ARTICOLI E CHIACCHIERE COSE TRA NOI
LUGLIO 2017

A LUCA E A GIORGIO
 

L' "articoloechiacchiera” di questo mese è dedicato a Luca e a Giorgio....Sono due vecchie conoscenze di questo sito: uno è Luca Cesca anche lui “armatore” di un Comet 12 che già è stato ospitato in queste pagine, l’ altro è Giorgio Minganti armatore di un Comet 111 di cui ho già pubblicato gli itinerari crocieristici lungo l’ Adriatico e lo Ionio.
A loro sono capitati due guai diversi che purtroppo fanno parte dell’ andar per mare e sui quali c’è ben poco da dire, salvo il fatto di prenderne atto e di farne tesoro perché sono fatti che possono capitare a tutti noi.
Cominciamo da Luca, dato che mi ha scritto per primo.


Caro Marco, come stai?
Finalmente trovo un po' di tempo per scriverti in merito a ciò di cui via sms ti ho accennato.
Mi sono deciso a raccontarti l'episodio che il mese scorso mi è capitato mentre eravamo tranquillamente all'ormeggio a Marina di Ravenna, dopo essere stato (l'altro ieri) ad effettuare una visita per ragioni di lavoro da un mio cliente che si è ritrovato con la casa quasi completamente bruciata a causa di un cortocircuito!
Ti dico subito che oltre allo spavento inevitabile la domanda (da ignorante ed alla quale ti chiederei, quando puoi, di darmi risposta) che mi è sorta spontanea è stata: ma è possibile che a causa dell'acqua, o meglio dell'ossidazione, insorga un'incendio?
La vicenda è questa.
A fine mese scorso arrivo in barca dopo cena, abbastanza tardi, con un amico e mia figlia di 12 anni per fare l'indomani un'ultima veleggiata prima di disarmare e preparare il mio vecchio Comet per il rimessaggio invernale.
Per ragioni personali e di lavoro, purtroppo, la barca era rimasta chiusa durante gli ultimi due mesi assolutamente non attaccata alla 220 V, con lo stacca-batterie sullo 0 e le batterie tenute in tensione mediante un ripartitore di carica alimentato da due pannelli solari fissati sul bimini.
Lasciando la 220 V sempre staccata e avendo le batterie caricate al massimo, ho dato corrente utilizzando la 12 V ed abbiamo iniziato a preparare le cabine ed i sacchi a pelo per la notte.
Mia figlia si era appena sistemata nella cabina di prua quando ha iniziato a chiamarmi molto spaventata: “papà c'è puzza, papà esce fumo dalla mia lampada!!!”
Alla richiesta di aiuto le ho risposto, stupidamente e da ignorante in materia, che non era possibile e di lavarsi i denti prima di mettersi a dormire.
Non avevo finito la frase che mi sono accorto anch'io dell'odore acre proveniente dalla cabina di prua, mi sono precipitato ed ho visto del fumo uscire da una delle due lampade da lettura con lo stelo lungo e flessibile lasciata accesa da mia figlia!
Immediatamente ho tolto corrente, la barca si è riempita di quell'odore acre fortissimo e la cabina di prua di fumo; subito abbiamo arieggiato e cercato di fare luce con una torcia.
Ho provato a toccare lo stelo della lampada, che fortunatamente mia figlia aveva messo in posizione da lettura, staccandolo dal suo normale posizionamento tra la murata e la paratia di legno quasi ustionandomi mentre la calotta di plastica stava fondendo colando sul materasso e il sacco a pelo!
Il fumo però ha smesso quasi subito di uscire e dopo pochi minuti lo stelo flessibile in ferro ha iniziato a raffreddarsi, abbiamo staccato del tutto la calotta con il portalampada, per due o tre secondi ho provato a rimettere lo stacca batterie sui "servizi" ed immediatamente dalla testa dello stelo è fuoriuscita una fiammella e lo stelo stesso è tornato incandescente.
A quel punto abbiamo capito che si era creato un corto circuito, abbiamo staccato tutto e, una volta verificato che lo stelo della lampada si fosse nuovamente raffreddato, siamo andati a dormire.
Cos'era successo? La spiegazione che mi sono dato è la seguente e ti chiedo gentilmente di confermarmi o meno se ritieni sia corretta: durante la traversata per andare in Croazia, il 12 o il 13 di Agosto non ricordo esattamente, abbiamo preso davvero un bel mare (era già passato un fronte che aveva causato burrasca e al largo era ancora bello agitato) e parecchia acqua è entrata nella cabina di prua a causa della pressione causata dalle onde che frangevano e dal vento.
Evidentemente dell'acqua, colando lungo il cielino della cabina e poi lungo la murata ha inumidito anche il portalampada (ancora quello originale, quindi vecchio più di trent'anni) e la salsedine avrà fatto il resto.
La cosa incredibile è che sino a fine Agosto entrambe le lampade della cabina di prua hanno funzionato e sono state utilizzate normalmente tutte le sere.
E' stato durante i due mesi di inutilizzo della barca che in uno dei due porta lampada i contatti devono proprio essersi saldati; ma quando ho dato corrente la prima volta non c'è stato subito un corto circuito (almeno credo, nel senso che c'è sempre stata tensione, le altre lampade accese ed il frigorifero funzionavano normalmente) perché? Gli interruttori del quadro elettrico, non dovrebbero "staccare" la corrente? 
Ti premetto che di corrente capisco davvero poco, quasi nulla direi, ma da profano ero abbastanza tranquillo sul fatto che con una tensione bassa di 12 V a bordo fossimo al sicuro, ora non più!
Il giorno successivo, fortunatamente, abbiamo rintracciato un amico elettricista ed abbiamo cambiato immediatamente la lampada e verificato che i fili di alimentazione non fossero bruciati anch'essi sostituendoli per precauzione fino alla derivazione dall'impianto principale che scorre nello scatolato a murata.
Ma t'immagini cosa sarebbe successo se la fiamma fosse giunta sin lì? Con le due bombole del gas a prua nel gavone e le altre barche ormeggiate a fianco?  
Ti lascio, caro Marco, e spetto appena puoi una tua spiegazione e possibilmente un suggerimento per il futuro!
                 Ciao ,  Luca
Volevo solo precisarti un'ultima cosa: la fiammella che abbiamo visto accendersi era proprio sulla testa dello stelo snodato in ferro una volta staccatosi il porta lampada in plastica che si è fuso .... quando abbiamo sostituito l'intera lampada inclusi i cavi di alimentazione abbiamo verificato bene ed anche quelli vecchi erano ancora integri  nel rivestimento .
E' per questo che mi è venuto il dubbio che l'ossidazione possa aver innescato il cortocircuito: non vi erano cavi con rivestimento rotto o danneggiato dall'uso e dalle torsioni dello stelo così da provocare a monte del portalampada un cortocircuito.   

