Nello scegliere se navigare per diporto a vela o a motore ciascuno di noi si sente intimamente già portato verso un tipo di opzione piuttosto che verso l’ altra; siccome però ho conosciuto molti diportisti che, dopo aver fatto il loro acquisto, nel volgere di un paio di stagioni sono “passati dall’ altra parte” (con parità di scambio tra vela e motore) ritengo utile raccontare qualcosa in proposito.
Lo scorso mese ci eravamo lasciati definendo tre condizioni per poter trovare soddisfazione nell’ andare per mare in crociera a vela: queste riguardavano l’ equipaggio, il piano velico, il progetto della barca.
Oggi vediamo solo le prime due, perché non voglio appesantire con troppi Chilobait la pagina di questo mese e la vostra pazienza. (Chilobait non è termine ortodosso, però "mme piace", come dice Proietti).
L’ EQUIPAGGIO
E’ la risorsa umana per eccellenza ed è fondamentale.
(Parafrasando Cochi e Renato): esso non occorre che sia composto da aitanti e spericolati lupi di mare, esso può consistere nella classica famigliola col padre dai capelli ormai spruzzati di grigio, madre un po’ sovrappeso e figli incerti tra voglia di tuffi e risentimento per gli amici lasciati a casa.
Dote essenziale però è che tutti i suoi membri, dal primo all’ ultimo, sappiano fare a meno dell’ orologio e che capiscano
l’ assoluta inutilità di tale aggeggio per tutto il tempo della crociera.
Nessuno deve avere fretta ad arrivare, nessuno deve esigere di prenotare il ristorante, nessuno deve imporre orari e coincidenze con treni, traghetti, aerei o taxi.
Il giorno e la notte non devono condizionare il momento in cui si mollano gli ormeggi o si lega la barca ai pali di un porto, la calura delle prime ore del pomeriggio e il freddo dell’ alba non devono limitare la libertà di navigare.
A bordo il tempo non deve esistere, ciascuno deve mangiare e bere quando gli va, senza pretendere il pasto completo a orario: poco e spesso e in grande autonomia.
Il pasto della sera - se c’è - deve essere ritenuto un optional anche per barche fino agli 80 piedi di lunghezza; oltre si passa alla categoria delle navi da diporto (per le quali si può mettere in conto di avere a disposizione anche il cuoco e la cameriera).
Altro aspetto essenziale è la forma fisica o meglio (dato che al primo giorno di ferie non si arriva quasi mai allenati) è la tenuta agli sforzi, perché andare in barca a vela è e resterà sempre uno sport, checchè se ne dica.
Schiena, braccia, dita e gambe sono infatti sollecitati continuamente, anche se in navigazione ce ne stessimo bellamente seduti; se non ci credete, provate a navigare per sei o sette ore standovene seduti in pozzetto.
Il giorno dopo vi risvegliate con tutti i muscoli indolenziti, come se aveste fatto un’ ora di corsa.
Pensate poi di aggiungere nella stessa giornata un’ issata e un’ ammainata di randa, quattro cazzate di scotta di genoa, una presa di gavitello e una tirata di cime d’ ormeggio per far scendere a terra moglie e figli, e vedrete che lo sport si farà sentire, e come!
E’ inutile imporsi di fare palestra durante la primavera per arrivare pronti alla crociera: nessuno di noi ci riesce; tanto vale allora partire già con la consapevolezza di dover stringere i denti i primi due o tre giorni, ma scoprirsi lietamente dopo una settimana sia con qualche chilo svanito che con dieci anni di meno addosso.
Per quel che riguarda la parte femminile dell’ equipaggio (moglie, figlia, amica, amica della moglie, amante, o amante della moglie o quel che vi pare) ritengo che l’ adattabilità sia la dote essenziale che qualsiasi donna a bordo debba possedere: se la donna dimostra adattabilità riesce a trasformare la crociera in un paradiso terrestre, se la donna non si adatta è capace di trovare qualsiasi pretesto per scatenare un inferno.
