ARTICOLI E CHIACCHIERE COSE TRA NOI
 NOVEMBRE 2006

Mi ha scritto il signor  Pierluigi Pasquinelli - al quale ho già risposto privatamente - in merito a un aspetto che ritengo giusto esporre in queste pagine.
L’ argomento riguardava  l’ opportunità dell’ acquisto di una barca usata di 28 piedi all’ estero (leggi Gran Bretagna o Francia o Grecia o Turchia).
Quale deve essere la proporzione tra il costo dell’ imbarcazione e le spese ulteriori per portarsela a casa in modo tale che l’ acquisto risulti ancora un buon affare ?
La risposta non è semplice, in quanto il costo dell’ imbarcazione è una variabile troppo incerta: (paradossalmente se io avessi uno zio turco generoso la barca la potrei avere anche in regalo).
Ma confinando la cosa in termini più ragionevoli, anche ammettendo che quell’ usato costasse il 20 % in meno rispetto ad un pari acquisto fatto in Italia, ne varrebbe ancora la pena ?
Io credo che il costo di un’ imbarcazione di 28 piedi a vela usata di 15 anni fa a grandi linee possa essere valutato nel nostro Paese intorno alle 30000 €.
Ammettiamo di trovarne una in buono stato (come dicono gli annunci) in Bretagna a 24000 €, cioè con uno “sconto del 20 %”. Il margine è di 6000 €.
Le spese cui andrei incontro sono:
un viaggio con il perito per esaminare la barca in secco (aereo + albergo); se sono fortunato la posso far varare e provarla anche in navigazione, altrimenti devo fare un secondo viaggio (aereo + albergo) e stilare il preliminare; un terzo viaggio per sottoscrivere il contratto; un trasferimento in Atlantico e in Mediterraneo con una barca di 28 piedi per circa un mese (se sono fortunato e va tutto bene), oppure il trasporto su autoarticolato (il trasporto sarà eccezionale perché senz’ altro un 28 piedi è più largo di m 2.40) o su di un cargo; l’ iscrizione ai RID italiani se ho intenzione di navigare oltre le 12 M.  
Bastano 6000 € ?
Ne dubito assai; probabilmente solo il trasporto costerebbe di più.
Allora la morale è presto detta: acquistare una barca all’estero (a meno che non sia la Francia mediterranea per un Genovese o l’ Istria per un Triestino) ha senso solo se l’ imbarcazione è molto grande, così che l’ eventuale convenienza sul prezzo diventi essa stessa una cifra importante.
Secondo me questo tipo di mercato è quindi riservato alla super-barche (60 piedi e oltre), a meno di non trovare un affare spudoratamente conveniente con barche più piccole.  

C’ è anche un altro aspetto cui il signor Pasquinelli  mi ha fatto pensare: come mai per avere oggi una barca a vela da crociera lunga meno di 30 piedi bisogna orientarsi verso un usato… datato ?
Questo è un argomento che merita di venir approfondito in un prossimo incontro mensile.

Mia moglie mi ha fatto notare che la didascalia riportata sotto la foto nell' articolo del mese scorso 
"poteva portare il lettore a pensare che lei fosse una ubriacona". 
Ammetto che ho sposato un  bravo timoniere che sarebbe falso definire ubriacona e quindi le chiedo pubblicamente scusa.  

Eccola qui impegnata (si fa per dire) col "borino pomeridiano". 
Pongo all' attenzione del lettore il fatto che in navigazione spesso siamo soliti trascurare le gentili signore e signorine ritenendole  incapaci di tenere il timone...   Nulla di più sbagliato! 
Timonare significa prima di tutto avere sensibilità e le nostre gentili compagne ne hanno spesso molta ma molta più di noi.


L' ARTICOLO DEL MESE 

Ovvero la continuazione di quanto detto lo scorso ottobre sulle onde e la velocità degli scafi


Lo scorso mese avevo terminato queste solite quattro righe che butto giù con passione ponendo al lettore due domande che stavano a metà strada tra la nautica e l’ aeronautica.

Chiedevo: “se si naviga è meglio planare o dislocare?”, e poi: “se si vola è meglio superare o no la barriera del suono?”
Anche se tali domande potevano far pensare che fossi stato colpito da forti coliche addominali dovute alla somministrazione di una vivace birra ghiacciata un’ ora dopo aver ingurgitato un paio di wurstel, in verità esse erano state poste al fine di far ragionare chi legge.

DIGRESSIONE PRESSOCHE' INUTILE
Seguendo la teoria di alcuni uomini politici post-craxiani di dubbia saggezza, il ragionamento è quella qualità umana che oggi è stata del tutto abolita nelle reti televisive d’ ogni ordine e grado.
Ma a noi invece piace andare controcorrente: perciò ci sforziamo di ragionare il più possibile,anche se ciò va poco di moda e soprattutto non fa “audiens” come le gambe e le curve delle veline.

