Egr Ing
le ho
appena inviato una mail (con delle proposte di argomenti da
trattare) - N.d.R. e ho aperto il suo sito (di
febbrario 2015) leggendo solo il titolo.
La
prego, non rinunci....Può
essere il modo di non portare il cervello all'ammasso.
Il sito
può significare permettere ad un velista di tanti anni fa, come me, di comprare
una barca senza rimetterci e perdere l'entusiasmo; se
succederà, porterò i miei figli ed i miei nipoti (nipoti come zio) a vela;
forse qualcuno si appassionerà ed il mondo della vela non scomparirà dal mio
paese (Bisceglie - a fianco a Trani, dove c'è la cattedrale più bella del modo
se vista dal mare).
Io sono
tornato sui moli a novembre ed è stata subito festa, perché i velisti sono gli
stessi a 40 anni di distanza; se non ci sono possibilità per i ragazzi è
finita, ma il suo sito è l'unico supporto che sono riuscito a trovare tra le
pontificazioni degli autocertificati esperti.
L'unico
improntato alla virtù che tanti anni di medicina mi hanno insegnato:
l'umiltà.
Per favore,
non smetta
gigi
papagni
Grazie dott. Papagni, un appello così incoraggiante e accorato non può rimanere inascoltato! Consideri comunque che ogni uomo ha i suoi limiti che non è detto siano solo professionali: il recondito mondo dei nostri sentimenti a volte si fa sentire molto di più, incoraggiando e portando alle stelle la persona o scoraggiandola e portandola allo smarrimento: non è un felice periodo per me. Comunque grazie ancora, farò il possibile.
Salve
Marco...
mi sono "incagliato" sul tuo sito e faccio fatica a lasciarlo...
E spero tu non smetta di pubblicare....
Dopo diversi anni .... ritorno a navigare e trovo i tuoi articoli molto utili
per togliermi la ruggine di dosso...
Le bambine sono un po' cresciute... le difficolta' economiche si stanno pian
pianino diradando... e quindi.. ho rifatto il passo: da qualche giorno sono il
nuovo armatore di uno splendido (e datato.. ma questo permetteva il
portafogli...) Camper & Nicholson 38...
Continuero' quindi a leggerti (e ho molti anni e articoli da recuperare...)
Ne approfittero', se posso, per chiederti talvolta qualche consiglio sulle
manutenzioni che dovro' (ovviamente) fare...
Ciao e grazie
Dario
Grazie
Dario. Di te non so nulla al di fuori del tuo nome, ma farò il
possibile per continuare. Telefonami pure per i consigli.
...toh, proprio un bell' argomento !
Parlando
della scelta della barca qualche mese fa ho toccato un argomento “pungente”: mi
riferisco alla capacità di saper comandare, intendendo con ciò l’ essere in
grado di dire l' ultima parola quando si tratti di prendere una qualsiasi
decisione ed essere consapevoli che tutto il resto dell’ equipaggio riconosca
in una sola persona tale prerogativa.
Non
è un argomento facile su cui dissertare, perché investe sia capacità oggettive
che psicologiche (e quindi suscettibili di soggettività) soprattutto da parte
dell’ equipaggio.
Non
ho certo a portata di mano adesso la ricetta per trasformare un lettore (seppur
paziente e volonteroso) in un comandante, né credo l’ avrò mai; tuttavia un
qualche esempio o una parvenza di traccia da seguire si può fare.
Se
qualcuno di voi ha letto i romanzi di Patrick O’ Brian sulle
avventure del
comandante Jack Aubrey e del suo amico medico di bordo Stephen Maturin
(ne è stato tratto il film "Master e Commander" qualche anno fa)
si
accorgerà di come il prestigio di un comandante sia anche dovuto
alla fortuna:
stiamo parlando di romanzi storicamente ambientati a cavallo tra
‘700 e ‘800
quando gli oceani erano solcati da corvette, fregate, vascelli piene
di vele,
manovre e cannoni e che passavano la vita loro (e dei loro equipaggi) a
distruggersi
o catturarsi a vicenda.
