ARTICOLI E CHIACCHIERE COSE TRA NOI
MAGGIO 2009

 Carissimi lettori, prima di proseguire con le nostre chiacchiere mensili sulla nauticautile, desidero aprire questa pagina con una notazione di costume (da intendersi come modo di vivere e non già come indumento).
Lo scorso mese di marzo conclusi l' articolo sul sesso della barca con una nota di amarezza molto personale, considerando la mia follia nel riversare sulla barca quell' amore che, secondo me, le donne nella mia vita mi hanno tributato in misura ragionata e non passionale.
Pensavo di essere il solo uomo a vivere questo sentimento, e non pensavo che le donne che conosco (particolarmente mia moglie) prendessero così sul serio la cosa; praticamente invece ho assistito a una lacerazione tra due schieramenti: uomini solidali da una parte e donne oltraggiate dall' altra.   
Dal punto di vista editoriale non esiste problema: questi articoli sono gratuiti e perdere lettori  (o lettrici) dipende dal gradimento personale e non pregiudica in alcun modo il mio reddito.
Dal punto di vista umano (o di costume che a dir si voglia) non ho scoperto nulla di nuovo: l' emancipazione femminile ha portato il disorientamento maschile: la donna, soddisfatto il meraviglioso e naturale desiderio di essere diventata mamma trova sempre più inutile o fastidiosa la presenza di noi maschi; la donna è più autonoma e intelligente di noi uomini, sia per la gestione della casa e della famiglia che per le necessità economiche.
La funzione maschile di portare a casa i soldi non esiste più o non è più importante.
Resta la funzione femminile, che ha guadagnato tutto ma ha perso la dolcezza.
Noi maschi ci sentiamo (e siamo) sempre più repressi e inutili: ci viene lasciata qualche partecipazione all' educazione dei figli e qualche lavoretto di bricolage solo se molto pesante.
Del resto non possiamo ragionevolmente pretendere che la donna oggi sia ancora in grado di accogliere sulla soglia di casa il guerriero di ritorno dall' agone; oggi è lei che combatte al lavoro, per strada, al mercato, a scuola...è lei impegnata in battaglia, è lei in prima linea.
Semmai siamo noi che dobbiamo dimostrarle dolcezza quando torna, ma è una funzione alla quale non tutti siamo abituati...ci riusciremo ?
Mia moglie si è arrabbiata parecchio.
Mi scuso pubblicamente con lei e con tutte le altre donne che ho ferito.

Ho sbagliato, sono un uomo fuori dalla realtà : la passione amorosa oggi è un sogno di altri tempi, è come uno sloop in fasciame con le vele di cotone di fine '800.
Oggi l' amore è una botta sulla costola presa da una maniglia sul winch di un dislocamento leggero in kevlar con gli interni minimalisti in carbonio. 
E' pur sempre amore, non possiamo lamentarci.

Ma anche noi maschi a volte ci sentiamo feriti, perchè anche noi abbiamo un cuore e una sensibilità: quanto tempo ci vorrà perchè si ritrovi nella vita familiare un nuovo equilibrio tra donne e uomini ?  
E' un problema sociale molto grosso, dal quale derivano tutti i mali e le disfunzioni del mondo in cui stiamo vivendo: siamo una miriade di famiglie con troppi comandanti ma senza una rotta.
La barca più bella è la nostra famiglia: non importa chi tiene il timone.....il timoniere può e deve cambiare..... anche nella vita ci sono i turni......ma la rotta è essenziale.......decidere dove mettere la prua è fondamentale.......per tutto l' equipaggio..... può aiutare la carezza di una vela di cotone.....se a dritta c'è la donna.......se a sinistra c'è l' uomo.......e se la vela cambia di mure ogni tanto....
 

L' argomento che ci accompagnerà ancora per qualche mese sarà la scoperta di parametri oggettivi,
se esistono, per valutare se una barca sia una "buona barca" o no.
Per farlo citeremo alcuni cantieri e parleremo di nostalgia, prossimamente ci occuperemo di alcune norme e alla fine considereremo anche ciò che stabiliscono le leggi di mercato.

