ARTICOLI E CHIACCHIERE COSE TRA NOI
 OTTOBRE 2015

METTIAMO I PALETTI 
SULLE CHIGLIE CHE SI STACCANO

Non mi sorprendono i notiziari che leggo nel web di barche che hanno perso la chiglia.
Non mi sorprendono sia perché riguardano barche da regata, dove l’ esasperazione è all’ ordine del giorno, sia perché riguardano sempre più le costruzioni in compositi con fibre aramidiche.  
Per dirla tutta in questi ultimi anni (in cui la normativa CE ha definito sciocche regole di controllo di qualità di produzione (vedi articoliechiacchiere giugno 2009) che sono state emanate credo solo per favorire i grossi cantieri d' oltralpe e dove i nostri europarlamentari italiani hanno dimostrato tutta la loro inutilità ed ignoranza) i naufragi hanno riguardato anche barche da crociera, con la variante però del DISTACCO della chigliaa causa della sua ESPLOSIONE; pare infatti che nelle fusioni di ghisa si creino delle forti tensioni interne durante il loro raffreddamento, se eseguito male e lentamente...Strano, perchè queste sono tutte cose che si sanno da decine e decine di anni !    
Invece delle fibre aramidiche si sa meno.
Su questo argomento ho già scritto abbastanza da annoiare anche il lettore più paziente, vedi gli articoli di settembre 2006, ottobre 2009, gennaio 2010, aprile 2010 (in particolare quest’ ultimo); allora perché ci scrivo sopra ancora ?
Perché mi piace che la cultura nautica sia “viva”.
Mi piace cioè che tutte le nozioni e le formule su cui si progetta e si costruisce diventino sensazioni vive del nostro corpo e non solo pagine di trattati e di relazioni tecniche.
Questa è una cosa essenziale per uno skipper che se ne va per mare; io l’ ho imparata negli anni perché l’ università non me l’ ha mai insegnata; infatti tutti i metodi di calcolo e i numeri (famigeratamente anonimi) non riuscivo minimamente a trasformarli in azioni concrete e a percepirne tutta la loro importanza.
Se per esempio su un pilastro della sezione di cm 25x25 lo sforzo assiale di compressione risultava di 30 tonn, non mi rendevo conto che esso doveva sostenere l’ equivalente di 3 barche coma la mia (Comet 12).
Se per esempio sui bulloni della piastra di base di un winch il momento era pari a 200 Kgm, non mi rendevo conto che essi dovevano sorreggere 3 persone adulte appese a una trave distante un metro.
Ecco, in questo senso intendo “viva” la cultura nautica: avere cioè la capacità di percepire lungo i nostri arti e i nostri muscoli l’ entità di quei numeri che valutano gli sforzi all’ interno delle cime, dei bozzelli, dell’ albero, delle parti dello scafo.
E’ una sensibilità importante per chi va per mare, perché gli fa apprezzare la concretezza di tutte le situazioni di potenziale pericolo per se’, per l’ equipaggio e per la barca.
Così, ora, torniamo al tema delle chiglie che si staccano.

 

Avete mai piantato un palo in terra ? Un paletto di legno dandoci sopra con una mazza ? Magari per fare una recinzione provvisoria all’ arrivo di una corsa podistica o per sostenere un alberello appena piantato ?
Sì, bene.
Ora immaginate di doverlo togliere perché la gara è finita e la recinzione provvisoria deve essere tolta oppure perché l’ alberello ormai è cresciuto ed è in grado di stare in piedi da solo.
Ebbene, che fate per togliere il paletto ? 
  

Lo tirate verso l’ alto, ma esso non viene via: il terreno ha aderito sulla superficie interrata del palo e l’ attrito si oppone alla forza delle vostre braccia, della schiena e delle gambe.
Allora vi mettete e spingerlo orizzontalmente sulla sua estremità da una parte e poi dalla parte opposta, e lo fate un bel po’ di volte finché, portato il terreno a rottura, esso si deforma plasticamente (non più elasticamente) e si crea un bel po’ di spazio tra il paletto e la terra.
Ora tirate verso l’ alto e il palo è libero.  

Bene, ora immaginate di ribaltare la scena con un angolo di circa 150°.

