ARTICOLI E CHIACCHIERE COSE TRA NOI
 MAGGIO 2012

QUESTO MESE VORREI PARLARE DELLA BARCOLANA.
 IL PROBLEMA PIU' GROSSO SARA' QUELLO DI SCEGLIERE IN ORDINE 
CRONOLOGICO TRA LE 980 FOTO CHE LUCIANO MICHIELIN HA SCATTATO...
...COMPLICI UN PAIO DI TRAMONTI MOZZAFIATO E UNA BORA SUI 20 NODI, 
RIUSCIRO' A SCARTARNE MOLTE PER FARVENE VEDERE POCHE ?

Dal 12 al 20 di questo maggio si disputeranno le fasi iniziali della America’s Cup a Venezia.
Non capisco perché la stampa in generale dia molto più spazio all’ America’s Cup piuttosto che alla Barcolana: se penso all’ enorme differenza del numero di velisti che è coinvolta in questi due eventi, questo modo di fare dell’ informazione mi risulta proprio incomprensibile.
Senza dubbio i capitali investiti nel primo caso sono superiori e forse sono capaci di smuovere più interessi giornalistici, ma è sufficiente il concetto di denaro per giustificare qualsiasi azione nella vita ?  
Spero proprio che la risposta sia no.

A tal proposito (anche se ciò mi procurerà le antipatie da parte di qualche lettore di professione giornalista) riporto di seguito un magnifico brano di Bertrand Russell.

“L’ isterismo delle masse non è un fenomeno che si manifesti soltanto negli esseri umani, ma può essere osservato in qualsiasi specie gregaria. Un branco di elefanti, alla vista di un aeroplano, fu preso da un folle terrore collettivo. Ogni singolo elefante era terrorizzato e il suo terrore si comunicava agli altri, creando una vasta moltiplicazione del panico.
Tuttavia, dal momento che tra loro non si trovavano giornalisti, il panico si spense quando l’ aereo sparì allontanandosi nel cielo.”

Ma poiché non è qui mia intenzione parlare né di elefanti né tantomeno di giornalisti, mi permetto di esporre liberamente qualche mia idea sulla Barcolana che ogni autunno si corre a due passi da casa nostra, proprio nel baricentro della vecchia Europa (con termine velatamente Asburgico sarebbe più opportuno chiamarla Mitteleuropa) in un luogo ben racchiuso dalla corona degli arbusti del Carso e periodicamente così ben ripulito dai capricci della bora.

“Un liogo dove ‘ncora ogi se palpa la presenza del spirito dàlmato che ga convissudo e convive con quelo austriaco, boemo, sloveno, venezian, croato, montenegrin e grieco.
Un liogo dove i palazi veci ga visto missiarse zènte de mar e zènte de tera, dove che drìo de la nobiltà imperiàl saliva e sendeva quele scale la mularìa  e i comandanti e la bassa forza de le compagnie de navigaziòn, dove che el cristiàn se trovava a mercantegiàr col turco, dove che el finanzièr el se trovava sempre a intrigàrse col contrabandièr, dove che un fanalista de Sànsigo passava la so vita senza mai aver ciapà un treno, dove che i vapori ‘ndava su e zò par Istria e Dalmazia e rapresentava l’ unico modo de viagiàr, dove che le Nautiche de Lussìn sfornàva i mèo comandanti dei bastimenti, dove che la zente viveva cò poco e cò poco la murìva.
Mi, quando passo par Sistiàna, Grignàn, Trieste, Mùgia, e po’ anca più zò par Piràn, Citanova, Parenzo, Pola, Abazìa, Fiume, Arbe, Cherso, Ossero, Lussìn, Unìe, Canìdole, e Silba, e Ulbo, e Pago, e Isto, e Premuda, cò penso a quele zenti umili e fiere nell’ istesso tempo che da gli scòi de le isole e dai moli de piera de i paesi le gà vardà cò suficienza nei secoli el succèdirsi dei governi e de le guere e dei regimi, cò penso a quele zenti che no zè né veneziane, né austriache, né boeme, né slovene, né italiane, né croate ma che le zè propriamente solo dàlmate, me pàr de sentir ne l’ aria la melodia del Danubio Blu de Strauss, nei polmoni el profumo dei pini, ne le recie el frinìr de le cicale.…e i me pìe se mete a bàter el tempo al ritmo de valzer, parchè la Dalmazia 
apartièn solo a ‘sto mar e a ‘sto vento.”

