Ciao
Marco,
Nella
mia infinita ignoranza non avevo mai sentito parlare delle spere, ma a mia
discolpa devo anche dire che nessuno le ha mai nemmeno menzionate durante il
corso della patente nautica.
Ho
trovato un articolo molto interessante che volevo condividere con te (allegato
"spere-2”).
Penso
ti possa piacere dato che è pieno di numerini da ingegnere.
Niente
di difficile, per la verità, nemmeno per un profano come me, ma anzi molto
apprezzati perché mi confermano la solidità dei ragionamenti fatti e delle
conclusioni tratte.
Se
avrai la bontà di leggerlo e di darmi un tuo parere, vorrei chiederti lumi su
un punto che rimane oscuro (e che si pone anche l’autore dell’articolo): ma le
gallocce di poppa sono in grado di sostenere una trazione così alta?
POST
SCRIPTUM LUNGHISSIMO (praticamente un’altra mail): mentre ti scrivevo questa mail ho
fatto qualche ricerca per chiarire un altro punto che mi assillava: quanto è
diffuso l’utilizzo e la conoscenza di questo strumento tra i diportisti e gli
addetti ai lavori?
Ho
cominciato ad approfondire l’argomento riprendendo la fonte della mia
conoscenza di base: nel manuale dove si studia la patente (ti allego la pagina)
si parla di ancora galleggiante e si mostra la foto di una spera a cono
descrivendo come possibili l’utilizzo sia a prua che a poppa.
Abbastanza
deluso (ma purtroppo non sorpreso più di tanto) dalla superficialità del
manuale mi sono rivolto ad un’altra fonte: nei siti di componentistica nautica
che ho visitato è in vendita come ancora galleggiante una spera a cono o, se va
bene, una “ancora galleggiante ad alta efficienza” (?!?) che è a tutti gli effetti
una spera a cono Seabrake (che tra l’atro costa molto di più in proporzione).
https://www.magellanostore.it/ricerca?q=ancora+galleggiante
http://www.inoxnautica.it/index.php?route=product/search&search=ancora%20galleggiante
https://www.abmnautica.com/Prodotti?k=ancora%20galleggiante
In
internet non ho trovato nessun sito che venda l’ancora galleggiante
propriamente detta (quella fatta a paracadute).
PRIMA
CONCLUSIONE: a tutti i
livelli la confusione tra ancora galleggiante e spera regna sovrana.
Al di
là degli equivoci linguistici (comunque sempre fastidiosi secondo il mio
parere, perché a lungo andare generano sempre errori peggiori), resta il fatto
che la spera Jordan (indicata dall’articolo come la più efficiente) non risulta
facilmente reperibile sul mercato italiano (almeno quello accessibile da
internet) - nell’articolo è riportato il sito www.jordanseriesdrogue.com dove,
dopo qualche passaggio non proprio immediato, si può acquistare il modello
desiderato di spera Jordan.
SECONDA
CONCLUSIONE: mi pare di
capire che al comune diportista viene normalmente proposta una spera a cono (la
meno efficiente tra i vari modelli di spera) con una generica indicazione del
tipo “consigliata per barche di mt….”.
Ora
devo ammettere che io ho spesso un approccio più teorico che pratico, per cui
nei miei ragionamenti arrivo ad un punto dove rimetto in discussione tutto
perché arriva il pragmatico:
PRIMO
DUBBIO: sto forse esagerando
l’importanza di avere a bordo una spera Jordan? Magari può salvare la barca in
pieno oceano, ma nel Mediterraneo probabilmente non ci saranno mai condizioni
di enormi onde frangenti tali da rendere necessaria una spera.
Dato
che mi sembra un dubbio abbastanza sensato ti giro la:
DOMANDA
FINALE: secondo te può
essere utile avere a disposizione una spera Jordan durante le crociere più
lunghe in Mediterraneo?
SECONDA
DOMANDA FINALE: che tipo di spere/ancora galleggiante
equipaggiano normalmente le imbarcazioni da diporto?
Fammi
sapere cosa ne pensi.
Ciao
Alberto
Locatelli
Per far capovolgere una barca occorrono le
onde, giacché il vento da solo può farla coricare ma non capovolgere, ma per
formare le onde occorrono tre cose: il vento, la durata e il fetch (cioè la
lunghezza del tratto di mare ove il vento può agire sulla sua superficie).
Non solo, ma altro fattore determinante è
“la ripidità” dell’ onda: un kayak può essere capovolto da un frangente di 1 m,
ma non da un’ onda di marea di 1 m.
