ARTICOLI E CHIACCHIERE COSE TRA NOI
NOVEMBRE 2017

Il  
Poliparafenilenbenzobisoxazolo

 


Certo che 'sti chimici ne hanno di fantasia... Varda qua che nome !       
 Poli para fenilen benzo bisoxazolo !

Mi sono permesso più volte di scrivere qualcosa a proposito della duttilità e della fragilità, quindi abbiate pazienza, o affezionati lettori.
Già ne dimostrate tanta continuando ogni mese a cliccare sui link di questo sito, abbiatene allora ancora un po' dato che siete come me dei comuni mortali e non siete tra coloro che possono permettersi di diventare proporietari di una isola nelle "Vergini Inglesi".
Come "comune mortale" non è che io sia un drago in materia di duttilità e fragilità; ormai sono un vecchio ingegnere, tuttavia quelle due parole hanno una valenza pressoché eterna, che va quindi ben oltre a tutte le possibili generazioni di ingegneri.
Per chi fosse distratto o smemorato (oppure per chi trovasse più importante interessarsi dei risultati delle partite di calcio o delle dichiarazioni dei segretari dei partiti politici) ricordo che:
LA DUTTILITA’ è la capacità che ha un materiale di deformarsi a lungo prima di rompersi (come un segretario di un partito politico).
LA FRAGILITA’ è la debolezza di un materiale nel cedere di botto (come il crociato di un giocatore di calcio).

Accanto a queste proprietà, non trascurabili per i notiziari giornalieri che ci rimpinzano di news sui segretari e sui giocatori appunto, è altrettanto importante il rapporto tra peso specifico e resistenza a rottura di un materiale…Anzi questo rapporto è proprio importante perché è quel numero che da centinaia di anni ha fatto progredire la cantieristica nella nautica da diporto.
Il rapporto tra peso specifico e resistenza a rottura si può definire banalmente come “la facoltà di poter costruire leggero”.
Se ho delle sollecitazioni da assorbire, tanto più un materiale resiste e tanto meno pesa, tanto meglio è…
Così, nel corso dei secoli si è passati dal legno, all’ acciaio, all’ alluminio, ai compositi.
...E, tra i compositi, dalla plastica con fibre di vetro, alla resina epossidica con fibre aramidiche. 
Per la verità anche il calcestruzzo merita di venir annoverato tra i materiali compositi, ma il suo uso nella nautica è stato molto limitato proprio per il suo alto peso specifico..
La corsa al “costruire resistente ma leggero” ha trovato però un grosso handicap: le fibre aramidiche infatti (che fino a prova contraria hanno dentro il carbonio) resistono molto, ma sono pochissimo duttili e quindi comportano per il composito delle rotture di tipo fragile; si rompono cioè senza preavviso…più o meno come una lastra di vetro.
Cose già dette.
Verrebbe spontaneo allora porsi la seguente domanda: "e se qualcuno riuscisse a produrre delle fibre molto resistenti (e quindi in grado di continuare a costruire leggero) ma anche duttili ?"
Risposta: ci sono riusciti i Giapponesi.
La ditta “TOYOBO” ha prodotto una fibra denominata ZYLON il cui nome tecnico è Poliparafenilenbenzobisoxazolo, confidenzialmente detto PBO.

Il PBO si allunga prima di rompersi riducendo pian piano la sua sezione come da qualche secolo fa nelle costruzioni l' acciaio; il PBO è insomma in grado di portare il composito ad una rottura di tipo duttile.
E' un bene o un male?
Stando alla mia simpatia per le rotture duttili mi verrebbe da dire che è un bene, ma occorre fare dei distinguo, anzi ne basta uno solo…
Il distinguo è il seguente: un conto è aver a che fare con una parte strutturale che può essere composta da fibra (o insieme di fibre), un altro è aver a che fare con una parte strutturale che deve essere fatta da composito (fibre annegate in resina).
Per esempio nel primo caso si può immaginare una sartia, nel secondo caso uno scafo.
Nel caso di una sartia la necessità di risparmiare peso in alto porterebbe alla scelta di fibre in sostituzione dell’ acciaio, ma usando le aramidiche si avrebbero delle (eventuali) fratture fragili invece che duttili; il PBO in questo caso assommerebbe i vantaggi di entrambi i materiali, essendo sia leggero che duttile e lasciando alle contro-indicazioni solo la sua vulnerabilità ai raggi U.V.
Nel caso di uno scafo la necessità di una scarsa propensione alla deformazione unita a quella della leggerezza potrebbe portare all’ uso del PBO nella resina, ma la rottura di tipo duttile delle fibre potrebbe portare alla fessurazione della resina, che per uno scafo proprio non va bene!
Se non è chiaro ciò che ho appena scritto, basta tenere presente che una sartia lavora nell’ aria, mentre uno scafo deve tenere separati (e guai se non lo fa) l’ aria dentro e l’ acqua fuori (e pertanto le fessurazioni non devono esserci).

