L' "articoloechiacchiera” di questo mese è dedicato a Luca e a Giorgio....Sono
due vecchie conoscenze di questo sito: uno è Luca Cesca anche lui “armatore”
di un Comet 12 che già è stato ospitato in queste pagine, l’ altro è Giorgio
Minganti armatore di un Comet 111 di cui ho già pubblicato gli itinerari
crocieristici lungo l’ Adriatico e lo Ionio.
A loro sono capitati due guai diversi che purtroppo fanno parte dell’ andar per
mare e sui quali c’è ben poco da dire, salvo il fatto di prenderne atto e di
farne tesoro perché sono fatti che possono capitare a tutti noi.
Cominciamo
da Luca, dato che mi ha scritto per primo.
Caro Marco, come stai?
Finalmente trovo un po' di
tempo per scriverti in merito a ciò di cui via sms ti ho accennato.
Mi sono deciso a raccontarti
l'episodio che il mese scorso mi è capitato mentre eravamo tranquillamente
all'ormeggio a Marina di Ravenna, dopo essere stato (l'altro ieri) ad
effettuare una visita per ragioni di lavoro da un mio cliente che si è ritrovato
con la casa quasi completamente bruciata a causa di un cortocircuito!
Ti dico subito che oltre allo
spavento inevitabile la domanda (da ignorante ed alla quale ti chiederei,
quando puoi, di darmi risposta) che mi è sorta spontanea è stata:
ma è possibile che a causa dell'acqua, o meglio
dell'ossidazione, insorga un'incendio?
La vicenda è questa.
A fine mese scorso arrivo in
barca dopo cena, abbastanza tardi, con un amico e mia figlia di 12 anni per
fare l'indomani un'ultima veleggiata prima di disarmare e preparare il mio
vecchio Comet per il rimessaggio invernale.
Per ragioni personali e di
lavoro, purtroppo, la barca era rimasta chiusa durante gli ultimi due
mesi assolutamente non attaccata alla 220 V, con lo stacca-batterie
sullo 0 e le batterie tenute in tensione mediante un ripartitore di carica
alimentato da due pannelli solari fissati sul bimini.
Lasciando la 220 V sempre
staccata e avendo le batterie caricate al massimo, ho dato corrente utilizzando
la 12 V ed abbiamo iniziato a preparare le cabine ed i sacchi a pelo per la
notte.
Mia figlia si era appena
sistemata nella cabina di prua quando ha iniziato a chiamarmi molto spaventata:
“papà c'è puzza, papà esce fumo dalla mia lampada!!!”
Alla richiesta di aiuto
le ho risposto, stupidamente e da ignorante in materia, che non era
possibile e di lavarsi i denti prima di mettersi a dormire.
Non avevo finito la
frase che mi sono accorto anch'io dell'odore acre proveniente dalla cabina
di prua, mi sono precipitato ed ho visto del fumo uscire da una delle due
lampade da lettura con lo stelo lungo e flessibile lasciata accesa da mia
figlia!
Immediatamente ho tolto
corrente, la barca si è riempita di quell'odore acre fortissimo e la cabina di
prua di fumo; subito abbiamo arieggiato e cercato di fare luce con una
torcia.
Ho provato a toccare lo stelo
della lampada, che fortunatamente mia figlia aveva messo in posizione da
lettura, staccandolo dal suo normale posizionamento tra la murata e la paratia
di legno quasi ustionandomi mentre la calotta di plastica stava
fondendo colando sul materasso e il sacco a pelo!
Il fumo però ha smesso quasi
subito di uscire e dopo pochi minuti lo stelo flessibile in ferro ha iniziato a
raffreddarsi, abbiamo staccato del tutto la calotta con il portalampada, per
due o tre secondi ho provato a rimettere lo stacca batterie sui
"servizi" ed immediatamente dalla testa dello stelo è fuoriuscita una
fiammella e lo stelo stesso è tornato incandescente.
A quel punto abbiamo capito
che si era creato un corto circuito, abbiamo staccato tutto e, una volta
verificato che lo stelo della lampada si fosse nuovamente raffreddato, siamo
andati a dormire.
