ARTICOLI E CHIACCHIERE COSE TRA NOI
 MARZO 2017

MA COME FANNO LE TARTARUGHE ?

Ancora in riferimento all’ articolo dello scorso settembre 2016 sulla "esplosione" delle chiglie in ghisa mi ha scritto nei termini seguenti Alessandro Puntonave che, da una ricerca che ho fatto nel web, probabilmente è Vittorio Alessandro, autore del libro "Puntonave".

Buongiorno, ho letto con molto interesse il suo ultimo articolo di settembre, come d'altra parte tutti i precedenti (complimenti!)
Ho cercato informazioni più dettagliate riguardo ai casi di pinne in ghisa spaccate e perse "googglando" in rete ma, a differenza dei noti casi di perdita delle derive che tanto clamore hanno suscitato in passato, non sono riuscito a trovar traccia degli eventi menzionati nell'articolo.
E invece mi paiono episodi assai degni di nota, dei quali mi sarei aspettato grandi dibattiti e relative inchieste sulle presunte qualità produttiva delle aziende responsabili. 
I bulbi in ghisa vengono prodotti in Cina? 
Perchè se è vero che il marchio CE non è una "certificazione di prodotto" ma una "autocertificazione di qualità" (sottili cavilli che solo i burocrati comprendono), una volta dimostrato in sede giudiziale che una determinata azienda immette sul mercato prodotti di scarsa qualità dovrebbe esserle impedito di apporre il controverso marchio.
Se potesse fornirmi un paio di riferimenti riguardo ai casi discussi sarei molto interessato a conoscerli con maggiori dettagli.
Buon vento,
Alessandro
P.S. Qualora dovesse andare a corto di idee di argomenti da trattare, ho scoperto recentemente (ma non è roba recente) l'esistenza di sistemi antivegetativi ad ultrasuoni. A parte pareri molto discordanti sulla loro efficacia, mi domandavo se questi ultrasuoni possono avere un qualche effetto sulle strutture, sui compositi e sulle laminazioni dei tipici scafi in VTR.

Buon lavoro e ancora complimenti per la costanza nello scrivere tanti articoli interessanti e utili.

Grazie, grazie, Vittorio Alessandro.
I due casi da me riportati di “esplosione” della chiglia in ghisa sono stati descritti dall’ ing. Tamburrano e pubblicati sulla rivista “Bolina”; non ho altre notizie al riguardo, se non il fatto (vero perché da me verificato in più occasioni) che le fusioni in ghisa si fessurano e si spaccano con una certa facilità....ma di questo ho già abbastanza scritto nei mesi scorsi.

Quanto alla marcatura CE di un prodotto non è detto che corrisponda alla Certificazione di Qualità di una azienda, nel senso che esse sono cose diverse che possono coesistere o meno.
Coincidono tuttavia nel campo della nautica solo nel caso riportato dalla normativa comunitaria (Direttiva CE n° 25 del 16/06/1994 - CAPITOLO II  art. 8  comma 2)  la quale afferma che "qualsiasi tipo di unità in qualsiasi categoria di navigazione può essere marcata CE con il solo modulo H
" (cioè con la Certificazione di Qualità del cantiere).
Rimando il lettore a tale direttiva per saperne di più: sbrigativamente ciò significa che se sono titolare di un cantiere dotato di Certificazione di Qualità posso costruire, marcare e immettere nel mercato qualsiai unità in qualsiasi categoria di navigazione senza alcuna altra formalità (cioè senza alcun controllo da parte di Organismi Notificati e/o Registri Navali).
Sul fatto poi che “
dimostrato in sede giudiziale che una determinata azienda immette sul mercato prodotti di scarsa qualità dovrebbe esserle impedito di apporre il controverso marchio”  siamo pienamente d’ accordo; il problema però è che se è stata emessa una sentenza di condanna ad una azienda significa che quell’ azienda il dolo l’ aveva già commesso; e che mentre il tribunale è impegnato nelle sue procedure giudiziarie molte altre ditte (forse anche la stessa che ha già cambiato il nome) continuano o possono continuare a falsificare.
Basti pensare a ciò che succede nelle confezioni e negli accessori di abbigliamento e, purtroppo, anche nei generi alimentari spacciati per IGP, DOP, DOC, BIO ecc...
Resta poi del tutto da definire cosa significhi “un prodotto di scarsa qualità”, definizione che in genere è collegata a due fattori: il corretto funzionamento di quel prodotto e la durata dello stesso nel tempo.
Per esempio il mio Comet 12 n° 76 costruito nel 1986 è da più di 30 anni che naviga… (e naviga anche molto ma molto bene).