 

Ovviamente ciò che ho appena scritto non ha nulla di quantitativo, cioè non è stato dimensionato e verificato.
E' ovvio che prima di far arrivare le fibre a rottura ce ne vuole, nel senso che la faccenda dipende dalle sollecitazioni e da quante fibre si annegano nella resina.
Ed è altrettanto chiaro che più fibre metto, che siano aramidiche o in PBO, meno probabilmente si arriverà alla rottura fragile o duttile che sia; ma è anche altrettanto chiaro che i costi saliranno di conseguenza.
Poiché al mio amico Nicola piacciono le trattazioni con qualche numero (vedi riferimento articolo di settembre 2017) dove scrive
Gli articoli con tecnicismi e formule astruse a noi comuni lettori ignoranti (nel senso che non sappiamo cosa siano) ci suonano sempre bene, ci affascinano e colmano il nostro vuoto culturale”, cito qualche dato.

La tensione di rottura del PBO è di 5800  N/mm2, significa che la sezione di una fibra pari a 1 mm2 se sollecitata con una forza di 5800 N (591 Kg) si rompe.
Il modulo elastico del PBO è di 270000 N/mm2, significa che ad una fibra occorre applicare quella tensione per ottenere un allungamento del 100%….
Non è chiaro, vero? Infatti un allungamento del 100% è una cosa assurda, per un filo significherebbe tirarlo fino a raddoppiarne la lunghezza.
Allora stiamo sul reale, con una semplice formuletta che ci permetterà di capire meglio come funzionano le cose.

In gergo la tensione si rapresenta con SIGMA, il modulo di elasticità con E e l' allungamento con EPSILON... vale tra loro la relazione SIGMA = E x EPSILON.
Se divido la tensione di rottura per il modulo di elasticità, ottengo l’ allungamento a rottura, cioè la percentuale di quanto si deve allungare una fibra per rompersi.
SIGMA / E = EPSILON
Questo è molto più comprensibile: nel caso del PBO vale 5800/270000 = 0.021, cioè 2.1%
Insomma una fibra di PBO si rompe quando arriva ad allungarsi del 2.1%...se fosse cioè lunga 100 cm si romperebbe alla lunghezza di 102 cm con rottura duttile.
Ora è un bel po' più chiaro.
E le altre fibre?
Carbonio: le fibre di carbonio hanno uno spettro di tensioni di rottura e di moduli di elasticità alquanto ampio: le prime vanno da 3100 a 4500 N/mm2, i secondi da 220000 a 800000 N/mm2.
Facendo i conticini di cui sopra per dei valori medi, una fibra di carbonio lunga 100 cm si romperebbe alla lunghezza di 100.6 cm con rottura fragile.
Aramide (Kevlar): le fibre aramidiche hanno uno spettro di tensioni di rottura e di moduli di elasticità che vanno da 3000 a 4500 N/mm2 e da 130000 a 150000 N/mm2.
Facendo i conticini di cui sopra per dei valori medi, una fibra aramidica lunga 100 cm si romperebbe alla lunghezza di 103 cm con rottura fragile.
Acciaio: non si può parlare propriamente di fibre, ma di cavi che possono arrivare a una tensione di rottura di 4500 N/mm2 con un modulo di elasticità di 210000 N/mm2.
Facendo i conticini di cui sopra, un cavo di acciaio lungo 100 cm si romperebbe alla lunghezza di 102 cm con rottura duttile (come il PBO).
Quindi PBO e acciaio sono paragonabili come comportamento, con un innegabile vantaggio di peso per il PBO ma di risparmio in denaro per l’ acciaio.
Se invece si vuole un composito che riduca il più possibile l’ aprirsi di fessurazioni nella resina, a parità di condizioni le fibre di carbonio  - con un allungamento a rottura così contenuto - sono il massimo che si possa avere….Chiaramente però si spaccano in modo fragile, cioè di schianto e senza preavviso.

COME CONCLUDERE ORA QUESTE CONSIDERAZIONI ?
Si potrebbe concludere con la seguente domanda: “cosa posso fare di buono per migliorare la mia barca, usare segretari di partiti politici o muscoli di giocatori di calcio?”

Beh, in genere i primi sono meno costosi dei secondi, nel senso che le gambe di un giocatore di calcio sono più preziose della testa di un segretario di un partito politico.
I primi però durano molto ma molto di più nel tempo, nel senso che talvolta non riuscite più a disfarvene perché hanno la caratteristica di non rompersi mai (e di non finire mai, ma proprio mai in carcere).
Del resto ciò che nella nostra barca vorremmo che non succedesse mai (soprattutto quando ci navighiamo sopra) è che qualcosa si rompa, anche perché se succede accade sempre nel momento meno opportuno; quindi spendere molto a volte proprio non ne vale la pena, anche perché (so che l’ho già scritto, ma mi ripeto perché sono convinto di dire una cosa giusta) il tramonto ce lo gustiamo lo stesso anche se la nostra barca è vecchia e non ha le sartie volanti in dyneema.
In altre parole, viva l’ economicità e l’ elasticità !

Mannaggia, che razza di articolo questo mese....sto inneggiando ai segretari dei partiti politici !

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