ARTICOLI E CHIACCHIERE COSE TRA NOI
NOVEMBRE 2015


OSMOSI E INDAGINI OSMOTICHE

Sempre più spesso quando un cliente mi interpella per avere un preventivo per eseguire una perizia di acquisto di una imbarcazione
mi chiede per quanti giorni essa debba stare fuori dall’ acqua per poter verificare la presenza o meno di osmosi.
Sull’ argomento ho già scritto qualcosa nel marzo e nell’ aprile del 2007, ma tali richieste mi fanno capire che è bene soffermarsi ancora su questi tipi di esami, anche perché le dichiarazioni che sento dire in giro sono veramente le più disparate.
Conosco tre metodi che vengono adottati per diagnosticare la presenza di osmosi: indagine a mezzo ultrasuoni, indagine termografica, scratch-test.
Può darsi che ne esistano altri di cui non sono a conoscenza ma, se richiedono l’ adozione di uno strumento di misura, credo ricadano comunque nella morale finale di questo articolo....
Ovviamente dirò la mia e, nel rispetto di tutte le opinioni, ciascuno sarà padrone di vederla in un altro modo rispettando però anche come la penso io.

ID  INDAGINE A MEZZO ULTRASUONI
Ne ho fatte.
Ci scrivo sopra, anche, ma più ci scrivo meno ne sono convinto.
Lo strumento a ultrasuoni è una specie di ecoscandaglio che invece di lanciare un segnale in acqua e rileggerlo dopo la sua riflessione sul fondo, lo lancia all’ interno degli strati del materiale di cui è composto lo scafo e ne legge la riflessione.
La differenza di tempo impiegata tra la partenza del segnale e il suo ritorno dà la profondità del mare (nel primo caso); la differenza di tempo rispetto a un tempo standard di taratura dà - dovrebbe dare - lo spessore del materiale (nel secondo caso).
E’ bene allora subito fare una distinzione molto importante: l’ acqua marina è una sostanza tutto sommato omogenea e isotropa (eccetto quando vi si trovi in mezzo un pesce) e quindi la velocità delle onde ultrasoniche è più o meno la stessa in tutti i suoi punti e in tutte le sue direzioni; così l’ impiego dello strumento come scandaglio è molto affidabile, anzi ai pescatori permette addirittura di individuare i branchi di pesce.
Anche il guscio di una barca in acciaio è fatto da un materiale isotropo e omogeneo infatti, una volta tarato lo strumento (cioè definito il tempo standard che il segnale dovrebbe impiegare per un dato spessore) riesce a definirne bene lo spessore e quindi anche la presenza di eventuali zone corrose per ruggine.


Ma il materiale che compone una barca in vetroresina è molto meno omogeneo e anche molto meno isotropo; anche ritenendo che “l’ impasto” del composito fatto di resina e di fibre possa essere grossolanamente abbastanza omogeno, non si può certo dire che sia anche isotropo (cioè che mantenga inalterate quelle stesse caratteristiche per ogni direzione). Anzi, la caratteristica dei materiali compositi sta proprio nel fatto che la possibilità di disporre le fibre a piacimento genera quelle anisotropie così ricercate per aumentare resistenza e/o ridurre l' allungamento per certe direzioni.

