ARTICOLI E CHIACCHIERE COSE TRA NOI
 MARZO 2010

Mi ha scritto Alessandro dalla provincia di Como - così si è firmato - chiedendomi di raccontare 
ciò che penso a proposito dei catamarani da crociera e degli alberi alari.
Ottimi argomenti, ai quali dedicherò senz' altro un paio di articoli nei prossimi mesi; in particolare 
quello degli alberi alari è un tema che mi permette di dire qualcosa anche a proposito dei vortici 
(fenomeno fluidodinamico che mi entusiasma molto).
Per questo mese ho pensato, tra un articolo tecnico e l’ altro, di proporre un argomento 
che forse interesserà a pochi 
ma che comunque mi ha sempre molto colpito 
durante questi anni di nautico peregrinare.

E’ un argomento che, secondo me, non dovrebbe assolutamente riguardare la nautica da 
diporto e che invece paradossalmente la riguarda, forse proprio perché consiste nell’ andar 
per mare 
deliberatamente  “for pleasure”.
Il paradosso è che questo concetto di “navigazione di piacere” in certe situazioni si trasforma 
in un grosso imbarazzo o addirittura in una sofferenza bella e buona.
Non mi riferisco al mal di mare, ma alla mania (o alla presunta necessità) di portare con sé....

IL CANE IN BARCA

So che qualcuno tra i lettori considera il cane il migliore amico dell’ uomo e probabilmente trascorre la sua vita insieme a un amico a quattro zampe, tuttavia il portarlo con se’ in ferie in barca costituisce una scelta difficile e discutibile.
Può capitare di essere tristi durante una crociera ?
La crociera è sinonimo di vacanza, la prima infatti è una conseguenza della seconda e, a meno che la vostra professione non sia quella dello skipper e pertanto non vi troviate al vostro posto di lavoro, il clima di festa dovrebbe coinvolge tutti a bordo; tale clima di esuberante spensieratezza è però sparito ogni qualvolta io mi sia trovato ad aver a che fare con barche che ospitavano cani.
Trovo opportuno raccontare quattro brevi episodi di cui sono stato testimone e che ricordo tutt’ ora molto bene.

IL RESPIRO

Ormeggio con la mia famiglia alla banchina di un marina croato accanto a una barca italiana sui 34 piedi in un pomeriggio estivo molto afoso: è uno di quei pomeriggi che prelude all’ arrivo di un temporale annunciato il quale, infatti, puntualmente giungerà in tarda notte.
A bordo della barca italiana sono in due, marito e moglie entrambi di mezza età in compagnia di una coppia di bull-dog molto grassi anzi, senza alcun eufemismo, decisamente obesi.
I due umani parlano molto poco tra loro e se lo fanno quasi bisbigliano, forse annoiati dalla giornata dall’ aria così pesante o forse perché non hanno più nulla da dirsi.
Accanto a loro, a bordo della mia barca, i miei due figli (quello naturale bianco e quello adottivo nero) finiscono di sistemare i parabordi, quindi si mettono a giocare e a chiacchierare.
Dei due cani il maschio ha una zampa ingessata e respira con indicibile affanno.
La signora continuamente rinfresca le schiene dei due animali con pezze di stoffa imbevute in acqua fresca.
Il pomeriggio è canicolare col cielo velato da una cappa di foschia: durante le ore più calde il respiro del cane maschio somiglia al ritmico lavoro di una pompa di un materassino da spiaggia (tant’ è che per tale lo avevo scambiato all’ arrivo, prima di averlo visto).
La coppia umana è molto annoiata e mantiene un atteggiamento molto diverso nei nostri confronti: lei sembra ignorarci (o comunque ignora i miei figli), lui invece è molto attento (o è molto attento ai miei figli) spiando compiaciuto le loro attività giovanili….Dà quasi l’ impressione di voler partecipare ai loro giochi.
Deduciamo che lei non ha voluto figli o li ha persi o non li ha potuti avere e che lui li avrebbe voluti o li vorrebbe.
Deduciamo che i due bull-dog molto grassi rappresentano i figli di lei.
Forse però non rappresentano i figli di lui.
Il respiro del cane maschio fa pietà: sembra di essere nella sala di rianimazione e terapia intensiva di un ospedale.
Finalmente cala il sole e con esso la temperatura dell’ aria: la signora finisce di rinfrescare le schiene dei cani e li prepara per la passeggiata di rito.
Gli sforzi per far scendere dalla passerella il cane maschio con la zampa ingessata sono commoventi e fanno sorgere spontanea la domanda “perché tutto ciò ?”
Consola il fatto che il respiro della bestia si è fatto meno pressante; così si allontanano tutti e quattro lungo il pontile, molto, molto adagio.
Il bull-dog riprende subito ad ansimare per la fatica, dopo aver fatto qualche passetto dondolando vistosamente le spalle.
I due cani non possono scodinzolare, perché praticamente non hanno la coda ma l’ uomo, ultimo della fila, con le braccia dietro alla schiena fa scodinzolare lentamente le pagine avvolte di un quotidiano.


