Purtroppo l’ età avanza inesorabilmente
(per tutti) e in modi diversi; la mia si fa sentire in particolar modo agli
occhi.
Cinque anni fa mi hanno sostituito il
cristallino all’ occhio di dritta ed ora sono in lista di attesa per la
sostituzione all’ occhio di sinistra.
Ciò significa che la mia capacità di messa
a fuoco è sempre più ridotta e che tendo a vedere con un occhio solo,
mancandomi il rilievo e l’ allineamento.
Insomma, tutto ciò per dire che nella
scrittura devo usare caratteri più grandi.
Vedere bene, se si può, è indispensabile…
soprattutto di questi tempi in cui diventa sempre più difficile distinguere le
bugie dalla verità, anche da parte delle istituzioni.
Oggi vorrei spendere alcune parole sulla
manutenzione delle nostre amate barche e nel contempo sulle talvolta molto
discutibili iniziative dei comandanti degli Uffici Marittimi.
Non mi riferirò propriamente ai lavori di
manutenzione che, se abbiamo una barca, tutti più o meno conosciamo, quanto al
fatto di poterli fare o meno.
“Ohibò” dirà qualcuno di voi, “sta a
vedere che non siamo nemmeno più liberi di lavorare sulle nostre barche”.
Ecco, c’è un D.Lgs (il numero 81/2008 e
successivi aggiornamenti) che disciplina la sicurezza negli ambienti di lavoro e
che spessissimo viene disatteso, tant’ è che purtroppo sono sempre più numerose
le morti e gli incidenti nei più svariati cantieri e luoghi dove si lavora.
Ma c’è anche un comandante di un Ufficio
Circondariale Marittimo che lo scorso 13 aprile ha pensato bene di emettere una
ordinanza contenente le seguenti frasi:
“…tutte le ordinarie e straordinarie
attività di manutenzione delle imbarcazioni ubicate presso cantieri
navali/rimessaggi/darsene avvengano con l’ osservanza della normativa vigente
in materia….
..le attività di manutenzione e riparazioni
delle unità navali in sosta (cd. Rimessaggio) devono essere effettuate
esclusivamente da parte di personale dipendente specializzato.
Si ribadisce, di conseguenza, che è
assolutamente vietata ogni altra modalità di lavorazione, prescrivendo, di
seguito, i sottoelencati obblighi:
divieto si esecuzione, direttamente o tramite
terzi, di lavori di ordinaria e straordinaria manutenzione da parte del
cliente/proprietario, salvo accordi di parte ex D. Lgs 81/2008.”
Io stimo molto il lavoro svolto dalla
Guardia Costiera quando si impegna con uomini e mezzi a salvare vite umane in
mare, ci mancherebbe che non fosse così, tuttavia in questo caso - pur
ritenendo che la buona volontà per invitare a fare le cose per bene abbia
animato questo comandante - egli ha inserito nella sua ordinanza due parole in
più: la parola “darsene” e la parola “proprietario”.
E le parole contano allorquando le
autorità applicano una norma, eccome se contano !
Quelle due parole in più infatti sono tali
da stravolgere il buon senso comune e ne spiego subito la ragione.
Sulla base di tale ordinanza un solerte
sottoufficiale di un Ufficio Marittimo può entrare in sopralluogo nella darsena
dove io sto cambiano una lampadina a bordo della mia barca e sanzionarmi per
intervento all’ impianto elettrico senza averne la professionalità sancita dal
D.Lgs.
In effetti io sono il proprietario della
barca e la barca è ormeggiata in una darsena.
Infatti non è così chiara la distinzione
tra ormeggio e rimessaggio: se una barca non sta navigando e sta subendo un
intervento di manutenzione ordinaria può essere considerata in rimessaggio,
perché non sta scritto da nessuna parte che il rimessaggio debba essere svolto
a terra, né sotto un capannone.
Ci son infatti cantieri (quasi tutti) che
dispongono di ormeggi ai quali sono legate barche in rimessaggio.
Nel momento in cui l’ ordinanza racchiude
insieme i termini cantieri navali/rimessaggi/darsene e la parola proprietario
associato a questi il pasticcio è bello e fatto.
In altre parole viene lasciato arbitrio al
sottoufficiale di cui sopra di stabilire se l’ imbarcazione sia rimessata o no
e fino a quale misura di intervento professionale il proprietario si abilitato
a farlo o meno.
Purtroppo non è uno scherzo, è l’ ennesimo
esempio dell’ arbitrio normativo che esiste nel nostro paese.
Naturalmente se avessi subìto la conseguente
verbalizzazione con sanzione da parte di un Ufficio Marittimo potrei opporre
ricorso, ma il ricorso - sia per i tempi
che per i fastidi che per le spese – fa perdere la voglia di vivere e di avere
ragione.
