ARTICOLI E CHIACCHIERE COSE TRA NOI
  MARZO 2008

Questa è una curiosa inquadratura che mette bene in evidenza il "canale" tra randa e genoa: quella prodigiosa geomeria velica che, sfruttando l' effetto Venturi, aumenta enormemente l' efficienza della randa.

E' un po' la stessa cosa che succede in natura proprio qui lungo la Pianura Padana e Padano-Veneta, laddove le valli glaciali alpine sboccano verso la pianura:  dal Ticino al Tagliamento un flusso di aria scende dalle Alpi verso la pianura incanalandosi e accelerando lungo le valli e poi, a orari prestabiliti e secondo la differenza della pressione atmosferica tra le pianure della Germania e il bacino dell' Adriatico, risale verso i monti.

Qualcuno tra voi si chiederà perchè scrivo queste cose, invece di parlare di alberi e di vele.
Se il mio atteggiamento vi pare poco chiaro, allora date un' occhiata alla foto che segue:

Questo è il campo eolico di Horn's Rev in Danimarca, capace di fornire con 80 torri alte 110 m la bellezza di 160 Mega Watt di potenza elettrica con i quali si può coprire il fabbisogno di circa 50 mila abitazioni 
(una città di oltre 150 mila abitanti, insomma). 
E' stato realizzato in mezzo al mare, dove il vento non manca e dove non dà fastidio a nessuno.

Noi di mare ne abbiamo tanto (anche il vento non manca), inoltre abbiamo anche delle lunghissime vallate alpine ricchissime di movimento d' aria che sono ormai già ambientalmente deturpate da viadotti autostradali e ferroviari, da centrali idroelettriche e da svariati tralicci di elettrodotti. 

Purtroppo però noi Italiani siamo sempre impegnati a polemizzare su problemi molto più seri :
chi presenterà il festival di San Remo (e chi sarà la valletta) ?
 
Chi si alleerà con l' ex ministro Mastella (che - potete giurarci - sarà rieletto dai pari suoi) ? 
Quale società calcistica comprerà Vieri (con o senza l' intromissione di Moggi) ?

 

160 MegaWatt     prodotti dal vento      intanto noi parliamo

 

Già. 
E' meglio che io torni a parlare dell' andatura di bolina (come promesso da qualche mese) anche perchè credo sia ciò che vi aspettiate da me e soprattutto perchè il centrodestrasinistraitaliano ha ormai ampiamente dimostrato che non ha alcuna intenzione di partorire politiche energetiche, ma solo quella di portare gradualmente alla fame gli imprenditori e gli operai onesti di questo bel Paese.

 

LA BOLINA - 1° puntata
OVVERO:  DOVE SI VA QUANDO SI NAVIGA DI BOLINA ?

 
Chiedo scusa, ma ogni tanto mi ricordo di essere anche un ingegnere e quindi mi piace scrivere qualcosa di tecnico.
Francamente non ho ancora ben capito se la cosa faccia piacere o meno (o meglio non sono in grado di valutare a quanti lettori la cosa interessi e a quanti risulti noiosa), pertanto cerco sempre di trarre delle conclusioni finali molto pratiche e che possano essere utili a tutti; anche oggi e nei prossimi appuntamenti cercherò di fare così.

Non è assolutamente mia intenzione far capire in questa sede come funzioni l’ andatura di bolina di una barca a vela, anche se essa stupisce i profani ed è ben nota ai velisti, in quanto questo è un classico argomento da “scuola vela”.
La semplice scomposizione della portanza sulle vele nelle sue due componenti perpendicolare e parallela alla direzione del moto della barca, fa capire bene come la cosa possa funzionare e anche giustifica il fatto che tanto più si cerchi di “stringere il vento”, tanto più aumenta la componente perpendicolare (che fa sbandare di più la barca) e diminuisce quella parallela (che fa camminare di meno la barca).