Cos'era successo? La
spiegazione che mi sono dato è la seguente e ti chiedo gentilmente di
confermarmi o meno se ritieni sia corretta: durante la traversata per andare in
Croazia, il 12 o il 13 di Agosto non ricordo esattamente, abbiamo preso davvero
un bel mare (era già passato un fronte che aveva causato burrasca e
al largo era ancora bello agitato) e parecchia acqua è entrata nella cabina di
prua a causa della pressione causata dalle onde che frangevano e dal vento.
Evidentemente
dell'acqua, colando lungo il cielino della cabina e poi lungo la murata ha
inumidito anche il portalampada (ancora quello originale, quindi vecchio più di
trent'anni) e la salsedine avrà fatto il resto.
La cosa incredibile è che
sino a fine Agosto entrambe le lampade della cabina di prua hanno funzionato e
sono state utilizzate normalmente tutte le sere.
E' stato durante i due mesi
di inutilizzo della barca che in uno dei due porta lampada i contatti
devono proprio essersi saldati; ma quando ho dato corrente la prima volta non
c'è stato subito un corto circuito (almeno credo, nel senso che c'è sempre
stata tensione, le altre lampade accese ed il frigorifero funzionavano
normalmente) perché? Gli interruttori del quadro elettrico, non dovrebbero
"staccare" la corrente?
Ti premetto che di corrente
capisco davvero poco, quasi nulla direi, ma da profano ero abbastanza
tranquillo sul fatto che con una tensione bassa di 12 V a bordo
fossimo al sicuro, ora non più!
Il giorno successivo,
fortunatamente, abbiamo rintracciato un amico elettricista ed abbiamo cambiato
immediatamente la lampada e verificato che i fili di alimentazione non
fossero bruciati anch'essi sostituendoli per precauzione fino alla derivazione
dall'impianto principale che scorre nello scatolato a murata.
Ma t'immagini cosa sarebbe
successo se la fiamma fosse giunta sin lì? Con le due bombole del gas a prua
nel gavone e le altre barche ormeggiate a fianco?
Ti lascio, caro Marco, e spetto
appena puoi una tua spiegazione e possibilmente un suggerimento per il futuro!
Ciao , Luca
Volevo solo precisarti
un'ultima cosa: la fiammella che abbiamo visto accendersi era
proprio sulla testa dello stelo snodato in ferro una volta staccatosi il
porta lampada in plastica che si è fuso .... quando abbiamo sostituito l'intera
lampada inclusi i cavi di alimentazione abbiamo verificato bene ed anche quelli
vecchi erano ancora integri nel rivestimento .
E' per questo che mi è venuto
il dubbio che l'ossidazione possa aver innescato il cortocircuito: non vi erano
cavi con rivestimento rotto o danneggiato dall'uso e dalle torsioni dello stelo
così da provocare a monte del portalampada un cortocircuito.
Di
esperienze dirette e personali sui danni che possono succedere con i corti
circuiti ne ho vissute solo un paio.
Di
una probabilmente ne ho già parlato in questo sito e si tratta dell’ esplosione
di una batteria a bordo del Polaris 33 all’ atto della messa in moto del
motore.
Avevo
appena spento il carica-batterie e fatto il parallelo tra batteria-motore e
batteria-servizi e, al momento dell’ azionamento del motorino di avviamento del
motore, una delle due batterie è esplosa rovesciando il proprio coperchio
infiammato al di fuori del gavone posizionato sotto il sedile del carteggio.
Immediato
è stato da parte mia l’ intervento con una coperta, senza bisogno di estintore;
unica conseguenza qualche bruciatura sulla fodera del sedile e un bel po’ di
paura.
La
causa: la batteria dei servizi troppo vecchia, che aveva due
elementi interni in corto con conseguente scintilla ed esplosione dell’ idrogeno
sviluppatosi nella reazione chimica di ricarica.
Dell’
altra esperienza ne parlo ora (e ne vale la pena).
Ero
in crociera con il Comet 12 ormeggiato non ricordo dove e, come spesso faccio
per scrupolo, mi sono messo a controllare il livello dell’ olio.