 

Di esperienze dirette e personali sui danni che possono succedere con i corti circuiti ne ho vissute solo un paio.
Di una probabilmente ne ho già parlato in questo sito e si tratta dell’ esplosione di una batteria a bordo del Polaris 33 all’ atto della messa in moto del motore.
Avevo appena spento il carica-batterie e fatto il parallelo tra batteria-motore e batteria-servizi e, al momento dell’ azionamento del motorino di avviamento del motore, una delle due batterie è esplosa rovesciando il proprio coperchio infiammato al di fuori del gavone posizionato sotto il sedile del carteggio.
Immediato è stato da parte mia l’ intervento con una coperta, senza bisogno di estintore; unica conseguenza qualche bruciatura sulla fodera del sedile e un bel po’ di paura.
La causa: la batteria dei servizi troppo vecchia, che aveva due elementi interni in corto con conseguente scintilla ed esplosione dell’ idrogeno sviluppatosi nella reazione chimica di ricarica.
Dell’ altra esperienza ne parlo ora (e ne vale la pena).
Ero in crociera con il Comet 12 ormeggiato non ricordo dove e, come spesso faccio per scrupolo, mi sono messo a controllare il livello dell’ olio.
Unicamente per mia disattenzione mi sono inginocchiato vicino all’ astina di controllo avendo lasciato in tensione il motore, cioè senza aver staccato il relativo interruttore di collegamento con le batterie: significa che il polo positivo dell’ alternatore è rimasto in tensione con le batterie.
Armeggiando con la mano sinistra per estrarre l’ astina di controllo (la destra tratteneva il foglio di carta assorbente per raccogliere la goccia di olio) ho inavvertitamente urtato con la testa dell’ astina il bullone del polo positivo dell’ alternatore.
Immediatamente l’ astina (che in una sua altra parte era ancora a contatto con il blocco motore e quindi con il polo negativo) è diventata incandescente…Ho dovuto bruciarmi le dita per staccarla (si stava fondendo) e ho dovuto agire immediatamente.
Naturalmente gli amici che erano a bordo hanno subito ironizzato chiamandomi M-arco voltaico!

