ARTICOLI E CHIACCHIERE COSE TRA NOI
SETTEMBRE 2016

FUMIAMOCI LA GHISA

Lo scorso mese di ottobre 2015 dedicai un articoletto alle chiglie che si staccano prendendomela sostanzialmente con le fibre aramidiche usate negli scafi da competizione.
Tuttavia citai all’ inizio il caso, anzi i casi, di barche da crociera che hanno perso la chiglia per “ESPLOSIONE”, con conseguente capovolgimento e affondamento del tutto, equipaggio compreso.
Poiché la cosa sembra una favola ma purtroppo non lo è, mi rifaccio ad un articolo letto casualmente su una rivista del settore che riportava i commenti del collega Francesco Alberto Tamburrano che per anni ha curato l’ importazione di barche a vela in Italia.
Nel suo articolo l’ ing. Tamburrano citava due casi di esplosione della fusione in ghisa della pinna di deriva di due barche da crociera, una nuova ancora da varare e una invece purtroppo in navigazione.
Della seconda tutto era andato a buon fine perché il proprietario (inglese, in navigazione al largo della Toscana) aveva sentito improvvisamente “molle” il rollio della barca e si era affrettato a raggiungere a motore il porto più vicino; praticamente la disintegrazione aveva riguardato circa 2/3 dell’ intera pinna e la totalità del bulbo inferiore.
Anche nel primo caso tutto era andato a buon fine, in quanto la barca era ancora sull’ invaso, ma la testimonianza del collega fa rabbrividire: i responsabili del cantiere infatti imposero alle maestranze presenti il “silenzio totale sull’ incidente”.
Non ho dati sui due incidenti, né probabilmente la specializzazione necessaria per trarre conclusioni, tuttavia posso dire che la ghisa non è certo un prodotto della fusione che brilli per affidabilità…Vi sono molti studi accompagnati da osservazioni microscopiche su quel che succede all’ interno delle ghise quando siano sottoposte a cicli di lavoro a temperature elevate (per esempio nei collettori di scarico dei motori) o a tensioni importanti (dove per tensioni leggi sollecitazioni).
Ebbene, essendo le fusioni della ghisa caratterizzate da scarsissima omogeneità e isotropia (al loro interno giacciono spesso cristalli e noduli dei più svariati minerali e anche e soprattutto di grafite) ed essendo molto difficile produrre una solidificazione (raffreddamento il più omogeneo e rapido possibile) dopo le colate negli stampi che abbiano un volume importante (chiglie, derive, bulbi), gli stati di tensione e le microfratture che si generano possono mandare in crisi il prodotto.
Intendo che si possono creare delle vere e proprie fratture e il prodotto si spacca.


Questo era un collettore di scarico in ghisa lungo e largo una ventina di cm con una fessura centrale lunga un paio di cm...
...dopo essere stato smontato si è aperto così, da solo e senza sollecitazioni esterne, nel giro di un anno; e se fosse stato un pezzo di chiglia ?

Non si tratta di una vera e propria “esplosione” come per la polvere da sparo (con conseguente botto), ma di una disintegrazione lungo una “ferita” che si apre in pochissimo tempo.
Bisogna ricordare infatti che la ghisa ha un comportamento fragile e non duttile…insomma si comporta più come il vetro che come il filo di ferro…Ed è tutta colpa (o merito) del solito carbonio !

 
Il  carbonio, comunque lo si consideri, è sempre un alleato difficile da addomesticare e che quindi può creare problemi....

Ora poiché i due casi, afferma l’ ing.Tamburrano, risalivano a una quindicina di anni fa - e vale a dire proprio all’ entrata in vigore della normativa comunitaria che impone la marcatura CE - una domanda sorge spontanea:
“Ma tte piace mmagnà er sapone ?”
Vi prego, affezionati lettori, abbiate un po’ di pazienza per le mie divagazioni a volte surreali… Prendetele come il bello di questo sito !