Come corta coda di carta
che dolce agita un bagliore diffuso
di afa crepuscolare
nel meriggio assorto di Eugenio Montale.

LA VOCE DEL PADRONE

Jack è un bel bastardino bianco e rosso di taglia piccola a pelo corto, sempre scodinzolante e molto educato; potrebbe sembrare un bel bracchetto e si trova a passar le ferie con i suoi “padroni” a bordo di un Bavaria 32 perennemente ormeggiato in banchina un posto più in là della nostra barca.
Il Bavaria 32 non è particolarmente grande, anche perché il resto dell’ equipaggio è rappresentato da papà, mamma, fratello e sorella, tutti scarsamente snelli e alquanto sedentari.
Jack è molto bravo: si interessa a tutto quello che succede standosene sempre in pozzetto e chiede solo di poter scendere due volte al giorno a terra per fare ciò di cui tutti gli esseri appartenenti al regno animale hanno bisogno.
Null’ altro.
Lancia un “bau” solo due volte al giorno; naturalmente vorrebbe farlo molto di più ma all’ istante uno dei suoi “padroni” blocca subito il suo messaggio comunicativo con un secco “Zitto” e “Basta” che non ammette repliche.
“Bau”, “Zitto” e “Basta”, la mattina.
“Bau”, “Zitto” e “Basta”, il pomeriggio.
Questo è tutto il dialogo di bordo tra cane e umani.
Jack è il giocattolo della coppia di figli; papà e mamma ignorano il cane, anzi al papà dà fastidio il modo che ha Jack di intromettersi quando lui manovra il bimini o la cerniera dell’ easy-bag in un cerimoniale che ha del ridicolo e che dura tanto quanto l’ uscita giornaliera in barca (che egli ha deciso di poter eseguire solo tra le 16 e le 18 di ogni giorno di bel tempo).
Ma anche i figli non giocano col cane: riescono solo a dirgli “Zitto” e “Basta” e infilargli il collare per la passeggiata di rito.
“E sposta quel cane, non vedi che mi dà fastidio ?”
“Digli di stare giù, non vedi che devo sistemare il fuoribordo ?”
“Ehi guardami….vuoi o non vuoi portartelo giù che devo legare il bimini ?”
“No, non dargli i biscotti sennò poi vomita.”
“Bau”, “Zitto” e “Basta !”
“E fallo stare zitto no ? Possibile che debba sempre fare casino ?”
“Guardami…Non lì, più a destra !... Scemo, non vedi che ha la scotta intorno alla zampa ?”
"Ma è possibile che io abbia sempre a che fare con dei deficienti ?"
Finalmente dopo 15 giorni le ferie di agosto hanno termine.
Dopo esattamente 30 “Bau” e 30 “Zitto” e “Basta”, anche Jack lascerà la banchina del marina per fare ritorno a casa nella città distante trenta chilometri dal mare.
Forse a casa troverà un altro cane o una lucertola che vorrà finalmente parlare un po’ con lui.

