soluzioni che però sarebbero risultate in contrasto con quanto detto prima (e quindi sarebbero diventate pericolose per la continuazione dell’ esame), esserti spremuto il cranio alla ricerca di non so più cosa e, col cervello in pappa, alla fine ti dichiaravi battuto, ecco che sul viso del tizio appariva un sorrisetto di grande soddisfazione ed egli ti spiattellava la “sua” soluzione:
“Ma non ha mai sentito parlare di grippiali?  Un bel grippiale con su scritto il nome della sua barca è un sinonimo di etichetta navale!”.

Ma non finiva mica qui, perché il giorno della prova pratica naturalmente era presente l’ esaminatore pratico (detto "esperto velico"), che poteva essere la stessa persona o no.
L’ esame, ricordo, lo feci con un Cognac, barca a doppio spigolo in compensato marino di sette metri e mezzo fuori tutto che risultava regolarmente immatricolato (allora non esisteva la categoria dei natanti sotto i 10 m) e dotato di motore fuoribordo.
Eravamo in otto sopra quella barca: il padrone della barca e titolare della scuola, sei candidati e il tizio esaminante.
Ovviamente non si sapeva dove mettersi; dato che i posti di diritto assegnati al padrone e al tizio erano in pozzetto è ovvio che i sei candidati si pestassero i piedi. 
Del resto non si poteva nemmeno pretendere che proprio quel giorno e proprio all’ ora fissata dal tizio il vento fosse puntuale, infatti quella mattina non si era proprio nemmeno svegliato.
“Si va a motore”, disse il tizio esaminatore.
Si noti che l’ esame era per la patente a vela con motore ausiliario.
Bene, man mano che a turno prendevamo in mano il timone il tizio ordinava con voce seccata: “Orzi, orzi….Adesso viri.  Ecco alla poggia così.  Ma dove vaNon vede che sta orzando?”.
Naturalmente senza un filo di vento e senza vele a riva era estremamente opinabile determinare quale fosse la direzione che portava ad orzare e quale quella che portava a poggiare, sicché tra i candidati ci fu un po’ di trambusto.
Mi andò bene perché essendo quarto di turno avevo imparato che “Orzi” per l’ esaminatore voleva dire andare a sinistra e “Poggi” voleva dire andare a dritta finché la prua si dirigeva verso sud.
Virando, cioè andando verso nord, bastava fare il contrario.
Il tizio fu contento di essersi fatto capire (!), e ordinò la presa di una mano di terzaroli.
Naturalmente si dovette prima issare la randa, perché già ci stavamo tutti chiedendo come poter prendere una mano con la randa ancora serrata sul boma.
Il tizio attese e, ad un suo ordine, sei persone si avventarono su una randa di dodici metri quadrati che rabbrividì perché venne strattonata da tutte e parti e rimessa a segno con una tensione vicino alle bugne veramente spaventosa.
Il padrone della scuola, trattenendo un attacco di ulcera per le condizioni in cui si trovava il tessuto della sua randa, senza darlo a vedere e giustificando pienamente gli sforzi (veementi) dei sei candidati disse al tizio esaminante: “Bella piatta, eh?  Così deve essere la randa quando c’ é vento !”.
Oggi mi dicono che le cose sono un po’ cambiate: ci sono i quiz e poi l’ esame.
E’ meglio? E’ peggio?
Credo sia la stessa cosa, perché l’ esame te lo fa il mare dopo (se ci navighi sopra).
Il problema è che non lo fa solo a te e al tuo equipaggio, ma anche alla tua barca.
Non mi risulta che negli esami di patente nautica sia previsto un settore di argomenti (e quindi di domande) riguardanti la manutenzione della barca.
Che invece, secondo me, è altrettanto fondamentale della conduzione della navigazione.
Il mare non mette sotto stress solo lo stomaco e la tua capacità di cavartela nelle situazioni scabrose, ma mette sotto stress anche lo scafo, le attrezzature e gli impianti.
Immaginate quel guazzabuglio di strati di fibra di vetro, resine, legno, alluminio, acciaio inossidabile, bronzo, zinco, rame che compongono scafo, arredamento, albero, sartiame, motore, impianti idraulico ed elettrico che se ne stanno fermi per mesi, talvolta per anni, e poi un bel giorno vengono sballottati e spruzzati per bene dall’ acqua salata….
In barca si verificano di quelle cose che talvolta nessuno, ma proprio nessuno riesce ad immaginare.
Certi particolari tralasciati diventano di una importanza totale.
Volete un esempio tra tanti?
Aver trascurato di sostituire l’ elastico che trattiene il mezzomarinaio in coperta, ormai cotto dal sole dell’ estate precedente…Alla prima ondata il mezzomarinaio finisce in mare.
Oppure sentite questo esempio, un po’ più articolato: immaginate di acquistare un 12 metri a vela recente, anche nuovo, oppure usato di dieci/quindici anni, non fa differenza.
Troverete delle linee di poppa abbastanza aperte (ne abbiamo già parlato) con due cabine di poppa abbastanza strette (di questo non abbiamo ancora parlato).
Il progettista, per far starci anche il secondo wc e ricavare anche un’ ampia dinette, ha incastonato le cuccette in modo tale che per spogliarvi (o vestirvi) vi tocca entrare in una delle due cabine, rannicchiarvi per prendere la roba, uscire nella dinette, vestirvi o spogliarvi e quindi rannicchiarvi di nuovo nella cabina per riporre la roba non utilizzata.
Infatti vi sarà pressoché impossibile - stando in piedi in una cabina - aprire le braccia per infilarvi le maniche della maglietta o della giacca.