Immaginiamo allora un bel giardino pubblico, con i vialetti inghiaiati e le aiuole verdi macchiettate da arbusti e bulbose fiorite.
Immaginiamo quindi un imbecille che, ricco solo della smania di fumarsi una sigaretta, getti sul vialetto un pacchetto finito di Marlboro (quello con la scritta “Imbecille, il fumo ti uccide, lo sai vero?”) e continui con passo incerto fino al più vicino tabaccaio per fare il nuovo rifornimento.
Bene.
Che cosa fa il Sindaco di quel paese dopo che l’ “Operatore Ecologico Comunale” gli ha fatto presente che non fa altro che raccogliere nel giardino pubblico pacchetti finiti di sigarette ?
Il Sindaco mette qualche cartello, cioè instaura una norma.
E quale sarà il risultato di quella norma ?
Nessuno.
Non ci sarà alcun risultato perché l’ imbecille continuerà a fare l’ imbecille e a gettare per terra i pacchetti finiti.
Inutilità della norma.
Infatti chi rompe le palle è sempre un imbecille, ma continua ad esserlo anche dopo che sa che una qualsiasi autorità gli impone di non esserlo.
Allora al Sindaco non resterebbe altro da fare che mettere un vigile alle calcagna dell’ imbecille per multarlo ogni volta che costui buttasse a terra il pacchetto finito.
Un vigile per ogni imbecille, perché essi vanno seguiti in ogni momento della loro vita.
Se un terzo del paese fosse di imbecilli, occorrerebbe un altro terzo del paese di vigili.
Ovviamente come reagirebbe il terzo degli abitanti rimanenti non appartenente agli imbecilli ?
Il terzo degli abitanti del paese che non appartengono agli imbecilli dovrebbe pagare con le sue tasse le spese dei cartelli e dei vigili per una cosa della quale non ha alcuna responsabilità.
Morale: non conviene essere non imbecilli.
Conviene essere imbecilli.
Infatti ce ne sono sempre di più.
Infatti andiamo sempre più a rotoli.

Allora a che serve la normativa comunitaria nel momento in cui il cantiere installa una pompa del wc “marcata CE” ma il giorno dopo monta una pinna di deriva fusa in ghisa che è stata raffreddata lentamente e pertanto è piena di tensioni interne fino a creparsi alla prima sollecitazione ?
Nulla, non serve a nulla.
Come i provvedimenti del sindaco per non far gettare a terra i pacchetti di sigarette.
Perché non sono le norme che aiutano ad essere onesti e capaci del proprio lavoro !
L’ onestà e la professionalità sono qualità delle persone che, se ci sono, lo diventano anche per le aziende, ma se non ci sono non saranno certo create dall’ esistenza di una norma.
Hanno un bel dire i nostri famigerati europarlamentari: “Dài, facciamo una serie di norme; internazionali; molto complesse; con controlli rigorosi; inventiamo il controllo di qualità; facciamo tanti corsi; a pagamento; incasiniamo la produttività; inventiamo la modulistica dei processi produttivi; inventiamo gli ispettori; mettiamo le marcature; e le targhette; e anche i timbri !”
Oops!  E’ tutto inutile.
Tanto chi vuole delinquere delinque lo stesso e chi vuole speculare specula lo stesso.
Infatti riporto di seguito quanto ho già pubblicato in queste pagine nel lontano giugno 2009 a proposito della marcatura CE:

“Non so se avete letto con attenzione quanto più sopra riportato (so che è difficile ma ne vale la pena) ma qualsiasi tipo di unità in qualsiasi categoria di navigazione può essere marcata CE con il solo modulo H.
Quindi significa che nessun ente né organismo notificato (RINA, Udicer, ecc…) è tenuto a esaminare quella barca ma solamente a valutare il “sistema di qualità” dell’ azienda produttrice; la marcatura dell‘ unità cioè è affidata alla sola autocertificazione del costruttore (come per il modulo A) che abbia però dotato la sua azienda di “sistema di qualità”.
E ancora: una unità in categoria C con una lunghezza tra 2,5 e 12 m può essere marcata CE con il solo modulo A, cioè con la sola autocertificazione del costruttore.”