QUANDO TACCIONO LE CICALE

Una splendida banchina in blocchi calcarei di un delizioso paesino croato, un paio di palme sul lungomarina contornate da alcuni cespugli di oleandro, uno sfondo di pini dietro alle case.
Due abitanti del posto, alquanto anziani, guardano compiaciuti l’ andirivieni della gente : numerosi turisti  passeggiano avanti e indietro contribuendo ogni estate a lucidare quei blocchi di pietra e inciampando talvolta su qualche cima legata a terra.
Il flusso di gente camminando ora osserva, ora ignora, i diportisti seduti nei pozzetti delle barche che stanno addossate le une alle altre all’ ormeggio.
Un ultimo chiarore del sole a occidente getta in cielo una pennellata di rosso dopo una calda giornata mediterranea.
Improvvisamente, esattamente davanti alla poppa di un motoscafo tedesco, scoppia il finimondo.
Fokker, un collie maschio battente bandiera tedesca, esasperato dalla lunghezza della sua pelliccia certo non consona al clima estivo mediterraneo e dal fatto che i suoi “padroni” indugiano a tavola tra le birre piuttosto che portarlo a spasso, è stato provocato da Pivo, un barboncino  maschio sloveno color della birra che passeggia sulla banchina tra i piedoni della sua “padrona” del peso di circa centoventi chili.
Pivo non è un provocatore ma darebbe la vita pur di fare una corsetta che invece gli viene sistematicamente negata dal guinzaglio ancorato alla mole possente della sua imperatrice slovena.
La vista di Fokker, senza guinzaglio e quindi padrone del territorio esteso quanto il pozzetto di un motoscafo di 52 piedi, ha fatto eccitare e riempire di invidia Pivo: su quel pozzetto egli potrebbe senza dubbio correre.
Dal canto suo Fokker sta esprimendo tutta la sua rabbia di cane di grossa taglia obbligato a tenersi addosso sia il caldo che la pipì, fintantoché i suoi imperatori non avranno riempito le loro pance di birra fino a scoppiare.
I due cani non sono arrabbiati, stanno solo denunciandosi a vicenda il loro miserevole stato di vita.
I due cani si trovano nella stessa situazione di due operai del petrolchimico che la multinazionale di turno ha intenzione di chiudere; la loro esasperazione porta a far sì che il casino sia incredibile.
A quella violenta esplosione di latrati intervengono gli umani, dapprima trattenendo i cani poi invece contribuendo essi stessi in modo sostanziale al finimondo con il lancio reciproco di insulti tedeschi e sloveni, cui poco dopo si aggiungono (chissà diavolo perché e per come) alte voci tenorili dall’ accento spiccatamente romagnolo.
Una piccola babele sul lungomarina di un delizioso paesino croato, al crepuscolo di una calda giornata mediterranea quando le cicale hanno appena finito di frinire.
I due anziani abitanti del posto, che nella loro famiglia hanno sentito parlare veneziano, austriaco, boemo, sloveno, italiano, serbo e ora finalmente croato, ciondolano sconsolatamente la testa.
Si alzano insieme lentamente dalle sedie di plastica bianca, come fanno le loro mogli in chiesa dopo la consacrazione, per ritirarsi dentro in casa a fare una partita di carte.
“Se sta mejo dentro, no Drago ?”
“Dobro, Marko, dobro ...Teste di cazzo, i cani e i loro paroni !”

