ARTICOLI E CHIACCHIERE COSE TRA NOI
LUGLIO 2019

IL RISCALDAMENTO DEL MARE

 

Vorrei scrivere qualcosa di ambiental-ecologico anche se non ne ho le competenze: il che significa che scriverò qualcosa di mediocre (come al solito) dettato per gran parte solo dall’ esperienza più che dalla cultura.
Del resto sono tredici anni che su queste pagine non faccio altro che riportare - insieme a qualche nozione che ho imparato a scuola - i pareri e le emozioni derivanti da ciò che ho vissuto.  Per quel che attiene poi alla mancanza di solide basi culturali (una laurea in ingegneria di quasi 40 anni fa non è poi gran che, ma non è certo roba di cui vergognarsi) non me ne faccio un gran problema…
Leggendo in giro e/o ascoltando ciò che viene detto per radio e televisione ritengo di essere veramente in buona compagnia!
Pertanto diamo inizio a questa breve dissertazione…climatica.

Hanno un bel dire i vari scienziati che da anni raccolgono dati ambientali sopra e sotto gli oceani che dobbiamo fare marcia indietro pena la catastrofe del pianeta; a noi (tutti noi) non ce ne frega più di tanto perché continuiamo a riscaldare le nostre case (magari al posto del carbone e del gasolio usiamo oggi il metano, l’ energia elettrica e il sole) e soprattutto continuiamo a spostarci in auto (magari al posto della benzina e gasolio usiamo oggi il gpl o il metano).
Il che significa che comunque, anche se operiamo una leggera riduzione nella produzione delle polveri, continuiamo a surriscaldare l’ aria.
E non fanno nemmeno eccezione coloro che, come dei gagliardi profeti, comprano l’ auto elettrica, perché al momento della ricarica quella energia da qualche parte una centrale deve pur averla prodotta e lo fa comunque bruciando qualcosa, considerato che l’ energia idroelettrica ed eolica non è sufficiente.
Ebbene, questo surriscaldamento dell’ aria non è una cavolata da poco perché lo facciamo sempre di più: nel caso degli edifici lo facciamo addirittura anche d’ estate (infatti spariamo fuori calorie per raffrescare gli ambienti interni coi climatizzatori) e nel caso delle auto lo facciamo in modo sempre più spudorato (infatti le comperiamo sempre più grosse, così spostano più aria e richiedono motori sempre più potenti.
Non so se avete fatto caso, ma i motori delle auto infatti da una media di 60 CV di qualche anno fa sono passati a quella odierna di 120 CV per auto…e di questo la pubblicità delle auto non ne parla e nessuno lo sottolinea.

Detto questo, potremmo anche concludere che sia ben poca cosa aumentare la temperatura media dell’ aria anche solo di qualche grado, invece no.
Succede infatti che la sostanza a contatto con l’ aria che meglio immagazzina il calore è l’ acqua (quella del mare ovviamente ha molte più possibilità di quella di fiumi e laghi), così in definitiva aumentiamo la temperatura del mare, che è quello che sta succedendo grosso modo da quando ero piccolo (cioè dagli anni ’50 o giù di lì).
Ma il mare oltre ad avere una superficie enorme rispetto alla terra emersa è anche profondo, cioè ha tanto volume e quindi ha una massa spaventosa; e - come insegna la termodinamica - più una sostanza ha massa più riesce ad immagazzinare o a cedere energia termica, cioè calore….
Q = c m (tf-ti), dice una ben nota relazione di termologia, dove quel simbolo “m” sta proprio a significare l’ importanza della massa.
Il mare è quindi in grado di assorbire molto calore quando è a contatto con dell’ aria più calda del solito (mi si perdoni questa espressione banale), così come è in grado di rilasciarne quando viene a contatto con dell’ aria più fredda del solito, che è il caso di un temporale.
Insomma, tutta ‘sta menata di discorsi per arrivare al dato sia scientifico che pratico che un temporale oggi è in grado di scaricare molta più energia di quella che fino a qualche decennio fa aveva a disposizione.

Infatti le condizioni meteo sono molto cambiate da quando ero piccolo.
Ricordo infatti perfettamente (e con un po’ di nostalgia) che le stagioni esistevano ed erano dei periodi climaticamente molto ben definiti.
Dal punto di vista nautico (non mi sono dimenticato che è quello che su cui vorrebbe disquisire questo sito) qui dalle mie parti il periodo estivo era ben consolidato tra la metà maggio e i primi giorni di settembre.
La temperatura dell’ aria era una funzione crescente continua da maggio a metà luglio, tant’ è che le manifestazioni più acute (trombe d’ aria dovute ai temporali estivi con grandi differenze di temperatura tra le masse d’ aria in arrivo e presenti) non avvenivano tutti gli anni e se avvenivano erano quasi sempre localizzate nella prima settimana del mese di luglio.
Poi basta.
Le burrasche di bora, inoltre, contribuivano come oggi a deumidificare l’ aria, ma non portavano discese repentine e consistenti di temperatura.
L’ alternanza tra le burrasche di scirocco (massimo 20, eccezionalmente 25 Kn) seguite da quelle di bora (massimo 35, eccezionalmente 40 Kn) avvenivano con regolarità sconcertante, come se le isobare obbedissero ad un meccanismo di un orologio svizzero che sapeva fare solo quello.
Qui in alto Adriatico praticamente non esisteva il maestrale dopo il passaggio di una perturbazione e nessuno si sarebbe mai permesso di fare un bagno in mare in ottobre.