Chiaro, no?
Allora per noi consumatori naviganti per diporto non c’è proprio speranza ?
Per quanto i nostri amatissimi politicanti si diano da fare a inventare norme e capitolati disciplinari dovremo sempre subire i guai causati da produttori disonesti ?
Dovremo continuare a comperare barche nuove con la paura di andare a picco con tutta la nostra famiglia ?
No, no.
Una soluzione c’è, ed è semplicissima: basta comperare una barca usata, possibilmente prima del 2000, quando cioè non era entrata in vigore la marcatura CE.
Ovviamente, se la barca è ancora in ordine, significa che il controllo di qualità il cantiere l’ aveva fatto comunque per conto suo e la garanzia è confermata da tutti gli anni in cui la barca ha navigato.
Facile, no ?


Questo è il bordo di entrata della pinna di deriva di una barca che si è "strofinata" per bene sugli scogli.  Si tratta di uno Zuanelli 34.
E' stata costruita prima dell' entrata in vigore della normativa CE e, naturalmente, non ha subìto alcun danno all' attacco con il guscio.

“Ma così - obietterà qualcuno - consigliando di non comperare barche nuove mandi a spasso un sacco di cantieri che le producono.”
Oh, non c’è pericolo !
Non ho dubbi che dopo qualche mese la CE, sulla spinta dei soci azionari dei cantieri (quelli grossi, degli altri non frega niente a nessuno) si sarà data da fare per “adeguare e integrare le norme a beneficio della ulteriore sicurezza e qualità produttiva”.
Imporrà nuovi corsi di aggiornamento e patentini di abilitazione ai produttori di fusioni di ghisa normando ciò che si sa già sulla metallurgia da decine di anni (qualche secolo), e mandando ispettori a “timbrare” le fusioni delle pinne di deriva…


Sono veramente stufo di questa robaccia che serve solo a far allungare i tempi di eventuali processi

Risultato: costi aggiuntivi per tutti, ma senza alcun controllo di “onestà produttiva”.
Perché l’ “onestà produttiva” non è normabile.
Vi faccio un esempio, assolutamente reale.
Se avete bisogno di un tavolino pieghevole da montare in pozzetto, preferite che sia fatto da una ditta tedesca di Brema o da un artigiano italiano di Calatafimi (TP) ?
Io ho comperato dal più grosso fornitore tedesco di accessori nautici (Technisches Wassersportzubehör) che ha sede a Bremen un tavolino ripiegabile in bambù su guide in acciaio inox.
Il pacco mi è arrivato regolarmente, ma senza bulloni per il fissaggio, mancante di una vite sulle cerniere della parte ripiegabile e con le tacche di inserimento delle stesse nel legno eseguite in modo asimmetrico e fuori misura.


La finitura garantita dalla certificazione CE a Bremen (D)

Manco a dirlo dopo cinque o sei aperture-chiusure il lasco è diventato intollerabile e ho dovuto eliminare le cerniere e rifarmi io il tavolino.
Ovviamente il tutto non è prodotto in Germania, come le centraline elettroniche e un sacco di altri componenti di Mercedes, Audi, VolksWagen ecc che provengono dall’ Asia, ma la ditta tedesca che commercializza questi technisches wassersportzubehör si rende responsabile del prodotto attraverso il suo Sistema di Qualità.
Anzi, a spedizione avvenuta ti invita pure a fornirgli il feed-back sul servizio reso (perché fa parte del Sistema Qualità).
Lasciatemi dire: “Ma cara stupida ditta tedesca, cosa vuoi che mi importi del tuo feed-back se mi hai fatto capire benissimo che il pacco che ti è arrivato da Mindanao o da Timisoara non l’ hai nemmeno aperto prima di inviarmelo”?
Ma di che cavolo di Sistema di Qualità ti vanti !
Molto meglio se il tavolino lo faccio fare da un artigiano di Calatafimi; ci metterà il quadruplo del tempo, lo pagherò il doppio, ma avrà il grande vantaggio essere perfetto, anche e soprattutto se non sarà marcato CE !
Tornando quindi al tema iniziale l’ “onestà produttiva” che si traduce in “professionalità” non essendo “normabile” deve essere costruita in altro modo.
Io ne conosco uno soltanto in grado di dare risultati assolutamente certi: è l’ educazione al rispetto per gli altri, che viene insegnata in famiglia ai figli attraverso l’ esempio dei genitori.
E non importa se sono genitori di Bremen o di Trapani.

             
Germania contro Trinacria....      Sicuri in un risultato scontato ?


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