E’ già passato più di un anno (aprile 2008) da quando ebbi un incontro con l’ architetto Vismara di Viareggio durante il quale scambiammo un po’ di chiacchiere insieme.
Non so quale opinione si sia fatta l’ architetto di me, certo è che la mia nei suoi confronti è stata positiva.
E’ senza dubbio un uomo che ha avuto il coraggio di fare una scelta giusta: è riuscito a ritagliarsi una fetta di mercato nautico del tutto particolare e, per ora, vincente: costruire barche a vela da crociera (e non solo) adottando materiali innovativi e tecnologie molto spinte in collaborazione con la ricerca universitaria; barche-prototipi molto veloci, molto leggere, molto razionali, vestite a capriccio dell’ armatore e dotate di tutti gli accessori per rendere confortevole la navigazione e la vita di bordo.
Insomma, Vismara ha pensato di costruire tecnologico per togliere chili e guadagnare prestazioni senza rinunciare al comfort.
Inutile dire che ciò significa costruire per ricchi; infatti questa è la clientela del cantiere Vismara.
Potrei paragonare le barche made in Italy di Vismara alle barche made in Finland di Baltic, forse con un po’ meno tradizione nelle linee ma senza dubbio con un po’ più attenzione per il look e le prestazioni.
Se il ritratto di Alessandro Vismara finisse qui, potrebbe essere quello di un capace e fortunato imprenditore qualsiasi, invece l’ uomo si è rivelato in una frase che mi ha rivolto con lo sguardo velato di impotente tristezza
.
In risposta a una mia considerazione sulle strutture di un capannone collassate visibili nelle vicinanze di dove ci trovavamo e alla mia diagnosi che “togliere chili alla fine porta a ridurre sezioni e costi ma anche resistenze”  Vismara amaramente commentò:
“Già è così. Pensi che io faccio barche progettate per attraversare gli oceani, poi gli armatori le varano, ci passano dieci giorni con la famiglia in Sardegna, e poi non ci vanno più”.
E torniamo così al tema iniziato il mese scorso: è proprio necessario avere l’ albero di carbonio per attraversare l’ Adriatico (o per andare in Sardegna) ?
O forse, al di fuori delle competizioni, l’ accessoristica all‘ ultimo grido serve solo per far fare fatturato alle industrie produttrici e quindi serve - si fa per dire - a quegli “armatori” cui la navigazione interessa poco o nulla ? 
Se ciò è avvilente per Vismara (che oltre ad essere un appassionato di barche è anche un imprenditore che ha assolutamente bisogno di fatturato) figuratevi quanto lo è per me che sono come voi un semplice appassionato.
E’ assolutamente vero il fatto che le darsene pullulano di barche sia a vela che a motore che sarebbero in grado di attraversare oceani e che invece passano la loro “vita nautica” sempre legate alla banchina, ma è anche vero che non sempre i moderni progetti e i materiali avveniristici sortiscono un buon “effetto marino”.
Sarò più esplicito.

Durante quella mia visita a Viareggio vidi sul piazzale una barca prodotta dal cantiere, sui 50 piedi di lunghezza, che era andata “a scogli”: il siluro di estremità della chiglia aveva una botta e una fessura paurose ma l’ attacco chiglia-scafo era perfetto.
Le fibre composite e le tecnologie sottovuoto permettono oggi di realizzare gusci veramente a prova di bomba non solo, ma la loro leggerezza (rapportata a materiali più tradizionali come la vetroresina) fa sì che, in caso di urto, la forza di inerzia derivante sia molto inferiore.
Il difetto però sta nella loro rigidità, cioè nella mancanza di deformazione: hanno una resistenza enorme ma, nel momento in cui cedono, si disintegrano (questo aspetto l’ abbiamo già visto nell’ articolo di settembre 2006).
Infatti in altre due barche sul piazzale (compreso quel 50 piedi) notai come le estremità delle pale dei timoni fossero decisamente spezzate.
Questo incidente aveva come causa il collasso del materiale dovuto all' urto sul fondale; il progetto delle pale dei timoni aveva previsto infatti dei profili strettissimi e molto profondi (tipo l’ ala di un gabbiano, per intenderci) e quindi a grande pescaggio.

