ARTICOLI E CHIACCHIERE COSE TRA NOI
 MARZO 2013


UNA STORIELLA VERA SUGLI ANCORAGGI, 
CON UNA CONCLUSIONE SUI PARCHI NATURALI ASSAI POCO EDIFICANTE.....

 

Sei anni fa (nel settembre, ottobre, novembre e dicembre 2007) dedicai una serie di articoli all’ ancoraggio, arte nautica sopraffina che nessuno di noi conosce veramente a fondo per il semplice fatto che il mare e il vento sembrano dare sfogo a tutto il loro entusiasmo non appena le nostre compagne ci chiedono : “perchè stanotte non diamo fondo in una bella baia ?”
Al che tu ce la metti tutta a consultare il meteo e a trarne le doverose precauzioni, tanto sai già che nel cuor della notte il vento cambia, la barca gira, la catena va in tensione e il suo “to-tlok” ti sveglia e poi non dormi più fino all’ alba.
Se tutto va bene.
Se invece tutto va meno bene, allora al buio ti trovi a girare in mutande per la coperta (quella della barca, non quella della cuccetta), con la sola giacca della cerata che si attacca al sudore delle pelle, correndo tra il verricello e i comandi del motore in cerca di un altro angolo della baia dove rituffare la dannata ancora che si è messa di punto in bianco a fare l’ imitazione dell’ aratro.
Oggi torno sopra a questo disperante argomento, unicamente per raccontare un fatterello istruttivo di cui sono stato testimone lo scorso mese di luglio 2012.

Uvala Soline, chiamata in italiano Valle Cacoia, è una baia piuttosto ampia che si trova immediatamente a SE di Pula; fa parte di un insieme di baie racchiuse dalla penisola di Verudela molto conosciute per le svariate possibilità di ormeggio che offrono, per il Marina di Veruda, quello di Bunarina e anche per la loro vicinanza al Kvarner.

Non conosco fondo così buon tenitore come quello di Uvala Soline.
Ho dato fondo più volte e con barche diverse, sia con la Bruce che con la CQR, sia su un fondale di 14 che su uno di 5 metri d’ acqua (la baia è ampia e dotata di tiranti d’ acqua diversi) e al primo colpo le ancore si sono sempre impiantate benissimo.
Il fondo, come dice il nome italiano, non è di cacca ma è di fango, né troppo molle né troppo duro, dotato di ottima coesione e il cui unico difetto è quello di impiastricciare per bene catena e ancora (e quindi anche la coperta di prua) quando si salpa.
Orbene, me ne stavo in pace con mia moglie lo scorso mese di luglio (su 12 metri di acqua con CQR e 30 metri esatti di catena) quando, verso il tramonto, arriva una barca sui 10 metri (mi pareva un Gran Soleil 35) la cui sigla sulle fiancate e il linguaggio della coppia che la governava non lasciavano adito a dubbi sulle origini triestine dell’ insieme.
Ho sempre stimato molto la perizia nautica dei diportisti triestini e infatti mi sono molto meravigliato di quel che successe dopo.
Il “lui” al timone fece un primo tentativo di dare fondo ordinando alla “lei” al verricello di tuffare l’ ancora (una CQR).
L’ ordine non venne capito dalla lei e quindi l’ equipaggio fu costretto a rifare la manovra.
Stavolta la “lei” liberò il verricello e l’ ancora andò giù.