Quello che ho riportato è purtroppo un
esempio dei tanti casi di interventi sanzionatori effettuati dalla Guardia
Costiera non sempre “azzeccati”, mi si permetta tale aggettivo.
Tale aggettivo vorrebbe significare che
non sempre chi risulta in fallo vuole farlo; addirittura talvolta colui che
risulta in fallo semplicemente vi si trova perché ha dovuto prendere delle
decisioni immediate e che proprio non gli lasciavano altre possibilità.
Per esempio una draga abilitata a lavorare
in una certa area non dovrebbe essere sanzionata per aver trovato rifugio nella
darsena adiacente a quell’ area a causa di condizioni meteomarine avverse
(considerando inoltre che quello stesso Ufficio Marittimo ne aveva rilasciata l’autorizzazione
alla navigazione proprio fino a quel porto lì).
Né il direttore della darsena dovrebbe
essere sanzionato per non aver “impedito” al comandante della draga di trovare
rifugio nelle condizioni di cui sopra.
Sembra follia, ma invece è successo.
Oppure, essendo in pieno giorno, un
diportista non dovrebbe essere sanzionato perché sul salvagente anulare la
boetta luminosa non si accende.
I casi possono essere infiniti e viene da chiedersi
quanto le sanzioni vengano elevate per oggettive ragioni di sicurezza o di
tutela ambientale, e quanto invece semplicemente per fare cassa.
Ma per sorte divina la vita ci riserva
anche cose belle e buone di cui gioire e non guastarsi il fegato.
Già anni addietro mi ero lanciato in
qualche invito a voi lettori sull’ ospitare a bordo della propria barca persone
per le quali ciò che per noi diportisti rappresenta quasi una routine in
effetti è il sogno di una vita…
Dopo averlo fatto per iniziativa personale
per diverse stagioni, quest’ anno con la complicità del Circolo Velico
Mariclea e dell’ ULSS di San Donà di Piave ho partecipato a diverse uscite
brevi ospitando numerosi disabili.
Disabile è una parola del tutto normale
(mi si consenta la contraddizione apparente dei termini), in quanto tutti noi
abbiamo forme di disabilità.
Persino lo Stato stabilisce che uno come
me può essere abile ad esercitare la professione di ingegnere (c’è proprio un
esame di stato che ne prevede la abilitazione), ma non quella di avvocato o di
medico.
Insomma per dire che ciascuno di noi è
abile a fare qualcosa ma non lo è a fare qualcos’ altro.
Ebbene, le persone che si trovano ad avere
disabilità fisiche o mentali o caratteriali nondimeno hanno comunque altre
abilità.
Così durante l’ estate appena passata Siddharta
insieme ad altre barche ha ospitato “un po’ di tutto” (questo termine è assai
drastico e poco felice, ma non ne ho trovato uno migliore).
E’ bastata un po’ di pazienza reciproca
nel far riuscire a scavalcare le draglie ai più impediti nei movimenti, che
ogni persona imbarcata ha dimostrato sensibilità o capacità diverse.
Se uno non riusciva a serrare le mani,
però si interessava a tutto;
se uno non riusciva a piegare le
ginocchia, però sapeva riderne;
se uno non ci vedeva, però sapeva godere
dell’ aria sulla faccia;
se uno diceva sempre di no a qualsiasi
esperienza nuova, però alla fine saltava di gioia per averla provata.
Insomma tante piccole perle di “abilità di
vita” che abbiamo dimenticato di avere perché dopo qualche anno di vita ci
appaiono ovvie.
E che dire della soddisfazione delle accompagnatrici,
di quelle persone cioè che per qualche ora possono rilassarsi e dire: ”ma
quando ci capiterà un’ altra occasione così?”
Ora il Circolo Velico ha il calendario
delle prenotazioni pieno per tutta l’ estate prossima: si è sparsa la voce per
le varie associazioni del territorio e quindi benvenute sono le barche e gli
armatori che se la sentono di partecipare; più siamo e più persone riusciamo ad
accontentare.
Ricordiamoci che le darsene sono strapiene
di barche quasi sempre ferme.
Ricordiamoci che le barche ferme all’
ormeggio si deteriorano perché non fanno la cosa per la quale sono state
progettate e costruite: navigare.
Non importa come, dove e con chi.
Non importa se non parteciperanno alla
“Rolex Cup Fastnet”.
Non importa se non ormeggeranno mai a
Porto Cervo.
Credo siate d’ accordo con me sul fatto che non ci sia nulla di più triste ed inutile di un bene che, invece che realizzare i sogni, li fa rimanere tali.