Immaginate ciò che succede quando la barca viene ormeggiata di poppa, vicino alla banchina: il timone inesorabilmente tocca e un po’ di oscillazioni fanno il resto.
Qualcuno può chiedersi: “ma come mai occorre un timone così profondo ?”
Ecco, questo è uno scotto che si paga se si vuole correre, basta guardare i progetti attuali: la barca vista dall’ alto è diventata un triangolo col baglio massimo all’ altezza dei giardinetti (o addirittura tutto a poppa) e deve navigare il più possibile diritta, infatti i siluri di zavorra sotto la chiglia sono sempre più in basso per creare il momento raddrizzante più elevato possibile; spesso le chiglie sono retrattili (altrimenti il pescaggio non consente l’ attracco nei porti turistici) o sono addirittura basculanti sopravvento.
Il fatto è che quando la barca si inclina (anche poco) le sue forme “a triangolo” la fanno diventare immediatamente orziera.

Digressione culturalmente necessaria per coloro che non hanno mai letto “Lo Yacht” di Carlo Sciarrelli.
Può sembrare curioso il fatto che uno scafo a vela dalle forme diverse tra prua e poppa diventi orziero una volta sbandato; eppure basta guardare le forme degli scafi delle navi a vela per capirlo.
Nei secoli scorsi le prue e le poppe avevano quasi gli stessi volumi, infatti le navi mantenevano la rotta molto bene, avevano poco bisogno di correzioni col timone e la pala di quest’ ultimo (in proporzione alle dimensioni della nave) era molto piccola.
Se uno scafo è stretto a prua e largo a poppa quando sbanda immerge volumi diversi lungo il suo asse longitudinale: per mantenere l’ equilibrio idrostatico deve tuffare di più la prua che la poppa e quindi il suo baricentro di carena si sposta a prua…ma il baricentro della spinta del vento sulle vele resta fermo dov’ è, cioè più a poppa, quindi la barca tende a venire all’ orza, alle volte in modo brutale.

Pertanto queste barche devono avere un timone ad altissima efficienza, stretto e profondo.
A volte, cosa che ho visto nei progetti attuali compresi quelli di Vismara, il pescaggio del timone eguaglia quasi quello della chiglia nella sua posizione più sollevata (ultimamente si passano i 3 metri).
Non è certo una cosa ben fatta dal punto di vista della crociera e di tutte le insidie che gli ormeggi presentano.
Quindi io ritengo che per andare a spasso (leggi crociera o brevi navigazioni pomeridiane ritempratrici dello spirito) si possa benissimo rinunciare a qualche decimo di nodo di velocità  comperando barche che abbiano un profilo del timone un po’ più tradizionale (e naturalmente linee d’ acqua meno esasperate).
“Ma c’è di più” (come disse zio Pino quando, asciugata la sentina sotto al piede dell’ albero, scoprì altri 20 cm di acqua sollevando i paglioli della dinette).
I profili stretti e lunghi dei timoni moderni possono portare a un altro tipo di problema che penso tratterò con voi tra qualche mese.
Prossimamente vi parlerò infatti di un argomento che, come la mafia, c’è sempre stato e sempre ci sarà: vedremo insieme infatti le perdite di energia dei moti vorticosi che tanto condizionano le prestazioni delle nostre amatissime barche a vela.
Timoni, chiglie, vele, sartiame, tutto ciò che si muove in un fluido ha a che fare con i problemi di formazione di vortici e quindi di dissipazioni inutili di energia.
Per trattare questo argomento ho però ho bisogno di tempo perché sto attendendo la collaborazione di un armatore la cui barca denuncia proprio problemi in tal senso: si sa che un ingegnere senza dati a disposizione è perfettamente inutile e i dati non si possono inventare come le formule.