In termini di formazione di onde e di energia dissipata il superare la barriera del suono nell’ aria corrisponde a entrare in regime di planata sull’ acqua.
Ne sanno qualcosa gli aviatori militari che hanno molti aerei capaci di superare tale barriera, dato che per il loro mestiere è di vitale importanza essere veloci.
L’ aviazione civile invece, come è noto, vola a velocità ben inferiori: per la verità essa fece un tentativo di “correre forte” un po’ di anni fa con l’ aereo chiamato “Concorde”, poi si accorse che i consumi erano così elevati da non rendere il trasporto competitivo rispetto agli aerei “normali”.
Del resto non si può certo dire che gli aerei “normali” vadano piano: 800 Km/h circa per trasportare persone e cose è una gran bella velocità.

DIGRESSIONE DI UNA CERTA UTILITA’
La velocità del suono in aria è circa 350 m/s cioè circa 1260 Km/h: superarla vuol dire correre un po’ di più.
Se si moltiplicano per 350 i secondi che passano da quando si vede il fulmine a quando si sente il tuono si sa  quanti metri è distante il temporale. Roba da scuola elementare…Ricordate no?  

Gli aerei comunque viaggiano nell’ aria (anzi in quel che resta dell’ aria a 9000 m di altezza), mentre le barche si  spostano sull’ acqua dove, in termini di consumo di energia, è  proprio tutta un'altra faccenda.

Dalla relazione tra onda e velocità dello scafo abbiamo visto che se si vuol correre forte sull’ acqua ci sono solo due possibilità:
1 - costruire uno scafo lunghissimo;
2 - planare.

DIGRESSIONE ANCOR PIU’ UTILE C’è anche un’ altra possibilità che vedremo più avanti.

Facendo un po’ di conti e usando la formula che abbiamo visto il mese scorso, se volessimo viaggiare a 30 nodi in regime dislocante (cioè senza dover planare) avremmo quindi bisogno di uno scafo lungo 164 metri, cioè di una vera e propria nave che propriamente non è alla portata di tutti i diportisti.

Alla portata di un po’ più di gente è invece un motoscafo di 10 metri che planando può raggiungere i 30 nodi, a patto di avere delle linee d’ acqua poppiere molto piatte e molta potenza disponibile, diciamo circa 500 CV.
Ovviamente non è tutto oro quel che luccica in quanto oltre ai “pro” ci saranno anche i “contro” che sono, come è ben noto, i consumi e le condizioni della superficie del mare.

CONSUMI
E’ la ragione principale per la quale nei porti turistici si vedono moltissimi motoscafi ormeggiati, ma andando per mare se ne vedono pochissimi in navigazione…
Se poi andate in crociera, state sicuri che ne incontrerete ancora meno.
Tempo fa conoscevo il dottor Oculatić che possedeva una pilotina di 10 metri con istallato un vecchio motore Rugginini di 50 CV; la barca non era assolutamente in grado di planare, però già a ¾ della potenza riusciva a raggiungere i 7,3 nodi che era la sua velocità limite in regime dislocante: navigando in queste condizioni il motore consumava circa 2,7 litri di gasolio l’ ora.
Nello stesso periodo ero in contatto anche col dottor Assegnoni che invece possedeva un bel motoscafo lungo 10 metri con installati due motori Polpo Venta da 250 CV l’ uno; la barca planava presto e raggiungeva i 30 nodi con i motori quasi al massimo dei giri.
I due motori insieme consumavano così circa 85 litri di gasolio l’ ora.
Per andare a mangiare il pesce nel posto che “solo loro conoscevano” distante 36 miglia Oculatić impiegava 5 ore e consumava 13 litri, Assegnoni invece impiegava 1ora e 12 minuti e consumava 100 litri. 
Insomma Oculatić impiegava 4 volte più tempo di Assegnoni, ma consumava ben 7,5 volte di meno.
Dopo due week-end si stufarono entrambi: Oculatić diceva che per mangiare il pesce gli andava via troppo tempo, Assegnoni diceva che quei  pranzi gli venivano a costare troppo cari.
Così entrambi vendettero le barche e, per fare il giro del golfo, tornarono a prendere l’ autostrada con le loro auto, come facevano tanti anni prima.
In questo modo impiegavano tutti e due 3 ore e mezza e consumavano 15 litri di gasolio.
Fatto curioso: con gli anni successe che anche il pesce non arrivava più a quel ristorante dal mare con i pescherecci; veniva infatti pescato in Atlantico, congelato in Nord-Europa e trasportato in autostrada con i camion frigoriferi. 
Potere della globalizzazione!