Oggi la situazione non solo è mutata, ma è assolutamente caotica.
Le stagioni esistono ancora ma sono una rapida alternanza di settimane dalle caratteristiche irriconoscibili.
Vi possono essere in novembre giorni e giorni di temperature estive, così come in giugno si può fare i conti con alcuni giorni in cui verrebbe da accendere il riscaldamento.
In luglio si può trovare una bora che fa rabbrividire anche indossando un piumino.
Non solo, ma l’ alta pressione e il bel tempo possono tornare dopo il passaggio del fronte ciclonico anche senza alcuna burrasca di bora, semplicemente dopo una mezza giornata di lieve maestrale….(con il barometro che ha riguadagnato tutti i millibar che aveva perso).
Questa faccenda, per coloro che masticano un po’ di meteorologia, si spiega col fatto che l’ occhio dell’ area ciclonica europea dopo essere passato sull’ Adriatico non scende più dalle parti dei Balcani come faceva una volta, ma se ne sta in alto dalle parti della Polonia; tuttavia le ragioni di queste nuove traiettorie sono per me (e credo non solo per me) del tutto ignote.
Ma la cosa che sorprende di più e che fa più male è la violenza e la frequenza dei temporali estivi.
Intanto non ce n’è più al massimo uno all’ anno nel mese di luglio, oh no!
Essi (i temporali) hanno ampliato la loro stagione, che in gergo qui in alto Adriatico viene chiamata ormai “la stagione degli uragani”, da giugno a settembre e durante una estate (col beneficio di inventario che oggi questo termina ha assunto) se ne possono verificare anche quattro o cinque così cattivi da poter sradicare alberi.
Anche lo scirocco si è incattivito: dura meno giorni ma può supera agevolmente i 40 Kn il che è un bel guaio, perché ha un fetch di un migliaio di km e arriva frontalmente sui litorali veneti, contrariamente alla bora che vi arriva lateralmente e con un fetch di qualche decina di km soltanto.

  

Tutto ciò ha delle conseguenze ben precise.
Qui da noi (ma non solo) è sempre più difficile navigare, nel senso che è sempre più difficile programmare le tappe di una navigazione; diventa sempre più difficile prendere impegni per ospitare a bordo qualcuno che abbia pochi giorni a disposizione; diventa sempre più difficile rispettare gli appuntamenti (ci si vede a una certa data in un certo posto); diventa sempre più stressante ciò che non dovrebbe esserlo, cioè il navigare per diporto.
Che fare?
Utopisticamente bisognerebbe tornare a viaggiare con auto piccole dotate di poca potenza, usare molto di più la bici, aspettare le merci facendole viaggiare via canali o treni e non con i camion, usare meno gli aerei, riscaldare meno le case di inverno, non raffrescarle d’ estate…
Ve lo vedete un futuro così, in cui le industrie produttrici di automobili, climatizzatori, vetrate continue e le compagnie aeree non riuscirebbero più a vendere i loro prodotti e i loro biglietti?
Un vero dramma per l’ economia globale!
Guai!
I grafici delle produzioni industriali devono sempre andare verso l’ alto, frega niente a nessuno se la catastrofe si avvicina, l’importante è non andare in recessione.(*)
Se arriva la recessione i politici si azzuffano tra loro scambiandosi colpe di governi precedenti o presenti, le banche europee non sanno più che pesci pigliare per star dentro con le loro spese, la CE mette in pratica le manovre di salvataggio che nessuno è in grado di sapere se funzioneranno o no (nemmeno loro che le propongono). (**)
Tornando a noi comuni mortali, mi vengono in mente alcune cose che si possono fare, ma è come mettere una pezza al copertone della ruota:
consultare più siti meteo e non fidarsi assolutamente delle previsioni a medio termine, ma basarsi sulle previsioni giorno per giorno;
avere a bordo equipaggiamento (vestiti e salvagenti) sufficiente per tutti e in ordine;
esser certi di poter contare su un ormeggio sicuro da una tappa all’ altra;
trovarsi pronti eventualmente a cambiare destinazione;
non fare i capoccioni e, se serve, saper rinunciare.
Credo che la più difficile da realizzare sia proprio l’ ultima: cioè ritirarsi nella tana.

