IL RISCALDAMENTO DEL MARE
Vorrei
scrivere qualcosa di ambiental-ecologico anche se non ne ho le competenze: il
che significa che scriverò qualcosa di mediocre (come al solito) dettato per
gran parte solo dall’ esperienza più che dalla cultura.
Del
resto sono tredici anni che su queste pagine non faccio altro che riportare -
insieme a qualche nozione che ho imparato a scuola - i pareri e le emozioni
derivanti da ciò che ho vissuto. Per
quel che attiene poi alla mancanza di solide basi culturali (una laurea in
ingegneria di quasi 40 anni fa non è poi gran che, ma non è certo roba di cui
vergognarsi) non me ne faccio un gran problema…
Leggendo in giro e/o ascoltando
ciò che viene detto per radio e televisione ritengo di essere veramente in
buona compagnia!
Pertanto
diamo inizio a questa breve dissertazione…climatica.
Hanno
un bel dire i vari scienziati che da anni raccolgono dati ambientali sopra e
sotto gli oceani che dobbiamo fare marcia indietro pena la catastrofe del
pianeta; a noi (tutti noi) non ce ne frega più di tanto perché continuiamo a
riscaldare le nostre case (magari al posto del carbone e del gasolio usiamo
oggi il metano, l’ energia elettrica e il sole) e soprattutto continuiamo a
spostarci in auto (magari al posto della benzina e gasolio usiamo oggi il gpl o
il metano).
Il
che significa che comunque, anche se operiamo una leggera riduzione nella
produzione delle polveri, continuiamo a surriscaldare l’ aria.
E
non fanno nemmeno eccezione coloro che, come dei gagliardi profeti, comprano l’
auto elettrica, perché al momento della ricarica quella energia da qualche
parte una centrale deve pur averla prodotta e lo fa comunque bruciando qualcosa, considerato che
l’ energia idroelettrica ed eolica non è sufficiente.
Ebbene,
questo surriscaldamento dell’ aria non è una cavolata da poco perché lo
facciamo sempre di più: nel caso degli edifici lo facciamo addirittura anche d’
estate (infatti spariamo fuori calorie per raffrescare gli ambienti interni coi
climatizzatori) e nel caso delle auto lo facciamo in modo sempre più spudorato
(infatti le comperiamo sempre più grosse, così spostano più aria e richiedono
motori sempre più potenti.
Non so se avete fatto caso, ma i motori delle auto infatti da una media di 60 CV di qualche anno fa sono
passati a quella odierna di 120 CV per auto…e di questo la pubblicità delle auto
non ne parla e nessuno lo sottolinea.
Detto
questo, potremmo anche concludere che sia ben poca cosa aumentare la
temperatura media dell’ aria anche solo di qualche grado, invece no.
Succede
infatti che la sostanza a contatto con l’ aria che meglio immagazzina il calore
è l’ acqua (quella del mare ovviamente ha molte più possibilità di quella di
fiumi e laghi), così in definitiva aumentiamo la temperatura del mare, che è
quello che sta succedendo grosso modo da quando ero piccolo (cioè dagli anni ’50
o giù di lì).
Ma
il mare oltre ad avere una superficie enorme rispetto alla terra emersa è anche
profondo, cioè ha tanto volume e quindi ha una massa spaventosa; e - come
insegna la termodinamica - più una sostanza ha massa più riesce ad
immagazzinare o a cedere energia termica, cioè calore….
Q
= c m (tf-ti), dice una ben nota relazione di termologia, dove quel simbolo “m”
sta proprio a significare l’ importanza della massa.
Il
mare è quindi in grado di assorbire molto calore quando è a contatto con dell’
aria più calda del solito (mi si perdoni questa espressione banale), così come è
in grado di rilasciarne quando viene a contatto con dell’ aria più fredda del
solito, che è il caso di un temporale.
Insomma,
tutta ‘sta menata di discorsi per arrivare al dato sia scientifico che pratico
che un temporale oggi è in grado di scaricare molta più energia di
quella che fino a qualche decennio fa aveva a disposizione.
Infatti
le condizioni meteo sono molto cambiate da quando ero piccolo.
Ricordo
infatti perfettamente (e con un po’ di nostalgia) che le stagioni esistevano ed
erano dei periodi climaticamente molto ben definiti.
Dal
punto di vista nautico (non mi sono dimenticato che è quello che su cui vorrebbe
disquisire questo sito) qui dalle mie parti il periodo estivo era ben
consolidato tra la metà maggio e i primi giorni di settembre.
La
temperatura dell’ aria era una funzione crescente continua da maggio a metà
luglio, tant’ è che le manifestazioni più acute (trombe d’ aria dovute ai
temporali estivi con grandi differenze di temperatura tra le masse d’ aria in
arrivo e presenti) non avvenivano tutti gli anni e se avvenivano erano quasi
sempre localizzate nella prima settimana del mese di luglio.