LA SUPERFICIE DEL MARE
E’ proprio vero che le onde danno fastidio ai motoscafisti; il fatto è che se c’è mare non si può correre, e correre è proprio la ragione per cui si plana.
Se togliete a un motoscafo di progetto moderno e progettato per il “mercato Mediterraneo” la possibilità di planare, allora conviene lasciarlo legato all’ ormeggio.
Esistono barche a motore che planano con mare formato?
Sì ci sono, o meglio c’erano: qualcuno forse si ricorderà i “vecchi” motoscafi americani Cris-Craft.
Essi avevano in pratica la carena divisa in due parti distinte: a prua lo scafo era molto stellato (cioè a V profondo) che restava profondo fin quasi a metà lunghezza, a poppa lo scafo era piatto e di basso pescaggio e si stringeva leggermente verso lo specchio posteriore; a guardarli da una certa distanza sembravano due scafi diversi saldati insieme a metà barca.
Ebbene questi scafi erano e sono in grado di navigare planando anche con mare formato; le loro velocità sono appena superiori al regime di planata (intendo dire che anche con mare calmo non superano comunque i 15 - 18 nodi contro i 30 e oltre dei loro concorrenti più moderni e tipicamente mediterranei) però la loro stabilità è notevolissima.
Se qualcuno si chiedesse come mai non se ne vedono più in giro, la risposta è molto semplice e sta tutta nella seguente domanda: quale motoscafista naviga oggi col brutto tempo?
Non è forse meglio avere una bella barca nata per planare e aspettare una bella giornata di bonaccia per poter scatenare tutti i cavalli di bordo?

Orbene, l’ attento lettore ricorderà che più sopra avevo indicato nella “Digressione ancor più utile” una terza via per potersi spostare sull’ acqua velocemente senza dover allungare lo scafo e senza dover planare.
Se però la distrazione avesse avuto il sopravvento non c’è da preoccuparsi, perché me ne sono ricordato io.

IL CATAMARANO
Il fatto è che sino ad ora abbiamo parlato di lunghezza e di velocità, di regime dislocante e planante, ma non abbiamo mai parlato della larghezza.
Intendo dire che partendo da un motoscafo lungo 10 metri e largo 4, noi lo potremmo allungare fino a 164 metri di lunghezza (mantenendo inalterata la larghezza), così che esso possa raggiungere i 30 nodi senza dover planare; è certo però che le sue proporzioni non sarebbero più le stesse: uno scafo lungo 164 metri e largo 4 farebbe un po’ ridere e sarebbe molto instabile.
Invece è una cosa molto seria.
Infatti se immaginassimo ora di riportarlo nuovamente a 10 metri di lunghezza ma mantenendone stavolta le proporzioni, esso diventerebbe largo ben 25 centimetri !
In queste condizioni ovviamente starebbe diritto con difficoltà, ma se gli affiancassimo un’ altro scafo gemello avremmo risolto anche il problema della stabilità e avremmo ottenuto ciò che viene chiamato catamarano; insomma uno dei due scafi di un catamarano non è altro che uno scafo molto lungo rispetto alla sua larghezza.
Come si comporta un catamarano in navigazione, plana o non plana?
La risposta a questo interrogativo è controversa e comunque non è di grande interesse; di gran lunga più interessante invece è il fatto che l’ onda creata dall’ avanzamento del catamarano praticamente non c’è (rispetto alle dimensioni dello scafo); in altre parole il catamarano è fatto da due scafi molto lunghi rispetto alla loro larghezza, sono portati a non planare e soprattutto sono scafi ad alta efficienza perché la loro energia motrice va sviluppata più in velocità che non in formazione di moto ondoso.
E’ quindi un tipo di barca che “consuma poco”, sia che venga spinto dal vento che dal gasolio…
Un bel risultato, no?

A questo punto restano aperte altre considerazioni da fare in merito a tutte le altre domande che mi ero posto il mese scorso, considerazioni però più attinenti ai monoscafi a vela che agli scafi a motore: penso ancora una volta che sia il caso di vederle il prossimo mese, con più calma.
Certo è che se si vuole navigare spendendo pochi soldi di carburante o issando vele piccole e maneggevoli la soluzione migliore è il catamarano.
Così come nell’ oceano Pacifico o in quello Indiano (Ceylon, dove pare sia nato) esso è molto apprezzato, qui da noi purtroppo non è proprio capito.
E' un progetto decisamente nato per i grandi spazi; nelle nostre darsene  (dove 1 metro quadrato vale oro colato) il posto barca per un catamarano costa il doppio di un posto barca “normale”.
Insomma avviene nei nostri "marina" esattamente ciò che eminenti politici hanno recentemente inventato per gratificarci con la riduzione delle tasse dello Stato: hanno fatto aumentare quelle degli Enti Locali.
Voglio dire che col catamarano ciò che si risparmia in gasolio lo si spende in tariffa d’ ormeggio.
Anzi forse si spende decisamente ancor di più.

Mi scuso per queste “divagazioni politiche” che poco hanno a che vedere con la “nautica tecnica”, ma la domanda che mi sorge comunque spontanea (e anche se non sembra è più politica che nautica) è:
“Riteniamo in buona fede un broker che tenti di venderci un catamarano e che non ci informi che tale imbarcazione occupi l’ equivalente di due posti barca ?”
O siamo noi così scemi da non riuscire a considerarlo da soli ?

Alcune foto di questo mese le ho "rubate" dall' encicolpedia "Il mare" di De Agostini, che pazientemente ho raccolto fascicolo dopo fascicolo quando ero ancora giovinetto (ah, bella cosa l' ingenuità).
Spero che detta casa editrice non se ne abbia a male, in caso contrario chiedo scusa fin d' ora. 

 

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Vista dall' alto la scia di uno scafo che plana è più o meno la stessa di un proiettile che attraversi l' aria a velocità superiore a quella del suono.