Quando
mi sposto per strada in bicicletta, sia per lavoro che per diletto, devo sempre
stare attento a non essere travolto dagli autoarticolati che mi superano a
pochi centimetri di distanza. Particolarmente pericolose, qui dalle mie parti,
sono le autocorriere delle linee dei trasporti pubblici con le carrozzerie al
limite dei 2 metri e 45 di larghezza che corrono sulle stesse carreggiate di 100 anni fa,
lanciatissime perché sempre in ritardo.
Se
anzi non leggerete più nulla di nuovo su questo sito, verosimilmente sarà
perché qualche colosso della strada mi avrà travolto.
La stessa cosa mi succede quando in autostrada con l’ auto supero una coda infinita di
autotreni in marcia a 100 Km/h con i teloni giganteschi sui quali spiccano le
scritte “Trasporti & Logistica” nelle più svariate lingue del mondo: mi
sento molto gracile e altrettanto indifeso.
Penso
però che molti tra noi non conoscano come avvenivano i trasporti nel Triveneto
quando il motore diesel non era ancora stato inventato e, poiché tale argomento
ha a che fare con la nautica, credo valga la pena di parlarne in questo sito.
PRIMA META' DELL' '800 - SIAMO NEI PRESSI DEL PORTO CITTADINO DI TREVISO, VICINO ALLA ODIERNA SEDE DELL' UNIVERSITA'
Allo
scopo occorre risalire circa alla metà del 1300, periodo in cui
Venezia - passata
la minaccia delle invasioni dei barbari e quindi con la
possibilità di espandersi - iniziò a
fare da vero e proprio Terminal Logistico di tutto il Triveneto (dove i
termini Terminal e Triveneto sono improprie espressioni commerciali e
geografiche valide oggi ma non certo
allora).
Era
l’ epoca in cui Venezia aveva un enorme bisogno di mattoni per crescere, di
legno per il suo arsenale e di derrate alimentari per campare, dato che la sua
posizione costituiva allora l’ unica importante possibilità di affaccio al
mare ma non certo quella di produttrice di risorse (pesca a parte).
Il
problema era infatti che Venezia di per sé non poteva produrre nulla; poteva solo
consumare e commerciare, quindi i laterizi, il legname e le derrate alimentari non
le potevano arrivare che dall’ entroterra, cioè dalle campagne e dalle
montagne.
Ecco
allora che per ben 600 anni, cioè circa dal 1350 al 1950, la rete litoranea dei
canali e delle lagune (che praticamente era parallela alla costa) e quella dei
fiumi Po, Adige, Brenta-Bacchiglione, Sile, Piave, Livenza-Meduna, Lemene, Tagliamento,
Stella, Corno-Aussa (che praticamente era perpendicolare alla costa),
costituirono di fatto una vera e propria rete autostradale.
Altino,
Iulia Concordia e Aquileia in tempi più remoti e poi Mantova, Padova, Treviso,
Pordenone, Latisana in tempi più recenti erano le località dell’ entroterra
raggiunte con la navigazione interna.
Ovviamente
i camion altro non erano che degli ampi barconi chiamati “Burci”.
Il
burcio era una imbarcazione a fondo piatto, lunga anche 25 m e larga quasi 6, dotata
di un grande timone, di uno o due alberi e con una capacità di carico di poco
più di 70 tonn.
Al
centro era sistemata la stiva, a prua e a poppa si trovavano rispettivamente
gli alloggi per l’ equipaggio e per il “comandante” con la sua famiglia.
UN BURCIO
L’
equipaggio era costituito dal mozzo e dal marinaio.
Ovviamente
il “comandante”, sempreché il burcio fosse di sua proprietà, abitava in esso
nel vero senso della parola, cioè il burcio costituiva a tutti gli effetti la
sua casa.
Nonostante
tale semplicità i burci disponevano però di ben tre possibilità per navigare:
-
spinti dal vento, con uno o due alberi e rande auriche;
-
tirati da buoi o cavalli;
-
tirati da uomini.
