ARTICOLI E CHIACCHIERE COSE TRA NOI
 NOVEMBRE 2011

 LE MIE IDEE SUGLI ABBORDI IN MARE

Ho preferito lasciar passare qualche mese da questo ultimo infuocato agosto 2011 perché trovo ragionevole lasciar decantare le emozioni che si provano a seguito di un fatto brutto, tuttavia trovo doveroso che non venga dimenticato ciò che è successo.
Lo scorso agosto è stato infuocato non solo per il sole cocente (che in verità si è fatto attendere un bel po’ durante i mesi di giugno e luglio) ma soprattutto per i numerosi incidenti, anche e soprattutto mortali, che ogni anno sempre con maggiore frequenza coinvolgono noi diportisti.
“Ecco - qualcuno dirà – con tutti i morti che ci sono ogni giorno per il traffico stradale, questo qui vuol parlare di quei pochi incidenti che capitano in mare !”
E’ vero, il confronto col traffico sulle strade in termini di vite umane non regge: l' asfalto miete più vittime dell' acqua salata; è anche vero però che occorrerebbe qui ricordare tutti quei morti (in mare) che si trovano ad essere privati di tutto per la sola colpa di essere nati in un paese governato male e tra queste vittime tante (anzi troppe) sono donne e bambini.
Sì lo so che quello dei barconi pieni zeppi di disperati di colore è un discorso complicato che tocca politica e religione insieme e che esula dalla nautica da diporto, ma è bene che ogni tanto lo ricordiamo...noi che stiamo così bene rispetto al resto del mondo.

…Ma torniamo alle vittime sul mare, limitatamente alla nautica da diporto.

IL TIMONIERE INDECISO

Agosto, agosto, agosto... pare che durante questo mese la patente nautica perda molto del suo valore.
Hanno un bel dire le cronache che è il mese in cui la densità del traffico diportistico è maggiore e che quindi è normale che la percentuale di incidenti aumenti, tuttavia il mare è così grande che per far scontrare tra loro due barche bisogna proprio mettercela tutta.
La patente nautica - con tutti i suoi insegnamenti sul “come evitare gli abbordi in mare” - nel mese di agosto sembra venga considerata tale e quale a un fumetto di Braccobaldo Bau: lo leggiamo e poi lo dimentichiamo.
Io mi guardo bene, in queste pagine, dal riportare le regole che tutti noi dovremmo conoscere per bene a memoria, però ritengo utile soffermarmi su alcuni particolari che non hanno direttamente a che fare con le norme (anzi, che a volte vanno contro queste) ma che comunque riguardano la condotta della navigazione e, come diretta conseguenza, il provocare o l’ evitare gli abbordi in mare.

Come è successo a molti di voi, anch’ io ho navigato sia di giorno che di notte su barche da diporto e spesso mi è capitato di incrociare navi e pescherecci.
In una occasione mi capitò anche di trovarmi vicino ad una zona di mare dove si stavano svolgendo esercitazioni militari; erano i tempi della guerra nella ex repubblica Jugoslava e un elicottero fece subito capire da che parte dovevamo andarcene….
Già, l' Adriatico non è mai stato un “mare facile”, soprattutto geograficamente e politicamente.

Durante queste mie esperienze la barca dove mi trovavo procedeva quasi sempre a motore, o perché era un motoscafo, o perché era una barca a vela con poco vento e tanta strada da fare.
Ho il ricordo, per esempio, di un trasferimento da Corfù durante il quale, risalendo di notte il canale di Otranto, sullo schermo del radar avvistammo ben tredici navi traghetto contemporaneamente (vale a dire 13 navi concentrate nel raggio di una ventina di miglia); noi procedevamo a 8 - 9 nodi, loro a 30 - 35. Sembrava di assistere a un film tipo “Guerre stellari”, dove loro erano i missili e noi il bersaglio.

In qualche occasione più rara mi sono trovato invece a navigare a vela.
Ho il ricordo, per esempio, di una regata in notturna che ci avrebbe fatti arrivare a Trieste all’ alba; eravamo un gruppetto di tre barche a vela piuttosto vicine tra loro e una nave (per fortuna a velocità ridotta) ci passò letteralmente in mezzo; la mia barca aveva i fanali di via in testa d’ albero, perciò la nave la illuminò con un potente riflettore….Evidentemente voleva capire che "cosa" fossimo, dato che portavamo le luci così in alto ed è anche evidente che tutti e tre gli avevamo rotto parecchio le scatole attraversandole la rotta alla modesta velocità di 5 nodi.