La CQR stranamente non fece presa e, dopo una bella arata di circa un centinaio di metri, il “lui” decise di ritentare.
La cosa si ripetè tale e quale una seconda volta.
Al che il “lui” pensò di invertire i ruoli: lui al verricello e lei al timone.
La cosa si ripetè ancora, seguita però stavolta da uno scatto di nervi del “lui” perché la barca non arretrava in linea con il vento; quindi una tenorile voce triestina inondò la baia con “meti la barra a dritta e dà retro, la barra a dritta e dà retro”.
Nulla da fare.
La manovra si ripetè in modo più avvilente una quarta volta.
Dato che lo spettacolo era alquanto monotono (e anche perchè non mi piaceva e non mi piace stare a spiare gli insuccessi altrui) pensai di andarmene sottocoperta a guardare se avevo staccato il frigo per la notte, mentre mia moglie stava preparando qualcosa in cucina.
Tornato su poco dopo scoprii che la situazione era cambiata: a bordo della barca triestina era salito un tizio straniero (tedesco ?) che, standosene al timone, impartiva ordini in inglese al “lui” ancora dedito alla manovra del verricello mentre la  “lei” assisteva a braccia incrociate alle nuove manovre.
Era evidente che il tedesco, osservando la scena dalla sua barca, non riteneva possibile che con una CQR in Uvala Soline si potesse arare (e anch’ io ero e sono della stessa opinione), così pensò bene di dare una mano portando tutta la sua esperienza alla coppia triestina in difficoltà.
Così composto l’ equipaggio compì altri quattro tentativi, ma sempre inutilmente, mentre la “lei” ormai disperava di poter fermare quella barca per preparare la cena.
Restava alla coppia triestina l’ alternativa di andare ad uno dei due marina, distanti nemmeno mezzo miglio, per trovare un corpo morto e un pontile sicuro, ma il tedesco ebbe la grande idea di sfruttare un gavitello nei paraggi (evidentemente privato) cui far legare la barca.
La proposta fu accettata dal “lui” così il Gran Soleil si fermò, il tedesco se ne tornò da dove era venuto sul suo gommoncino e la coppia finalmente preparò la cena, senza dover pagare il dazio di un ormeggio in banchina.
Ora tutto ciò sembrerà inverosimile e senz’ altro chi abbia seguito la storiella si chiederà come mai quella CQR non abbia fatto mai presa dopo quella interminabile (e internazionale) serie di tentativi, ma ho dimenticato di citare una frase che i due (il tedesco e il triestino) si sono detti durante l’ ultimo tentativo: frase peraltro determinante per l’ uscita di scena del teutonico aiutante.
Chiese il tedesco al triestino (in inglese): “Quanti metri di catena hai ?”
Rispose il triestino al tedesco (in inglese) “Quattordici !”
In quel preciso istante cadde il mio occhio sullo scandaglio della mia barca che con i suoi caratteri digitali (e con linguaggio assolutamente internazionale) decretava: “Qui sotto ci sono 12 metri di acqua”.
Allora mi chiesi come faceva il triestino a pretendere che con 14 metri di catena (di cui un paio servono per arrivare dal verricello all’ acqua) la CQR potesse prendere su 12 metri di fondale….
Povera CQR, la colpa non era certo sua: abituata e progettata, come tutte le ancore, a lavorare col fuso parallelo al fondo si trovava quella sera a dover “prendere” in posizione pressoché verticale.
E magari, tornato nella sua bella Trieste, il “lui” avrà esposto a tutti gli amici di banchina (e a chi gli ha venduto la CQR) tutta la sua rabbia sul fatto che quell’ ancora è inutilizzabile perché “zè un toco de fero che no ciapa gnanca in vale Cacoia”.
Bah, tanto vale affidare il proprio conto in banca alla segreteria di un partito politico !

A proposito di partiti politici, concludo queste righe segnalando un altro episodio dell’ estate 2012.
Lo faccio con le foto seguenti che ritraggono, prima di profilo e poi di fronte, la roccia più famosa del Parco Nazionale delle Kornati.

 

Si tratta dello strapiombo dell’ isola Mana, ritratto la mattina del 10 luglio 2012 alle ore 10.05 adornato da …..Mah, giudicate un po’ voi !

Io non so chi sia quello, né mi interessa saperlo per il semplice fatto che sarà senz’ altro qualcuno che ha a che fare con la politica (croata, italiana, tedesca o americana, non importa).
Piuttosto mi chiedo: se io mettessi un bandierone con la mia effige sulla parete nord della Cima Grande di Lavaredo, oppure sul terzo ordine di archi del Colosseo, cosa succederebbe ?
Probabilmente nulla, perché nessuno mi conosce.
Ma se invece lo facesse un uomo politico, o un militare, o un militarpolitico, o un politicomilitar, o un para-nazi-popolar-fasci-irredent-bolscevi-general-ista ?
Mmmm, povera Croazia !
Se mi fai pagare il biglietto per accedere alle meraviglie naturali di un tuo parco nazionale, lasciami l’ illusione di respirare un po’ di aria tersa e non il puzzo di una qualsiasi forma di crazìa.
Lascia che i miei occhi esplorino le creste bianche che si arricciano sul tuo mare azzurro, le rocce grigie che giocano con i tuoi mirti e oleandri.
Lascia che alle mie orecchie giungano solo il ritmico fragore degli spruzzi sulle tue pietre di giorno e i belati solitari delle capre sui tuoi sentieri di notte.
Lascia che per qualche giorno le mie ferie mi facciano dimenticare le fasulle libertà dei regimi cosiddetti democratici, ispirati e asserviti unicamente al dominio finanziario di pochi e dediti solo alla spremuta del sudore della brava gente, e lascia che la fragranza delle mie briciole di libertà che cerco sulla mia barca non si inquini e entri dentro di me e resti con chi è con me.
Lascia questi ricordi in me, perché per questo vengo a trovarti !

 



Sennò finirà che comprerò una chiatta, la doterò di quattro ancore, l’ attrezzerò come una piccola isola e me ne starò ancorato in acque internazionali, finalmente libero di non issare alcuna bandiera, né di ricevere alcuna assistenza sanitaria, né di mantenere alcun esercito, né soprattutto di dover scegliere chi comunque indegnamente mi rappresenti !
Vi attendo il mese prossimo con un articolo molto particolare...
...mi è piaciuto moltissimo scriverlo, spero tanto piaccia anche a voi leggerlo.

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