Mini-digressione (tanto per non perdere l' abitudine).  
La portanza è la forza che risulta  dallo scorrimento laminare di un fluido lungo un profilo asimmetrico, come per esempio l' ala di un aereo o di un uccello (ad asse orizzontale) oppure una vela o la deriva di uno scafo (ad asse verticale). E' una forza meravigliosa che dipende principalmente dalla differenza di velocità tra il fluido e il profilo.
Se vi pare che io abbia usato un linguaggio troppo pesante, pensate alla differente geometria che c'è tra le ali di un gabbiano e di un piccione e al loro diverso modo di volare e capirete tutto...o quasi!

Quello invece su cui vorrei soffermarmi abbastanza tecnicamente è la determinazione della rotta di bolina, cioè la conoscenza di dove in effetti punti la prua della nostra barca.
Sembra una cosa ovvia?
Non tanto.
La soluzione empirica è quella di mettersi a bordo di una barca, portarla di bolina stretta e misurare l’ angolo che la bussola segnala rispetto alla direzione del vento reale prima su un bordo e poi sull’ altro.
E’ insomma la ricerca dell’ angolo che l’ asse della barca forma con la direzione del vento vero
(quella cioè dalla quale proviene il vento quando la barca è ferma)…ma la barca si muove, cioè è dotata essa stessa di una certa velocità di avanzamento e quindi sulle sue vele agisce non già il vento reale ma quello apparente (che è la somma vettoriale dei due).
Insomma, se una barca standosene ferma fosse in grado di cazzare le vele fino a formare un angolo di 28° con la direzione del vento vero, con quale angolo dovrebbe navigare per poter tenere gonfie le vele nel momento in cui essa avanzasse ad una certa velocità ?
A parte il fatto che la cosa non è così immediata come sembra, siamo sicuri che quell’ angolo sia univocamente determinato per una barca (e che quindi resti sempre lo stesso) o invece esso può dipendere dalla velocità del vento e anche da quella della barca (oltre che alle sue caratteristiche più o meno “boliniere”) ?
E come possiamo conoscere queste caratteristiche per una barca e poi confrontare tra loro barche diverse per poter fare la nostra scelta?
Bisognerebbe fare una cosa che è impossibile, cioè provare le barche tutte insieme, contemporaneamente e nelle stesse condizioni di mare e di vento; se così non operiamo rischiamo (assai verosimilmente) di trovare condizioni meteo diverse uscendo con barche diverse in diversi momenti della giornata e quindi di non poter fare alcun tipo di confronto tra le varie prestazioni.
Ecco, tanto per cominciare il primo grosso limite delle “prove comparative” che vengono riportate nelle riviste del settore.
Per rispondere a tutte queste domande dobbiamo procedere per ordine.

Voglio innanzitutto sottolineare il fatto che tutte le riviste, quando pubblicano la prova di una barca, evidenziano il dato dell’ angolo del vento apparente, che è lo stesso che noi da bordo della barca vediamo segnalato dal mostravento in testa d’ albero (il Windex) e che sentiamo sulla nostra pelle.
Nessuna però riporta l’ angolo della prua rispetto al vento vero (che è quello della rotta che la barca sta facendo), né nessuna riporta come varia questo angolo al variare della velocità del vento, di quella della barca e di quanto si cazzano le scotte.
La risposta è invece importantissima per chi regata e di una certa importanza anche per chi va a spasso a vela, ma soprattutto è una risposta essenziale per poter confrontare le prestazioni di uno scafo rispetto all’ altro.
Vediamo di capirci con una prima figura:

Qui è rappresentata una barca vista dall' alto: in giallo è evidenziato l' angolo minimo con cui la scotta riesce a orientare la vela di prua, che dipende dalla posizione dei passascotte, della distanza tra strallo e passascotte, dal taglio della vela di prua (poniamo che per questa barca sia di 28°).
Il vettore rosso rappresenta la velocità della barca (qui è di 6 nodi) ed è orientato da prua a poppa perchè è il vento che viene generato dal movimento della barca stessa.
Il vettore blu rappresenta la velocità del vento reale in quelle condizioni (qui è di 10 nodi).
Ne risulta che l' angolo reale di rotta rispetto al vento è di 45°: questo è l' angolo di bolina della barca, mentre 28° è l' angolo del vento apparente.