Quindi misurare il grado di umidità relativa contenuta nel composito mediante un trasduttore sonoro-elettrico non credo sia il massimo dell’ affidabilità; anche perché questi strumenti possono essere tarati bene per i metalli (hanno infatti campionature tarate con errori di centesimi di millimetro), ma non vengono forniti con alcun campione di taratura per la vetroresina, credo proprio per le ragioni appena espresse.
Ho provato a fare delle misure con due diversi strumenti di tale tipologia: uno a taratura variabile e uno a taratura fissa.
I primi funzionano meglio, a patto di accontentarsi di misure di comparazione tra vari punti dello scafo e rifacendo spesso la taratura.
Un altro problema è che, anche riuscendo a credere al grado di umidità relativa dato dalle misure rilevate, non si ha alcuna informazione sulla profondità delle eventuali bolle, che invece è fondamentale per sapere se e come intervenire.
Potrebbe avere un senso procedendo per misure comparative distanziate di tempo: facendo cioè molte misure su parti del guscio che si ritiene abbiamo lo stesso spessore e rifacendole dopo un lungo periodo di essicazione negli stessi punti; ma non si riesce comunque a prevedere “dopo quanto tempo rifarle”, perché la cosa dipende dalle condizioni meteo del periodo.
Quindi adottando tale metodo occorrerebbe avere lo scafo a disposizione in due occasioni diverse: scafo umido e scafo molto asciutto (diciamo 3 o 4 mesi ?)
Chiaramente è impossibile operare in questo modo durante il tempo dell’ unico sopralluogo che il perito fa per poter rilasciare la perizia al cliente, che in genere freme per concludere subito l’ acquisto. Eppure ci sono state delle persone che mi hanno chiesto espressamente di procedere con lo strumento a ultrasuoni perchè secondo loro "lo strumento dà una misura oggettiva !"

INDAGINE A MEZZO TERMOGRAFIA

Si tratta di una foto eseguita con una fotocamera sensibile alla radiazione infrarossa, in genere appartenente all’ I.R. lontano (cioè con frequenze basse e più prossime alle onde radar che a quelle dello spettro del visibile).
Ovviamente, trattandosi di radiazione infrarossa, occorre che ci sia una differenza di temperatura tra due zone dell’ inquadratura per riuscire ad apprezzare qualcosa nell’ immagine: per esempio nel buio più assoluto una persona risulta visibile solo se gli oggetti che fanno da sfondo hanno una temperatura diversa da quella della persona (fatto che generalmente si verifica).

 

I     Nel nostro caso se e solo se la temperatura degli strati di vetroresina è diversa da quella delle bolle di liquido osmotico queste appaiono nella foto, altrimenti no.
Il problema, che non è trascurabile, è che occorre fare in modo che vi possa essere una differenza di temperatura tra i due materiali, cioè tra gli strati di vetroresina e le eventuali bolle.
Per farlo occorre riscaldare dall’ esterno la zona da fotografare ed eseguire la foto durante il suo raffreddamento, prima cioè che strati e bolle tornino alla medesima temperatura dell’ ambiente in cui si trovano.
Il procedimento non è per niente facile da realizzare inoltre, anche per questo metodo di indagine, esiste il problema che la foto non dà alcuna informazione sulla profondità delle bolle; occorrerebbe avere una sensibilità alle variazioni di colore (le immagini termografiche sono colorate) così elevata da riuscire a cogliere la differenza di temperatura tra una bolla profonda e una superficiale: il problema è che l’ osmosi, se è presente, non crea bolle con grosse differenze di profondità tra loro….Non mi è mai capitato di trovare barche con bolle insieme profonde e/o superficiali: o sono tutte profonde o sono tutte superficiali !
Quindi adottando la termografia se ci si trova ad avere a che fare con lo scafo bagnato o anche solo umido diventa praticamente impossibile eseguire la verifica.


SCRATCH-TEST o INDAGINE MECCANICA VISIVA
Nessuno riuscirà a convincermi che nel momento in cui io posso “vedere” ciò che devo esaminare sia invece meglio avvalermi di uno strumento che prenda il posto dei miei occhi.
Vedere se e quanto la ruggine abbia intaccato gli spessori di un guscio in acciaio può essere impossibile - a meno di sventrarlo - e quindi uno strumento a ultrasuoni diventa indispensabile, ma vedere la superficie del gel-coat di un guscio in vetroresina è una cosa semplice e fattibile.