(Un luogo dove ancor oggi si sente la presenza dello spirito dalmato, che ha convissuto e convive con quello austriaco, boemo, sloveno, veneziano, croato, montenegrino e greco.
Un luogo dove i vecchi palazzi hanno visto mescolarsi gente di mare e gente di terra, dove dietro alla nobiltà imperiale salivano e scendevano quelle scale la gioventù e i comandanti e il personale delle compagnie di navigazione, dove il cristiano si trovava a mercanteggiare con il turco, dove il finanziere si trovava sempre a intromettersi col contrabbandiere, dove un fanalista di Sansego  passava la sua vita senza mai aver preso un treno, dove i traghetti a vapore andavano su  e giù per  Istria e Dalmazia e rappresentavano l’ unico modo di viaggiare, dove l’ Istituto Nautico di Lussino sfornava i meglio comandanti dei bastimenti, dove la gente viveva con poco e con poco moriva.
Io quando passo per Sistiana, Grignano, Trieste, Muggia, e poi ancora più giù per Pirano, Cittanova, Parenzo, Pola, Abbazia, Fiume, Arbe, Cherso, Ossero, Lussino, Unie, Canidole, e Selve, e Ulbo, e Pago e Isto, e Premuda, quando penso a quelle genti umili e fiere nello stesso tempo che dagli scogli delle isole e dai moli di pietra dei paesi hanno osservato con sufficienza nei secoli il succedersi dei governi delle guerre e dei regimi, quando penso che quelle genti non sono né veneziane, né austriache, né boeme, né slovene, né italiane, né croate ma che sono propriamente dalmate, mi pare di sentire nell’ aria la melodia del Danubio Blu di Strass, nei polmoni il profumo dei pini, nelle orecchie il frinire delle cicale…e i miei piedi si mettono a battere il tempo al ritmo di valzer, perché la Dalmazia
appartiene solo a questo mare e a questo vento).

Perdonate queste mie debolezze storico-geografico-linguistiche : ogni tanto mi lascio andare !

Ora comincerò più o meno sul serio a parlare della Barcolana e comincerò proprio dal vento di  bora, su cui si dice e si è detto molto e che incute senza dubbio molta soggezione.
La bora ripulisce le coste triestine e istriane spingendo via alghe, bottiglie, sacchetti di plastica e scatole di polistirolo; la bora interra i porti dei litorali sabbiosi padani sui quali agisce come una carta vetrata sulla corteccia di un albero; la bora riversa tutta la sua rabbia sulle spiagge romagnole e marchigiane sulle quali abbandona i rifiuti di cui sopra.
Tuttavia la bora ci fa respirare meglio, toglie l’ umidità dall’ aria, scatena in noi la voglia di fare, fa brillare il sole e ci “sveglia fuori”, perché quando soffia dobbiamo prestare attenzione a non sbattere per terra.
Insomma per noi velisti è l’ incubo di un vento a raffiche, quasi sempre deviato dalle colline, che suona come una corda di chitarra sulla quale scivola l’ indice creando note più acute e più gravi, che appare e scompare in pochi istanti e che in genere se ne va a pranzo e poi torna nel pomeriggio ancor più gagliarda, ma non sempre.

La bora non solleva onda a Trieste e in Istria (qualche cresta di mezzo metro, non di più), ma appena qualche miglio fuori dal golfo in un quarto d’ ora è capace di  tirare su onde di 4 metri ripide e frangenti (e in qualche punto del Canale del Velebit e del Quarnaro è capace di mandare a fondo le barche soffiando come un uragano).
La bora è proprio come una strega malvagia che fa un po’ quel che gli pare e quando gli pare, ma ti dice dove lo fa.


E’ raro quindi che alle 10 di mattina la Barcolana parta senza bora.

Può capitare che qualche volta si approssimi una perturbazione atlantica e allora ci sia calma oppure spiri un po’ di scirocco, ma le correnti da NE sono nettamente le più frequenti.
Questo significa che il più delle volte alla partenza tiri aria dal Carso che fa vibrare le sartie con note a frequenza variabile, soffiando da 10 a 25 nodi (in rari casi anche a più di 40, ma allora non si corre).


Tuttavia sia che ci sia calma piatta sia che ci sia vento, le fasi di pre-partenza della Barcolana sono completamente diverse da quelle di una qualsiasi altra regata e ciò per un motivo molto semplice che prende il nome di “concentrazione”.

Non si tratta naturalmente della concentrazione mentale (che senza dubbio comunque è bene che l’ equipaggio abbia) ma della concentrazione di barche in poco spazio.

Da questo punto di vista la Barcolana è una magnifica contraddizione.
Se infatti prima del giorno dello start vi troverete a che fare con una organizzazione splendida gestita con enorme esperienza dalla Società Velica Barcola Grignano, gli istanti antecedenti la partenza e tutto il resto della vostra navigazione avverrà in un assoluto casino !