Quando al bar della darsena sentite i vari skipper discorrere sulle prestazioni dei loro scafi e li sentite pontificare su angoli di bolina di 30°, non dovete restare delusi delle prestazioni della vostra barca.
Quei signori parlano sempre di un angolo apparente, ma non sanno (o fingono di non sapere) che in realtà navigavano con un angolo vero di 45° o più.

Facciamo ora un ulteriore passo in avanti: se in quelle stesse condizioni meteo la nostra barca corresse di più, per esempio se viaggiasse a 10 nodi invece che a 6, riusciremmo a navigare con lo stesso angolo di bolina ?
(Questo potrebbe succedere se si trattasse di una barca da regata, o di un catamarano oppure semplicemente potrebbe avvenire se accendessimo anche il motore).

Ebbene no, non ci riusciremmo, perchè la vela di prua si metterebbe a fileggiare e non potremmo cazzarla più di così; dovremmo quindi poggiare un poco fino a ristabilire sulle vele un vento apparente di 28°.
Ma questo, come si vede in figura, significa fare rotta con un angolo di 55° rispetto alla direzione del vento reale: insomma si correrebbe di più, ma si stringerebbe di meno.

Se rivediamo le due immagini vicine, la cosa balza agli occhi con evidenza. 

Una barca che corre più forte stringe molto di meno, così come il minimo angolo di bolina lo si riesce ad avere quando la barca è ferma.
Ovviamente tutti cerchiamo in navigazione di raggiungere il compromesso, cioè di far navigare la barca con una ottimizzazione tra l' angolo e la velocità al fine di arrivare prima possibile.

Ciò significa ridurre il cammino percorso bordeggiando e nel contempo mantenendo una buona velocità.
Cioè facendo di tutto per impiegare il minor tempo possibile, ma come fare?
"Mmmh", direbbe zio Pino, " troppe variabili in gioco; forse vale la pena di fare un passettino per volta, anche perchè ogni barca è diversa dall' altra".
Già, ricadiamo insomma ancora una volta nel chiederci come confrontare le prestazioni di scafi diversi tra loro.

Messa così la faccenda, sembrerebbe trattarsi di un problema molto complesso (in effetti forse lo è, perché non ho mai visto un articolo dedicato alla sua risoluzione), ma io ci ho provato e credo di esserci riuscito.
La relazione che lega queste grandezze (velocità del vento reale, velocità del vento apparente, velocità della barca, angolo del vento reale e angolo del vento apparente) è un algoritmo (significa una serie di formule matematiche e trigonometriche) che si basa sulla risoluzione di un problema grafico-algebrico di composizione di vettori non particolarmente difficile; la complessità sta invece nel fatto che la velocità della barca dipende anche dall’ aerodinamicità delle strutture dell’ opera morta e dall’ idrodinamicità dell’ opera viva, in altre parole dalle “qualità boliniere intrinseche della barca”.
Anche qui però si può fare qualcosa di buono per trovare la soluzione al problema (si chiama modello matematico, roba che mi hanno fatto fare all’ università un bel po’ di anni fa per tutt’ altri argomenti, ma che io ho pensato bene di adattare al nostro caso velistico).
Il prossimo mese vi spiegherò che cosa ho pensato di fare e alla fine trarremo insieme le conclusioni che saranno - ahimè - ancora una volta impietose contro la stampa specializzata e le pubblicità dei cantieri e contribuiranno a ridimensionare per benino le prestazioni tanto decantate delle super-barche.

 Vi saluto con un' altra bella immagine del mio sogno energetico danese.




Intanto mi è appena arrivata la bolletta dell' Enel e Pippo Baudo mi ha detto:
"Ma che strani sogni fai, benedetto ragazzo...c' è di meglio in Danimarca da sognare, molto di meglio !"
E allora ho pensato che  ogni giorno stammo in miezzo à monnezza ma...

 "Chiste ò paese ddo tutt' e pparole so ddoce,
 so ammare,
 so sempe pparole d' ammore..."



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