ARTICOLI E CHIACCHIERE COSE TRA NOI
 SETTEMBRE 2013

 LE  ONDE, nostre amiche-nemiche
1° puntata


Foto di Roberto Tonon

Questo è un tema che mi ha sempre affascinato fin da quando ho cominciato ad imparare a nuotare.
Anzi, ancor prima, ricordo che  mentre giocavo sulla battigia l’ arrivare dell’ onda sulla spiaggia, il suo abbandono della schiuma sulla sabbia e quindi il suo lento ritirarsi letteralmente mi ipnotizzavano.
Lasciavo paletta e secchiello e me ne stavo a fissare quell’ andirivieni continuo pieno di riflessi, di scintillii e di ammiccamenti.
Così all’ università ho scelto di fare ingegneria idraulica e così sulle onde mi hanno insegnato un sacco di cose…Allora già andavo in barca a vela sulle derive, ma poiché credevo e credo più all’ esperienza che alla teoria mi sono messo a navigare più lontano dalla costa così da scoprire come sono le onde più belle e più vergini e quali sono i loro effetti piacevoli o spiacevoli.
Già qualcuno potrà sorridere della mia definizione di onda vergine, dato che tutto si può dire su di essa ma non certo che possa incontrare un ondo con cui integrarsi e procreare ondini.
Questa qualità appartiene solo dalle onde libere che viaggiano lontano dalle coste, lontano dalle scogliere e che men che meno prodotte dal transito di qualche imbarcazione.
Le onde vergini hanno origine dall’ attrito del vento sulla superficie del mare ed hanno così tanta acqua sotto di esse da non sentire la presenza del fondo; sono spontanee e nel propagarsi la loro geometria non viene in alcun modo modificata.
Per queste ragioni mi piace chiamarle vergini.
Poiché sono il risultato dell’ energia che il vento è riuscito a scaricare sulla superficie del mare, le loro caratteristiche che sono l’ altezza, il periodo e la lunghezza, variano sulla base di tre parametri fondamentali: la velocità del vento (in nodi Kn) , la durata del vento (in ore h) e la distanza lungo la quale il vento ha agito, cioè il fetch (in miglia M).

MINI DIGRESSIONE 
Ehm, lo so che queste cose possono essere un po' indigeste...Le grandezze della fisica come la velocità, le accelerazioni, i periodi, le frequenze stanno un po' sullo stomaco, né più e né meno come le parole dei medici quando si scrivono tra loro i pareri sui pazienti: "Peristòma analitico ma palpabile, ipostomìa persistente, coincidròma assente ma repulsivo, antalgìa sintomatica ed evolutiva.... "
Del resto vi avevo avvertito che mi sarei ricordato prima o dopo di essere un ingegnere !
Ma abbiate fiducia, vedrete che l' argomento non è così ostico come sembra.

Non vi dico per quanti anni l’ uomo si è sbizzarrito a misurare e a mettere insieme questi parametri per potere catalogare le onde.
Noi siamo soliti conoscere il lavoro di catalogazione dell' amm. Beaufort (almeno credo fosse un ammiraglio) il cui lavoro è riassunto dal diagramma seguente.

Il diagramma di Beaufort ha il grande difetto di non fornire indicazioni di previsione che, guarda caso, sono quelle che interessano di più a noi.
Voglio dire che prima di partire per una navigazione e nel caso mi trovassi in una burrasca mi piacerebbe poter sapere con quali onde potrei avere a che fare...
Ebbene, ci sono riusciti gli Americani che, seguendo la loro indole tipicamente anglosassone, piuttosto che passare il tempo a cantare canzoni e fare e disfare leggi si sono messi a raccogliere dati.
Pensate che raccogliendo dei dati e mettendoli in ordine si potrebbe benissimo fare a meno delle formule della fisica (che è un po’ ciò che fa nel suo progresso la medicina); anzi spesso le formule della fisica sono state trovate proprio dopo che sono stati raccolti e ordinati i dati.
Così è nato il diagramma seguente, ad opera di Sverdrup Munck e Bretschneider (U.S. Army, Coastal Engineering Research Center - 1971).

Messo così sembra una cosa improponibile da leggere, invece è abbastanza semplice.

Se si conosce la velocità del vento in nodi (in VERDE) e il fetch in Miglia (in ROSSO), si può stimare sia l’altezza d’ onda vergine che si sviluppa H in piedi (in AZZURRO), sia il suo periodo T in secondi (in VIOLA) purchè l’ azione del vento sia durata quanto il tempo minimo riportato in ore in corrispondenza del punto individuato.
Insomma si entra con i dati in verde e in rosso (che si possono relativvamente prevedere) e si esce con le grandezze in azzurro e in viola.
Facciamo un esempio, come è capitato in pratica a me.

Per attraversare il mare Adriatico dall’ Istria (Poreč) all’ Italia (Caorle) si naviga per circa 39 M
Se c’è bora che soffia a circa 40 Kn e poiché in mezzo al mar il fetch è di 40M, potremo incontrare onde alte 11 piedi (più di 3 m) con un periodo di 7,5 s purchè la burrasca sia cominciata da almeno 5 ore....
Questo dato è indicato con un pallino rosso  nel diagramma.