SOLITA MINIDIGRESSIONE
Questo ribaltamento risulta impossibile da farsi oggi con i telefonini che raddrizzano l’ immagine man mano che ruotate l’ aggeggio…Sono in effetti degli accessori assolutamente indispensabili, soprattutto per un pilota di caccia supersonico mentre effettua un tonneau...Sempre che, mentre effettua un tonneau a 1.5 Mach, abbia voglia e possibilità di guardare il telefonino !
FINE DELLA SOLITA MINIDIGRESSIONE

Immaginate allora, senza usare un telefonino di oggi, di ruotare la scena di 150° e che il paletto sia la deriva della vostra barca, il terreno sia il materiale che compone la chiglia della vostra barca e voi, con l’ azione delle vostre braccia, siate la portanza idrodinamica e l’ azione del moto ondoso sulla lama di deriva.


Ecco, così: proprio una bella scenetta e molto “viva” !
Con le vostre braccia potete sbizzarrirvi a imitare l’ oscillazione delle onde e la spinta trasversale della portanza che si oppone allo scarroccio…
Ora comprendete bene che le caratteristiche meccaniche del terreno diventano fondamentali per lasciare il palo al suo posto o permettergli di sfilarsi dalla sua sede e di andarsene a spasso…
In altre parole, di che cosa e come è fatto l’ attacco della deriva alla chiglia nella vostra barca ?

E’ fatto così…  
            ...Oppure così ?  

E com’ è l’ accoppiata modulo di elasticità-carico di rottura del materiale che lo compone ?
Questa è una miscela molto importante, perché più è alto il modulo di elasticità e meno il materiale si deforma; più è alto il carico di rottura e meno spessore si può usare.

             MODULO ELASTICITA’     CARICO ROTTURA 
LEGNO           120.000                              800
PRFV                70.000                           1.000
ALLUMINIO     700.000                           2.700
CARBONIO  300.000-800.000               20.000    Kg/cmq
ACCIAIO       2.100.000                           4.000
VETRO E      7.000.000                         24.000
KEVLAR     130.000-150.000                 30.000  

Ora vediamo di commentare i dati della tabella.
Se avete una chiglia stellata (come la prima delle foto precedenti) è come se aveste impiantato 2 paletti leggermente divaricati tra loro e, nel momento in cui spingeste sulle loro estremità, uno cercherebbe di sfilarsi dal terreno mentre l’ altro cercherebbe di impiantarvisi ancor di più.

Carlo Sciarrelli amava questo tipo di chiglie, anche per un faccenda di minimo di superficie bagnata nelle sezioni trasversali dello scafo (una linea retta è la più breve distanza tra due punti).
Con una chiglia del genere il fatto di perdere la chiglia, cioè che i due paletti si sfilino contemporaneamente, è pressoché impossibile indipendentemente dal materiale adottato.
Se invece avete una deriva attaccata alla chiglia
(come la seconda delle foto precedenti e come la maggior parte delle barche di oggi), il paletto è uno solo e le caratteristiche meccaniche del terreno diventano essenziali.
Guardate gli ordini di grandezza estremi dei carichi di rottura dei materiali in tabella: il carbonio, il vetro E e il Kevlar permettono di ridurre gli spessori in modo incredibile (cioè di piantare il paletto molto poco nel terreno) non solo, ma guardando i valori dei loro moduli di elasticità si capisce che per quanto spingiate sul paletto esso oscilla di pochissimo, perché il terreno si deforma molto poco: un terreno sottile e rigidissimo.
Il legno e la vetroresina, invece, hanno bisogno di spessori più elevati (il paletto deve essere piantato più profondamente) e, spingendolo, oscillerebbe molto di più: un terreno spesso e elastico.
Allora, lasciando perdere i materiali metallici con caratteristiche intermedie, che può succedere nella realtà ?
Nella realtà va comunque tutto bene quando si fa un uso normale della barca, a tutto vantaggio delle prestazioni di quella realizzata con i materiali più rigidi (compositi con fibre aramidiche), che sarà indubbiamente più leggera perché costruita con spessori minori.