 

“Poco male” dirà qualcuno, cosa vuoi che sia.
Invece no!
Questa stessa scena non è detto infatti che si debba svolgere in porto con la barca ormeggiata, ma può capitare che succeda in mare, con una bella onda o un temporale in arrivo.
Magari avete lasciato la moglie al timone e vi siete precipitati dabbasso per indossare la cerata ma, nel trambusto delle manovre di entrata e uscita di cui sopra per potervi vestire, avete sbattuto il fianco sulla paratia della dinette e vi siete incrinati una costola lasciando vostra moglie in preda allo sconforto.
Oppure siete rimasti al timone chiedendo alla moglie di scendere ed essa nelle operazioni laboriose di cui sopra ha cominciato a soffrire il mal di mare, così ora vi trovate a operare da solo in coperta.
“Pessimista!” mi dite.
Oh no, questa cose (e anche di peggio) succedono spesso in crociera.
Per esempio nella mia barca (Comet 12) progettata da quel sant’ uomo di Vallicelli, ci si può tranquillamente spogliare o vestire nelle cabine di poppa, restando in piedi, aprendo le braccia e addirittura puntellandosi con le gambe sulle paratie fino ad operazione conclusa.
Quando considerate l’ acquisto di una barca provate a scendere dentro e vestirvi o spogliarvi, o a cercare qualcosa quando il mare è mosso o molto mosso; allora capirete subito l’ importanza di certi accorgimenti che in porto o, peggio, al Salone Nautico non si vedono.
Maurizio Maran è un mio cliente cui feci una perizia molti anni fa su di un Dehler 37.
All’ inizio di quest’ anno mi ha cercato per affidarmi la perizia di un’ altra barca di 40 piedi (molto più recente) su cui aveva messo gli occhi …
E’ andato a vederla (Grand Soleil), insieme a qualche altra della stessa metratura (Jeanneau), ma la telefonata che mi ha fatto è stata di profonda delusione.
“Ah, era meglio il mio Dehler 37!... Arredamenti di legno pressoché inesistente, serbatoi di acqua posizionati all’ estrema prua, cabine di poppa microscopiche, no no! 
Altro che il Dehler 37 o il Comet 12 o il Comet 420!”
Inutile dire che questa affermazione di Maurizio mi ha riempito di piacere!
Gli anni in cui Maurizio ha navigato a bordo del Dehler 37 sono stati molto proficui…gli hanno fatto capire alcune cose importanti e ben più essenziali di una poppa larga o di un dritto di prua a piombo.
Anzi, ora che ci penso, Maurizio è diventato talmente esperto di mare che quasi quasi potrebbero toglierli il comando di un imbarcazione e affidargli quello di un natante…
(Firmato: l’italico legislatore)

 

TORNA A ARTICOLI E CHIACCHIERE