Per rovesciare una barca infatti occorre
un' onda che abbia una certa “ripidità” e che questa sia incompatibile con le
caratteristiche geometriche e meccaniche della barca.
Per ripidità intendo il rapporto tra H/(L/2),
cioè tra altezza e mezza lunghezza d’ onda.
Per caratteristiche geometriche intendo lunghezza
e larghezza della barca.
Per caratteristiche meccaniche intendo i momenti
di Inerzia polare della barca.
In parole un po’ più semplici:
- ripidità: un' onda di marea alta 10 m,
come quelle che interessano il Canale della Manica, non riuscirà mai a
rovesciare una barca perché ha un periodo T di 12 h, una lunghezza L enorme e
quindi non è ripida.
- geometria: una petroliera lunga 400 m che
prenda il mare di prua non troverà mai un' onda tale da poterla rovesciare ma
un Optimist - che è lungo poco più di 2
m - sì.
- inerzia polare: una chiatta con sopra una
gru alta 50 m si rovescerà più facilmente di una barca a vela di 9 m con l'
albero alto 10 e una pinna di deriva zavorrata di 1.5 m
Nel settembre e ottobre 2013 mi sono
occupato di onde e, nell' articolo di settembre, ho pubblicato un diagramma
che, pur essendo un po' complicato, la dice lunga sulle onde che si possono
formare.
E’ il diagramma delle “onde vergini”, cioè delle
onde che si possono formare unicamente per l’ azione del vento sulla superficie
del mare e prive di ostacoli o interferenze nel loro propagarsi; tale diagramma
è detto di Bretschneider.
Un punto di tale diagramma dà un sacco di
informazioni: definisce l’ altezza H di un onda (in ft- BLU), il suo periodo T
(in s - VIOLA) e dice anche che per esistere questa onda ha avuto bisogno di un
vento V (in Kn - VERDE) che abbia soffiato per una durata t (in h) e abbia
agito lungo un tratto di mare “fetch” F (in M - ROSSO).
Per esempio il puntolino rosso che ho
indicato io è quello di un’ onda alta più di 3 m (11 ft), che si ripete ogni 7
s, formata da un vento di 38 Kn che ha soffiato almeno per 5 h su un fetch di
40 M; è quello delle onde che ho incontrato attraversando l’ Adriatico con la
bora da Porec a Caorle (che per le ragioni che esprimerò più avanti hanno
raggiunto i 4 m)…
Da notare che le stesse onde si possono
formare con situazioni diverse: percorrendo la curva iperbolica degli 11 ft,
per esempio, possiamo trovare che quella stessa onda può essere formata da un
vento di 30 Kn che ha soffiato per 20 h su un fetch di 180 M… oppure con altre
combinazioni di questi stessi tre parametri.
Ora la domanda che dobbiamo porci è la
seguente (alla quale però non è facile rispondere): queste onde possono capovolgere
la mia barca?
Ovviamente la risposta dipende dalla barca
e dalla posizione che questa ha quando arriva l’ onda; per questo hanno
inventato quei dispositivi che “frenano” la poppa della barca, così da
permetterle di farsi attraversare dall’ onda in senso longitudinale e non
trasversale.
In quella traversata da Porec a Caorle io
mantenni la prua su Caorle e presi le onde al traverso…infatti per due volte
misi il boma in acqua; se avessi fatto rotta verso la foce del Po avrei preso
il mare di poppa e assai difficilmente mi sarei rovesciato.
Più un galleggiante è corto e più
facilmente si farà capovolgere; più un galleggiante è lungo e più difficilmente
si farà capovolgere.
Per proseguire la nostra indagine vediamo
allora di trovare una relazione tra la L della barca e la “ripidità” dell’ onda
che possa capovolgerla…
Esistono due relazioni fondamentali della
meccanica delle onde:
1. tra il periodo T e la lunghezza d’ onda
L : T = √
(L/1.56) o L = 1.56 T2 come si vuole;
2. tra la massima H che permette all’ onda
di stare ancora in piedi e la sua L : H/L =
0.14 che in definitiva sancisce la sua “ripidità-limite”.
Vediamo ora come queste due relazioni
possono aiutarci.
Immaginiamo di navigare su una barca lunga
10 m.
La lunghezza dell’ “onda pericolosa” è
quella che supera il doppio della lunghezza della barca, perché solo così tutto
lo scafo della barca si può trovare in discesa quando l’ onda le passa sotto;
quindi partiamo da una lunghezza d’ onda L = 10 x 2 = 20 m.
