ARTICOLI E CHIACCHIERE COSE TRA NOI
MARZO 2016

POCAHONTAS  ? 

Questo mese e il prossimo  scriverò qualcosa che ha poco a che fare con la tecnica.
Mi giungono infatti sempre più spesso lettere di apprezzamento per quel che scrivo, ma più per l' aspetto morale che per quello tecnico. 
Come ingegnere credo di essere un fallimento, ma come uomo spero di essere perdonato.

L’ anno scorso in questo periodo ho ricevuto una mail di apprezzamento, firmata da Dario, che ho pubblicato nel mese di marzo 2015....giusto un anno fa.
A questa Dario ne ha fatte seguire altre, commentando ciò che ho scritto negli anni man mano che procedeva la sua lettura degli articoli.
Mi ha particolarmente colpito una idea che Dario ha citato raccontando di un temporale preso in navigazione: poiché grandinava ha pensato bene di mettersi una pentola in testa.
L’ immagine di Dario (che io non ho mai visto né conosciuto di persona) che se ne sta nel pozzetto della sua barca con il finimondo che scende dal cielo e la casseruola ben piantata in testa mi ha fatto sorridere.
Mi ha fatto pensare a un ulteriore modo di fare uso delle attrezzature di cucina e dell’arte di ”sapersi arrangiare” che tanto il resto del mondo invidia (o invidiava) a noi, figli dell’ italico suolo.
Poi mi ha fatto pensare anche ad un’altra faccenda.
Avere a che fare con le avversità e soprattutto fare uso di oggetti comuni per fronteggiarle sono sinonimo di semplicità di vita e di assenza di fretta.

Questi sono temi fondamentali per la navigazione da diporto.
Qualcuno potrebbe insinuare che il lento scorrere delle ore è proprio di qualsiasi forma di ferie e di riposo, ma non è del tutto vero.
Finché si passano le ferie in terra, in alberghi, negli agri-turismo, in motel, nei campeggi, sempre comunque si ha a che fare con l’ orologio: sia perché alla tal ora viene servito il pasto o la colazione o sia perché alla tal ora è aperto il museo, il tarlo dell’ orario comunque si insinua a riempire la giornata e, talvolta, a rovinarla: “Dài sbrigati che c’è coda!”, “Muoviti che parte la corriera!”, “La colazione la finirai dopo, forza che gli altri son già tutti pronti!” e via così…
In mare non è così.
Quando si naviga gli appuntamenti non esistono o, se si prendono, devono avere l’approssimazione di un giorno: “Allora ci vediamo a cena a Porto San Crisostomo, va bene?”,
“Sì, ma il 14 o il 15 o il 16; non so, vedremo! Ci sentiamo, eh?”
Nulla è pienamente programmabile per mare e credo che proprio in questo risieda il suo fascino: nel fatto cioè che diventa palese la nostra impotenza di uomini.
La faccenda somiglia molto al modo di vivere dei Pellerossa d’ America, un modello di vita tutto costruito sul rispetto degli equilibri della natura, a cominciare dalla caccia limitata solo al fabbisogno per poter sopravvivere, alla pratica del nomadismo quindi senza costruire strutture o infrastrutture, alla religiosità ispirata agli astri senza bisogno di chiese.
Tutta una serie di generazioni che vive e passa praticamente senza lasciare traccia…come fanno gli animali.
Noi invece costruiamo e trasformiamo continuamente: certo, tra tante schifezze costruiamo anche le Piramidi, il Colosseo, le Cattedrali e poi li riempiamo di opere d’ arte favolose, ma insieme riempiamo l’aria, la terra e l’acqua di autentici veleni e quindi poi ci rompiamo la testa per combattere le contraddizioni che abbiamo creato e che invece di renderci la vita più facile e confortevole ce la complicano in modo terribile.
La vita in barca dovrebbe farci pensare ai Pellerossa: ancor prima di mollare gli ormeggi dovremmo pensare al respiro della natura, al ricercare una vita improntata alla semplicità e al rispetto per il creato.
L’Energia (o L’ Amore) ha dato un primo impulso all’ universo e da allora questo ripulsa in continuazione scambiando in frazioni infinitesime di tempo energia travestita da masse e onde e uccidendo e facendo resuscitare continuamente materia e antimateria, campi e spirito, in un divenire che ha del miracoloso.