Queste sono le condizioni di un gel-coat perfetto; non c'è osmosi anche se sulla superficie della vernice anti-fouling sono presenti lievi rigonfiamenti

Vedere quante bolle ci sono, qual è la loro densità di distribuzione sulla superficie, qual è il loro diametro, romperne qualcuna e stimarne la profondità, è quindi un esame molto più affidabile.
Lo si fa con un raschietto, strumento meccanico senza scale di misurazione, con il quale si tolgono gli strati di vernice facendo delle strisciate che sono delle vere e proprie “finestre” che permettono di vedere quel che c’ è sotto.
Le strisciate hanno lunghezze variabili (circa 10-20 cm) e larghezze di circa 5.
Purtroppo quando si fa questo esame (e solo per ragioni di tempo) non è possibile farlo su tutta l’ estensione del guscio; occorre quindi accontentarsi di agire “a campione”.
Si cerca di farlo dove l' esperienza lo suggerisce e, per tale scopo, se la superficie dello scafo è bagnata si va molto meglio.
Anche se la superficie dello scafo è impeccabile le campionature vanno eseguite lo stesso: mi è capitato di trovare osmosi diffusa dove pareva che non ci fosse nulla di fuori posto.
Per sapere in quali punti agire è solo l’ esperienza che può guidare l’ operatore.
Quindi ben venga avere a diposizione lo scafo bagnato, magari appena dopo essere stato lavato con l’ idropulitrice.

    
A sinistra un gel-coat con osmosi diffusa che lo scratch-test evidenzia bene;   a destra una osmosi così marcata che non abbisogna di alcuna indagine

Questo è il mio pensiero sulle indagini per verificare la presenza di osmosi a mezzo scratch-test che posso riassumere così:
credo a ciò che vedo, se sono in grado di poterlo vedere;
se lo scafo è bagnato riesco a vedere ancor meglio;
lo scafo può stare benissimo sulle cinghie senza bisogno di invaso;
sono sufficienti una quindicina di minuti per fare i saggi;
i saggi non sono invasivi e non modificano la struttura dello scafo;
la risposta è immediata e mi permette di diagnosticare subito;
posso verificare (e anche misurare) la profondità delle bolle e quindi consigliare se lasciar stare le cose come stanno, se operare un trattamento preventivo o se necessita un trattamento completo anti-osmosi.

Naturalmente ora non pretendo che mi diate ragione !

Ognuno di voi è libero di complicarsi la vita come crede più opportuno fare, dando credito ad una scala graduata di un amperometro o alla sfumatura di colore di un pixel.
Volendo potrebbe anche pretendere che tutto lo scafo venga fatto passare sotto una macchina per eseguire la TAC (sempre che riesca a trovare un cantiere attrezzato come una sala operatoria): le vie della complicazione sono infinite…
Non sto esagerando per polemizzare o cercare di far ridere: ho incontrato persone che sarebbero state felici di fare questi tipi di esami sulla barca che stavano per comperare !

A proposito di complicazione, argomento dove gli esempi si sprecano ogni giorno, voi proprietari di imbarcazioni e natanti a vela da diporto come coprite la randa quando non navigate ?
Mi aspetto 4 tipi di risposte:

-       la avvolgo dento all’ albero, perché ho la randa avvolgibile;
-       
la tengo raccolta dentro l’ easy-bug;
-       
la copro con un copri-randa;
-       
la tolgo ogni volta e la metto nel sacco.
Non potete immaginare in quali condizioni io trovi le rande di coloro che le avvolgono nell’ albero o le tengono raccolte dentro gli easy-bug !
Anche perché quelli che scelgono questi due tipi di “ricovero delle rande” sono in genere i più pigri tra voi e, quando non usano più la barca, si dimenticano che la randa se ne sta lì all’ umido.
Le condizioni peggiori sono quelle delle rande all’ interno dell’ easy-bug: le rande sono piene di reumatismi che si esprimono con macchie e muffe varie, inverdimenti a base di pigmenti clorofilliani ai vertici e lungo le bordure delle relinghe, cuciture sull’ orlo del collasso…Senza contare che la cerniera dell’ easy-bug dopo qualche anno di sale e di raggi UV si disintegra e si inceppa sempre.
Le vele sono come il legname (e come le nostre ossa): abbisognano di circolazione d’ aria per eliminare l’ umidità delle giornate di pioggia e nebbia.
Quindi o le togliete ogni volta, cosa saggia ma fattibile solo con equipaggio solerte, forte e numeroso, oppure le ricoprite con il copri-randa che lascerete aperto sul lato di sotto.
Questo che vi faccio vedere è il copri-randa di Siddharta, che se ne è stato sempre al suo posto senza volar via al primo temporale.
E’ semplice, lo so, ed è per questo che funziona.