 

Me lo diceva sempre mio padre, che era grande appassionato non già di mare ma di montagna:
“Quando te te sì alenà da mesi, te ga parecià duto, te te sì libarà dai ‘mpegni, te gà controeà i tressi, ma zè previsto bruto…stà casa!
Bisogna imparàr ancha quèo: star casa!”

Che tradotto suona:
“Quando ti alleni da mesi, hai preparato tutto, ti sei liberato dagli impegni, hai controllato l’ attrezzatura, ma è previsto brutto tempo…rinuncia!
Occorre imparare anche quello: di saper rinunciare!”
Saggio!
Si può applicare benissimo anche al mare.
Ritirarsi nella tana può essere da conigli quando l’ avversario è un’ altra persona, ma diventa espressione di saggezza quando l’ avversario è il meteo.
Così è per le valanghe in montagna e per i fortunali in mare.
Che poi, via, non è un grosso sacrificio: alle volta basta partire anche solo il giorno dopo.
Anzi, sapendo aspettare qualche decina di migliaia di anni e considerato che dalla Lucania alla pianura Padana ormai tutto l’ Appennino viene spinto dall’ Africa verso la Croazia con una frequenza incredibilmente rapida per i terremoti, non occorrerà più consultare il meteo per attraversare l’ Adriatico!
Il mare Adriatico è destinato infatti a sparire e a Spalato o a Dubrovnik ci si arriverà solo in automobile.
Insomma tra qualche decina di migliaia di anni, per i più sportivi partendo da Pescara o da San Benedetto del Tronto ci si potrà andare anche in bici in una mezz’ oretta !

(*) Questa faccenda della recessione (ma basta anche solo che il PIL rallenti nella crescita) è lo spauracchio con cui politici e giornalisti ci bombardano ogni giorno.
Il fatto può anche avere delle giustificazioni (a parte che se recessione non c’è sono in pochissimi a guadagnarci molto e sono in moltissimi a guadagnarci poco), ma un PIL sempre in crescita non è detto che lo si debba ottenere sempre e solo incrementando le vendite di automobili, climatizzatori, vetrate continue e spostandosi in areo come matti.
Un PIL può crescere anche incrementando le vendite di biciclette (se si producono biciclette), ma soprattutto modificando la produzione da industriale ad agricola (se si producono cavoli), tornando insomma al settore primario dell’ economia che è quello che ci fornisce la pappa.
Da questo punto di vista il nostro Bel Paese potrebbe dare dei punti al mondo intero: orti e giardini e allevamenti per produrre le eccellenze, ristoranti e alberghi e monumenti per goderle e farle gustare, infrastrutture e posti di lavoro per accogliere tutti ed eliminare la disoccupazione.
Recessione può voler significare semplicemente tornare un po’ indietro, ad una vita un po’ più semplice e con meno esigenze, perché forse abbiamo un po’ troppo esagerato.
Insomma se consumiamo più cavoli e meno SUV il PIL non è detto che diminuisca, ma la temperatura media del mare sì!

(**) Sì, chiedo scusa per gli asterischi e i doppi asterischi, ma vi chiedo la possibilità di un brevissimo sfogo: credo che tra le varie categorie di lavoratori (tutte necessarie perché utili) ve ne siano due che proprio non capisco che ci stiano a fare: si tratta dei sismologi e degli economisti.
Questi signori incassano gli stipendi dando come prodotto del loro lavoro le previsioni imprevedibili, per loro stessa ammissione.
Nessuno sismologo, dopo aver studiato per anni, sarà in grado di prevedere il verificarsi di un sisma né sul quando (l’ approssimazione di qualche era geologica fa a pugni con la vita di ciascuno di noi) né sul dove (l’ approssimazione sulle lunghezze delle faglie fa a pugni con la densità delle nostre zone abitate) né sul quanto (l’ approssimazione sull’ intensità fa a pugni coi limiti imposti da qualsiasi struttura e materiale).
Nessun economista, dopo avere studiato per anni, sarà in grado di prevedere il verificarsi di un boom economico o di un periodo di crisi economica (perché il fattore scatenante del battito d’ ali di una farfalla in Giappone può benissimo coincidere con l’ umore di un capo di stato che un bel mattino decide di imporre dazi o modificare i tassi di interesse) e sfido qualsiasi esperto pluri-dottore in economia ad essere in grado di entrare nella testa di un capo di stato balengo.
Quindi, se non possiamo eliminare gli stipendi di sismologi ed economisti, possiamo però ignorarli quando vengono intervistati dai giornalisti in tv (o chiedere ai giornalisti che non li intervistino).


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