Un
comandante come Jack Aubrey (soprannominato nelle sedi della Royal Navy “Jack
il Fortunato”) poteva vantarsi di aver intrapreso e concluso tutta la carriera
di marina e di essere riuscito anche ad avere una moglie e dei figli, ma molti
altri suoi colleghi di pari capacità marinare e attitudine al comando non c’
erano mai riusciti perché stroncati già in giovane età da un colpo di arma
bianca o da una palla di cannone.
Oppure,
più semplicemente, la cattura di una nave nemica che valeva una promozione
arrise a Jack il Fortunato per un salto di vento al momento giusto, cosa che invece
non avvenne per un altro suo collega comunque bravo.
Quindi,
oltre che la capacità, nel comando conta anche la fortuna.
Vi
racconto allora l’ episodio seguente dove, a fronte di un ragionamento
istintivo e corretto da parte del comandante (indovinate chi è), è seguito un
colpo di fortuna o meglio - più correttamente - non è seguito alcun colpo di
sfiga !
L’
ancora è di per se’ un oggetto affidabilissimo, ma il fondo del mare non lo è
per nulla sicché l’ insieme ancora-fondo diventa per me un vero e proprio oggetto
di inquietudine.
Non
sto a raccontarvi le tante esperienze che ho vissuto di notti in bianco passate
a vegliare se i campanili o gli alberi se ne stavano al loro posto oppure se si
divertivano improvvisamente a scivolare via sopravento (segno inequivocabile
che l’ ancora arava); né sto a raccontarvi delle alzate istantanee dalla
cuccetta in mutande per mettere in moto, issare al catena, rifare tutta la
manovra eseguita (inutilmente) il pomeriggio precedente e prestando anche attenzione ad evitare
zigzagando al buio le altre barche alla fonda.
Sono
esperienze di gioventù che oggi cerco in tutti i modi solo di ricordare e non di
rivivere.
Tuttavia
ancor adesso qualche volta mi capita di dar fondo, ma cerco di farlo solo su
fondali conosciuti e magari solo per il breve tempo di un bagnetto, non già per
tutta la notte.
Tra
l’ altro il mese di luglio 2014 si è particolarmente distinto per il
susseguirsi impietoso e continuo di numerose perturbazioni, tant’ è che nei 15
giorni che sono stato in giro con la barca solo il bollettino meteo dell’
ultimo giorno ha esordito con un quanto mai desiderato “No warning !”
Ebbene,
la scorsa estate mi è capitato di voler accontentare il mio amico Marcellino
che, sempre pronto a darsi da fare in cucina si è inventato la seguente
proposta:
“Ué,
ma pecché, prima di entrare nel Marina di Funtane (Istria, tra Poreč e Vrsar)
non ci mettiamo all’ ancora in baia e ci facimmo un bel pranzetto?”
Così,
con un bel maestrale sui 15-18 nodi mi sono convinto a dare fondo in baia, a
circa 500 m (metri, non miglia) dall’ ingresso del Marina, giusto per la pausa del pranzo.
Eravamo
partiti da Unije la mattina presto e, dopo una bella navigata di 52 M (miglia, non metri) prima con
bora e poi con maestrale, eravamo giunti al Marina per passarvi la notte.
Eravamo
piuttosto soddisfatti, perché il tutto era durato 7 ore e mezza (media 7 nodi)
e la traversata del Kvarner (15 M) era durata solo 2 ore (media 7.5 nodi).
La
baia di Funtane è però aperta a maestrale e, avendo un fondale piuttosto basso
(dai 6 a 0 m), l’ onda che entra è corta e si fa sentire parecchio.
Purtroppo
non vi avevo mai gettato l’ ancora e così, fatte le manovre di rito, ho dato
fondo su 4 metri e mezzo di acqua con una ventina di metri di catena.
Lo
strappo che essa diede alla fine mi impensierì: senza dubbio aveva preso molto
bene perché le 10 tonn di Siddharta si fermarono nel loro abbrivo di botto, come
se fossero finite addosso a un muro.