  

Sulla complicità tra semplicità e buon funzionamento mi viene in mente Rino, il meccanico che mi ha revisionato il motore della barca..
Non posso qui riportare le sue imprecazioni contro gli ingegneri di Peugeot, BMW e Audi, sarei decisamente blasfemo ! 
Mi limito quindi a riportare i suoi commenti evidenziando con
le sue audaci citazioni.
“Ma
♫, te pàr che par smontàr ‘na candèa mi go da smontàr a turbina e el filtro dell’ aria ? E dopo rimontarli ?
Ma al cliente cossa ghe digo
: che par cambiar ‘na candèa ghe go messo tre ore de lavoro ?
Ma ga senso ?
Ma
♫, quei fottutissimi ingegneri gai mai pensà che ‘na candèa o ‘na lampadina de uno stop se ga da podèr cambiarle d’ un bòto ?
Varda qua, par cambiàr ‘na lampadina go da smontàr a tappezzeria del baùl e mezzo montante del lunotto !
E ogni auto de ogni serie a ga un filtro dell’ ojo diverso cò codici diversi e annate diverse !
Ma parché un filtro dell’ ojo ga da èssar come ‘na bottiglia de Cartizze ?
Varda ‘sta BMW
♫, varda !  I ga messo a pompa de l’ acqua in alto invesse che sotto al motòr, cussì se manca un fià de acqua non corre più gnente e se bruza tuto !
Ma che ingegneri gai in Germania ?
La pompa va in basso, le candèe devo vederle, le lampadine devo poderle ciapàr coi dèi, e quando ordino un filtro al ricambista go da dirghe che me serve un filtro dell’ ojo
, no recitarghe una serie de sigle e de numeri come tre codici fiscài tacài il fila !”

Che tradotto suona così:
“Ma
♫, ti pare che per smontare una candela io debba smontare la turbina e il filtro dell’ aria ? E poi rimontarli ?
Ma al cliente cosa dico
: che per cambiare una candela ci ho messo tre ore di lavoro ?
Ma ha senso ?
Ma
♫, quei fottutissimi ingegneri hanno mai pensato che una candela o una lampadina di uno stop devono potere essere cambiate istantaneamente ?
Guarda qua, per cambiare una lampadina devo smontare la tappezzeria del baule e mezzo montante del lunotto !
E ogni auto di ogni serie ha un filtro dell’ olio diverso con codici diversi e annate diverse !
Ma perché un filtro dell’ olio deve essere come una bottiglia di Cartizze ?
Guarda questa BMW
: hanno messo la pompa dell’ acqua in alto invece che sotto al motore, così se manca un po’ di acqua non corre più niente e si brucia tutto !
Ma che ingegneri hanno in Germania ?
La pompa va in basso, le candele devo vederle, le lampadine devo poterle prendere con le dita, e quando ordino un filtro al ricambista devo dirgli che mi serve un filtro dell’ olio
, non recitargli una serie di sigle e di numeri come tre codici fiscali in fila !”

Eh, Rino, Rino, sei troppo onesto e pieno di buon senso !
Ma se la gente vuole spendere 250 Euro per cambiare una candela, di cui 220 di manodopera, perché ti arrabbi ?
C’ e molta gente che crepa di fame, ma ce n’ è altrettanta che spende molto di più del necessario ed è contenta di farlo !
Tutti lo sappiamo: il buon senso non è di questo mondo (né tantomeno della produzione tedesca)…Se lo fosse probabilmente non ci sarebbero più problemi. 

 

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