Unicamente
per mia disattenzione mi sono inginocchiato vicino all’ astina di controllo
avendo lasciato in tensione il motore, cioè senza aver staccato il relativo
interruttore di collegamento con le batterie: significa che il polo positivo
dell’ alternatore è rimasto in tensione con le batterie.
Armeggiando
con la mano sinistra per estrarre l’ astina di controllo (la destra tratteneva
il foglio di carta assorbente per raccogliere la goccia di olio) ho
inavvertitamente urtato con la testa dell’ astina il bullone del polo positivo
dell’ alternatore.
Immediatamente
l’ astina (che in una sua altra parte era ancora a contatto con il blocco
motore e quindi con il polo negativo) è diventata incandescente…Ho dovuto
bruciarmi le dita per staccarla (si stava fondendo) e ho dovuto agire
immediatamente.
Naturalmente
gli amici che erano a bordo hanno subito ironizzato chiamandomi M-arco
voltaico!
Comunque
anche quella volta sostanzialmente mi andò bene.
La
limitata d.d.p. (di appena 12 V) degli impianti delle nostre barche non deve
trarci in inganno: se tocchiamo i poli della batteria la tensione è bassa e il
nostro corpo non ne sente gli effetti perché la resistenza elettrica è molto
alta, pertanto attraverso i nostri arti circola pochissima intensità di
corrente…(è come fare una doccia col rubinetto quasi tutto chiuso).
Ma
se invece del nostro corpo la tensione si scarica attraverso un buon
conduttore
(come l’ astina di controllo dell’ olio o i contatti
saldati di un
portalampada) la resistenza elettrica è bassissima e l’
intensità di corrente
diventa altissima e capace di fondere il metallo quasi istantaneamente
(non
dimentichiamo che una batteria eroga 12 V ma è in grado di
“spingere” 100
Ampère per un’ ora… e una intensità di
corrente anche solo di qualche Ampère è una
intensità
enorme).
Quindi
in caso di corto-circuito c’è una sola cosa da fare: interrompere il
collegamento elettrico immediatamente e con ogni mezzo disponibile.
L’
immediatezza è fondamentale per evitare l’ incendio.
Se
poi un principio di incendio si realizza, anche qui la cosa migliore da fare è
domarlo subito.
Talvolta
si resta attoniti e quasi ipnotizzati di fronte alle fiamme….ma agire subito è
fondamentale!
E
per “subito” intendo qualche secondo…attendere anche solo una decina di secondi
può già portare a conseguenze molto gravi.
Veniamo a quanto mi ha scritto Giorgio...
Ciao Marco, buon anno visto
che non ci siamo fatti gli auguri prima.
Ho letto con interesse il tuo
articolo sui temporali (gennaio 2017) e...sembra quasi che quando scrivi prima
o poi capiti a me qualcosa di simile.
Il 19 dicembre è stata data
dalla regione Sardegna una allerta meteo per una sciroccata in arrivo dalle
parti di Olbia con venti a 40/45 nodi e onde di 6 metri.
Carpe Diem (il mio Comet 111)
è tranquillamente ormeggiato ai pontili della LNI di Olbia dentro l'omonimo
golfo.
Alle 19 la barca balla ma è
ben ormeggiata.
Decido di andare a dormire in
albergo perchè se è bello dormire cullati dalle onde non è altrettanto bello
dormire in una lavatrice!
Al mattino ritorno e i corpi
morti della LNI sono scivolati sul fango - a causa della trazione di tutte le
barche ormeggiate - di un paio o più di metri e le imbarcazioni sono andate non
solo a sbattere con le poppe sul pontile, ma le une contro le altre provocando
danni ingenti come potrai vedere dalle foto che ti allego.
Immediato intervento con
vetroresina per "tamponare" momentaneamente ingressi di acqua e
rendersi conto effettivamente dei danni.
Ora è tutto da svolgersi:
assicurazioni, interventi e quant'altro. Faccio addirittura fatica a parlarne.
Se hai qualche consiglio è
gradito.
Giorgio
Purtroppo
qui non ho molto da dire, né riuscirò con questo a consolare l’ amico Giorgio,
le cui foto parlano da sole.
Il
problema è sempre lo stesso: noi crediamo che sia la forza del mare a fare
paura alle nostre barche, invece è sempre la vicinanza della terra quella che
produce i danni peggiori....