Ebbene questi esempi li ho voluti riportare perché su qualsiasi tipo di imbarcazione da diporto ci si trovi e qualunque siano le condizioni del mare, ancor più del fattore precedenza è sempre assolutamente indispensabile tenere conto del fattore velocità.
Vediamo perché :
in condizioni meteo normali una barca a vela piccola (25-30 piedi) può procedere intorno ai 4 – 5 nodi, una molto grande (55-60 piedi) intorno agli 8 – 10 nodi;
un peschereccio, se sta tirando può procedere intorno ai 3 – 4 nodi, se sta navigando normalmente cammina intorno ai 7 – 8 nodi;
un motoscafo con mare calmo può viaggiare intorno ai 20 – 30 nodi;
una nave può navigare ugualmente intorno ai 25 – 35 nodi.
Questi valori sono assai indicativi ma fanno capire che le cosiddette “precedenze” in mare non hanno lo stesso valore delle cosiddette “precedenze” del traffico stradale.
Il “provenire da destra o da sinistra” può andar bene tra due automobili che hanno entrambe la possibilità di viaggiare a 60 Km/h e la possibilità di fermarsi in una quindicina di metri, ma il “provenire da dritta o da sinistra” può non avere alcun valore se stanno incrociando un motoscafo e una barca a vela (o peggio una nave e una barca a vela).
So che per essere compreso in quel che ho appena scritto devo fare qualche esempio.

Se siete a bordo di una barca a vela che naviga a 5 nodi e provenite da sinistra rispetto a un motoscafo che naviga a 25 nodi, non potete fare altro che aspettare che sia lui a fare qualcosa (anche se toccherebbe a voi manovrare).
E’ infatti come pretendere che un carretto trainato da un trattore agricolo a 20 Km/h riuscisse a schivare un’ auto che viaggiasse a 100 Km/h (cioè 5 volte più veloce): se non è l’ autista dell’ auto che fa qualcosa ci sono fortissime probabilità che il carretto venga centrato dall’ auto.

Se siete a bordo di una barca a vela che naviga a 6 nodi e provenite da dritta rispetto a una nave che viaggia a 30 nodi, non potete fare altro che manovrare voi (anche se toccherebbe alla nave manovrare).
Voi infatti potete modificare la vostra rotta o fermarvi quasi istantaneamente, la nave invece non è in grado di fare tutto questo se non dopo diversi minuti e solo dopo aver percorso qualche miglio.

Lo stesso dicasi nei casi di incrocio con un peschereccio che sta lavorando (verosimilmente che sta tirando una rete a strascico)…Non possiamo pretendere che esso abbia la manovrabilità di un motoscafo e che schivi la nostra barchetta a vela.

Insomma non è sempre vero che navigare a vela corrisponda a un stato particolarmente privilegiato dell’ essere umano, tale per cui qualsiasi altra cosa galleggi debba inchinarsi e soggiacere ai suoi capricci.
Come non è sempre vero che la nostra barca a vela, quando naviga a motore, sia in condizioni di poter schivare un motoscafo lanciato con tutti i suoi cavalli sull’ azzurro mare di agosto…
Quindi il concetto di velocità (e di manovrabilità) in mare può anche fare a pugni con le norme e deve essere valutato con molto buon senso.