Infatti potrete iscrivervi via Internet e quando vi recherete alla sede della SVBG troverete tutto pronto per voi; quando arriverete a Trieste con la vostra barca ci sarà un gommone che vi verrà incontro per guidarvi a un ormeggio disponibile; vi renderete subito conto della festa che coinvolge tutta la città soprattutto il sabato precedente; infine, poco dopo che avrete tagliato la linea di arrivo,  vi giungerà un SMS con la vostra posizione in classifica.

Insomma, considerando che “sistemare” circa 1600 – 1900 barche e relativi equipaggi non è facile, non possiamo che complimentarci con le associazioni e le autorità che gestiscono tutto ciò.

Ma nelle fasi di pre-partenza questa splendida organizzazione giustamente scompare e lascia lo spazio alla “concentrazione” di cui sopra.
Immaginate poco meno di duemila barche lunghe da 30 a 5 metri (quindi con prestazioni e manovrabilità assolutamente non paragonabili) che manovrano il più vicino possibile a una linea immaginaria lunga 1,8  miglia.

Per chi ama fare i conti, ciò significa che se sono presenti 1800 barche, a ciascuna spetta uno spazio di 1/1000 di miglio, cioè 1,85 metri ; si capisce così subito sia che non è possibile partire tutti affiancati, sia che diventa quasi impossibile manovrare a motore spento.
Infatti se c’è quasi calma piatta, a vela non avrete modo di evitare qualsiasi abbordo perché non avrete velocità (o perlomeno ne avranno solo quelle pochissime barche che hanno un rapporto superficie-velica / dislocamento pari a quello di una moto da GP).
Se invece c’è vento comunque le vostre vele saranno coperte dalle altre e la pressione sarà quel che sarà (e la velocità sarà di conseguenza).

Per poter manovrare, quindi, il mantenere il motore in moto è condizione necessaria (ma non sufficiente, come diceva sempre la mia professoressa di matematica).
Occorre infatti saper anche prevedere cosa succederà alla vostra barca dopo che sarete riusciti ad evitare l’ abbordo con la barca X…perché dieci metri dopo dovrete evitare l’ abbordo con la barca Y… e altri dieci metri dopo dovrete prevedere come si muoverà la barca Z onde evitare l’ abbordo anche di quella.
Insomma questa sorta di “adrenalinica frenesia di attenzioni” vi accompagnerà per tutte le fasi di pre-partenza, per tutta la partenza e anche nei vari giri di boa lungo il percorso e mi pare superfluo precisare che, nonostante ciò, i “botti” sotto forma di collisioni non mancano mai.

Durante i lati del percorso, poi, vi renderete conto di un’ altra notevole caratteristica di questa manifestazione velica, e cioè della irrealizzabilità della tattica.

Nelle regate “normali” la tattica è importantissima (ed è anche una delle cose più divertenti) : saper decidere quando virare o capire dove sia meglio mettersi rispetto all’ avversario nell’ avvicinarsi a una boa è una delle cose fondamentali per guadagnare (o perdere) posizioni.
In Barcolana è quasi impossibile (anzi, direi proprio che – eccetto che per le prime venti o tenta barche - è proprio impossibile) : vorreste virare di prua adesso che il vento dà scarso ?
Non potete, perché altri tre timonieri sopravento a voi non se ne sono accorti e non c’è spazio per la vostra barca.

Vorreste abbattere perché siete già sulla lay-line e prendereste così perfettamente la boa ?
Non potete, perché vi mettereste mure a sinistra e avete sottovento a voi  una decina di barche con mure a dritta che non vi farebbero passare.
Avete il diritto di passo perché avete mure a dritta o perché siete sulle stesse mure ma sottovento al vostro avversario di quel momento ?
Non potete, perché è un imbecille che non conosce le regole e anzi pretende di aver ragione lui !

PICCOLA MA MOLTO SINCERA DIGRESSIONE
Il più delle volte vi succederà che quel vostro momentaneo avversario non riconosca le regole fondamentali delle precedenze non perché sia un imbecille, ma semplicemente perché deve ancora smaltire gli effetti dell’ alcool del sabato sera.
Anzi, durante la veleggiata troverete in ogni edizione qualcuno che da bordo di una qualche barca si metterà ad urlare con quanto fiato ha in gola frasi del tipo: “Cretino ma non vedi dove hai messo la prua ?”… oppure : “Ma da dove vieni, non conosci nemmeno l’ ABC della vela !”…o ancora
“Alora, fiol de ‘na vipera, ti ga finido de orzarme soto o no ?”…e immediatamente dopo lo vedrete fissare a lungo l’ orizzonte in perfetto silenzio alla ricerca di un qualcosa che solo lui è in grado di vedere.
Ecco, non dategli retta…non ce l’ ha con voi o con l’ altra barca, semplicemente ha bisogno di riposo per capire da che parte sia finita la prua della barca su cui sta navigando lui.
In questi casi è molto saggio fare come Virgilio suggerì a Dante…”Non ti curar di lor, ma guarda e passa”…la giornata è bella e non va sprecata a litigare con gli effetti di Tokaj e Pelinkovac.