Nel
primo caso tutto era relativamente più semplice: l’ avverbio sulla relatività è
doveroso perché non potevano risalire il vento né navigare al traverso data la
ristrettezza degli specchi d’ acqua e il fondo piatto, né la navigazione a vela
poteva protrarsi a lungo date le continue variazioni di rotta che le anse dei
fiumi costringono a fare; pertanto tale tipo di navigazione si limitava nei
fiumi solo ad alcuni tratti col vento in poppa.
Nel
secondo caso non era facile: occorreva noleggiare l’ attiraglio (cioè le
pariglie di buoi o di cavalli) e programmarne il nolo lungo i tratti di alzaia
(il viottolo in terra battuta che fiancheggiava il corso d’ acqua), con le
dovute soste e relativi cambi di pariglie.
Inoltre
il tiro avveniva solo da una sponda e da bordo del burcio si doveva mantenere
discosta la prua dalla riva con remi o pertiche.
Nel
terzo caso non faccio commenti…penso non soltanto alla fatica enorme, ma anche
ai disagi della lotta contro le zanzare d’ estate e il gelo d’ inverno.
UN FAMOSO DIPINTO DI TELEMACO SIGNORINI CON GLI UOMINI IMPEGNATI SULL' ALZAIA
Eppure
tutto questo è avvenuto per circa sei secoli, lungo svariati chilometri di
canali fiumi e lagune, spostando migliaia di tonnellate di merci alla velocità
di circa 1 Km/h.
Nel
trevigiano, dove il fiume Sile rappresentava l’ unica via di comunicazione per
i trasporti, le alzaie venivano chiamate restere e l’ ultimo settore, prima
dello scalo cittadino, era la V° restera.
Grosso
modo si sviluppava dallo scalo di Casier a quello del Ponte della Gobba per un
tratto di 9 Km con notevoli anse e forte corrente; lungo di esso esistevano ben
altri tre scali: Melma (oggi Silea), San Antonino, e Porto di Fiera; il tratto veniva
coperto in un tempo di 10 ore.
Dieci
ore per percorrere nove chilometri!
LO SCALO DI SAN ANTONINO, NELLA PERIFERIA SUD EST DI TREVISO, IN UNA MATTINATA DI BORA
Ma
Treviso era assai importante per la sussistenza di Venezia, ne costituiva
praticamente il granaio e al tempo stesso la base delle materie prime per l’
edilizia.
Estesi
campi, irrigazione e forza motrice per i mulini assicuravano granaglie farine,
verdura e frutta, mentre le cave di ghiaia, argilla e le fornaci assicuravano
materiali da costruzione.
Il
legname proveniva invece dal Cadore con la fluitazione lungo il fiume Piave.
Ancor
oggi nell’ abitato di Perarolo, grosso modo tra Calalzo di Cadore e Longarone,
esiste l’ osteria degli “zattieri” che erano gli specialisti nel “governare” la
discesa dei tronchi di albero lungo il corso del Piave.
Naturalmente
di osterie, cioè di posti di ristoro che oggi prenderebbero il nome di
autogrill, ce n’ erano molti sia lungo il corso dei fiumi che negli scali; la
cosa particolare era che in tali luoghi non solo ci si ristorava, ma si
scambiavano le notizie e si concordavano con le famiglie del posto - che
avevano le bestie nelle stalle - i noli degli attiragli.
Insomma,
aggiornamento, attualità, politica, pettegolezzi, mercato e logistica a tutti
gli effetti !
Se
qualcuno tra voi volesse approfondire l’ argomento troverà molto nel libro
“Sile: alla scoperta del fiume”” di Camillo Pavan – stampato da Cooperativa
Servizi Culturali di Santa Lucia di Piave TV e nel libro “Anno Domini 1114
Sant’ Antonino d’ Aspà” di Cavallaro-Gatto-Masetto-Pitarra- Scarpa – stampato
da Grafiche Dipro di Roncade TV.
Ma
il bello è che la navigazione lagunare e fluviale si può fare anche oggi.
DAL PO A GRADO, UNA
PANORAMICA SULLA RETE ANCORA NAVIGABILE AI GIORNI NOSTRI
Ai
nostri giorni si tratta ovviamente di una navigazione a motore, con velocità e
pescaggio limitato, senza problemi di moto ondoso e ricca di posti da vedere e
da visitare.