Comunque anche quella volta sostanzialmente mi andò bene.
La limitata d.d.p. (di appena 12 V) degli impianti delle nostre barche non deve trarci in inganno: se tocchiamo i poli della batteria la tensione è bassa e il nostro corpo non ne sente gli effetti perché la resistenza elettrica è molto alta, pertanto attraverso i nostri arti circola pochissima intensità di corrente…(è come fare una doccia col rubinetto quasi tutto chiuso).
Ma se invece del nostro corpo la tensione si scarica attraverso un buon conduttore (come l’ astina di controllo dell’ olio o i contatti saldati di un portalampada) la resistenza elettrica è bassissima e l’ intensità di corrente diventa altissima e capace di fondere il metallo quasi istantaneamente (non dimentichiamo che una batteria eroga 12 V ma è in grado di “spingere” 100 Ampère per un’ ora… e una intensità di corrente anche solo di qualche Ampère è una intensità enorme).
Quindi in caso di corto-circuito c’è una sola cosa da fare: interrompere il collegamento elettrico immediatamente e con ogni mezzo disponibile.
L’ immediatezza è fondamentale per evitare l’ incendio.
Se poi un principio di incendio si realizza, anche qui la cosa migliore da fare è domarlo subito.
Talvolta si resta attoniti e quasi ipnotizzati di fronte alle fiamme….ma agire subito è fondamentale!
E per “subito” intendo qualche secondo…attendere anche solo una decina di secondi può già portare a conseguenze molto gravi.

Veniamo a quanto mi ha scritto Giorgio...

 

Ciao Marco, buon anno visto che non ci siamo fatti gli auguri prima.
Ho letto con interesse il tuo articolo sui temporali (gennaio 2017) e...sembra quasi che quando scrivi prima o poi capiti a me qualcosa di simile.
Il 19 dicembre è stata data dalla regione Sardegna una allerta meteo per una sciroccata in arrivo dalle parti di Olbia con venti a 40/45 nodi e onde di 6 metri.
Carpe Diem (il mio Comet 111) è tranquillamente ormeggiato ai pontili della LNI di Olbia dentro l'omonimo golfo.
Alle 19 la barca balla ma è ben ormeggiata.
Decido di andare a dormire in albergo perchè se è bello dormire cullati dalle onde non è altrettanto bello dormire in una lavatrice!
Al mattino ritorno e i corpi morti della LNI sono scivolati sul fango - a causa della trazione di tutte le barche ormeggiate - di un paio o più di metri e le imbarcazioni sono andate non solo a sbattere con le poppe sul pontile, ma le une contro le altre provocando danni ingenti come potrai vedere dalle foto che ti allego.
Immediato intervento con vetroresina per "tamponare" momentaneamente ingressi di acqua e rendersi conto effettivamente dei danni.
Ora è tutto da svolgersi: assicurazioni, interventi e quant'altro. Faccio addirittura fatica a parlarne.
Se hai qualche consiglio è gradito.
Giorgio