Ma ciò che ritengo sia ancora più importante per tutto l’ equipaggio è un atteggiamento di grande disponibilità. Disponibilità a insegnare e a imparare: chi sa di più deve essere disposto a insegnare, chi sa di meno deve essere disposto a imparare.
Questo “mettersi in gioco” ogni giorno in qualsiasi materia o argomento farà sì che l’ equipaggio diventi una “squadra” e che la crociera si trasformi in una piacevolissima esperienza, anche perché non è detto che chi sa di più sia sempre la stessa persona: spesso è proprio lo skipper che deve imparare molto perchè gli argomenti non trattano sempre e solo di navigazione.
IL PIANO VELICO
Una barca dotata di piano velico importante (*) non ci fa stare tranquilli quando andiamo in crociera con la famiglia, però ci permette di viaggiare a 5 nodi anche quando la brezza è debole.
Una barca dotata di piano velico ridotto ci tranquillizza quando c’è vento, però ci costringe all’ uso del motore nelle belle giornate di alta pressione, che sono quelle in cui navighiamo più spesso.
(*) Mi scuso per la digressione: Per stabilire se una barca ha un piano velico importante si può fare così: considerate una barca di media lunghezza (per esempio sui 10 metri) leggete sulla scheda tecnica il dislocamento in tonnellate e aumentatelo di un terzo, leggete poi il valore della superficie velica in metri quadrati (intesa come randa + genoa); se quest' ultima è più grande di almeno 10 volte il dato precedente vi trovate davanti a una barca con piano velico importante. Per esempio: barca di 10 metri che disloca 4 tonnellate e che ha almeno 55 mq di vela.
Più si va verso barche piccole più questo valore si alza (11, 12, 13 volte) - più si va verso barche grandi più questo valore si abbassa (9, 8, 7 volte).
Sembra ovvio allora che occorra avere una barca ben invelata per poter veleggiare con soddisfazione anche col bel tempo, nessuno di noi però si può concedere il lusso in crociera di portare con sè 5 o 6 baldi giovani muscolosi da usare solo per manovrare in caso di vento forte.
Molti anni fa gli inglesi con l’ armo a cutter avevano parzialmente risolto il problema di come aumentare o ridurre con velocità e praticità la superficie velica; oggi poi, con l’ avvento dell’ avvolgifiocco, avere a prora uno stralletto con la trinchetta pronta è una vera cuccagna.
Se la brezza da qualche nodo si trasforma in un vento gagliardo, è sufficiente arrotolare il genoa e srotolare la trinchetta.... La velatura è ridotta, lo scafo resta stabile sulle onde, non occorre accendere il motore, la barca procede veloce, si riesce anche a risalire il vento.
E’ auspicabile che per le barche da crociera i progettisti tornino a prendere in considerazione le rande ridotte (come nei vecchi armi in testa d’ albero) con genoa rollabili a forte sormonto a prua e trinchette pure rollabili, anche su barche di medie e piccole dimensioni.
Una randa piccola può essere lasciata a riva anche con vento (senza bisogno di avvolgiranda che ne mortifica l’ efficienza o mani di terzaroli che fanno sudare a pigliarle) purchè venga affiancata da una piccola trinchetta; e se il vento è scarso un bel genoa grande e leggero garantisce buone prestazioni anche con le bavette e anche al lasco.
Chissà perché la tendenza di oggi (anche per la crociera) è di avere una grande randa e un genoa a scarso sormonto: in crociera non si tirano bordi stretti quindi il genoa piccolo non offre il grande vantaggio che invece dà per le regate, inoltre una grande randa è molto scomoda e faticosa anche solo da issare.
Eppure sono pochissimi gli armatori-skipper a dotare la propria barca di trinchetta rollabile mentre sono sempre di più quelli che chiedono di avere a bordo un diesel più potente...
“Eh si sa”, come diceva quel croato di Pantelleria che aveva sposato quella sarda di Rapallo: “Lo spirito è forte al tavolino del bar, ma la carne è debole una volta al largo!”, così si ricade sempre nel dare fiducia al gasolio invece che al vento.
TORNA A ARTICOLI E CHIACCHIERE