Tornando alla frase precedente sull’ “effetto marino” che non sempre viene garantito dai nuovi materiali e dai nuovi progetti, vi propongo il filmato seguente che vorrei analizzaste ben bene insieme a me. Guardatelo una prima volta.
CHE STRAMBATA

Si tratta di un WOR (imbarcazione da regata oceanica di 60 piedi) che naviga al gran lasco con mure a sinistra sotto randa, spinnaker e fiocco e che è spinto da un buon vento (dal tipo di onde visibili alla fine del filmato stesso stimabile al massimo sui 25 nodi).
La barca è naturalmente un progetto tirato, a dislocamento molto leggero e con baglio massimo molto a poppa, adatto a planare.
E’ il tipico scafo che farebbe rabbrividire Sciarrelli (e soprattutto l’ ammiraglio Turner) per le linee d’ acqua completamente asimmetriche tra prua e poppa e quindi a scarso equilibrio di rotta, come già spiegato più sopra.
Infatti, se osservate con attenzione, l’ equilibrio della barca è assai precario: basta infatti una rollata sopravento di pochi gradi per innescare la strapuggiata.
La barca tuffa il fianco di sinistra (sopravento) in acqua e diventa immediatamente poggiera; il timone diventa inutile e parte la virata incontrollata a dritta; la barca attraversa il letto del vento mostrando la poppa e si ritrova dopo la strambata con mure a dritta, lo spinnaker incaramellato, il tangone strallato sottovento e, soprattutto, la randa che porta e induce ora la straorzata, sempre col fianco di sinistra in acqua.
La cosa che non funziona (oltre alla strapuggiata e alla straorzata susseguente) è che la barca scuffia e non si raddrizza: in altre parole la randa e quel che resta dello spinnaker tengono “incollata” la barca sull’ acqua.
Riguardatelo con calma più volte.

CHE STRAMBATA

E’ chiaro che io un progetto così non lo vorrei nemmeno prendere in considerazione né per andare a spasso con al famiglia, né tantomeno per attraversare un oceano, anche se fosse tutto in carbonio, avesse tredici bagni con idromassaggio e il tavolo di carteggio in oro massiccio !
Ditemi pure che è capace di planare a 25 nodi; la cosa non  mi interessa.
Non lo vorrei nemmeno per fare bella figura con gli amici nella regatina sociale davanti a Caorle.

Vi propongo infatti questa immagine di un "colpo di bora" alla Barcolana tratta dalla “lectio magistralis” che Carlo Sciarrelli tenne poco prima di lasciare questo mondo.
Notate che la barca in questione non ha la randa a riva e ha il fiocco sventato.

Riporto in azzurro il limpido commento di Carlo: ”…dovrei aggiornarmi e andare su queste forme, sennò non avrei più lavoro;  ma ormai sono vecchio, non avrò più lavoro. Oggi vogliono queste barche perché sono pubblicizzate, perché “vanno”. E io non so fare queste barche. Come posso disegnare una forma che so che, se c’è vento, si ribalta così ?”

Io non sono uno “sciarrelliano” convinto (talvolta mi permetto di criticare anche lui), ma non mi piacerebbe certo fare bella figura con gli amici comperando una barca simile e poi, se vien su un colpo di bora, non riuscissi a far rialzare la barca e a governarla.
Questa, mi si consenta, ma a mio modo di vedere non è una barca.
E pur non essendo una barca (nel senso che non ottempera alla sua funzione che è quella di portare sul mare persone e cose per farle giungere a destinazione) ci va ancora bene che non perda i pezzi e non vada a fondo…
Perché il mese prossimo parleremo anche di questo, e ci sarà veramente da piangere.


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