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MARZO 2021


IL FUTURO O L’ ERA GLACIALE?

Due miei amici, inconsapevolmente uno dall’ altro, mi hanno inviato l’ uno il seguente link (filmato che vi invito a guardare con attenzione), l’ altro il seguente messaggio:

LUNA ROSSA SI ALLENA

“Ciao Marco hai visto le barche di Coppa America? Incredibili.
Magari potresti scrivere un commento tecnico su Nauticautile, sarebbe apprezzato sicuramente”.

Pur essendo un ingegnere appassionato di navigazione, non mi reputo all’ altezza di scrivere un commento tecnico su queste ultime “barche”; non faccio certo parte infatti di uno staff tecnico che abbia seguito una qualche progettazione a quei livelli.
Quel che posso fare, non so quanto gradito, è dire le mie impressioni come se fossi uno dei tanti (troppi) invitati ad uno dei tanti (troppi) salotti televisivi sulla tanta (troppa) politica italiana.
Del resto su quel che penso sulle regate della Coppa America ho scritto qualcosa di assai poco entusiasta nell’ ottobre 2010, ma oggi mi è stato richiesto di scrivere qualcosa sulle barche della Coppa America ed è diverso.
Per la cronaca Luna Rossa ha recentemente vinto la Prada Cup, che sarebbe il trampolino di lancio per disputare, questo attuale mese di marzo, la sfida al detentore della Coppa America, che è New Zealand.

Il motivo per cui ho intitolato queste righe mettendo vicino il futuro alle ere antidiluviane è tutto riassunto nel seguente punto 1, ma abbiate pazienza e continuate a leggere senza già saltare più oltre.
Osservando le evoluzioni dell’ultima Luna Rossa nel filmato di cui sopra mi vengono in mente diverse considerazioni.
Correre forte è la tendenza di quasi tutte le competizioni, scrivo “quasi” perché il sollevamento pesi non si basa certo sul far presto.
Quando però “il motore” non sono i muscoli delle gambe né quello di una automobile ma è il vento, sorge un problema: il vento ha sì una intensità, ma ha soprattutto una direzione cioè una linea (quasi) retta lungo la quale agisce.
Quando il mezzo in movimento (in questo caso la barca) deve poter andare in tutte le direzioni deve per forza fare i conti con una direzione ben definita, che è quella del vento apparente.
Infatti più una barca a vela corre forte, più forte è il vento che sente provenire da prua; questo, sommato vettorialmente a quello effettivo che agisce in quel momento, prende il nome di ”vento apparente”, come un qualsiasi velista sa.
Anche un motoscafista lo sa: se infatti c’è bonaccia assoluta, chi naviga su un mortscafo sa che navigando a 25 nodi sentirà un “vento apparente” di 25 nodi che proviene dalla sua prua.
Tutto questo discorso (che chi vuole troverà ben spiegato negli articoli di marzo e aprile 2008 di questo sito) per dire che la “barca” del filmato ha praticamente le vele sempre cazzate di bolina, anche se le altre barche che le navigano intorno hanno a riva il gennaker… Inosmma il vento che le sue vele sentono proviene quasi sempre dalle parti della sua prua.


Pe chi ama i vettori  Vv (azzurro) rappresenta il vento reale;  Vb (rosso) è l' opposto della velocità della barca. 
Va (nero) è il vento apparente, cioè quello che sentono le vele in quel momento. 
Più grande è la velocità della barca Vb rispetto a quella del vento Vv, più il vento apparente Va si avvicina alla prua della barca
e più le vele devono essere avvicinate all' asse dello scafo (cazzate) e l' andatura prende il nome di bolina.

La velocità delle barche che dispuitano oggi le regate per la Coppa America è talmente elevata rispetto a quella del vento in essere (reale), che praticamente per le loro vele e per il loro equipaggio esso proviene quasi dalla prua (con una brezza reale di 12 nodi queste barche possono raggiungere i 40 nodi).
Come può avvenire questo è ciò che cerco di spiegare più oltre.
Da notare che il navigare con il vento in poppa per "barche" simili diventa altrettanto impossibile che navigare andandogli esattamente contro; in efetti navigare col vento che spinge da dietro non sarebbe del tutto impossibile, ma sarebbe assolutamente sconsigliabile in quanto la pressione sulle vele sarebbe ridottissima e quindi la velocità non sarebbe sufficiente al sollevamento dello scafo sull’ acqua.
Così veniamo al “sollevamento sull’ acqua" che è la cosa più notevole.