Insomma, per tutte queste ragioni la Barcolana è una bellissima manifestazione velica ma non è una regata per comuni mortali.
Lo è solo per le prime venti o trenta barche, che riescono a sfidarsi tra loro, e non lo è nemmeno per il vostro vicino di posto barca col quale magari avete scommesso il giorno prima su chi arrivava prima; infatti – tolta la serata del sabato – una volta lasciato l’ ormeggio ci sarà talmente tanta confusione che non lo rivedrete più per tutta la durata della navigazione.

C’ è poi una ulteriore diversità tra i partecipanti alla Barcolana che trovo appropriato sottolineare : ci sono “quelli che tengono la barca ormeggiata in un porto del golfo di Trieste” e “quelli che tengono la barca ormeggiata chissà dove”.
I primi, che generalmente hanno il posto barca in un porto da Monfalcone a Muggia, arrivano con le loro barche poco prima della partenza, gli altri invece devono fare il “trasferimento” che talvolta comporta anche un bel po’ di strada e la necessità di prendersi ferie.

E’ forse questa la parte più impegnativa della manifestazione, perché coinvolge spostamenti di auto, viaggi in treno, collaborazione di mogli o di fidanzate, notti insonni e, naturalmente, delle condizioni meteo non sempre favorevoli.
Spesso il trasferimento diventa una mini-crociera autunnale che, sviluppandosi in alto Adriatico, non è sempre piacevole, vuoi per il freddo, vuoi per gli orari, vuoi per la nebbia.

Ecco, nonostante ciò la Barcolana è una “gran bella creatura” e il fatto che per circa 1700 barche (tolte le 20 o 30 di cui sopra) non si tratti di una vera e propria regata non implica alcun demerito.
Secondo me la Barcolana va considerata come un avvenimento velico “non normale” e come tale va affrontata e vissuta….
Anche noi per parteciparvi dobbiamo essere un po’ “non normali”, verificando bene strutturalmente la barca, dotandola di molti parabordi, essendo pronti a navigare di notte e con la nebbia se veniamo da chissà dove, portando con noi un bel po’ di vestiario pesante e, volendo, anche precedendola con del Tokaj e del Pelinkovac.
In questo ultimo caso però cerchiamo di non coinvolgere la totalità del nostro equipaggio !

“Insoma mùli, zerchè de ciapàrla come che la vièn !” (insomma ragazzi, cercate di prenderla così come viene!)

Dato che oggi sono in vena di citazioni, concludo queste mie ruspanti impressioni sulla Barcolana non già con un pensiero di zio Pino ma con le parole del nostro-omo Scarpacič il quale, dopo aver partecipato a svariate edizioni, aveva giurato che :

“Cascassi da la zima del faro de Ponte Bianche mia nona defonta se farò ancora la Barcolana !   Parchè ?
….P
arché ve zè un casin portar la barca a Trieste, parché ve zè un casin riportarla a casa, parché in otobre in mar fa fredo particolarmente de note, parchè zà la sera pol vignìr suzo nebia e navigàr co la nebia ve zè bruto assai, parché ligadi al molo rènte piaza Unità no se dorme, parchè in partenza ve zè un bel casin, parchè ti navighi in mezo ai imbriaghi, parchè ogni volta te ris ci de zmacarte la barca…e po’ parchè se ti va ben ti rivi milesimo !   
Insomma, non volevo più farla.
…Ma la go fata !
…Me lo ga domandado i amìssi e alora go dito de sì.
Parchè quando che te lo domanda i amìssi, come ti pol dir de no ?”

(Cascasse giù dalla cima del faro di Veli Rat mia nonna defunta se farò ancora la Barcolana !
Perché ?
…Perché è un casino portare la barca a Trieste, perchè è un casino riportarla a casa, perché in ottobre in mare fa freddo soprattutto di notte, perché già la sera può calare la nebbia e navigare con la nebbia è molto brutto, perché ormeggiati al molo vicino a piazza Unità d’ Italia non si riesce a dormire, perché in partenza c’è un sacco di confusione, perché navighi tra gli ubriachi, perché ogni volta rischi di ammaccarti la barca…e poi perché se ti va bene arrivi millesimo ! Insomma, non volevo più farla.…
…Ma l’ ho fatta !
…Me l’ hanno chiesto gli amici e allora ho detto di sì.
Perché, quando te lo chiedono gli amici, come puoi dir di no ?)

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