ARTICOLI  CHIACCHIERE  E  COSE TRA NOI
  OTTOBRE 2006


Arriva l' autunno con le sue atmosfere un po' malinconiche:  questa foto, scattata da
mia moglie in un momento di tristezza dovuto alla mancanza di una bottiglia di
Raboso del Piave, ben si presta all' argomento di questo mese (vedi oltre).

Mi ha scritto il signor Luciano Michielin - sedicente camperista amante del mare - al quale ho risposto privatamente indicandogli la località dove facevo il bagno nella foto pubblicata il mese scorso; il signor Michielin loda
con entusiasmo le mie pagine e trova molto pertinente l' articolo da me scritto lo scorso mese di settembre relativo ai materiali impiegati nella costruzione delle barche. 
Afferma il signor Michielin che la morale che tiro alla fine dell' articolo ben si addice anche al mercato dei camper.

Evviva, finalmente un gemellaggio tra mezzi e forme di turismo diversi comunque accomunati dagli stessi problemi !  
Sono contento, signor Michielin, che quanto affermo si adatti bene ad un campo molto diverso: ciò significa che dopo tutto non scrivo cretinate e il sentirselo dire le assicuro che è una gran bella cosa.

 

           L' ARTICOLO DEL MESE   :        
   L' ONDA   E   LA   SUA   VELOCITA'  

Faccio seguito all’ invito fattomi quest' estate da Mario Pornaro (giudice F.I.V.), dedicando queste righe
 

alla relazione tra l' onda e la velocità di uno scafo.

Forse molti di voi, pazienti lettori portati un po’ masochisticamente verso la cultura tecnica, conosceranno bene questo argomento; a voi giunga quindi il mio invito a leggere con sufficienza e velocità ciò che segue.
Invece a tutti quelli ai quali la relazione tra onde e velocità appare oscura come un intreccio tra politica e mafia va il mio invito a continuare la lettura, con un po’ di attenzione.
Abbiate comunque pazienza; quel po' di fisica e di matematica che troverete durerà molto poco....
Nemmeno il tempo di vedere se dallo scarico della vostra barca esce anche l' acqua di raffreddamento del motore, e sarà già tutto finito...Promesso !

 ONDE E  FORMULE

Quando il vento crea le onde non fa altro che fornire alla superficie del mare energia per attrito; le onde cominciano a innalzarsi e nello stesso tempo a spostarsi seguendo l’ aria nello stesso verso.
Poi come per incanto, anche se il vento cessa o cambia direzione, continuano il loro movimento indifferenti a quel che succede intorno a loro; allora si intrecciano con altre loro sorelle nate chissà dove, oppure finiscono la corsa contro una spiaggia.
La fisica insegna che le grandezze che descrivono il moto ondoso (il periodo T, la lunghezza L, la velocità V) sono tra loro legate da relazioni molto simili (ma non uguali) a quelle che regolano il moto dl pendolo.
In particolare sono legate tra loro la velocità e la lunghezza secondo la seguente formula:
V =
g/2p L
Mentre il periodo e la lunghezza sono legati dalla seguente formula:
T =
2p L /g
Mettendole insieme l' una con l' altra (vi confesso che questa cosa fa sempre andare in brodo di giuggiole i matematici), si arriva alla seguente relazione:     V
= √ 1,56 L  
cioè   V
= 1,25 L    dove V è in metri al secondo e L in metri. 

Cosa significa?

Vuol dire che più l’ onda è lunga e più essa si sposta velocemente, ma non in termini di proporzionalità diretta; in altre parole se raddoppia la sua lunghezza non raddoppia anche la sua velocità.
Facciamo un esempio: un’ onda lunga 9 metri (la radice quadrata di 9 è 3) avanza alla velocità di 1,25 x 3 = 3,75 metri al secondo, cioè 13,5 chilometri orari. 

(SOLITA DIGRESSIONE: abbiate pazienza ancora qualche riga e poi vedrete che fisica e matematica termineranno per lasciare finalmente spazio alla nautica). 

Poichè noi navighiamo e quindi siamo soliti misurare la velocità in nodi, ecco che la formula precedente diventa    V = 2.43 L    che, nel caso già visto dell’ onda lunga 9 metri,  porta immediatamente al risultato di 7,3 nodi.
Insomma un’ onda lunga 9 metri viaggia per il mare alla velocità di 7,3 nodi…Non male eh? 


ORA FINALMENTE PARLIAMO DI BARCHE

Uno scafo fermo galleggia e non forma onde.

Poichè non ritengo apprezzabilmente utile dal punto di vista del moto ondoso analizzare ciò che succede a uno scafo che non galleggi (spero vivamente che la vostra barca non appartenga a questa categoria), passiamo oltre.

Se consideriamo invece quello stesso scafo in movimento, ecco che esso crea delle onde e richiede energia per farlo: questa energia gli viene fornita ovviamente dal motore o dalle vele o dai remi ma, a seconda della forma dello scafo, a parità di energia esso può creare onde più o meno alte.
Questo è già un aspetto importante, perchè ovviamente meno alte saranno e meglio sarà progettato lo scafo perché avanzerà consumando meno energia.
La cosa però più stupefacente è che la lunghezza tra la cresta dell’ onda formata a prua e quella dell’ onda formata a poppa è collegata alla velocità della barca nella stessa relazione fisica che abbiamo sopra riportato per le onde create dal vento.
Insomma, se uno scafo viaggia a 7,3 nodi la distanza tra le due creste è di 9 metri, proprio perché un’ onda lunga 9 metri viaggia  a 7,3 nodi di velocità.
Questa è una combinazione che Mamma Natura ha voluto e che è veramente notevole perché ci permette di fare delle ulteriori e interessanti considerazioni.