DIGRESSIONE
Ehm, scusate questa intrusione, ma occorrono più righe per esprimere certi concetti…
Quando la fisica ha cominciato ad interessarsi a ciò che i nostri sensi fanno molta fatica a percepire (o non percepiscono per nulla) si è trovata ovviamente a dover fronteggiare delle contraddizioni: il fatto che alcune particelle (quanti) si comportassero come corpuscoli o come onde ha fatto spaccare la testa a molti ricercatori, finché non si é scoperto che le particelle che compongono il tutto non sono né corpuscoli, né onde, ma ancora una volta energia che si camuffa nelle une o nelle altre a seconda dei momenti.
E di momenti si tratta, o meglio istanti, perché questa abitudine dell’ energia di trasformarsi continuamente e di evolvere senza mai stancarsi è una delle fondamentali leggi della Natura.
Ma questo non avviene solo nella materia con gli urti e i decadimenti tra pioni ed elettroni (questi sono fatti che accadono continuamente ma delle quali noi non abbiamo alcuna percezione diretta), bensì accadono anche nella nostra natura di persone.
Noi siamo in vita per evolvere continuamente, per cambiare, per adattarci, per metterci in discussione, per scambiare energia con le altre persone, per comprenderci, per scontrarci, per amarci.
Quale altro scopo avremmo sennò in questo mondo ?
La fisica più moderna ci sta offrendo un panorama scientifico di un universo che già conoscevamo, soprattutto col contributo delle filosofie e delle religioni orientali: è l’ universo fuori di noi che è lo stesso che esiste dentro di noi.
E’ il mondo che percepiamo con i sensi ed è anche la nostra spiritualità interiore.
Dall’ interazione di infinite micro quantità di energia nascono gli astri, gli oggetti e gli esseri (umani e non), dall’ interazione di infinite micro quantità di energia nascono i pensieri, le emozioni, i sentimenti.
Così se al concetto fisico di massa colleghiamo le nostre azioni (che sono soggette al mondo dei nostri sensi) e a quello di velocità della luce i nostri sentimenti (che appartengono alla sfera spirituale e non hanno confini, né posizione, né temporalità), il risultato è che il concetto metafisico dell’ energia diventa l’ amore.

E = m x c2         
A = az x s2
   cioè   Amore = azioni x sentimenti2
Cioè per amare non basta provare sentimento, occorre l’ azione: è inutile provare compassione per un povero se non gli si dona qualcosa, è inutile essere innamorati di una persona se non si è corrisposti con un dono reciproco.
La velocità della luce non serve a nulla se non è associata alla massa.
Il sentimento non serve a nulla se non è associato all’ azione.
Solo se si attuano entrambi si ottiene Energia o Amore.
Solo se una massa si muove velocemente crea energia.
Solo se un sentimento è combinato con un atto di affetto crea amore.
Ecco, questo volevo dire un po' più su...
FINE DELLA DIGRESSIONE


A tutto ciò noi apparteniamo e dobbiamo sentire di farne parte senza minimamente pretendere di sovvertire alcunché.
In questo il mare ci aiuta tantissimo, semplicemente perché è di gran lunga più forte di noi.
Abbiamo bisogno infatti di una lezione quotidiana di umiltà, perché la nostra vita di tutti i giorni è pervasa di individualismo sfrenato che ci fa vedere come importante ciò che agli occhi del creato è pressoché nulla: la nostra stessa vita è infatti pressoché un nulla, figuriamoci che valore possa avere di fronte al divenire dell’universo uno stipendio, una malattia, un tamponamento, un furto, un divorzio, un motore che scalda, un GPS che non funziona!
Tutte cose piccolissime cui noi a volte attribuiamo una importanza tale da rovinarci la vita.
Ed è veramente preoccupante questa forma schizofrenica di egocentrismo smisurato che per moltissime persone (oggigiorno in particolar modo donne) porta a sfociare nella cosiddetta depressione: “tutto capita solo a me perché IO sono il centro dell’universo”.
Invece il centro dell’universo non esiste fisicamente, mentre esiste metafisicamente: è l’Amore.
E’ “ciò che tutto move”, che decreta per ogni attimo “la vita e la morte di tutto”, o meglio dovrei dire “la resurrezione di tutto”.
Ciascuno di noi può essere questo Amore?
No di certo.
Ebbene, questo il mare ci aiuta a comprendere.
Quando guardiamo l’onda di prua della nostra barca, in ogni sua goccia riconosciamo la nostra vita che si avvicina e si allontana dalle vite degli altri, che si aggroviglia ad esse per qualche istante e poi le perde per aggrovigliarsi ad altre; ed ogni insieme di gocce crea un’onda diversa, ed ogni insieme di onde crea un mare diverso che diviene continuamente creando e distruggendo gocce e gocce.