 

E’ un prodotto di qualità?
Mi azzarderei a dire di sì...
...Ma se invece “essere un prodotto di qualità” per una imbarcazione da diporto significasse funzionare bene  per 100 anni, il mio Comet 12 sarebbe ancora un prodotto di qualità?
Mah ! 
Tutto è relativo, soprattutto se confrontiamo un Comet 12 costruito nel 1986 con un "JamesCookMagellan 42’ Super Large" costruito nel 2009 che fa entrare acqua dai masconi !
Un altro esempio di relatività della qualità è dato da uno dei prodotti su cui pare che non esista modo alcuno di… valutare la qualità: e cioè le vernici antifouling.
Vuoi per la temperatura media dell’ acqua dove uno scafo staziona, vuoi per la frequenza e la durata delle navigazioni cui viene soggetto, vuoi per le caratteristiche chimiche delle acqua dove è ormeggiato o si trova a navigare, vuoi per il solito battito di ali della farfalla in Giappone, sta di fatto che le variabili sono talmente tante e imponderabili che non esiste alcuna certezza di efficienza e durata (cioè di qualità).
Infatti non sono a conoscenza di alcuna forma di garanzia sull’ efficacia delle vernici: non mi risulta infatti esista alcun produttore che mi venda la vernice con su scritto: “Garanzia: se dopo un anno dall’ applicazione di due mani di questa vernice su qualche zona dello scafo ha attecchito una qualsiasi forma vegetativa lunga più di 2.5 mm, le verrà riconosciuta una operazione di alaggio, lavaggio e varo gratuita”.
Insomma siamo circa allo stesso livello del Super Enalotto..."tu gioca, ma che tu vinca non te lo assicuriamo"...infatti non ho ancora capito perché lo Stato non si metta a produrre vernici antifouling !
Battute a parte, tirando in ballo in modo un po' provocatorio le vernici antifouling sono riuscito a legarmi all’ argomento proposto da Vittorio Alessandro.

 
Le vernici antifouling ad ogni stagione lasciano comunque più o meno attecchire incrostazioni di cirripedi o semplici rivestimenti di alghe
 

Veniamo quindi ai “sistemi antifouling a ultrasuoni”, che si compongono sostanzialmente di un alimentatore che invia impulsi ad alta frequenza a uno o più trasduttori i quali trasformano energia elettrica in energia meccanica; essi sono applicati rigidamente all’ interno dello scafo (in vetroresina o metallico) e producono nell’ acqua, all’ esterno di esso, uno strato continuo di piccole bolle esplodenti che tengono lontani gli organismi animali e vegetali.
La potenza di ogni trasduttore è piccola (si parla di 4 - 6 W), mentre la frequenza è molto alta (17 – 59 KHz).
Ciò significa che l’ assorbimento di corrente, se collegato agli accumulatori a 12 V, è circa valutabile in 0.5 A per trasduttore; è basso ma occorre tenere presente che deve funzionare sempre, quindi è indispensabile il collegamento degli accumulatori a un sistema di alimentazione esterno (rete 220 V, pannello fotovoltaico, generatore eolico) che assicuri continuità di ricarica.
L’ area di efficienza di ciascun trasduttore inoltre è variabile dipendendo anche dalla struttura dello scafo: l’ intensità della vibrazione infatti dipende anche dalle dimensioni delle parti di guscio racchiuse dalla geometria dei rinforzi interni (ossatura) dello scafo e dal suo spessore; inoltre, come ogni sorgente di energia puntiforme, anche quella vibrazionale è soggetta alla legge dell’ inverso del quadrato della distanza, vale a dire che laddove la distanza raddoppia grossomodo l’ intensità dell' energia diventa un quarto.