“Porca
pupazza, qui ho preso una pietra!” esclamai.
Luciano,
l’ incommensurabile fotografo ufficiale di bordo, in un impeto di voglia di
rendersi utile decise di tuffarsi con la maschera e ne riemerse dandoci il temuto
responso: “A gà ciapà ‘na piera e el manego se gà storto tuto a destra !”
Che
tradotto significa: “L’ ancora ha arpionato un masso e il fuso è disteso a
destra della pietra !”
Al
che ho pensato di lasciar le cose come stavano, di andarcene tutti a mangiare sotto coperta e poi
di cercar di uscirne portando Siddharta a macchina avanti e aggirando il masso
sulla dritta.
Non
ricordo cosa preparò Marcellino per pranzo (ero troppo impensierito sull’ uscir
fuori da quella situazione), ma verso le 16.30 l’ onda sui fece alquanto
insistente e così, messo sul fornello il caffè e sorbitolo nel tintinnare delle tazzine,
decisi di spedare ed entrare in Marina.
Feci
come volevo fare, alando sul verricello a macchina avanti fino a circa 10 m e
poi portando la prua a dritta così da aggirare il masso…ma non successe nulla.
La
prua si diresse sopra l ‘ancora, che restava ben inchiodata al suo posto.
Anzi
il verricello, soggetto a notevole assorbimento, fece scattare il
magnetotermico di protezione (cosa che non mi era mai accaduta).
Mi
uscirono una paio di “Porca puttana!” involontari (nulla in confronto alle esecrazioni
degli equipaggi mormorate sotto il castello di prora nei romanzi di O’ Brian) e di cui mi scuso ancor
oggi.
Che
fare ?
Se
fossi riuscito a far indietreggiare a motore Siddharta (la barca) portando la
poppa sopravento all’ ancora di una ventina di metri forse ce l’ avrei fatta;
altrimenti non restava altra alternativa che andare sotto e cercare di liberare
l’ ancora con le mani (faccenda senz’ altro scabrosissima con la catena in
tensione e 18 nodi di vento fuori che spingevano sulla barca).
Ma
che ostacolava l’ esecuzione della manovra di cui sopra c’ era anche un altro fatto:
Siddharta se ne stava fermo traversato al vento mostrandogli il fianco di
dritta e, avendo l’ elica destrorsa, se davo macchina indietro la poppa si
sarebbe spostata a sinistra cioè sottovento (che era l’ esatto contrario di ciò
che volevo ottenere).
Insomma,
in quella situazione non riuscivo a mettere Siddharta con la poppa al vento per
poter portarmi ad uscire a macchina indietro; credo che la tensione della
catena contribuisse a tenere inchiodata la prua e le forme dello scafo spinto
dal vento contribuissero a spingere la barca in avanti, così da tenere in
stallo la situazione.
Così
mi misi a far lavorare il cervello e ad immaginare la visione
dall’ alto…(come
adesso potete vedere nei fotomontaggi riportati dove la freccia
arancio indica la provenienza del vento)… e l’ idea
arrivò.
Diedi
ordine di mollare una ventina di metri di catena e dopo qualche istante presi a
dare macchina indietro con vigore; alla prua (così improvvisamente liberata dalla
tensione della catena) non parve neanche vero di poter scivolare sottovento e così Siddharta
prese un po’ di abbrivo indietro girandosi quasi da solo con la poppa al vento.
Dopo
aver indietreggiato e quando giudicai che la prua era una decina di metri
sopravento all’ ancora, diedi l’ ordine di issare la catena il più velocemente
possibile senza fermarsi e soprattutto mantenendo la macchina indietro per non
cedere metri sottovento… e ne uscimmo !
Inutile
dire che il comandante ”guadagnò molti punti” come si dice in gergo.
Più
o meno la stessa cosa mi successe tanti anni fa a Lastovo: allora facevo lo
skipper su un 46 piedi e andai a beccare una catena sommersa, residuo militare,
nella propaggine nord-occidentale della baia di Velo Lago, poco più a WSW dell’
istmo di Pasadur.
