ARTICOLI E CHIACCHIERE COSE TRA NOI
 OTTOBRE 2013



LE  ONDE, nostre amiche-nemiche
2° puntata
Oh, rieccoci qui con un' altra puntata sulle onde !

Il mese scorso ci eravamo lasciati con l’ amorevole consiglio del nostro-omo Scarpacič, ma poco prima avevamo considerato come la ripidità delle onde aumenti sensibilmente in caso di onde non vergini, soprattutto se agisce una burrasca proveniente da direzione diversa su un mare già formato.
Ovviamente la ripidità dell’ onda è una forte causa di disturbo alla navigazione, ma non è la sola.
Diamo ora un’ occhiata infatti a quel che succede quando un’ onda non vergine diventa più ripida diminuendo il suo periodo invece che aumentando la sua altezza: è il formarsi della cosiddetta “onda stazionaria”.
Parrà curioso, ma talvolta in barca il fastidio maggiore dovuto al moto ondoso non si avverte in navigazione ma all’ ormeggio; se infatti abbiamo legato la barca lungo una banchina può avvenire un fenomeno ondoso che risulta quasi una dannazione.
L’ onda stazionaria è dovuta allo scontro di un moto ondoso addosso a una superficie piana quasi perpendicolare alla direzione del moto; in questo caso la superficie verticale della banchina agisce sull’ onda in arrivo come uno specchio, riflettendola e facendola tornare indietro, così da farla interferire con le onde sue gemelle in arrivo.   


Ciò provoca il dimezzamento del periodo o, se vi piace di più, il raddoppio della frequenza del moto ondoso.

Quel che succede è che, se siete ormeggiati a fianco di una banchina e un moto ondoso di 40 cm vi si frange contro ogni 6 secondi, in realtà verrete sballottati sulla vostra barca salendo e scendendo di 40 cm ma ogni 3 secondi, e la cosa non è per nulla piacevole !
L’ analisi dell’ onda stazionaria non è proprio così semplice: in effetti, studiando meglio la geometria dell’ onda stazionaria si può scoprire che esisterebbe la possibilità che la barca non si muovesse affatto: occorrerebbe che la barca stazionasse (cioè fosse ormeggiata) laddove i profili dell’ onda in arrivo e di quella riflessa si elidono invece che sommarsi.

Nel diagramma sopra riportato ciò corrisponderebbe a legare la barca nel punto dove i due profili, quello dell' onda che arriva e quello dell' onda che riparte, si "incrociano".
Chiaramente la cosa è irrealizzabile, perché l’ annullamento dei profili del moto ondoso risultante avviene alla distanza di mezza lunghezza d’ onda dalla banchina; teniamo presente che in un porto le onde che arrivano hanno una lunghezza solamente di qualche metro (e per fortuna), pertanto la barca accostata alla banchina, che è senza dubbio più larga di mezza lunghezza d' onda, si trova circa sempre sopra il punto dove i profili dell’ onda in arrivo e di quella riflessa si sommano.
Tutto ciò si traduce in una grande sofferenza per bitte, cime di ormeggio e soprattutto per l' equipaggio.

Vorrei concludere queste note un po’ discorsive e un po’ tecniche sulle onde analizzando un altro aspetto che riguarda ciò che avviene un po’ prima del frangimento dell’ onda.
Nella mia “vita nautica” non ho mai attraversato un oceano e le mie esperienze di onde sono molto limitate, tuttavia al largo del promontorio dell’ Argentario con Silvio De Poli ho navigato con una barca di 12 m e onde molto lunghe sui 5 m di altezza senza quasi accorgermene.
Viceversa quando da giovane uscivo con la deriva di 5 m dall’ imboccatura del porto e, a causa del basso fondale, c’ erano frangenti alti circa 60 cm mi pareva che si spaccasse tutta la barca.
Quindi per analizzare il comportamento in navigazione è enormemente importante parlare non di altezza dell’ onda ma del RAPPORTO TRA RIPIDITÀ E DIMENSIONI DELLA BARCA.

Un' onda al limite del frangimento (e quindi con la massima ripidità che può avere) alta solo mezzo metro può far rovesciare un Optimist nel senso prua-poppa, ma lascia del tutto indifferente il cuoco che nella cucina del transatlantico sta rabboccando la bottiglia dell' olio.