Un po' come per i terremoti: non sono le scosse sismiche in Italia che
sono forti, sono le nostre vecchie case italiane che sono
sbriciolabili!
I
danni allo specchio di poppa riportati dal Comet 111 di Giorgio non sono
rilevanti: la struttura degli specchi di poppa è sempre considerevole perché
progettata per resistere a taglio (prodotto dalla trazione dello strallo di
poppa) e a torsione (prodotta dall’ azione del timone) e la geometria “a
guscio” è resistentissima….Quindi una riparazione con la vetroresina è
fattibilissima e non creerà alcun punto di debolezza strutturale.
Diversa
è la faccenda per falchetta e trincarino (sempreché per
uno scafo in vetroresina si possa parlare usando questi
termini propri della carpenteria di uno scafo in legno).
Qui
il problema non è solo strutturale ma anche di impermeabilizzazione, cioè di
sigillatura tra scafo e coperta e di successiva finitura (insomma occorrerà
oltre che smontare parte dell’ arredo interno anche smontare la ferramenta di
coperta e riverniciare lo scafo).
Sarà
quindi un intervento lungo e oneroso.
Ringraziando
Dio (e il battito di ali di una farfalla in Giappone) ancora non mi è mai
capitato che lo scafo di Siddharta abbia "fatto amicizia” con qualche banchina o
pontile o scoglio.
Tuttavia
in una occasione c’è mancato poco e vale la pena che lo racconti...
Luglio
2016, baia di Veli Rat (Punte Bianche) in Croazia; i
gavitelli sono sistemati tutti presso la riva di NW della baia (a una
cinquantina
di metri dagli scogli) in quanto ridossati dai venti del IV e I
quadrante dalla esigua striscia di terra che costituisce la propaggine
settentrionale dell' isola di Dugi Otok.
Verso
S – SE si apre la baia, comunque ridossata dal mare anche su tale versante, ma non dal vento se
proveniente da queste direzioni….Infatti quella mattina soffiava scirocco.
Agguantato un gavitello e passato
a doppino l’ anello inferiore con la solita cima da 14 mm, do
volta in coperta sulle due bitte.
Poi (e ancora non so per quale arcana ragione) mi viene in mente di passare a doppino un’
altra cima da 16 sull’ anello superiore del gavitello, anche se mancano ancora
molte ore alla notte.
Quindi
scendiamo tutti giù in cabina a preparare il pranzo.
La cima da 14 sulle bitte e quella da 16 sul verricello
Narturalmente,
dato lo scirocco, Siddharta si dispone con la prua al vento e la poppa
verso gli scogli (quindi con lo spoiler di poppa a circa metri 50 - 12 = 38)…
Pranziamo tranquillamente, poi usciamo e scopriamo che la cima da 14 si è spezzata.
Se
non ci fosse stata l’ altra da 16 saremmo finiti col timone a scogli senza nemmeno
accorgerci!
Il
motivo è presto scoperto: l’ anello inferiore del gavitello presentava delle
bave di saldatura che hanno letteralmente tagliato la cima da 14….
E’
sempre la stessa storia della certificazione di qualità nella produzione: chi
ha saldato e rifinito e montato quell’ anello era semplicemente un imbecille
che aveva bisogno di essere seguito in ogni momento della sua vita da un'altra
persona, non importa se croata, italiana, algerina, cinese, americana o quel
che si vuole.
CE
o non CE, se su un pezzo di acciaio viene avvolta una cima in tessile, quel
pezzo di acciaio deve essere liscio. Stop.
Se non avessi dato volta all' anello superiore con la cima da 16,
Siddharta scarrocciando a circa 2 nodi ci avrebbe impiegato una
quarantina di secondi a finire con la poppa sugli scogli e ci
avrebbe rimesso il timone (e senza timone
non saremmo più andati da nessuna parte).
Ancor oggi mi chiedo che cosa mi abbia spinto a
legare un’ altra cima prima di una semplice pausa-pranzo, ma non ho ancora trovato la risposta....
Certo
è che nel caso del Comet 111 a Olbia, Giorgio non poteva fare di più, dato che il corpo morto si è
spostato con tutta la catenaria.