Anche
in quell’ occasione la manovra di indietreggiare dalla parte opposta di dove si
era dato fondo consentì di uscirne, ma allora risultò molto più facile perché fu eseguita
praticamente in assenza di vento.
Comunque
il ricordo di questa avventura a Funtane è rimasto ben visibile sulla CQR: la
piastra da 15 mm di acciaio dove parte lo snodo del fuso è stata piegata come
burro e il vomere è risultato storto di una trentina di gradi rispetto al fuso
stesso.
Poco
male: il fabbro, facendo uso della fucina e di tante martellate come si
faceva una volta, è riuscito a raddrizzarla e una buona zincatura a caldo l’ ha
rimessa come nuova.
Però,
storcere di 30° una piastra da 15 mm non è stato certo uno scherzo !
Mi
son divertito allora a fare un piccolo calcolo degli sforzi in gioco.
Poiché
la piastra dove si è storta l’ ancora ha la sezione di mm 75 x 15, deformandosi
non elasticamente significa che l’ acciaio si è plasticizzato: è come dire che
le fibre più esterne hanno lavorato ad una tensione intorno ai 2400 daN/cmq (in
effetti 1350, cioè 2400 diviso la radice quadrata di 3, perché si tratta di
azioni tangenziali dovute a torsione).
Data
la geometria della piastra e del vomere (braccio 30 cm) significa che il
momento torcente applicato è stato di circa 510 daNm, e che quindi la catena ha
dato uno strappo intorno a 1600 daN (1.6
tonn).
Per
la catena da 8 mm (sezione utile di un anello 1.01 cmq) significa aver lavorato
ad una tensione di 1580 daN/cmq e cioè al limite del campo elastico (senza
deformazione permanente), per
l’ albero del verricello elettrico però non deve essere stato facile assorbire
il botto.
Ammesso
che Siddharta in quel momento stesse indietreggiando a 30 cm/s e dato
che la
sua massa è di 10 tonn, il teorema di conservazione della
quantità di moto (non preoccupatevi di conoscerlo nel caso
facciate una professione diversa dalla mia) permette di valutare
che la barca si è fermata in un tempo di circa 2/10 di
secondo: proprio come se fosse finito contro un muro !
Una
frustata o un colpo di catena possono “accarezzare” quelle dita con una forza
di diverse centinaia di kilogrammi, né più né meno di quel che può succedere in
un qualsiasi cantiere edile.
Ma
in un cantiere edile è obbligatorio indossare elmetto, scarpe
antinfortunistiche e guanti.
Spesso
invece in crociera noi e le nostra famiglie indossiamo un paio di bermuda e un
paio di ciabatte infradito e ci esponiamo a rischi inutili.
Io
stesso ho più volte ri-tesato il meolo del genoa standomene in bilico sulla
draglia di sottovento stringendo le ginocchia sul candeliere per avere entrambe
le mani libere….
Così
come molte volte sono passato sottovento al boma nell’ andatura di bolina,
quando la scotta porta qualcosa come 300 Kg che vanno a finire tutti su un
grillo attaccato alla faccia inferiore del boma stesso, confidando sempre nella tenuta della sua sezione di 0.2 cmq !
Io
ho l’ accortezza di camminare in coperta sempre con le scarpe allacciate, ma
tollero (sbagliando) che qualcuna altro a bordo
indossi le ciabatte.
Vi
esorto tutti, o voi appassionati del mare, quando manovrate verricelli, catene,
cime, winch, ecc., a stare molto attenti a dove voi e il vostro equipaggio
poggiate dita, gomiti e ginocchi (e soprattutto anche a che altezza avete la testa).
Durante
le ferie le sale del pronto soccorso è bene stiano il più lontano possibile da noi.
Una delle foto più significative che io abbia mai visto !
Ritrae il sottoscritto che predica bene e razzola male.
In questa immagine infatti non solo sono in coperta a piedi
scalzi, ma sto anche scolando l' acqua bollente della pasta.
Fortuna che non mi ha visto zio Pino, però ammirate la mia sfrontatezza dato che mi state vedendo voi !