Purtroppo qui non ho molto da dire, né riuscirò con questo a consolare l’ amico Giorgio, le cui foto parlano da sole.
Il problema è sempre lo stesso: noi crediamo che sia la forza del mare a fare paura alle nostre barche, invece è sempre la vicinanza della terra quella che produce i danni peggiori....
Un po' come per i terremoti: non sono le scosse sismiche in Italia che sono forti, sono le nostre vecchie case italiane che sono sbriciolabili! 
I danni allo specchio di poppa riportati dal Comet 111 di Giorgio non sono rilevanti: la struttura degli specchi di poppa è sempre considerevole perché progettata per resistere a taglio (prodotto dalla trazione dello strallo di poppa) e a torsione (prodotta dall’ azione del timone) e la geometria “a guscio” è resistentissima….Quindi una riparazione con la vetroresina è fattibilissima e non creerà alcun punto di debolezza strutturale.
Diversa è la faccenda per falchetta e trincarino (sempreché per uno scafo in vetroresina si possa parlare usando questi termini propri della carpenteria di uno scafo in legno).
Qui il problema non è solo strutturale ma anche di impermeabilizzazione, cioè di sigillatura tra scafo e coperta e di successiva finitura (insomma occorrerà oltre che smontare parte dell’ arredo interno anche smontare la ferramenta di coperta e riverniciare lo scafo).
Sarà quindi un intervento lungo e oneroso.
Ringraziando Dio (e il battito di ali di una farfalla in Giappone) ancora non mi è mai capitato che lo scafo di Siddharta abbia "fatto amicizia” con qualche banchina o pontile o scoglio.
Tuttavia in una occasione c’è mancato poco e vale la pena che lo racconti...
Luglio 2016, baia di Veli Rat (Punte Bianche) in Croazia; i gavitelli sono sistemati tutti presso la riva di NW della baia (a una cinquantina di metri dagli scogli) in quanto ridossati dai venti del IV e I quadrante dalla esigua striscia di terra che costituisce la propaggine settentrionale dell' isola di Dugi Otok.
Verso S – SE si apre la baia, comunque ridossata dal mare anche su tale versante, ma non dal vento se proveniente da queste direzioni….Infatti quella mattina soffiava scirocco.
Agguantato un gavitello e passato a doppino l’ anello inferiore con la solita cima da 14 mm, do volta in coperta sulle due bitte.
Poi (e ancora non so per quale arcana ragione) mi viene in mente di passare a doppino un’ altra cima da 16 sull’ anello superiore del gavitello, anche se mancano ancora molte ore alla notte.
Quindi scendiamo tutti giù in cabina a preparare il pranzo.

La cima da 14 sulle bitte e quella da 16 sul verricello

Narturalmente, dato lo scirocco, Siddharta si dispone con la prua al vento e la poppa verso gli scogli (quindi con lo spoiler di poppa a circa metri 50 - 12 = 38)…
Pranziamo tranquillamente, poi usciamo e scopriamo che la cima da 14 si è spezzata.
Se non ci fosse stata l’ altra da 16 saremmo finiti col timone a scogli senza nemmeno accorgerci!
Il motivo è presto scoperto: l’ anello inferiore del gavitello presentava delle bave di saldatura che hanno letteralmente tagliato la cima da 14….
E’ sempre la stessa storia della certificazione di qualità nella produzione: chi ha saldato e rifinito e montato quell’ anello era semplicemente un imbecille che aveva bisogno di essere seguito in ogni momento della sua vita da un'altra persona, non importa se croata, italiana, algerina, cinese, americana o quel che si vuole.
CE o non CE, se su un pezzo di acciaio viene avvolta una cima in tessile, quel pezzo di acciaio deve essere liscio. Stop.
Se non avessi dato volta all' anello superiore con la cima da 16, Siddharta scarrocciando a circa 2 nodi ci avrebbe impiegato una quarantina di secondi a finire con la poppa sugli scogli e ci avrebbe rimesso il timone (e senza timone non saremmo più andati da nessuna parte).
Ancor oggi mi chiedo che cosa mi abbia spinto a legare un’ altra cima prima di una semplice pausa-pranzo, ma non ho ancora trovato la risposta....
Certo è che nel caso del Comet 111 a Olbia, Giorgio non poteva fare di più, dato che il corpo morto si è spostato con tutta la catenaria.
Non c'è nulla da fare: possiamo avere anni ed anni di esperienza sul groppone, ma quando ci si metta il battito delle ali della farfalla giapponese il mare (o la terra) ci frega sempre!

 

Questa foto l' ho scattata la scorsa estate apposta per voi: si tratta di un gavitello nella baia di Brgulje - su fondale di 3 metri e mezzo - con il corpo morto che è rovesciato;  
nel caso in esame non c'è pericolo perchè il terminale tra la cima sommersa e l' anello annegato nel calcestruzzo è in catena metallica, ma se invece fosse in tessile ?
...SAREBBE SENZ' ALTRO MEGLIO CAMBIARE GAVITELLO !

Se la trasparenza dell' acqua o la natura del fondale impedisce la visibilità, prendete la maschera e tuffatevi a esaminare la situazione ogni volta
 

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