   

Le ditte che commercializzano tale sistema consigliano l’ applicazione di un trasduttore per barche fino a 10 m e di due trasduttori oltre. Particolare limitazione insorge sugli assi di trasmissione e sui piedi poppieri, per i quali dovrebbe essere installato un trasduttore a parte.
Detto questo le frequenze in gioco sono talmente alte e lontane dalle frequenze proprie di risonanza dello scafo che non sussiste pericolo strutturale alcuno: sarebbe un po’ come far sbattere le ali ad un Boeing 747 con la stessa frequenza con cui vola una mosca.
Tuttavia, stanti le limitazioni di cui sopra, non ho dati sulla efficienza antifouling di questo sistema perché non conosco alcun armatore che abbia fatto questa scelta.
Certo è che gli zinchi sulle parti metalliche immerse vanno comunque cambiati ogni anno e, per gli scafi in vetroresina, far trascorrere loro un inverno sull’ invaso ogni 2 – 3 anni a titolo di deumidificazione e prevenzione-osmosi male non fa.
Sicché mi vien da dire che anche in questo caso ci siano vantaggi e svantaggi, nel senso che ecologicamente le micro bolle non avvelenano l' acqua (ma consumano energia elettrica che se proviene da una centrale termoelettrica inquina comunque), mentre nel caso delle vernici l' avvelenamento è evidente.
Insomma non siamo ancora riusciti ad inventare un sistema o un metodo antifouling che sia senza dubbio valido, che costi poco e che non inquini…Ogni trattamento infatti porta con sé pregi e difetti rispetto all’ altro.
A proposito mi vengono in mente le tartarughe marine più diffuse nei nostri mari (Caretta caretta).
Ne ho incontrate diverse navigando…sono creature magnifiche che se ne stanno in beata solitudine al largo, navigando sopra e sott’ acqua a velocità molto modeste o assenti quasi per tutta la loro vita salvo gli istanti che atterrano per deporre le uova.
Ebbene, non ne ho mai vista una con le alghe attaccate sul carapace o sul piastrone !
Mai !
Che dipenda dalla loro capacità di secernere sostanze antifouling ?  
O che dipenda dal solito battito delle ali di una farfalla in Giappone ?
La ricerca è apertissima e ovviamente rivolta in particolare modo ai biologi marini (e alle aziende che producono vernici antifouling)...

   

P.S. Nell’ estate del 2009 sono stati rinvenuti in alto Adriatico molti esemplari di piccole tartarughe completamente infestate dai balani (denti di cane) ma non dalle alghe.
Esami veterinari hanno accertato delle disfunzioni alimentari e nel fegato di tali esemplari.
Permane il dubbio se l’ attecchimento dei balani sia la causa delle loro patologie (indebolimento fisico, anemie, infezioni batteriche) o quanto piuttosto una delle conseguenze delle stesse patologie.
In questo caso varrebbe la pena di valutare se esistono correlazioni tra le patologie delle tartarughe e la loro presunta capacità di secernere sostanze antifouling !
La ricerca è sempre più aperta…e invito biologi e chimici a farla.
Intanto noi stiamo facendo sempre più male al nostro mare modificandone temperatura media e concentrazioni di sostanze inquinanti…Non mi spiego infatti altrimenti perché i balani abbiano aggredito le piccole tartarughe solo nel 2009 e perchè ogni anno l’ attecchimento di organismi sullo scafo della mia barca (che se ne sta sempre allo stesso posto) è sempre diverso in entità e tipologia….


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