ARTICOLI E CHIACCHIERE COSE TRA NOI
OTTOBRE 2021

LE PAROLE CONTANO


Purtroppo l’ età avanza inesorabilmente (per tutti) e in modi diversi; la mia si fa sentire in particolar modo agli occhi.
Cinque anni fa mi hanno sostituito il cristallino all’ occhio di dritta ed ora sono in lista di attesa per la sostituzione all’ occhio di sinistra.
Ciò significa che la mia capacità di messa a fuoco è sempre più ridotta e che tendo a vedere con un occhio solo, mancandomi il rilievo e l’ allineamento.
Insomma, tutto ciò per dire che nella scrittura devo usare caratteri più grandi.
Vedere bene, se si può, è indispensabile… soprattutto di questi tempi in cui diventa sempre più difficile distinguere le bugie dalla verità, anche da parte delle istituzioni.

Oggi vorrei spendere alcune parole sulla manutenzione delle nostre amate barche e nel contempo sulle talvolta molto discutibili iniziative dei comandanti degli Uffici Marittimi.
Non mi riferirò propriamente ai lavori di manutenzione che, se abbiamo una barca, tutti più o meno conosciamo, quanto al fatto di poterli fare o meno.
“Ohibò” dirà qualcuno di voi, “sta a vedere che non siamo nemmeno più liberi di lavorare sulle nostre barche”.

Ecco, c’è un D.Lgs (il numero 81/2008 e successivi aggiornamenti) che disciplina la sicurezza negli ambienti di lavoro e che spessissimo viene disatteso, tant’ è che purtroppo sono sempre più numerose le morti e gli incidenti nei più svariati cantieri e luoghi dove si lavora.
Ma c’è anche un comandante di un Ufficio Circondariale Marittimo che lo scorso 13 aprile ha pensato bene di emettere una ordinanza contenente le seguenti frasi:

“…tutte le ordinarie e straordinarie attività di manutenzione delle imbarcazioni ubicate presso cantieri navali/rimessaggi/darsene avvengano con l’ osservanza della normativa vigente in materia….
..le attività di manutenzione e riparazioni delle unità navali in sosta (cd. Rimessaggio) devono essere effettuate esclusivamente da parte di personale dipendente specializzato. 
Si ribadisce, di conseguenza, che è assolutamente vietata ogni altra modalità di lavorazione, prescrivendo, di seguito, i sottoelencati obblighi:
divieto si esecuzione, direttamente o tramite terzi, di lavori di ordinaria e straordinaria manutenzione da parte del cliente/proprietario, salvo accordi di parte ex D. Lgs 81/2008.”

Io stimo molto il lavoro svolto dalla Guardia Costiera quando si impegna con uomini e mezzi a salvare vite umane in mare, ci mancherebbe che non fosse così, tuttavia in questo caso - pur ritenendo che la buona volontà per invitare a fare le cose per bene abbia animato questo comandante - egli ha inserito nella sua ordinanza due parole in più: la parola “darsene” e la parola “proprietario”.
E le parole contano allorquando le autorità applicano una norma, eccome se contano !
Quelle due parole in più infatti sono tali da stravolgere il buon senso comune e ne spiego subito la ragione.

Sulla base di tale ordinanza un solerte sottoufficiale di un Ufficio Marittimo può entrare in sopralluogo nella darsena dove io sto cambiano una lampadina a bordo della mia barca e sanzionarmi per intervento all’ impianto elettrico senza averne la professionalità sancita dal D.Lgs.
In effetti io sono il proprietario della barca e la barca è ormeggiata in una darsena.
Infatti non è così chiara la distinzione tra ormeggio e rimessaggio: se una barca non sta navigando e sta subendo un intervento di manutenzione ordinaria può essere considerata in rimessaggio, perché non sta scritto da nessuna parte che il rimessaggio debba essere svolto a terra, né sotto un capannone.
Ci son infatti cantieri (quasi tutti) che dispongono di ormeggi ai quali sono legate barche in rimessaggio.
Nel momento in cui l’ ordinanza racchiude insieme i termini cantieri navali/rimessaggi/darsene e la parola proprietario associato a questi il pasticcio è bello e fatto.
In altre parole viene lasciato arbitrio al sottoufficiale di cui sopra di stabilire se l’ imbarcazione sia rimessata o no e fino a quale misura di intervento professionale il proprietario si abilitato a farlo o meno.
Purtroppo non è uno scherzo, è l’ ennesimo esempio dell’ arbitrio normativo che esiste nel nostro paese.
Naturalmente se avessi subìto la conseguente verbalizzazione con sanzione da parte di un Ufficio Marittimo potrei opporre ricorso, ma il ricorso -  sia per i tempi che per i fastidi che per le spese – fa perdere la voglia di vivere e di avere ragione.