In condizioni di ripidità-limite questa
onda (applicando la relazione 2.) può arrivare a H = 0.14 x 20 = 2.8 m prima di
frangere e dissipare così gran parte della sua energia.
Che periodo T ha questa onda?
Applicando la 1. con una L di 20 m si ottiene
un T = 3.6 s, così ho i dati per entrare nel diagramma di Bretschneider…
Ma il diagramma ci dice che questa onda non
esiste: un’ onda di 2.8 m deve avere un periodo di 7 s, cioè (sempre applicando
la 1.) una L di 77 m, ben più lunga e meno ripida.
La conseguenza è che un’ “onda vergine” non
avrà mai una ripidità tale da capovolgere una barca.
In effetti, dal punto di vista geometrico,
le onde vergini del diagramma viaggiano con un rapporto H/L = 2.8/77 = 0.036 cioè
con una ripidità geometrica della superficie dell’ acqua (ragguagliata a mezza
lunghezza d’ onda) di circa il 7%...immaginate una strada in salita con tale
pendenza…è circa quella di una strada statale di un passo dolomitico, tipo
Pordoi.
Ben diversa è la situazione dell’ onda in
condizioni di ripidità-limite in cui, come detto, si arriva ad un rapporto
H/L=0.14 (cioè ad una ripidità geometrica della superficie dell’ acqua) del 28%...molto
più ripida di una rampa di un garage.
Ma allora quale onda dobbiamo temere e quindi
per quale onda sarebbe necessario adottare dei dispositivi che mantengano lo
scafo di 10 m longitudinale alla direzione di propagazione delle onde?
Dovremmo temere un’ onda alta 3 m e lunga
20 m.
Vuol dire che essa non è “vergine”, significa cioè che essa è data dal sommarsi di più
onde o dall’ essere contrastata nel suo progredire da una corrente contraria…
Questo è già un primo risultato.
Allora facciamo così: entriamo nel
diagramma con il T associato a un’ onda vergine con L 20 m, cioè 3.6 s:
otteniamo un’ onda vergine alta 2.8 ft (85 cm) e chiediamoci: come può questa
onda raggiungere le condizioni di ripidità-limite?
Basta, per esempio, che se ne sommino 3 contemporaneamente: 3 x
0.85 = 2.5 m
Può accadere?
Sì, con una probabilità bassa ma può
accadere, si tratta della cosiddetta “onda anomala”.
Questa è un' onda vergine con T= 2.5 s H= 0.5 m L = 9.75 m
Questa è un' onda vergine con T= 2.7 s H= 0.65 m L= 11.37 m
Se sopra un insieme di onde vergini il
vento soffia con maggior forza su una zona ristretta per un po’ di tempo, le
onde che stanno transitando lì hanno una maggior altezza e un maggior periodo,
quindi avanzano con diversa velocità.
Dopo un po’ di tempo andranno ad incontrare
altre onde e, combinandosi, potranno in un certo istante sottrarsi ad esse e un
istante successivo sommarsi ad esse: nel primo caso il mare si appiattirà, nel
secondo caso invece i cavi si approfondiranno e le creste si innalzeranno
formando appunto l’ “onda anomala”.
Possiamo allora ragionare così: con la mia
barca di 10 m posso incontrare un’ onda anomala che può capovolgermi solo se è
formata dal sovrapporsi di 3 onde vergini con H = 85 cm L = 20 m e T= 3.6 s, quindi
nel diagramma non faccio altro che leggere le combinazioni di vento V, durata
t, fetch F che possono formare queste onde vergini e quindi confrontarle
con la navigazione che voglio intraprendere e con le previsioni meteo che il
bollettino mi dà.
Se tutto ciò può apparire elaborato,
riporto due esempi pratici.
IMBARCAZIONE DI 10 M NAVIGAZIONE
DA PULA A RIMINI
Distanza 71 M
Onde vergini potenzialmente pericolose L=20
m T= 3.6 s H=2.8 ft
BOLLETTINO METEO Prevista
burrasca di bora: V=30 Kn t=30 h
F=75 M
Entrando nel diagramma con questi dati
ottengo una onda vergine di T=7 s e H=10 ft (ben più forte di quella
potenzialmente pericolosa) in grado di formarsi già in 9.5 h
SIAMO IN SITUAZIONE DI PERICOLO perché
esiste comunque sempre la probabilità che si sommino più onde vergini tali da
formarne una anomala che possa rovesciare la barca.