Pe correre forte è necessario ridurre gli attriti sia con l’ aria che con l’ acqua; gli attriti aumentano col quadrato della velocità (questa è fisica).
Le forse di attrito oltre che dalle carattreistiche della superficie in movimento dipendono anche dalla densità del fluido dove ci si muove; l’ acqua ha una densità circa 1000 volte maggiore del’ aria; significa che a parità di velocità muoversi nell’ acqua “costa” 1000 volte di più.
La conseguenza è che una volta curato ogni possibile forma di riduzione di area esposta al vento e avendo curato forme quanto più aerodinamiche possibili, occorre dedicarsi alla riduzione degli attriti in acqua (cosa che da centinaia di anni tutti i progettisti di nautica cercano di ottenere).
Questa maggiore densità dell’ acqua però non porta solo svantaggi, comporta infatti anche un vantaggio enorme: essa offre ad un profilo alare una portanza 1000 volte maggiore rispetto a quella che si otterrebbe muovendolo nell’ aria.
Per gli appassionati di formulette la portanza (quell' insieme di forze che tiene in volo uccelli e aerei)
ha all’ interno della sua formulazione, oltre che qualche coefficiente di forma e di attrito, il prodotto della densità del fluido x la velocità al quadrato.
Allora ha senso sfruttare questa portanza dotando lo scafo di alette di sostentamento e, man mano che esso accelera, facendolo sollevare dall’ acqua così si vengono ad eliminare anche tutti gli attriti dovuti alla formazione del moto ondoso (che sono enormi).
Detto coì sembra facile, ma per far sollevare dall’ acqua lo scafo occorre molta velocità e soprattutto molta leggerezza…tanto più lo scafo corre forte e insieme è leggero quanto prima si solleverà (oppure riuscirà a sollevarsi con una intensità di vento inferiore).
Infatti queste “barche” lunghe poco più di 20 metri e larghe circa 5 pesano appena 5 tonnellate (!)
Tanto per avere un termine di paragone una barca a vela da diporto di pari dimensioni ne pesa circa 35.

In effetti ciò che mi impressiona nel filmato di Luna Rossa sono le due appendici ruotanti laterali.
Di esse mi colpiscono i seguenti fatti:
1 le alette di sostentamento sono spaventosamente uguali alle code dei cetacei (in particolare a quella dei capodogli che pur pesando molto sono anche molto veloci…ecco il riferimento all’ era glaciale: vale a dire che "qualcuno" ha inventato cose che funzionano molto bene già molto prima di noi uomini);
2 le appendici curve nella loro parte più “verticale” quando sono alternativamente immerse devono fare anche la funzione di deriva, altrimenti la barca si sposterebbe lateralmente senza quasi avanzare;
3 in fase di virata in prua, poiché come è noto in virata viene persa un po’ di velocità, vengono giustamente abbassate entrambe le pinne sostentatrici così da ri-aumentare la portanza e poter eseguire la virata ancora in “assetto sospeso”.
4 tutto il peso della barca armata e dell’equipaggio (azione verticale) sommata alla portanza sulle vele (azione pressoché orizzontale) e alla portanza di deriva nell’ acqua (azione orizzontale) va a cadere su tale appendice e sulle alette di sostentamento, tant’ è che in alcune immagini la barca naviga solo “tenuta su” da una di tali appendici…
Un bel calcolo strutturale, non c’è che dire!....Mi vien da pensare: “chissà quante ne hanno spaccate prima di realizzare quella giusta!”

Per non dilungarmi oltre in questa sede, vi invito a leggere quanto ho pubblicato negli articoli di Giugno 2015 ed anche Aprile 2019.

Il fatto numero 4 è veramente un miracolo di equilibrio che è possibile però solo in assenza di moto ondoso rilevante.
Insomma voglio dire che oltre a non essere propriamente una “barca” mi risulta difficile considerare che questo scafo possa navigare in condizioni “sollevate” con presenza di moto ondoso rilevante.
In effetti, durante una recente regata tra Luna Rossa e American Magic, quest’ ultima si è sollevata puntando al cielo e quindi si è schiantata su un fianco affondando…
Considerare una “barca” una sintesi così esasperata di profili alari nell’ aria e nell’ acqua in cui lo scafo è un qualcosa che serve a tenerli insieme è difficile: la definizione di barca è soprattutto quella di scafo, quindi secondo la mia modesta opinione la si dovrebbe chiamare in un altro modo.

     

E veniamo quindi all’ altro argomento che ne deriva immediatamente: quale può essere di tale dispendio di soldi e di energie progettuali la fruibilità nel mondo estraneo alle competizioni?
Ve la vedete tra una decina di anni una famigliola composta da padre madre e due figli che se ne va in crociera a 35 nodi sollevata sull’ acqua indossando caschi da moto GP?
Non nego che ci potrà essere qualche sporadica applicazione sul disegno delle appendici (c’è già), o sui meccanismi della loro rotazione e sollevamento in caso di chiglie mobili (ci sono già).
Ma non ci saranno certo applicazioni sul disegno dello scafo, che nel mondo della crociera risulta troppo condizionato dalle esigenze di movimentazione di equipaggio (leggi prendisole e merendine), di manovre in coperta e di sistemazione degli arredi interni (leggi cuccette, cucina e wc).

Una ultima osservazione sull’ assetto di Luna Rossa: in fase di sostentamento e in condizioni di mare pressoché piatto si nota che la “barca” risulta avere un assetto un po’ “picchiato”.
In mare conviene navigare con assetto leggermente “cabrato” per aiutare la prua a sollevarsi sulle onde; tuttavia questo vale per velocità modeste e dislocamento pesante.
Se invece lo scafo disloca poco, corre forte e non poggia sull’ acqua, navigando in assetto cabrato può succedere che l’ aria si infili sotto lo scafo e tenda a sollevarlo comportandone il sollevamento non controllato…è quel che succede alle barche leggere quando se ne giacciono a terra sull’ invaso e arriva un forte colpo di vento (e forse è successo anche ad American Magic)…
…In pratica volano via.
Quindi, non essendone sicuro per mia ignoranza, credo che l' assetto lievemente picchiato di Luna Rossa sia voluto.

 

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