Quello che ho riportato è purtroppo un esempio dei tanti casi di interventi sanzionatori effettuati dalla Guardia Costiera non sempre “azzeccati”, mi si permetta tale aggettivo.
Tale aggettivo vorrebbe significare che non sempre chi risulta in fallo vuole farlo; addirittura talvolta colui che risulta in fallo semplicemente vi si trova perché ha dovuto prendere delle decisioni immediate e che proprio non gli lasciavano altre possibilità.
Per esempio una draga abilitata a lavorare in una certa area non dovrebbe essere sanzionata per aver trovato rifugio nella darsena adiacente a quell’ area a causa di condizioni meteomarine avverse (considerando inoltre che quello stesso Ufficio Marittimo ne aveva rilasciata l’autorizzazione alla navigazione proprio fino a quel porto lì).
Né il direttore della darsena dovrebbe essere sanzionato per non aver “impedito” al comandante della draga di trovare rifugio nelle condizioni di cui sopra.
Sembra follia, ma invece è successo.
Oppure, essendo in pieno giorno, un diportista non dovrebbe essere sanzionato perché sul salvagente anulare la boetta luminosa non si accende.
I casi possono essere infiniti e viene da chiedersi quanto le sanzioni vengano elevate per oggettive ragioni di sicurezza o di tutela ambientale, e quanto invece semplicemente per fare cassa.

Ma per sorte divina la vita ci riserva anche cose belle e buone di cui gioire e non guastarsi il fegato.
Già anni addietro mi ero lanciato in qualche invito a voi lettori sull’ ospitare a bordo della propria barca persone per le quali ciò che per noi diportisti rappresenta quasi una routine in effetti è il sogno di una vita… 
Dopo averlo fatto per iniziativa personale per diverse stagioni, quest’ anno con la complicità del Circolo Velico Mariclea e dell’ ULSS di San Donà di Piave ho partecipato a diverse uscite brevi ospitando numerosi disabili.

 

Disabile è una parola del tutto normale (mi si consenta la contraddizione apparente dei termini), in quanto tutti noi abbiamo forme di disabilità.
Persino lo Stato stabilisce che uno come me può essere abile ad esercitare la professione di ingegnere (c’è proprio un esame di stato che ne prevede la abilitazione), ma non quella di avvocato o di medico.
Insomma per dire che ciascuno di noi è abile a fare qualcosa ma non lo è a fare qualcos’ altro.

Ebbene, le persone che si trovano ad avere disabilità fisiche o mentali o caratteriali nondimeno hanno comunque altre abilità.
Così durante l’ estate appena passata Siddharta insieme ad altre barche ha ospitato “un po’ di tutto” (questo termine è assai drastico e poco felice, ma non ne ho trovato uno migliore).
E’ bastata un po’ di pazienza reciproca nel far riuscire a scavalcare le draglie ai più impediti nei movimenti, che ogni persona imbarcata ha dimostrato sensibilità o capacità diverse.
Se uno non riusciva a serrare le mani, però si interessava a tutto;
se uno non riusciva a piegare le ginocchia, però sapeva riderne;
se uno non ci vedeva, però sapeva godere dell’ aria sulla faccia;
se uno diceva sempre di no a qualsiasi esperienza nuova, però alla fine saltava di gioia per averla provata.
Insomma tante piccole perle di “abilità di vita” che abbiamo dimenticato di avere perché dopo qualche anno di vita ci appaiono ovvie.
E che dire della soddisfazione delle accompagnatrici, di quelle persone cioè che per qualche ora possono rilassarsi e dire: ”ma quando ci capiterà un’ altra occasione così?”

Ora il Circolo Velico ha il calendario delle prenotazioni pieno per tutta l’ estate prossima: si è sparsa la voce per le varie associazioni del territorio e quindi benvenute sono le barche e gli armatori che se la sentono di partecipare; più siamo e più persone riusciamo ad accontentare.
Ricordiamoci che le darsene sono strapiene di barche quasi sempre ferme.
Ricordiamoci che le barche ferme all’ ormeggio si deteriorano perché non fanno la cosa per la quale sono state progettate e costruite: navigare.
Non importa come, dove e con chi.
Non importa se non parteciperanno alla “Rolex Cup Fastnet”.
Non importa se non ormeggeranno mai a Porto Cervo.

Credo siate d’ accordo con me sul fatto che non ci sia nulla di più triste ed inutile di un bene che, invece che realizzare i sogni, li fa rimanere tali.

 

  

  TORNA A ARTICOLI E CHIACCHIERE