IMBARCAZIONE DI 12 M NAVIGAZIONE DA REGGIO CALABRIA A
TAORMINA
Distanza 29 M
Onde vergine potenzialmente pericolose L=24
m T= 4 s
H=3.5 ft
BOLLETTINO METEO Prevista burrasca di maestrale: V=30 Kn
t=36 h F=3 M (fetch ridotto
perché navigo in acque ridossate da maestrale)
Entrando nel diagramma con questi dati
ottengo una onda vergine di T=3.5 s e H=2.8 ft in grado di formarsi già prima
di 1 h
NON SIAMO IN SITUAZIONE DI PERICOLO
MA
ATTENZIONE ! Se nella stessa situazione e a parità di parametri fosse
annunciata burrasca da SE il fetch sarebbe di oltre 400 M e l’ onda vergine
sarebbe di T=8 s e H=16 ft in grado di formarsi in 36 h…SAREMMO QUINDI IN
SITUAZIONE DI PERICOLO
Quindi
nell’ intraprendere una navigazione è opportuno avere a bordo una spera solo se
si esamina la relazione che intercorre tra: lunghezza della barca, intensità
del vento prevista, durata e fetch.
A
questo punto, per semplificare ulteriormente le cose ritengo utile indicare la
seguente tabella che riporta direttamente in funzione della lunghezza della
barca L (cioè la metà della lunghezza dell’ onda) i parametri H e T di quelle
onde vergini da temere che, sommatesi contemporaneamente, potrebbero
capovolgere la barca se non adeguatamente frenata.
Entrando
nel diagramma di Bretschneider
e seguendo le iperboli, si possono trovare tutte le combinazioni tra V, t, F
delle quali - nell’ ultima colonna - riporto solo un esempio tra tanti.
L BARCA L ONDA m |
H ft |
T s |
V Kn t h F
M |
7 14 |
2 |
3 |
15 2.5 8 |
9 18 |
2.6 |
3.4 |
22 1.5 5 |
11 22 |
3 |
3.7 |
15 6 25 |
13 26 |
3.5 |
4 |
32 1 5 |
15 30 |
4.1 |
4.4 |
30 2 10 |
17 34 |
5 |
4.7 |
20 8 45 |
Questa
tabella va letta così: una imbarcazione di 13 m che navighi in una zona esposta
a una burrasca di 32 Kn che soffia già da almeno 1 h con un fetch di 5 M può
incontrare delle onde vergini alte più di 1 m (3.5 ft) che si susseguono ogni 4
s e che possono, sommandosi, dar luogo ad una onda di ripidità tale da poter
capovolgere la barca.
Quale
sia la probabilità che questa onda anomala si formi e che succeda proprio
quando lì sta passando la vostra barca è problema che non so risolvere…Ma basta
che capiti anche una sola volta.
Detto
questo, se ritenete di poter (o voler) trovarvi in tali situazioni, munitevi di
spere a bordo.
Quali
spere e di che dimensioni non lo so: non mi è mai capitato di provarne.
Se
siano necessarie quelle “specialistiche” o quelle “improvvisate” pure non so.
So
solo che Moitessier non era uno scemo per il semplice fatto che, invece che
elucubrare sulle formule, lui in mezzo al mare ci andava e “provava” sul serio;
quello che è più ragionevole fare è
vedere qual è il male minore, cioè il comfort maggiore, nella situazione
in cui ci si trova e col materiale che si ha a disposizione...
Le
variabili sono talmente tante che sarà la barca stessa che ci dirà “come e
quando si sente meglio”.
Stare
troppo frenati con la poppa al vento e alle onde significa sottoporre tutta la
barca ad uno stress formidabile (non solo le bitte); lasciarla troppo correre
significa rischiare l’ ingavonamento e il capovolgimento.
Scegliere
“il male minore” è l’ unica strada sensata…ma seduto qui davanti al computer io
non ho la risposta per trovare tale strada.
P.S.
Sulla mia barca le bitte di poppa sono fissate con due bulloni da 8 mm: ad
azione di taglio, che corrisponde al tiro orizzontale sulla bitta, dovrebbero
rompersi ad una tensione di circa 4000/√3 = 2300 Kg/cmq che corrispondono ad una forza di 1150 x 2 = 2300 Kg
per bitta.
La mia barca disloca 10 ton
Vi aspetto il prossimo mese, se avete
ancora voglia di sentir parlare di queste cose….