ALTRA MINIDIGRESSIONE
I contributi dei diversi pesi specifici dei materiali non li consideriamo perché comunque si tratta di compositi, cioè di fibre annegate nella resina, e pertanto è quasi solo questa che determina il peso specifico (che quindi è simile per tutti, con un lieve vantaggio per il legno e un considerevole svantaggio per l’ acciaio).
FINE DELL’ ALTRA MINI DIGRESSIONE

Ma quando arriva la situazione critica, cioè per esempio quando chiedete aiuto ad un altro per spingere insieme a voi sul paletto (che nella realtà significa che una bella onda sta coricando la barca), i materiali più elastici trovano risorse nel loro carico di rottura (in genere le hanno perché i progettisti sanno di non poter limare troppo lo spessore di un materiale deformabile) infatti hanno ancora risorse di deformazione scivolando eventualmente nella loro plasticità; i materiali più rigidi non hanno risorse di deformazione e, se hanno raggiunto il loro carico di rottura perché i progettisti ne hanno limato gli spessori all’ inverosimile, non resta loro altro che fare CRACK !

ANCORA UNA MINIDIGRESSIONE
Non capisco perché ci piace avere il controllo della situazione del motore sotto forma delle spie della carica dell’ alternatore, della pressione dell’ olio di lubrificazione, della temperatura dell’ acqua di raffreddamento, ma poi non ne vogliamo saperne di avere delle spie sulla tenuta delle strutture della nostra barca (le deformazioni di poliestere, alluminio, vetroresina, sono le spie dell’ imminente loro cedimento, mentre le deformazioni delle fibre aramidiche sono invisibili).
FINE DELLA MINIDIGRESSIONE (L’ ULTIMA)

 
Benedetto il poliestere che si allunga prima di spezzarsi !

A questo punto mi vien da pensare come mai gli aerei non perdono le ali con la stessa facilità con cui le barche perdono le chiglie….
E’ vero che l’ acqua spinge più dell’ aria e soprattutto che le onde sono molte e diverse mentre i vuoti d’ aria sono più rari, ma francamente mi chiedo: ci sarà un motivo per cui gli arerei principalmente sono fatti di alluminio e non di varie miscele di compositi, o no ?
Non è che forse l’ alluminio lo si conosce molto bene, mentre le miscele di compositi ci risultano ancora “piene di capricci” ?
Non è che, per esempio, dell’ alluminio si sa che ha un modulo di elasticità più o meno costante, mentre nella fibra di carbonio varia da 220.000 a 800.000 (4 volte di più o di meno) in funzione della temperatura di grafitizzazione ?
Non è che l’ alluminio è alluminio, mentre i compositi hanno dentro di tutto e di più ? (Potrebbe anche essere che tra le stuoie di fibre stoccate a magazzino abbia trovato rifugio una tribù di scarafaggi e che vengano annegati nel composito insieme al resto, come tanti anni fa si raccontava dei pilastri dei viadotti di alcune autostrade italiane dove, insieme al calcestruzzo, stazionavano le spoglie dei nemici della mafia).
Non è che per caso si è ormai tutti d’ accordo che un aereo non deve cadere, mentre non gli frega niente a nessuno se una barca affonda ?
Forse sono domande ingenue.
Forse qualcuno di voi ha delle risposte perché ne sa più di me.
Forse i moderni software di progettazione riescono a tener conto anche di questi aspetti.
Forse chi naviga su una barca da regata di oggi è consapevole che dopo ogni onda c’è il rischio del naufragio.
Tutti sarete d’ accordo però sul fatto che se si spezza una fascetta metallica di una valvola di una presa mare a terra riusciamo a tornare lo stesso, ma se perdiamo la chiglia perdiamo quasi istantaneamente tutta la barca, e alle volte anche chi ci è rimasto dentro.
E questo mi pare un “paletto” fondamentale, no ?
Sarò scemo, sarò fuori moda, sarò ignorante, ma in tutti questi anni che navigo (e sono 50) una sola volta ho avuto un CRACK sulla mia barca:
“Per caso si trattava di una scotta in Kevlar ?”, chiede zio Pino.
“Eh, hai proprio indovinato!”, gli rispondo.

 
Il kevlar, invece, praticamente si spezza prima di allungarsi

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