Insomma
una navigazione per chi ama il relax, la storia e soprattutto la buona tavola
(veneta).
Essa
(la navigazione, non la buona tavola) può essere svolta con una imbarcazione
propria (in questo caso un natante dislocante a motore come una pilotina va
benissimo), oppure rivolgendosi a delle ditte che operano in tale settore.
Ne
cito un paio:
I
fratelli Stefanato di Casale sul Sile hanno due motonavi a bordo delle quali possono
accogliere gruppi di persone o comitive per crociere giornaliere lungo il fiume
Sile e sulla laguna di Venezia.
Ulteriori
informazioni le troverete nel sito www.navigazionestefanato.it
La
ditta Leboat con sede a Casier noleggia house-boat per famiglie destinate a
percorsi più lunghi lungo il fiume Sile e la Litoranea Veneta.
Ulteriori
informazioni le troverete nel sito www.leboat.it
Una
combinazione particolarmente efficace è di munirvi di mountain-bike e
percorrere tutta l’ alzaia del Sile, dal centro di Treviso fino a Jesolo, cioè
al mare, affidandovi per le soste ad una house-boat che avrete noleggiato.
Pigra
navigazione fluviale, incontri giornalieri con aironi, garzette, gabbiani,
cigni, germani, cormorani, tuffetti, corroboranti pedalate sugli sterrati delle
alzaie, soste presso ottime osterie e trattorie dove pesce alla griglia
cacciagione e verdure di ogni specie vi faranno apprezzare gli ottimi vini di
questa terra.
Tra le tante vi segnalo in particolare la Trattoria "Al Sile" sulla
piazza del centro storico di Casier (tel 0422 340011),
proprio adiacente all' antico
porto fluviale e a poche centinia di metri a valle dell cosidetto
"Cimitero dei Burci"; nella trattoria il cuoco Andrea Sartorato
saprà accogliervi e proporvi stagione per stagione quanto di
meglio questo lembo di Veneto possa offrire...
UNA VISIONE INVERNALE DEL CIMITERO DEI BURCI, TRA CASIER E SILEA
Intorno al 1975 alcuni armatori di burci, esasperati dalla mancanza di lavoro e dalla svalutazione dei loro mezzi di trasporto,
decisero di abbandonarli lungo questo tratto del fiumeSile. Oggi una passerella in legno permette di passarvi in mezzo
e di spiare e fotografare le numerosissime famiglie di uccelli acquatici presenti.
Mmmm, è l' unica espressione che mi viene in mente !
(Per gentile concessione della trattoria Al Sile)
Mannaggia,
sembra la pubblicità dell’ Assessorato al Turismo della Regione Veneto ! ....Non
fraintendetemi, non provo alcun particolare orgoglio ad essere nato in questa
terra.
Di
essa amo moltissimo solo poche cose: la musica di Vivaldi (che con gli
struenti di cui disponeva ha fatto miracoli di melodie e ritmi), le
ville del Palladio (che considero l' unico grande esempio di sculture
architettoniche dalle proporzioni meravigliose),
le verdure cotte (doni che l' orto offre ai nostri intestini a volte
intasati), il vino Raboso (un misto di dolce amaro che pare fatto
apposta per accoppiarsi col formaggio), il fiume Piave (la cui presenza
scintillante tra le ghiaie mi fa commuovere al pensiero di tanti
giovani caduti) e le Dolomiti (perle di rara bellezza incastonate tra i
boschi).
Per
il resto, se fossi nato in Calabria o in qualsiasi altro posto mi sarebbe
andato bene lo stesso.
So che con questa posizione mi tirerò dietro un sacco di
critiche, ma ritengo di dire bene così.
Non
ho mai considerato molto intelligenti coloro che si avvinghiano alle loro
origini e ne fanno una questione di vita o di morte…ci sono talmente tante
belle cose da vedere e tante belle persone da conoscere fuori dal proprio
orticello, che non vale proprio la pena di starsene barricati a difendere la
propria recinzione…sia tra Cristiani che tra Musulmani...
Infatti
il navigare aiuta a capire questo, e come se aiuta !
Evviva la libertà di pensiero, sempre accompagnata dal rispetto
per gli altri...non esiste cibo migliore per condire la propria vita !