Quindi il diagramma di Sverdrup Munck e Bretschneider va letto anche relativamente al periodo, che dà indicazioni sulla lunghezza e quindi sulla ripidità dell’ onda.
Prima di concludere queste note sulle onde, è indispensabile quindi che andiamo ad esaminare quel che succede quando l’ onda “non sta più su”, cioè quando sta per frangere.
Anzi, è molto meglio esaminare quel che succede un po’ prima che il frangimento avvenga.

Immaginiamo allora di trovarci in alto Adriatico, con una burrasca di bora sui 40 Kn e in acque profonde (che per questo mare significa trovarsi su un fondale di circa 20 m).
Le onde in media sono alte 3 m con un periodo di 7,5 s; ogni tanto se ne forma qualcuna di più alta perché ha preso più energia dal vento, mentre ce ne possono essere molte altre un po’ più basse, diciamo sui 2 metri e mezzo; tutte comunque si rincorrono le une sulle altre puntando verso la riviera Romagnola e Marchigiana.
Stiamo attraversando dall’ Istria al Veneto: che cosa ci aspettiamo di trovare una volta che ci siamo avvicinati alla costa ?
Poiché il fondale progressivamente diminuisce, la linea di avanzamento (cioè il fronte delle onde) non resta più allineato perché le masse di acqua in movimento che sono più vicine alla costa Veneta sentono più l' attrito che le rallenta; man mano che il fondale cala quindi il fronte del moto ondoso ruota sempre più verso la riva: è il fenomeno che vien chiamato “rifrazione del moto ondoso”.

Così mentre al largo le onde viaggiavano da NE a SW, verso riva le onde cominciano a disporsi viaggiando da E a W.
Oltre a questo fenomeno le onde più alte (4 m), quando arrivano ad avere sotto di esse una profondità prossima alla loro altezza (5 m), non riescono più a stare in piedi; questo succede perchè nell' onda la massa d’ acqua che sta più sotto viene rallentata a causa dell’ attrito sul fondo più della cresta che invece se ne sta più in alto (e che continua a prendere vento); le onde quindi diventano sempre più ripide fino a frangere.
In questo modo dissipano gran parte della loro energia, l’ altezza si riduce drasticamente e scompare la loro lunghezza; dopo il frangimento rimangono quindi le onde più basse, che continuano la loro rotazione e il loro cammino verso la spiaggia proveninedo ora più da Est che da Nord-Est.
Ma abbiamo dimenticato che la bora continua a soffiare da NE, quindi nella fascia dalla profondità di circa 5 m a riva il mare si trasforma in un continuo ribollire di onde caotiche, più basse di 4 m, ma che provengono da direzioni non più prevedibili né costanti e con creste che schiaffeggiano la nostra barca da direzioni diverse.
Quindi l’ ultimo miglio della nostra navigazione (dalla batimetrica dei 5 metri all’ arrivo) non sarà per nulla piacevole: ci troveremo non più a ballare ritmicamente sempre con lo stesso andamento (ora un po’ più in alto, ora meno) ma avremo a che fare con una strada piena di buche che appariranno e scompariranno a loro piacimento, come se ci trovassimo con la nostra barca ad essere protagonisti di un video-gioco.
Non è piacevole governare la barca in queto tipo di mare, perchè è quasi impossibile prevedere ciò che si formerà davanti alla prua.

A questo punto diventa determinante un fatto: per poter raggiungere l’ ingresso del porto di destinazione avremo dovuto tener conto di un fatto molto importante durante tutta la navigazione: non avremo dovuto permettere alla nostra barca di “perdere terreno” rispetto alla nostra meta di arrivo.
In altre parole guai a trovarsi sottovento all’ingresso del porto una volta che ci troviamo nell’ ultimo miglio di navigazione (fascia del mare incrociato): risalire infatti un mare caotico con 40 Kn di vento contrario per poter atterrare è – secondo me – improponibile e quindi da evitare assolutamente. 


 Sperando che queste notizie sulle onde siano state di vostro gradimento, 
vi saluto con questa immagine di Marcellino ben salato e pronto per la frittura !

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