C’è anche un altro aspetto che riguarda la condotta della navigazione che è bene rimarcare: sarà forse  abbastanza ovvio ma vale la pena di ricordarlo ugualmente.
Qualche anno fa ero a terra in darsena a Eraclea e verso mezzanotte vidi arrivare un motoscafo (era un piccolo day-cruiser) con a bordo uno che guidava e un altro che dormiva.
Quello che guidava mi chiese : “Come si chiama ‘sto posto ?”
“Eraclea mare”, risposi.
“Lignano è distante ?” chiese ancora quello dopo una lunga pausa di riflessione.
“Una quindicina di miglia a ENE”.
“Ah - fa il tipo - da che parte ?”
Con pazienza mi tramutai in un pedone stradale e gli dissi : “Vede là da dove è entrato ? Ecco, giri a sinistra e poi sempre dritto parallelo alla riva per una trentina di chilometri”.
Dopo una ultriore pausa di riflessione durante la quale il motore continuava a borbottare al minimo tra gli aloni rossi e verdi dei fanali di via, il tipo sentenziò : “Ah, mi pareva che era un po’ lunga da Portorose a qua…Forse è meglio che ci fermiamo qui per stanotte”.
“Già, forse è meglio”, conclusi io.
Insomma, voglio dire che l’ alcool non fa certo bene per guidare, e non solo le automobili o le moto…

Ma al di là di tutti questi commenti è da porre assolutamente in evidenza il fatto più importante, così importante che tutte le norme e tutto il buon senso vanno a farsi benedire se questo fatto viene tralasciato.
Mio padre, appassionato di montagna e buon alpinista e arrampicatore, mi diceva sempre: “Quando cammini in montagna guarda sempre davanti ai tuoi piedi e osserva bene dove li metti; se vuoi ammirare il panorama o parlare con i tuoi compagni, fermati !”
La stessa cosa vale per la condotta di qualsiasi barca, barchino, motoscafo, sommergibile, nave, moto d’ acqua, gommone e che altro…
Non può e non deve esistere che l’ autopilota consenta distrazioni, così come non può e non deve esistere che l’ equipaggio si dedichi ad altro senza lasciare nessuno di guardia.
Questo agosto i coniugi Francesco Salpietro e Marinelda Patella sono deceduti standosene seduti nel pozzetto del loro Gran Soleil 39 perché un motoscafo croato li ha centrati in pieno.
Qui non è una questione precedenze e di dritta e sinistra (anche se il Gran Soleil proveniva da dritta).
Ripeto: una barca che naviga a 6 nodi non può fare nulla per evitare la collisione di un motoscafo che le sta piombando addosso a 30.
Nel caso in esame l’ unica cosa che ci si può chiedere è perché il motoscafo, vedendo che stava centrando il pozzetto della barca, non abbia manovrato…Ma pare che l’ autopilota si fosse bloccato.
Io non ero presente - come voi del resto - ma se mi trovo a guidare un pullman e mi si blocca lo sterzo credo proprio che mi venga istintivo frenare; io non credo esistano motoscafi ai quali si blocchi contemporaneamente sia l’ autopilota che il comando dell’ acceleratore, così come difficilmente esistono biciclette cui si blocchi il manubrio e nello stesso momento si rompano i freni.
Nel caso in esame credo esistano due sole possibilità: o chi guidava il motoscafo credeva di essere un giovane ufficiale di un MAS durante una azione di guerra e voleva imitare il siluro che aveva appena lanciato, oppure questa persona era in tutt’ altre faccende affaccendata e tutto faceva fuorché guardare innanzi a sé.
Non voglio commentare ulteriormente l’ incidente; mi limito ad esprimere ai famigliari di Francesco  e Marinelda la nostra sincera partecipazione al loro dolore a ribadire con forza che l’ autopilota non è un dispositivo dotato di vista e di potere decisionale.


Quando sulla nostra barca inseriamo il pilota automatico e in quel momento ci pare di toccare il cielo con un dito per la folle comodità che esso ci offre, pensiamo costantemente a coloro che sul mare hanno passato una vita percorrendo decine di migliaia di miglia e che non hanno mai speronato nessuno, se non magari una balena: nelle sue navigazioni oceaniche in solitario Bernard Moitessier non vedeva l’ ora di potersi allontanare dalla rotte commerciali delle navi per poter finalmente dormire.... Eppure stava navigando in oceano !
Figuriamoci se noi possiamo permetterci di scendere giù in dinette a farci una partita a carte mentre stiamo attraversando il golfo di Napoli o stiamo costeggiando il litorale da Lignano a Grado.

E’ come se volessimo scoprire se c’è dello sporco sotto il tappettino poggiapiedi dell’ auto
mentre stiamo viaggiando in colonna sulla tangenziale di Mestre, no ?

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