Sembrerà un po’ strano che nel diagramma assuma un ruolo importante il periodo T in secondi (e cioè il tempo che passa tra un’ onda e l’ altra), tuttavia se voglio avere una valutazione dell’ onda non solo geometrica ma anche energetica, è proprio il periodo la grandezza che ci serve.
Infatti è il periodo che definisce quante volte si viene sballottati su e giù ogni minuto o ogni ora, ed è ancora il periodo che mi dice quanto verranno sollecitate le strutture della barca e gli stomaci dell' equipaggio: nel caso in esame un periodo di 7,5 s significa che la mia barca sale e scende da quelle onde alte più di 3 m per 8 volte ogni minuto ( 60 / 7,5 ).
Potete quindi divertirvi - si fa per dire - nello stimare le onde vergini che potreste incontrare partendo da Viareggio per andare a Marciana Marina sull’ isola d’ Elba dopo una sciroccata forza 6 di due giorni (occhio al Fetch che è considerevole).

Un altro fatto interessante è contenuto nella formula dell’ energia sviluppata da un’ onda vergine (non ve la scrivo perchè è piuttosto incasinata) perché contiene la lunghezza dell’ onda che a sua volta dipende dal quadrato del periodo.
So che vi interessa poco saper valutare l’ energia di un’ onda vergine, però vi interesserà di più sapere che la lunghezza e il periodo sono collegati tra loro (L = f(T2)).
In altre parole se il tempo che passa tra un’ onda e l’ altra raddoppia, la distanza tra le due onde deve essere 4 volte più grande.
Ciò fa capire che - a parità di altezza - una serie di onde che si susseguono rapidamente devono avere una lunghezza piccola, cioè essere ripide; mentre invece una serie di onde che si susseguono più lentamente devono avere una lunghezza grande, cioè essere quasi piane.
Per capirci con un esempio, qualcuno di voi è in grado di rendersi conto della “ripidità” dell’ onda di marea ?
Credo proprio di no, infatti essa ha un periodo di circa 6 ore, pertanto la sua lunghezza è talmente enorme che di fatto non si riesce a percepire assolutamente la sua ripidità.
Tornando a parlare di pratica e non di teoria, durante la traversata da Parenzo a Caorle a me è andata un po’ diversamente da quanto più sopra diagnosticato dal diagramma di Sverdrup Munck e Bretschneider perché, essendo appena finita una sciroccata di un paio di giorni (l’ alto Adriatico va soggetto a questi cambi repentini di direzione del vento in seguito al passaggio delle perturbazioni e in ciò sta la sua pericolosità) le onde che ho incontrato non erano vergini.
Significa che al di sopra di un mare lungo formato di scirocco (SSE), si è formato molto velocemente un mare ripido di bora (NE).
Questo fenomeno fa insorgere onde (non vergini, perché date dalla combinazione delle altre) molto più brutali: in questo caso infatti diminuisce la lunghezza e aumenta l’ altezza, cioè le onde sono decisamante più ripide.
Se invece a un mare formato se ne somma un altro con lo stesso verso (a una burrasca ne segue un’ altra col vento che soffia dalla stessa parte), le onde non più vergini saranno sia più lunghe che più alte.
Nel primo caso, che è quello che è capitato a me, le onde sono arrivate a circa 4 m di altezza e la loro ripidità ha fatto sì che le creste frangessero entrando in qualche caso nel pozzetto e inoltre che in un paio di occasioni il boma toccasse l’acqua.

Ovviamente ciò è successo perché ho continuato a mantenere la rotta verso Caorle, cioè tenendo il mare al traverso; lo so che sarebbe stato molto più agevole prendere il mare in poppa (è ciò che consigliano da sempre i sacri testi di "navigazione con cattivo tempo"), ma così sarei andato ad atterrare a Ravenna e, con buona pace per gli amici romagnoli, eravamo invece attesi in Veneto a casa nostra.

Or che mi sovvien, questa faccenda dell’ essere atteso è un fatto deleterio per l’ andare in barca...Infatti il nostro-omo Scarpacič diceva sempre:

“Si te capita de finìr le ferie dizemo el quatòrdeze del mese, no sta ciaparte a traversàr el giorno istesso par tornàr a casa. Progràmete la navigaziòn cussì da èsser vizin casa el dòdeze,  e tiente un giorno franco par traversàr…
Si zè bel tempo traversa el trèdeze, cussì te resta un giorno par riordinàr la barca.
Si fa bruto, ti ga un giorno in più par spetàr ch’ el mar se calme.
Ti vedarà che to mugièr, i fioi e i amissi i restàra più contenti”.

“Se ti capita di finire le ferie diciamo il 14 del mese, non ridurti ad attraversare lo stesso giorno per tornare a casa. Programma la navigazione così da essere vicino a casa il giorno 12, e tieniti un giorno di riserva per attraversare…
Se è bel tempo attraversa il 13, così ti resta un giorno per riordinare la barca.
Se fa brutto, hai un giorno in più per aspettare che il mare si calmi.
Vedrai che tua moglie, i figli e gli amici resteranno più contenti”.

Al prossimo mese, in cui continueremo a parlare di onde.
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