UNA MATTINATA CELESTIALE

Una splendida mattina in baia al gavitello: che ora sarà ?
Mi sgranchisco le gambe in pozzetto, mentre la mia famiglia sta ancora dormendo (credo) sotto coperta: una brezza lievissima da nord-est accarezza lo specchio d’ acqua e porta con sé una dolce miscela di profumo di resina e caffè proveniente dalla riva e da qualche barca sopravvento.
Le barche intorno, di media e piccola grandezza, sono poche mentre più in là un magnifico ketch battente una bandiera indefinibile se ne sta pigramente all’ ancora.
Vado a prua a fare non so bene nemmeno io cosa, poi torno sotto per “mettere su” il caffè; infine torno su, in pozzetto.
Il clangore metallico dell’ argano e della catena attira la mia attenzione verso il ketch…stanno muovendo: inspiegabilmente, invece di andare verso il largo stanno venendo a motore nel bel mezzo della baia, tra le barche al gavitello.
Forse vogliono farsi vedere e ne sono compiaciuto perché la barca è veramente bellissima: saranno almeno venticinque metri di mogano, acciaio e ottone tirati a lucido; a bordo vedo solo tre uomini che parlottano tra loro.
Ah, ora capisco, vogliono fare vela e, per issare la randa, si devono mettere con la prua al vento… Già vedo che si dividono i ruoli, uno resta al timone e gli altri due si avvicinano al boma; già la barca si posiziona correttamente e già vengono sbrogliati gli stroppi che tengono imbrogliata la vela sul lunghissimo boma di spruce.
Poi, sul più bello, come in un film di 007 esce lei: occhiali scuri enormi cerchiati di bianco, chioma bionda raccolta a coda, ampio pareo arancio-buddista, pelle abbronzantissima, voce odiosissima, monologo curiosissimo :
“Era qui, l’ ho vista qui quando avete fatto tutto quel casino con l’ ancora, dov’ è finita adesso ?
Però siete proprio dei bei stronzi a partire a quest’ ora !”   (10 e 30 a.m. – nota dell’ autore)  “Celeste, tesoro, dove sei ?  Amor mio, vieni fuori, rispondi alla tua mamma.”
Il timoniere, non si capisce bene se distratto dall’ apparire della “signora” oppure dalla vista dei gavitelli sempre più vicini alla prua (o più probabilmente scocciato dall’ essersi beccato il primo “stronzo” della giornata) poggia e porta il ketch quasi di traverso rispetto alla brezza mattutina.
Gli altri continuano nella manovra e la randa comincia a salire mentre la varea del boma è già di qualche metro fuori bordo.
“Celeste…” chiama ancora lei rivolta, chissà perché, verso la mia barca, quasi che questa Celeste l’ avessi ospitata io per colazione.
D’ un tratto vedo spuntare come d’ incanto dalle pieghe della seconda mano di terzaroli del ketch un piccolo
yorkshire(di quelli grigi con il ciuffo perennemente sugli occhi) che, spinto da uno schiaffo potente della borosa, vola fuori bordo in mare giusto sotto al boma.
Pluf !
Un piccolo pluf senza nemmeno aver avuto il tempo di aprire bocca.
“CELESTE !” grida lei con la voce spezzata dall’ emozione.
“Dov’ è, dov’ è ?” fa eco il timoniere.
“Là, là….no, più su….là, no non la vedo più…là, là”.
Celeste ovviamente riemerge, ma la sua abbondante chioma sugli occhi combinata allo spavento la portano a nuotare esattamente dalla parte opposta a dove si sta dirigendo il ketch.
Non è facile manovrare un “chiglia lunga” di venticinque metri tra i gavitelli con mezza randa issata e mezza no e soprattutto con “lei” che strepita….
La faccenda si sta imbrogliando mentre la randa ovviamente non vede l’ ora di fare il contrario, (cioè di sbrogliarsi) e le bracciate di Celeste, o meglio le sue zampate, cominciano a dare segni di stanchezza.
Da un otto metri battente bandierina polacca, ormeggiato molto vicino a Celeste, viene calato in acqua un gommoncino e, in capo a una ventina di secondi, lo yorkshire viene raccolto dal barbuto armatore della piccola unità.
Passano circa altri dieci minuti durante i quali il ketch cerca inutilmente di manovrare per abbordare il gommoncino e il caffè che avevo messo sul fornello se ne esce dalla caffettiera con molto strepito inzaccherando tutto il fornello della mia barca.
Celeste segue le manovre abbaiando tutto il suo disappunto da bordo del gommone, mentre da bordo del ketch la sua “mamma” invoca tutte le parole più pittoresche che la sua mattutina fantasia riesce a coniare all’ indirizzo del timoniere. Irriferibili !
Finalmente il barbuto polacco consiglia al timoniere del ketch di tenere la barca ferma e, con qualche colpo di pagaia, riesce a portarsi sotto la poppa del barcone.
L’ avventura può dirsi conclusa.
Celeste torna fra le braccia della sua “mamma” avvolta in un unico abbraccio nel pareo arancio-buddista mentre il ketch, ormai molto vicino a me, mostra il suo specchio di poppa.
Che bella barca ! 
Lo specchio è verniciato del colore del cielo e su di esso è leggibile in bianco il nome della barca: “Celeste”, naturalmente.

Quattro episodi, quattro storielle realmente accadute come tutte le altre che ogni anno capitano
e che non ho qui potuto riportare semplicemente perché non le ho vissute.
Quattro modi per meditare con un po' di tristezza durante la crociera.
Eppure se provassimo a chiedere ai “padroni” come stiano i loro cani in barca,
otterremmo sempre la stessa risposta:
“Ah benissimo, Lola sta benissimo qui con noi…
Non vorrai mica che l’ abbandoniamo per strada per andare in ferie come fanno tanti no ?”



Il mese prossimo parleremo un po' delle barche fatte in composito con le fibre di carbonio.
Pur di vendere, credo che oggigiorno " l' industria dell' immagine " commercializzerebbe anche bistecche in fibre di carbonio: è un materiale infatti che troviamo ormai un po' dappertutto.
Avete mai pensato a un bel salvagente per cani in fibra di carbonio ?
Robusto e leggero, permette una facile applicazione, una rapida asciugatura e consentirà al vostro amico a quattro zampe di nuotare in piena sicurezza dando di sè una immagine molto tecnologica e all' avanguardia.
Un accessorio veramente indispensabile per scendere dal vostro yacht la sera a Porto Cervo.

So perfettamente che ho scritto una cavolata, ma allora perchè ogni giorno veniamo bombardati da messaggi del genere e il più delle volte li ascoltiamo ?


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