Poi
basta.
Le
burrasche di bora, inoltre, contribuivano come oggi a deumidificare l’ aria, ma
non portavano discese repentine e consistenti di temperatura.
L’
alternanza tra le burrasche di scirocco (massimo 20, eccezionalmente 25 Kn)
seguite da quelle di bora (massimo 35, eccezionalmente 40 Kn) avvenivano con
regolarità sconcertante, come se le isobare obbedissero ad un meccanismo di un
orologio svizzero che sapeva fare solo quello.
Qui
in alto Adriatico praticamente non esisteva il maestrale dopo il passaggio di
una perturbazione e nessuno si sarebbe mai permesso di fare un bagno in mare in
ottobre.
Oggi
la situazione non solo è mutata, ma è assolutamente caotica.
Le
stagioni esistono ancora ma sono una rapida alternanza di settimane dalle
caratteristiche irriconoscibili.
Vi
possono essere in novembre giorni e giorni di temperature estive, così come in
giugno si può fare i conti con alcuni giorni in cui verrebbe da accendere il
riscaldamento.
In
luglio si può trovare una bora che fa rabbrividire anche indossando un piumino.
Non
solo, ma l’ alta pressione e il bel tempo possono tornare dopo il passaggio del
fronte ciclonico anche senza alcuna burrasca di bora, semplicemente dopo una
mezza giornata di lieve maestrale….(con il barometro che ha riguadagnato tutti
i millibar che aveva perso).
Questa
faccenda, per coloro che masticano un po’ di meteorologia, si spiega col fatto
che l’ occhio dell’ area ciclonica europea dopo essere passato sull’ Adriatico
non scende più dalle parti dei Balcani come faceva una volta, ma se ne sta in
alto dalle parti della Polonia; tuttavia le ragioni di queste nuove traiettorie
sono per me (e credo non solo per me) del tutto ignote.
Ma
la cosa che sorprende di più e che fa più male è la violenza e la frequenza dei
temporali estivi.
Intanto
non ce n’è più al massimo uno all’ anno nel mese di luglio, oh no!
Essi
(i temporali) hanno ampliato la loro stagione, che in gergo qui in alto Adriatico viene chiamata ormai “la
stagione degli uragani”, da giugno a settembre e durante una estate (col
beneficio di inventario che oggi questo termina ha assunto) se ne possono
verificare anche quattro o cinque così cattivi da poter sradicare alberi.
Anche
lo scirocco si è incattivito: dura meno giorni ma può supera agevolmente i 40
Kn il che è un bel guaio, perché ha un fetch di un migliaio di km e arriva
frontalmente sui litorali veneti, contrariamente alla bora che vi arriva
lateralmente e con un fetch di qualche decina di km soltanto.
Tutto
ciò ha delle conseguenze ben precise.
Qui
da noi (ma non solo) è sempre più difficile navigare, nel senso che è sempre
più difficile programmare le tappe di una navigazione; diventa sempre più
difficile prendere impegni per ospitare a bordo qualcuno che abbia pochi giorni
a disposizione; diventa sempre più difficile rispettare gli appuntamenti (ci si
vede a una certa data in un certo posto); diventa sempre più stressante ciò che
non dovrebbe esserlo, cioè il navigare per diporto.
Che
fare?
Utopisticamente
bisognerebbe tornare a viaggiare con auto piccole dotate di poca potenza, usare
molto di più la bici, aspettare le merci facendole viaggiare via canali o treni
e non con i camion, usare meno gli aerei, riscaldare meno le case di inverno,
non raffrescarle d’ estate…
Ve
lo vedete un futuro così, in cui le industrie produttrici di automobili,
climatizzatori, vetrate continue e le compagnie aeree non riuscirebbero più a
vendere i loro prodotti e i loro biglietti?
Un
vero dramma per l’ economia globale!
Guai!
I
grafici delle produzioni industriali devono sempre andare verso l’ alto, frega
niente a nessuno se la catastrofe si avvicina, l’importante è non andare in
recessione.(*)
Se
arriva la recessione i politici si azzuffano tra loro scambiandosi colpe di
governi precedenti o presenti, le banche europee non sanno più che pesci
pigliare per star dentro con le loro spese, la CE mette in pratica le manovre
di salvataggio che nessuno è in grado di sapere se funzioneranno o no (nemmeno
loro che le propongono). (**)
Tornando
a noi comuni mortali, mi vengono in mente alcune cose che si possono fare, ma è
come mettere una pezza al copertone della ruota:
consultare
più siti meteo e non fidarsi assolutamente delle previsioni a medio termine, ma
basarsi sulle previsioni giorno per giorno;
avere
a bordo equipaggiamento (vestiti e salvagenti) sufficiente per tutti e in
ordine;
esser
certi di poter contare su un ormeggio sicuro da una tappa all’ altra;
trovarsi
pronti eventualmente a cambiare destinazione;
non
fare i capoccioni e, se serve, saper rinunciare.