Un esempio di onda formata dall' avanzamento dello scafo: se si conosce
la LWL (lunghezza al galleggiamento) della barca in questo istante, si può calcolarne la velocità.

Si sa che con poco vento tutte le barche a vela vanno piano e che se esso aumenta queste iniziano a correre…Così come allo stesso modo una barca a motore viaggia tanto più veloce quanto più forte il suo motore fa girare l' elica (per ora lasciamo perdere la cavitazione sennò divaghiamo troppo).
Già ma fino a quanto le barche possono correre ?   
Esiste un limite per la velocità dello scafo ?
Ebbene sì, le barche aumenteranno la loro velocità fino a che l’ onda da loro creata sarà lunga quanto la lunghezza al galleggiamento dello scafo in quel momento.
In pratica quanto è più lunga una barca tanto essa sarà più veloce.
Osservate la tabella seguente ricavata dalla formula scritta in precedenza: essa collega la lunghezza di uno scafo al galleggiamento alla velocità massima che esso può raggiungere. 

LWL  metri

7

8

9

10

12

14

16

V  nodi

6,4

6,8

7,3

7,7

8,4

9,1

9,7

Pertanto ogni scafo ha una lunghezza e quindi una velocità massima ben definita, oltre a quella esso non può andare perché si trova davanti il muro dell’ onda di prua e dietro si trova ad affondare nel cavo dell’ onda di poppa.
Si nota anche che uno scafo con LWL di 16 metri non ha la velocità doppia di uno scafo con LWL di 8 metri (come già detto prima).

Per la verità esisterebbe la possibilità di correre di più, ma a fronte di un dispiego di energia enormemente più grande; consumando un sacco di energia in più uno scafo riuscirebbe a sollevarsi sulla cresta dell’ onda di prua e a navigarci sopra, svincolando così completamente la sua poppa dall’ onda che si forma dietro.
Questo si chiama regime di planata e non ha nulla a che fare con il regime dislocante di cui si è parlato finora: planando un motoscafo lungo 9 metri può viaggiare anche a 25 nodi, e quindi ben più dei 7,3 nodi fissati precedentemente.
Anche una barca a vela lo può fare se è abbastanza leggera, se ha linee di poppa molto larghe e piatte, se l’ andatura non è di bolina stretta. 

CONCLUSIONI  INCONCLUDENTI

Detto ciò scopriamo che davanti a noi si aprono orizzonti sconfinati...
A questo punto infatti si potrebbe aprire il confronto tra scafi a motore e scafi a vela, scafi plananti e scafi dislocanti, evoluzione delle linee degli scafi a vela e a motore.
Forse sarebbe il caso di rinviare il lettore più desideroso di informazioni ai testi specialistici (ce ne sono molti a svariati livelli): gli argomenti diventano troppo vasti per essere trattati in queste pagine.
Ciononostante ho voglia di esprimere ugualmente qualche opinione personale in merito, destinata a quanti hanno già letto qualcosa e magari hanno capito pocoo vorrebbero saperne un po’ di più.
Il problema è che ora nella mia mente si stanno formando una dietro l’ altra una serie di domande del tipo:
E’ meglio dislocare o planare?
Come deve essere fatta la carena di un motoscafo per planare bene?
Cosa sono gli slanci negli scafi a vela e a che servono?
E’ meglio avere lo specchio di poppa in fuori, a piombo o in dentro?
E il dritto di prora…deve essere a piombo come va di moda adesso?
Anche per i catamarani a vela o a motore vale lo stesso principio?
Ma i catamarani planano o no? 

Ecco, o fedele e più che paziente lettore, vedi ben che questo argomento è come un bel ventaglio…Lo si apre, lo si agita un po’ e poi si torna a sudare perché si scopre che si ha bisogno di aprirne un altro.
Poiché per non fare confusione (e per non annoiare troppo) ritengo sia opportuno aprire un ventaglio per volta, sarà meglio rinviare al prossimo mese una ulteriore chiacchierata su questi argomenti.

Prima di lasciarci però lascia che io ti ponga una domanda, anzi due, al solo fine di farti esercitare il pensiero che insieme al tuo cuore rappresenta l' unica vera grande ricchezza che possiedi e che ti può davvero far arrivare lontano (questa cosa non riguarda i politici che ascoltano solo il pensiero e non il cuore, né i poeti che ascoltano solo il cuore e non il pensiero, ma piuttosto riguarda le brave persone equilibrate come noi).

Se tu navigassi, sarebbe meglio dislocare o planare?
E se tu volassi, sarebbe meglio superare o no la barriera del suono? 

"Mmm," diceva il saggio zio Pino, "A me l’ unica barriera che piace superare senza danni è quella corallina”. E come al solito diceva assai bene...Bella forza, mica era ingegnere lui !
 


Ecco un bell' esempio di  "barchino inglese" sui 35 metri di lunghezza in rada a Parenzo.
Quale velocità potrà raggiungere dislocando ?
N.B. Come tutte le barche inglesi non mostra alcun numero di immatricolazione sulle
fiancate e se ne sta in rada per conto suo, lontano da sguardi indiscreti.
Molti nostri italici armatori invece amano starsene a cenare in pozzetto con la poppa legata al molo
sotto lo sguardo della folla che passeggia, cosa che non farebbero mai a casa propria.
Il fatto è che in barca avviene la trasformazione borghese dell' essere:  
"dalla ricerca della privacy, all' ostentazione dell' esibizionismo".


TRA QUALCHE MESE CI OCCUPEREMO DI UN ARGOMENTO MOLTO
"ELETTRIZZANTE" CHE CI TOCCA RARAMENTE...
MA QUANDO CI TOCCA SON DOLORI !

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