A noi potrà sembrare una rivoluzione, invece è un perfetto equilibrio.
Persino una tempesta che strapazza noi e la nostra barca è il divenire di un equilibrio il cui scopo è quello di riportare armonia tra pressioni, temperature e umidità.
Allora in questo perfetto equilibrio che cosa pretendiamo di fare noi accampando i nostri diritti di uomini e donne?
Quando abbiamo riempito la barca di provviste di ogni tipo e di confezioni di plastica di tutti i colori, quando abbiamo riempito i gavoni di capi di abbigliamento più o meno sintetici e performanti, quando abbiamo riempito il carteggio e la plancia di strumenti elettronici che dialogano con i satelliti e tra loro, quando con altri strumenti ci sentiamo collegati col mondo premendo un tasto, che cosa pensiamo di aver fatto di buono?
Basterà aspettare, come sa fare molto bene il mare, e ci troveremo prima o dopo a dover metterci comunque una casseruola in testa per ripararci dalla grandine.

Certo molti tra voi potranno non essere d’accordo:
“Vuoi mettere? Poter guardare dall’ altro l’andamento delle perturbazioni standosene seduti in cuccetta? Che comodità!”
“Vuoi mettere? Indossare una giacca leggera che non mi fa sudare ma che non fa passare nulla? Che comodità!”
“Vuoi mettere? Gustare crostini e caviale in pozzetto mentre i ragazzi fanno il bagno in baia? Che comodità!”
Già, che comodità, ma che scempio naturalistico per arrivarci !
Circa 50 anni di massiccio scarico di sostanze inquinanti in ogni dove, perché il divenire di cui sopra le sposta come e dove vuole, che alla fine dei conti è lo stesso luogo dove viviamo noi.
Un po’ come produrre rifiuti e tenerli in casa.
E’ intelligente?
Mah!
Non mi resta che una soluzione: andare contro ciò che la politica e il mondo della finanza (che negli ultimi 50 anni sono stati la stessa cosa) mi hanno detto di fare: invece di correre devo rallentare !
Devo pensare diverso.
Non devo più preoccuparmi di produrre e vendere automobili e macchine fotografiche, ma di tornare a coltivare la terra come si faceva prima che la chimica la avvelenasse.
Devo seguire meno la pubblicità e seguire di più ciò che mi invita a fare Pocahontas.
Un esempio evidente è quello degli spot pubblicitari delle automobili o quello dei commenti degli addetti al marketing nei saloni nautici.
Le frasi e le immagini delle pubblicità degli autoveicoli e delle barche ai saloni nautici sono una magnifica espressione di ciò che non mi sento proprio di seguire.
“Conosci te stesso ! Affronta ogni sfida come se oggi fosse domani ! Domina la strada ! Un piacere infinito perché ogni strada è una sfida! Un progresso tecnologico senza confini, su ogni terreno ! Ogni via, ogni sentiero tende al futuro e il futuro è il tuo mondo ! Tu sei il domani, perché il domani è oggi !”
Oppure:
“La grande luminosità della dinette contrasta con la piacevole armonia dei divani, dove l’armatore può trovare tutto il relax dopo la navigazione; i grandi spazi interni vengono ancor più enfatizzati dalle chiare sfumature minimaliste degli arredi, dove le guarnizioni in carbonio esaltano il contrasto hight-tech con i materiali più tradizionali.”
Oppure:
“L’ orologio “Challenger” accetta qualsiasi sfida: non va portato solo in regata, lo puoi portare al polso anche in via Monte Napoleone”.
Io non so che farmene di queste parole, perché dietro c’è solo nebbia.
Pensare diverso non significa rinunciare alle parole, ma semplicemente dare a loro la giusta collocazione e il giusto valore.
Perché seguendo “le parole di nebbia” subentra poi anche una vera e propria patologia latente, della quale mi occuperò il mese prossimo e che mi piace definire come una vera e propria “ansia da prestazione”.

Le Kornati erano famose per il clima secco e il colore paglierino della loro vegetazione...  
Ora invece piove e stanno diventando sempre più green come i pascoli d' Irlanda.
(Le foto ancora una volta sono di Luciano Michielin)

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