Credo
che la più difficile da realizzare sia proprio l’ ultima: cioè ritirarsi nella
tana.
Me
lo diceva sempre mio padre, che era grande appassionato non già di mare ma di
montagna:
“Quando te te sì alenà da
mesi, te ga parecià duto, te te sì libarà dai ‘mpegni, te gà controeà i tressi,
ma zè previsto bruto…stà casa!
Bisogna imparàr ancha quèo:
star casa!”
Che
tradotto suona:
“Quando
ti alleni da mesi, hai preparato tutto, ti sei liberato dagli impegni, hai
controllato l’ attrezzatura, ma è previsto brutto tempo…rinuncia!
Occorre
imparare anche quello: di saper rinunciare!”
Saggio!
Si
può applicare benissimo anche al mare.
Ritirarsi
nella tana può essere da conigli quando l’ avversario è un’ altra persona, ma
diventa espressione di saggezza quando l’ avversario è il meteo.
Così
è per le valanghe in montagna e per i fortunali in mare.
Che
poi, via, non è un grosso sacrificio: alle volta basta partire anche solo il
giorno dopo.
Anzi,
sapendo aspettare qualche decina di migliaia di anni e considerato che dalla
Lucania alla pianura Padana ormai tutto l’ Appennino viene spinto dall’ Africa
verso la Croazia con una frequenza incredibilmente rapida per i terremoti, non
occorrerà più consultare il meteo per attraversare l’ Adriatico!
Il
mare Adriatico è destinato infatti a sparire e a Spalato o a Dubrovnik ci si
arriverà solo in automobile.
Insomma tra qualche decina di migliaia di anni, per
i più sportivi partendo da Pescara o da San Benedetto del Tronto ci si potrà
andare anche in bici in una mezz’ oretta !
(*)
Questa faccenda della recessione (ma basta anche solo che il PIL rallenti nella
crescita) è lo spauracchio con cui politici e giornalisti ci bombardano ogni
giorno.
Il
fatto può anche avere delle giustificazioni (a parte che se recessione non c’è sono
in pochissimi a guadagnarci molto e sono in moltissimi a guadagnarci poco), ma
un PIL sempre in crescita non è detto che lo si debba ottenere sempre e solo
incrementando le vendite di automobili, climatizzatori, vetrate continue e
spostandosi in areo come matti.
Un
PIL può crescere anche incrementando le vendite di biciclette (se si producono
biciclette), ma soprattutto modificando la produzione da industriale ad
agricola (se si producono cavoli), tornando insomma al settore primario dell’
economia che è quello che ci fornisce la pappa.
Da
questo punto di vista il nostro Bel Paese potrebbe dare dei punti al mondo
intero: orti e giardini e allevamenti per produrre le eccellenze, ristoranti e
alberghi e monumenti per goderle e farle gustare, infrastrutture e posti di
lavoro per accogliere tutti ed eliminare la disoccupazione.
Recessione
può voler significare semplicemente tornare un po’ indietro, ad una vita un po’
più semplice e con meno esigenze, perché forse abbiamo un po’ troppo esagerato.
Insomma
se consumiamo più cavoli e meno SUV il PIL non è detto che diminuisca, ma la
temperatura media del mare sì!
(**)
Sì, chiedo scusa per gli asterischi e i doppi asterischi, ma vi chiedo la
possibilità di un brevissimo sfogo:
credo che tra le varie categorie di lavoratori (tutte necessarie perché utili)
ve ne siano due che proprio non capisco che ci stiano a fare: si tratta dei
sismologi e degli economisti.
Questi
signori incassano gli stipendi dando come prodotto del loro lavoro le
previsioni imprevedibili, per loro stessa ammissione.
Nessuno
sismologo, dopo aver studiato per anni, sarà in grado di prevedere il
verificarsi di un sisma né sul quando (l’ approssimazione di qualche era
geologica fa a pugni con la vita di ciascuno di noi) né sul dove (l’
approssimazione sulle lunghezze delle faglie fa a pugni con la densità delle
nostre zone abitate) né sul quanto (l’ approssimazione sull’ intensità fa a
pugni coi limiti imposti da qualsiasi struttura e materiale).
Nessun
economista, dopo avere studiato per anni, sarà in grado di prevedere il
verificarsi di un boom economico o di un periodo di crisi economica (perché il
fattore scatenante del battito d’ ali di una farfalla in Giappone può benissimo
coincidere con l’ umore di un capo di stato che un bel mattino decide di
imporre dazi o modificare i tassi di interesse) e sfido qualsiasi esperto
pluri-dottore in economia ad essere in grado di entrare nella testa di un capo
di stato balengo.
Quindi,
se non possiamo eliminare gli stipendi di sismologi ed economisti, possiamo
però ignorarli quando vengono intervistati dai giornalisti in tv (o chiedere ai
giornalisti che non li intervistino).